
San Giuseppe Cafasso

COMMENTO
È un quadro in tre scene, che, nelle intenzioni di Luca, presenta l’ambiente spirituale e religioso dell’accoglienza del Messia bambino e apre uno squarcio sulla sua missione.
La prima scena riguarda Maria e Giuseppe, poveri e osservanti della Legge. Essi, senza saperlo, compiono gesti che vanno al di là della semplice osservanza e l’evangelista lo suggerisce ai lettori del suo vangelo: Gesù non è solo «un» primogenito ma «il» primogenito e viene offerto al Padre, che lo ha mandato proprio perché salvi gli altri fratelli.
La seconda scena ha al centro il vecchio Simeone. Rappresenta tutti coloro che attendevano con cuore puro la venuta del Messia, ma anche i profeti del Primo Testamento, tutti mossi come lui dallo Spirito Santo. E agisce da profeta: inizia con la lode del Signore, che mantiene le sue promesse, e presenta a Maria e Giuseppe (ma Luca ha davanti tutti i credenti) la missione del bambino che ha tra le braccia: salvare non solo Israele ma tutte le genti, rivelando il volto e la presenza redentrice di Dio nel mondo. Annuncia anche il conflitto che porterà alla croce e che lascerà una ferita nel cuore di Maria. È questo bambino il centro della storia e dell’universo, infatti davanti a lui tutti dovranno scegliere, se essere con lui o contro di lui.
Lo stupore di Maria e Giuseppe di fronte a queste rivelazioni dice con chiarezza che anch’essi sono chiamati a credere e a crescere nella fede, senza sapere in anticipo la consistenza e il senso delle prove che dovranno affrontare.
La terza scena obbedisce allo schema della «parità dei sessi» di fronte al Vangelo: Luca ci tiene a presentare figure maschili e femminili. La presenza della profetessa Anna è conferma delle parole di Simeone. Anche lei è povera, fedele al Signore e testimone della sua presenza nella storia.
La conclusione del brano è un quadro di serenità familiare. Dopo gli avvenimenti straordinari della nascita, il Messia fa silenzio, cresce e si prepara alla sua missione di salvezza.
SPUNTI PER L’ATTUALIZZAZIONE E LA PREGHIERA
1. Giuseppe e Maria hanno la responsabilità del- l’educazione civile, morale e religiosa di Gesù. Sanno bene che il centro della persona è il rapporto con Dio, per questo la loro obbedienza alla Legge è il primo servizio educativo. I genitori cristiani hanno in Maria e Giuseppe il punto di riferimento per l’educazione integrale dei figli.
2. L’osservanza della Legge permette a Maria e Giuseppe di avere la giusta disponibilità per andare oltre e riconoscere l’opera di Dio, che si manifesta in modo imprevedibile e assolutamente nuovo.
3. Gesù è il segno di contraddizione. Nel fare le scelte decisive della vita non abbiamo altro punto di riferimento. Lui è la luce, che inonda il cuore e la mente di ciascuno, e ha il potere di fare chiarezza e mettere ordine nei pensieri, nelle intenzioni e nei sentimenti.
4. La spada trafigge la vita di Non c’è vita spi- rituale senza lotte e senza ferite. La risurrezione di Gesù rende luminose le ferite e attraverso esse entra la vita piena ed eterna.
PROPOSTA DI IMPEGNO DELLA SETTIMANA
Trovare il tempo per pregare insieme in famiglia, oltre il segno della croce ai pasti.
PRIMA LETTURA
Uno nato da te sarà tuo erede.
La lettura unisce due brani della Genesi distanti tra loro. Nel primo, Abramo sembra aver perso la speranza di una di- scendenza, ma il Signore gli rinnova la promessa ed egli si fi- da, anche se la sua fede passerà attraverso altre prove. Nel se- condo, finalmente viene alla luce il figlio promesso, Isacco, caparra della discendenza numerosa come le stelle del cielo.
Dal libro della Genesi Gn 15,1-6; 21,1-3
In quei giorni, fu rivolta ad Abram, in visione, questa parola del Signore: «Non temere, Abram. Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà molto grande». Rispose Abram: «Signore Dio, che cosa mi darai? Io me ne vado senza figli e l’erede della mia casa è Elièzer di Damasco».
Soggiunse Abram: «Ecco, a me non hai dato discendenza e un mio domestico sarà mio erede». Ed ecco, gli fu rivolta questa parola dal Signore: «Non sarà costui il tuo erede, ma uno nato da te sarà il tuo erede».
Poi lo condusse fuori e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza».
Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia.
Il Signore visitò Sara, come aveva detto, e fece a Sara come aveva promesso. Sara concepì e partorì ad Abramo un figlio nella vecchiaia, nel tempo che Dio aveva fissato.
Abramo chiamò Isacco il figlio che gli era nato, che Sara gli aveva partorito.
Parola di Dio.
Dal Salmo 104 (105)
Le promesse di Dio non sono vane, si realizzano, come sa bene il popolo di Israele. Il salmista invita tutti a unirsi a lui nella lode del Signore per la sua fedeltà.
Il Signore è fedele al suo patto.
Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome,
proclamate fra i popoli le sue opere.
A lui cantate, a lui inneggiate,
meditate tutte le sue meraviglie.
Gloriatevi del suo santo nome:
gioisca il cuore di chi cerca il Signore.
Cercate il Signore e la sua potenza,
ricercate sempre il suo volto.
Ricordate le meraviglie che ha compiuto,
i suoi prodigi e i giudizi della sua bocca,
voi, stirpe di Abramo, suo servo,
figli di Giacobbe, suo eletto.
Si è sempre ricordato della sua alleanza,
parola data per mille generazioni,
dell’alleanza stabilita con Abramo
e del suo giuramento a Isacco.
La fede di Abramo, di Sara e di Isacco.
Questo brano appartiene al capitolo 11, nel quale l’autore definisce la fede come «fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede» e quindi fa l’elogio della fede degli uomini e delle donne del Primo Testamento, che han- no creduto al Signore. Essi non hanno visto la piena realizzazione delle promesse, che si è manifestata con la venuta di Gesù.
Dalla lettera agli Ebrei Eb 11,8.11-12.17-19
Fratelli, per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava.
Per fede, anche Sara, sebbene fuori dell’età, ricevette la possibilità di diventare madre, perché ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso. Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia che si trova lungo la spiaggia del mare e non si può contare.
Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio, del quale era stato detto: «Mediante Isacco avrai una tua discendenza». Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe anche come simbolo.
Parola di Dio.
Eb 1,1.2
Alleluia, alleluia.
Molte volte e in diversi modi nei tempi antichi Dio ha parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni,
ha parlato a noi per mezzo del Figlio.
Alleluia.
* TRA PARENTESI [ ] : LA FORMA BREVE.
Il bambino cresceva pieno di sapienza.
Maria e Giuseppe, osservando la Legge, obbediscono a Dio e offrono al Signore il bambino Gesù. Questo brano è un concen- trato di riferimenti al Primo Testamento, che si amplia con le figure del vecchio Simeone e della profetessa Anna. La gioia di questi due anziani è il frutto del compimento dell’attesa del Mes- sia, che soprattutto un piccolo resto di fedeli ha vissuto, con fede perseverante nell’adempimento delle promesse del Signore.
Dal vangelo secondo Luca Lc 2,22-40
[Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore] – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vis- suto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro annni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
[Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.]
Parola del Signore.
PRIMA LETTURA
Uno nato da te sarà tuo erede.
La lettura unisce due brani della Genesi distanti tra loro. Nel primo, Abramo sembra aver perso la speranza di una discendenza, ma il Signore gli rinnova la promessa ed egli si fi- da, anche se la sua fede passerà attraverso altre prove. Nel secondo, finalmente viene alla luce il figlio promesso, Isacco, caparra della discendenza numerosa come le stelle del cielo.
Dal Salmo 104 (105)
Le promesse di Dio non sono vane, si realizzano, come sa bene il popolo di Israele. Il salmista invita tutti a unirsi a lui nella lode del Signore per la sua fedeltà.
La fede di Abramo, di Sara e di Isacco.
Questo brano appartiene al capitolo 11, nel quale l’autore definisce la fede come «fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede» e quindi fa l’elogio della fede degli uomini e delle donne del Primo Testamento, che han- no creduto al Signore. Essi non hanno visto la piena realizzazione delle promesse, che si è manifestata con la venuta di Gesù.
Il bambino cresceva pieno di sapienza.
Maria e Giuseppe, osservando la Legge, obbediscono a Dio e offrono al Signore il bambino Gesù. Questo brano è un concen- trato di riferimenti al Primo Testamento, che si amplia con le figure del vecchio Simeone e della profetessa Anna. La gioia di questi due anziani è il frutto del compimento dell’attesa del Mes- sia, che soprattutto un piccolo resto di fedeli ha vissuto, con fede perseverante nell’adempimento delle promesse del Signore.
PREGHIERA UNIVERSALE
Dio Padre è fondamento della famiglia e della fraternità. Spinti dall’amore per lui e i fratelli, eleviamo la nostra preghiera e diciamo insieme: Padre della vita, ascoltaci.
O Padre, tu hai arricchito tutti i tuoi figli della capacità di amare. Donaci il tuo Santo Spirito perché, seguendo l’esempio della santa Famiglia, impariamo ad amarci da veri fratelli. Per Cristo nostro Signore.
Si riporta di seguito l’articolo pubblicato il 3 settembre 2020 dal blog Testimoniando a cura della Dott.ssa Emilia Flocchini.
Massimiliano Infante è nato a Torino il 30 marzo 1970, nella notte tra Pasqua e il Lunedì dell’Angelo, primogenito di Enzo Infante e Nunziata (detta Anna) Albanese, seguito da Barbara, Gabriella e Sandra.
Ha frequentato la parrocchia di Santa Maria Goretti a Torino, inserendosi come catechista, educatore e ministro straordinario dell’Eucaristia, sia nella sua comunità d’origine, sia in quella, confinante, di Sant’Ermenegildo. Negli anni universitari è stato volontario in Bosnia Erzegovina con l’associazione Mir I Dobro, per attività caritative in sostegno alla popolazione colpita dalla guerra.Dopo la laurea in Economia e Commercio e alcune esperienze lavorative (prima in Banca Sella, poi direttore amministrativo e responsabile della sicurezza dell’azienda di trasporti dei fratelli Bodda), è entrato nel Seminario diocesano di Torino: nel settembre 2005 ha iniziato l’anno propedeutico nella sede di viale Thovez, passando, l’anno successivo, in quella di via Lanfranchi, per il Quadriennio teologico. Ha svolto esperienze pastorali nella Comunità Pastorale di San Mauro Torinese. Nel corso del periodo formativo, cercava di svolgere ogni cosa al meglio, ottenendo anche valutazioni molto buone negli esami. Il 14 dicembre 2008 è stato ammesso tra i candidati al diaconato e al presbiterato. Il 23 ottobre 2009, studente di III Teologia, ha cominciato ad avere problemi di salute: lesioni sulle gambe, febbri e dolori. Tre giorni dopo, il 26 ottobre 2009, in seguito agli esami del sangue, gli è stata diagnosticata una leucemia mieloide acuta.
Ricoverato all’ospedale Le Molinette di Torino, ha subito due trapianti di midollo osseo, risultati inefficaci. Per tentare una nuova terapia, è poi stato trasferito alla Clinica San Raffaele di Milano, ma anche il trapianto tentato lì non ha avuto esito positivo. Ai compagni, ai comparrocchiani e ai superiori, coi quali era in contatto telefonico, riferiva la fatica nel vivere la malattia ma, allo stesso tempo, la certezza di non sentirsi abbandonato.
Il cappellano del San Raffaele ha ottenuto il permesso speciale di lasciare sul comodino della sua stanza un’Ostia consacrata, contenuta in una teca. Quando ormai era in agonia, Massimiliano teneva nella mano destra quella stessa teca, mentre sull’altra erano posate le mani dei suoi familiari. Tra le dita della sinistra, la madre gli aveva intrecciato una corona del Rosario benedetta dal Papa.
È morto alle 23.40 del 3 settembre 2010, a quarant’anni compiuti. I suoi resti mortali riposano presso il cimitero di Brione, frazione di Val della Torre.
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