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1. ORAZIONI – 12 OTTOBRE 28ª – DOMENICA T.O.

12 OTTOBRE

28ª DOMENICA T.O.

DISPONIBILI ALLA SALVEZZA

Antifona

Se consideri le colpe, o Signore,
Signore, chi ti può resistere?
Con te è il perdono, Dio d’Israele. (Cf. Sal 129,3-4)

Si dice il Gloria.

Colletta

Ci preceda e ci accompagni sempre la tua grazia, o Signore,
perché, sorretti dal tuo paterno aiuto,
non ci stanchiamo mai di operare il bene.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.

Oppure:

O Dio, che nel tuo Figlio
liberi l’uomo dal male che lo opprime
e gli mostri la via della salvezza,
donaci la salute del corpo e il vigore dello spirito,
affinché, rinnovati dall’incontro con la tua parola,
possiamo renderti gloria con la nostra vita.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.

Sulle offerte

Accogli, o Signore, le preghiere dei tuoi fedeli
insieme all’offerta di questo sacrificio,
perché mediante il nostro servizio sacerdotale
possiamo giungere alla gloria del cielo.
Per Cristo nostro Signore.

Antifona alla comunione

I leoni sono miseri e affamati;
a chi cerca il Signore non manca alcun bene. (Sal 33,11)

Oppure:

Quando il Signore si sarà manifestato,
noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. (1Gv 3,2)

ANNO C
Non ne sono stati purificati dieci?
E gli altri nove dove sono?
Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato! (Lc 17,17.19)

Dopo la comunione

Ti supplichiamo, o Padre d’infinita grandezza:
come ci nutri del Corpo e Sangue del tuo Figlio,
così rendici partecipi della natura divina.
Per Cristo nostro Signore.

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3. Commento alle Letture – 12 OTTOBRE 28ª DOMENICA T.O.

12 OTTOBRE

28ª DOMENICA T.O.

DISPONIBILI ALLA SALVEZZA

COMMENTO

Nel Vangelo di domenica scorsa era contenuta la richiesta degli apostoli a Gesù di accrescere la loro fede. Ne avevano terribilmente bisogno. La loro formazione religiosa era imbalsamata in un formalismo nazionalista controllato dai cultori della tradizione e dal potere onnipresente del “clero” di allora,  annidato nel Tempio di Gerusalemme. Questa loro chiusura mentale li rendeva dei semplici origlianti della Parola e non degli ascoltatori.
Essi seguono il Messia, ma non lo accompagnano, per questo l’evangelista non li menziona facendo così risaltare la solitudine spirituale del Maestro nel suo camminare verso Gerusalemme. Luca nel suo racconto ci presenta uno svarione geografico. Ci narra che Gesù attraversa prima la Samaria e poi la Galilea. Questo è un “no sense” geografico. Scendendo da nord verso sud, prima bisogna attraversare la Galilea. Perché la Samaria come punto di partenza? L’errore geografico è intenzionale.
Con questo Luca, essendo la Samaria allora considerata la terra dei Samaritani considerati degli scomunicati perché adoravano Dio sul Garizim e non a Gerusalemme, vuole far risaltare che anche la fede dei suoi accompagnatori non si discostava molto dalla fede samaritana. Inoltre nella Scrittura, il villaggio significa il luogo in cui si privilegia la credulità devozionistica e tradizionale a scapito della fede viva e vera. In esso tutto è regolato dal “si è fatto sempre così “. Non c’è movimento.
Gli unici che danno segno di vita sono dieci disgraziati malati di lebbra condannati a vivere nella solitudine e nel degrado. Nella loro disperazione violano il divieto di avvicinarsi alle persone sane. Tenute le debite distanze, urlano la loro disperazione supplicando un po’ di pietà nei loro riguardi.
Gesù non li guarisce subito ma fa una cosa scandalosa. Parla a loro. Raccoglie il loro grido. Li considera persone degne della sua attenzione e ordina loro di andare e presentarsi dai sacerdoti. Ma questo non ha senso. Era un qualcosa che solo chi era guarito dalla lebbra era obbligato a fare per essere riammesso nella società civile del tempo. Eseguire l’ordine era illogico e pericoloso per la loro stessa vita. Nonostante la loro immensa perplessità si fidano, obbediscono, si dirigono verso i sacerdoti e durante il loro andare si ritrovano guariti. Erano in dieci. Solo uno ritorna per ringraziare. Si getta ai piedi del Signore. Non avrebbe dovuto permetterselo perché era samaritano a cui era severamente proibito avvicinarsi ad un ebreo. La legge, osservata dagli altri nove, è spazzata via dalla fede sotto forma di gratitudine riconoscente. Gesù ne prende atto e lo addita come modello ai suoi apostoli che di fede non ne hanno molta,  trasformandoli così da discepoli in semplici accompagnatori distratti.
E noi in relazione alla Parola siamo attenti ascoltatori che la trasformano in regola di vita o dei semplici origlianti svagati? Facciamo parte dei nove guariti ingrati ma osservanti della legge o ci riconosciamo nell’unico che per amore riconoscente è disposto a violare la legge.
La fede si radica solo nell’amore che non conosce limiti.

MEDITAZIONE

Luca esordisce ricordando, ogni tanto lo fa a partire dal capitolo 9, che Gesù era «lungo il cammino verso Gerusalemme» (Lc 17,11). È in viaggio verso il luogo dove egli compirà la sua missione di salvezza a vantaggio di tutta l’umanità. Su questa strada incontra dei bisognosi di salvezza di natura particolare: dei lebbrosi.
Si sa che la lebbra comportava una situazione particolarmente marginalizzante per chi ne era affetto. Considerati impuri, affetti da una malattia religiosamente connotata, i lebbrosi erano in condizione di totale esclusione, sia sociale sia religiosa. Nessuna speranza dunque per loro; tranne la guarigione, ovviamente.

L’invocazione di salvezza

Luca dice che i lebbrosi «si fermarono a distanza» (Lc 17,12), come prescrive la Legge. Tuttavia non sono altrettanto rispettosi della Legge con le loro parole. Il libro del Levitico impone di gridare «Impuro! Impuro!» (cf Lv 13,45). I dieci lebbrosi, invece, innalzano una preghiera d’invocazione: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi» (Lc 17,13). La Legge, anche se a scopo protettivo del benessere della comunità, comporta l’annuncio della condanna; l’uomo bisognoso, nella necessità, invoca salvezza. Nelle parole dei dieci lebbrosi, più che le parole della Legge risuonano i salmi d’invocazione. Ma sono proprio queste parole che esprimono sofferenza e bisogno che colmano la distanza creata dalla Legge. Sono le invocazioni che, nella preghiera, salgono dalla miseria della terra alla misericordia che è nei cieli.

Credere alla promessa, sottomettersi alla Parola

Proprio questo è l’effetto. Gesù si volge verso di loro. Lo sguardo di misericordia raggiunge chi è lontano. «Appena li vide» (Lc 17,14), dice il testo.
Gesù non tocca i malati (cf Lc 5,12-15); semplicemente, ancora in ossequio della Legge (cf Lv 14), ordina loro di andare dai sacerdoti. Tuttavia, quando Gesù li invia dai sacerdoti, essi non sono ancora guariti. Luca afferma, infatti, che «mentre essi andavano, furono purificati» (Lc 17,14). L’ordine di Gesù non è accompagnato da una guarigione immediata. Essa accade in modo oscuro, forse progressivo. Le parole di Gesù sono una promessa, non un miracolo. Perché la guarigione possa avvenire, essi devono fidarsi della promessa ma senza alcuna conferma che la promessa stessa. I dieci lebbrosi sono guariti perché si sottomettono alla Parola che li raggiunge.
L’atteggiamento dei lebbrosi è il medesimo di Naamàn. Il prode comandante dell’esercito arameo, lebbroso, per trovare la guarigione deve affrontare un lungo cammino. Al viaggio fisico si accompagna quello interiore di progressiva spogliazione. Una faticosa conversione che impone l’abbandono dell’orgoglio del nobile, delle richieste di appagamento estetico della propria religiosità, e l’accettazione dell’ordine del profeta. La guarigione avviene in virtù di questa conversione, più che in ragione dei gesti o dei lavacri. Il vertice della conversione di Naamàn è raggiunto quando egli perviene alla fede nel Dio di Israele, professata con le parole e celebrata nel culto (cf 2 Re 5,15;17).

Dalla guarigione alla salvezza

Se dunque la misericordia di Dio si offre a tutti, indipendentemente dalla nazionalità o dalla condizione, ma solo in ragione della fede, l’episodio dei dieci lebbrosi mostra che dinnanzi a tanta benevolenza le reazioni degli uomini possono essere diverse. Dei dieci solo uno torna a ringraziare. Qui è la vera fede, che prima crede e poi riconosce il beneficio ricevuto e ringrazia per esso.
La differenza sta nel fatto che tutti e dieci sono guariti, ma solo uno e salvato. «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato» (Lc 17,19).
La vicenda di questo unico lebbroso, per di più Samaritano, indica anche da chi viene la salvezza: non dalla Legge, bensì da Cristo, al quale si rivolge la fede del credente secondo la breve professione di fede scritta da Paolo a Timoteo (2 Tm 2,8). Poche parole con le quali l’apostolo lega messianicità, incarnazione e risurrezione di Gesù.
Solo in Cristo c’è salvezza. E deve far pensare che fra tutti solo un Samaritano giunga alla fede in lui. Non esistono credenziali nel cammino di fede; conta solo la disponibilità personale.

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2. introduzioni – 12 OTTOBRE 28ª – DOMENICA T.O.

12 OTTOBRE

28ª DOMENICA T.O.

DISPONIBILI ALLA SALVEZZA

Tornato Naamàn dall’uomo di Dio, confessò il Signore.
Naamàn il Siro è costretto a spogliarsi della sua nobiltà e a obbedire alle parole del profeta Eliseo. È grazie a quest’umiliazione di sé che scopre la misericordia del Signore ed è grazie alla grandezza di tale misericordia che, sebbene straniero, riconosce la verità del Dio d’Israele.

SALMO RESPONSORIALE                

Dal Salmo 97 (98)

Il salmo è un invito alla lode rivolto a tutti i popoli. Essi sono chiamati a gioire di fronte all’incredibile meraviglia del Signore.

SECONDA LETTURA

Se perseveriamo, con lui anche regneremo.
La fonte della forza di un credente non sta nella possibilità del suo corpo di essere libero e onnipotente, ma nella fede in Dio, nel suo amore e nella promessa di salvezza fatta all’umanità in Gesù Cristo.

VANGELO

Non potete servire Dio e la ricchezza.

Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero.
Dieci malati vengono guariti da uno dei morbi più gravi e infamanti dell’epoca: la lebbra. Uno solo tra questi dieci è però liberato anche dalla morte. Si tratta di un Samaritano: l’unico tra i dieci lebbrosi che riconosce che la sua guarigione è opera della fede in Gesù Cristo, Figlio di Dio.

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4. Letture – 12 OTTOBRE 28ª DOMENICA T.O.

12 OTTOBRE

28ª DOMENICA T.O.

DISPONIBILI ALLA SALVEZZA

Tornato Naamàn dall’uomo di Dio, confessò il Signore.
Naamàn il Siro è costretto a spogliarsi della sua nobiltà e a obbedire alle parole del profeta Eliseo. È grazie a quest’umiliazione di sé che scopre la misericordia del Signore ed è grazie alla grandezza di tale misericordia che, sebbene straniero, riconosce la verità del Dio d’Israele.

Dal secondo libro dei Re                      2Re 5,14-17

In quei giorni, Naamàn [, il comandante dell’esercito del re di Aram,] scese e si immerse nel Giordano sette volte, secondo la parola di Elisèo, uomo di Dio, e il suo corpo ridivenne come il corpo di un ragazzo; egli era purificato [dalla sua lebbra].
Tornò con tutto il seguito da [Elisèo,] l’uomo di Dio; entrò e stette davanti a lui dicendo: «Ecco, ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele. Adesso accetta un dono dal tuo servo». Quello disse: «Per la vita del Signore, alla cui presenza io sto, non lo prenderò». L’altro insisteva perché accettasse, ma egli rifiutò.
Allora Naamàn disse: «Se è no, sia permesso almeno al tuo servo di caricare qui tanta terra quanta ne porta una coppia di muli, perché il tuo servo non intende compiere più un olocausto o un sacrificio ad altri dèi, ma solo al Signore».

Parola di Dio

SALMO RESPONSORIALE                

Dal Salmo 97 (98)

Il salmo è un invito alla lode rivolto a tutti i popoli. Essi sono chiamati a gioire di fronte all’incredibile meraviglia del Signore.

Il Signore ha rivelato ai popoli la sua giustizia.

Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto meraviglie.
Gli ha dato vittoria la sua destra
e il suo braccio santo.

Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza,
agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore,
della sua fedeltà alla casa d’Israele.

Tutti i confini della terra hanno veduto
la vittoria del nostro Dio.
Acclami il Signore tutta la terra,
gridate, esultate, cantate inni!

SECONDA LETTURA

Se perseveriamo, con lui anche regneremo.
La fonte della forza di un credente non sta nella possibilità del suo corpo di essere libero e onnipotente, ma nella fede in Dio, nel suo amore e nella promessa di salvezza fatta all’umanità in Gesù Cristo.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo                    2Tm 2,8-13

Figlio mio,
ricòrdati di Gesù Cristo,
risorto dai morti,
discendente di Davide,
come io annuncio nel mio vangelo,
per il quale soffro
fino a portare le catene come un malfattore.
Ma la parola di Dio non è incatenata! Perciò io sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto, perché anch’essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna.
Questa parola è degna di fede:
Se moriamo con lui, con lui anche vivremo;
se perseveriamo, con lui anche regneremo;
se lo rinneghiamo, lui pure ci rinnegherà;
se siamo infedeli, lui rimane fedele,
perché non può rinnegare se stesso.

Parola di Dio.

CANTO AL VANGELO

2 Cor 8,9

Alleluia, alleluia.

In ogni cosa rendete grazie:
questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi.

Alleluia, alleluia.

VANGELO

Non potete servire Dio e la ricchezza.

Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero.
Dieci malati vengono guariti da uno dei morbi più gravi e infamanti dell’epoca: la lebbra. Uno solo tra questi dieci è però liberato anche dalla morte. Si tratta di un Samaritano: l’unico tra i dieci lebbrosi che riconosce che la sua guarigione è opera della fede in Gesù Cristo, Figlio di Dio.

Dal Vangelo secondo Luca      Lc 17,11-19

Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

Parola del Signore.

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5. Preghiere di perdono e dei fedeli – 12 OTTOBRE 28ª DOMENICA T.O.

12 OTTOBRE

28ª DOMENICA T.O.

DISPONIBILI ALLA SALVEZZA

RICHIESTA DI PERDONO

  • Signore, ti chiediamo ragione delle nostre disgrazie
    ma non riconosciamo la tua benevolenza
    . Kyrie eleison.
  • Cristo, diamo più importanza alle differenze di
    condizione fisica che all’unità di condizione spirituale. 
    Christe eleison.
  • • Signore, ci hai parlato di una salvezza rivolta a
    tutti, eppure percepiamo ancora la nostra appartenenza alla Chiesa come un
    privilegio elitario. 
     
     
    Kyrie eleison.

PRGHIERA UNIVERSALE

Gesù ci ha
chiamati alla salvezza e ci ha chiesto di riconoscere l’amore del Padre.
Preghiamo insieme e diciamo:

Signore, guidaci
fino a te, fonte di ogni redenzione.

• Perché la
comune consapevolezza della tua misericordia ci unisca al di là delle nostre
differenze. Preghiamo.

• Perché
impariamo a esercitare la difficile arte della riconoscenza. Preghiamo.

• Perché la fede
in te superi sempre la delusione e i sensi di colpa per i nostri fallimenti.
Preghiamo.

• Perché non ci
accontentiamo del benessere e del successo, ma miriamo alla piena realizzazione
della nostra umanità. Preghiamo.

O
Padre, la tentazione di fare a meno di te si fa più forte proprio in quei
momenti in cui maggiormente elargisci su di noi la tua grazia. Fa’ che, col tuo
aiuto, rimaniamo uniti ai nostri fratelli nella fragilità bisognosa della tua
misericordia
.

Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore.

 

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6. Vignetta di RobiHood – 12 OTTOBRE 2025 – 28ª DOMENICA T.O.

12 OTTOBRE

28ª DOMENICA T.O.

DISPONIBILI ALLA SALVEZZA

 

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Pubblicazioni di Roberto Benotti (RobyHood) presso Elledici:

Laudato sii

Ancilla Domini

Un anno straordinario

Sorrisi divini

I Love Francesco

Testi e i commenti proposti per la domenica 

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1. ORAZIONI – 5 OTTOBRE 27ª – DOMENICA T.O.

5 OTTOBRE

27ª DOMENICA T.O.

LA FEDE DEL SERVO INUTILE

Antifona

Tutte le cose sono in tuo potere
e nessuno può opporsi alla tua volontà.
Tu hai fatto il cielo e la terra
e tutte le meraviglie che si trovano sotto il firmamento:
tu sei il Signore di tutte le cose. (Cf. Est 4,17b-c)

Si dice il Gloria.

Colletta

Dio onnipotente ed eterno,
che esaudisci le preghiere del tuo popolo
oltre ogni desiderio e ogni merito,
effondi su di noi la tua misericordia:
perdona ciò che la coscienza teme
e aggiungi ciò che la preghiera non osa sperare.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.

Oppure:

O Dio, che soccorri prontamente i tuoi figli
e non tolleri l’oppressione e la violenza,
rinvigorisci la nostra fede,
affnché non ci stanchiamo di operare in questo mondo,
nella certezza che la nostra ricompensa
è la gioia di essere tuoi servi.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.

Sulle offerte

Accogli, o Signore, il sacrificio
che tu stesso ci hai comandato di offrirti
e per questi misteri che celebriamo con il nostro servizio sacerdotale
porta a compimento la tua opera di santificazione.
Per Cristo nostro Signore.

Antifona alla comunione

Buono è il Signore con chi spera in lui,
con colui che lo cerca. (Lam 3,25)

Oppure:

Uno solo è il pane,
e noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo:
tutti partecipiamo all’unico pane e all’unico calice. (Cf. 1Cor 10,17)

*C
Gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». (Lc 17,5-6)

Dopo la comunione

Concedi a noi, Padre onnipotente,
che, inebriati e nutriti da questi sacramenti,
veniamo trasformati in Cristo
che abbiamo ricevuto come cibo e bevanda di vita.
Egli vive e regna nei secoli dei secoli.

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3. Commento alle Letture – 5 OTTOBRE 27ª DOMENICA T.O.

5 OTTOBRE

27ª DOMENICA T.O.

LA FEDE DEL SERVO INUTILE

COMMENTO

La prima lettura di questa domenica è tratta dal breve libro (solo tre capitoli) del profeta Abacuc. Di lui non conosciamo nulla. Sappiamo solo che il suo messaggio ha rivestito una grande importanza sia nella comunità di Qumran, sia nel cristianesimo primitivo. Venne scritto nel VI secolo a.C. durante una fase storica convulsa del popolo ebreo, dominata da violenze e dissidi. Il profeta assiste allibito a quanto succede.
I Caldei scacciano gli Assiri. Si impongono su tutto il Medio Oriente. Con ferocia ed avidità conquistano anche Gerusalemme e ne deportano la popolazione. Il diritto viene calpestato, i forti depredano i deboli e la corruzione dilaga. Il profeta si sente abbandonato da Dio. Dal suo cuore salgono alcuni interrogativi che fotografano bene anche la nostra situazione attuale: «Fino a quando, Signore, implorerò e tu non ascolti, a te innalzerò il grido “Violenza” e tu non soccorri? Perché mi fai vedere l’iniquità e resti spettatore dell’oppressione?» (Ab 1, 2-3).
La risposta di Dio arriva al versetto 2,4. Dio verrà e non tarderà: «Ecco soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede». Ma che cosa si intende per fede?
Anche noi di fronte ad essa ci sentiamo deboli e, come gli apostoli, chiediamo a Gesù di aumentarla e fortificarla. Avere fede non vuol dire essere passivi, bigotti, prigionieri di devozionalismi privi di concretezza e coerenza di vita. Papa Leone rispondendo in inglese ad un giornalista americano gli ha ricordato che il cristiano deve schierarsi per la vita non solo combattendo l’aborto ma soprattutto lottando per l’abolizione della pena di morte, accogliendo i profughi e praticando la giustizia sociale.
La fede deve svegliarci dai nostri torpori esistenziali. Ci vuole in piedi e vigili. Lo dice chiaramente il Vangelo: «Beati quei servi, che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli» (Lc 12, 37).
Dio non chiede di essere servito, ma vuole servire. Il suo messaggio è un invito ad essere liberi e non schiavi della nostra avidità e dei nostri rancori. Il Figlio di Dio è venuto non per imporci dei doveri da padrone, ma, con il suo esempio, a proporci un nuovo modo di essere attraverso la sua testimonianza messa a nostra disposizione.
Non servi inutili del nostro innato egoismo, ma padroni della nostra vita, dei nostri sentimenti, della nostra intelligenza e della nostra libertà radicata nella coerenza della nostra fede vissuta.
Dio è padrone del bene, della giustizia, della misericordia e dell’amore.
Ma si fa servo attraverso la Parola che suo Figlio, vivendo la nostra realtà, ci ha testimoniato e trasmesso, rendendoci “signori” della nostra vita.

 

MEDITAZIONE

Professare la fede cristiana significa credere ed affermare un certo numero di proposizioni relative al Padre, al Figlio, allo Spirito, alla Chiesa, ai sacramenti, alla vita eterna e alla risurrezione della carne. Tutte cose essenziali, perché se non si concorda almeno con il Credo tanto vale dirsi di un’altra religione. Tutto ciò, però, ancora non basta. Per professare la fede cristiana bisogna innanzi tutto essere cristiani; e per essere cristiani bisogna accogliere il Vangelo e plasmare la propria esistenza su di esso.

Tutti sappiamo, però, che il Vangelo vissuto è un impegno esigente. Qui abbiamo la misura del problema. È evidente la sproporzione fra ideale e debolezza; fra la meta cui ambiamo e le risorse di cui disponiamo. In questa sproporzione si può collocare la constatazione della necessità della fede e, dunque, la richiesta dei discepoli: «Accresci in noi la fede!» (Lc 17,6).
La risposta di Gesù muove sul filo del paradosso. I discepoli chiedono un incremento della fede; Gesù risponde che non è questione di quantità bensì di qualità. Ciò che è richiesto è una fede autentica.

La fede: la sua crescita, le sue crisi

La fede è l’atteggiamento di fiducia con il quale il discepolo si relaziona con Gesù. Nasce dal riconoscimento dell’impotenza umana e della potenza di Dio e per questo si configura come l’ambito di accoglienza dell’azione di Dio.
La fede, come tutte le dimensioni dell’esistenza umana, è sempre precaria. Non è mai un patrimonio acquisito e stabile. Anch’essa è soggetta a sviluppo o involuzione. Non è contrario alla fede il ricercare, l’interrogare. A essa è contrario solo il lasciarsi travolgere dal dubbio senza prendersene cura, senza dotarsi degli strumenti critici per affrontarlo.
La fede passa sovente per il crogiuolo della prova, dell’inquieto interrogare Dio. Il profeta Abacuc dà parole a questo travaglio. Innalza il suo grido di angoscia nella preghiera (cf Ab 1,2). Sono parole che l’umanità dice di frequente, gridando verso Dio, e spesso contro Dio. È il grido tormentato che nasce dallo scandalo del male che affligge la vita umana e pervade la storia. Spesso al cospetto di tanto male sembra che Dio rimanga indifferente, impassibile, muto. È il trionfo della violenza, del dolore, della sofferenza; del male di vivere, quando il passare dei giorni è più condanna che gioia. Per il credente è una prova difficilissima che si condensa tutta in un’interrogazione: «Perché, Dio?».
La profezia di Abacuc continua. E lì Dio risponde. Ma a ben ponderarla è una risposta che non è semplicemente risolutiva: interpella ancora la fede dell’uomo (cf Ab 2,2-4).
Dio s’impegna con il profeta, stende un documento scritto (cf Ab 2,2-3). L’impegno di Dio afferma che l’accrescersi e l’imperversare del male non è definitivo. A esso Dio stesso porrà un termine, una sconfitta totale e definitiva.
Nel tempo di mezzo che si dà fra la promessa e la sua realizzazione, però, di nuovo è chiamata in causa la fede dell’uomo (cf Ab 2,3-4). La fede davanti alla prova si configura anche come capacità di resistenza, come perseveranza.

Prendersi cura della propria fede

Nel tempo di mezzo c’è una responsabilità sulla propria fede. È quella cui richiama san Paolo nella sua esortazione a Timoteo (cf 2 Tm 1,14). È una fede da coltivare con la preghiera, con la meditazione della Parola, con la riflessione e con la custodia della Tradizione.
A partire dalla fede così intesa, centrale nella propria esistenza perché capace di illuminare ogni altro aspetto, non sminuendolo o violentandolo bensì inserendolo in un contesto operativo e di significato più ampio, la vita intera si trasforma e diventa servizio, testimonianza, collaborazione all’opera di redenzione di Dio (cf 2 Tm 1,8).
Ecco dunque la seconda parte del Vangelo. I servi concludono dicendo «Siamo servi inutili» (Lc 17,10). L’inutilità non consiste nel fatto che il nostro agire sia indifferente al Regno o a Dio, bensì nella constatazione liberante che, in ordine al Regno, posto il nostro servizio i risultati non dipendono da noi. Servi inutili perché, quando la fede anima le nostre azioni, esse sgorgano da un cuore mosso dalla disponibilità, dalla capacità di oblazione, dall’amore e dalla gratuità.

 

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2. introduzioni – 5 OTTOBRE 27ª – DOMENICA T.O.

5 OTTOBRE

27ª DOMENICA T.O.

LA FEDE DEL SERVO INUTILE

Nelle scorse domeniche abbiamo affrontato i temi della povertà evangelica e della concentrazione, libera da distrazioni, sul cammino verso la salvezza. La liturgia di oggi mette in evidenza un altro aspetto fondamentale della vita del cristiano: la fede.
Essa è capacità di restare saldi nell’attesa, di riconoscere la nostra forza nella misericordia di Dio e di considerarsi, in definitiva, servi inutili. Solo abbandonandosi alla grandezza del Padre, sull’esempio di Cristo, possiamo vivere il Vangelo e sperare nella giustizia del Regno dei Cieli.

PRIMA LETTURA

Il giusto vivrà per la sua fede.
Il profeta Abacuc è esasperato dalla violenza che si dispiega di fronte ai suoi occhi e dal silenzio di Dio, che sembra non intervenire. La risposta del Signore è un invito a rimanere fedele nell’attesa: la sua Parola si realizzerà e farà giustizia.

SALMO RESPONSORIALE                

Dal Salmo 94 (95)

Il salmista ci invita a spogliarci delle nostre infedeltà del passato e a riconoscere che Dio è nostra origine e nostra salvezza.

SECONDA LETTURA

Non vergognarti di dare testimonianza al Signore nostro.
Paolo mette in guardia Timoteo, esortandolo a custodire il tesoro che ha ricevuto in dono. Tale tesoro consiste negli insegnamenti di Cristo e il modo per custodirlo è restare saldi nella fede e forti nella speranza, anche di fronte alle persecuzioni.

VANGELO

Non potete servire Dio e la ricchezza.

Se aveste fede!
Di fronte alla richiesta dei discepoli, che chiedono di essere rafforzati nella fede, Gesù risponde spostando il centro dell’attenzione: la questione non è «quanta fede si ha», ma «perché si ha fede». La fede autentica non mira a ottenerne una ricompensa e non considera l’obbedienza un merito. Chi la possiede non fa che adempiere ai suoi doveri in vista del Regno dei cieli.

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4. Letture – 5 OTTOBRE 27ª DOMENICA T.O.

5 OTTOBRE

27ª DOMENICA T.O.

LA FEDE DEL SERVO INUTILE

Il giusto vivrà per la sua fede.
Il profeta Abacuc è esasperato dalla violenza che si dispiega di fronte ai suoi occhi e dal silenzio di Dio, che sembra non intervenire. La risposta del Signore è un invito a rimanere fedele nell’attesa: la sua Parola si realizzerà e farà giustizia.

Dal libro del profeta Abacuc             Ab 1,2-3;2,2-4

Fino a quando, Signore, implorerò aiuto
e non ascolti,
a te alzerò il grido: «Violenza!»
e non salvi?
Perché mi fai vedere l’iniquità
e resti spettatore dell’oppressione?
Ho davanti a me rapina e violenza
e ci sono liti e si muovono contese.
Il Signore rispose e mi disse:
«Scrivi la visione
e incidila bene sulle tavolette,
perché la si legga speditamente.
È una visione che attesta un termine,
parla di una scadenza e non mentisce;
se indugia, attendila,
perché certo verrà e non tarderà.
Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto,
mentre il giusto vivrà per la sua fede».

Parola di Dio

SALMO RESPONSORIALE                

Dal Salmo 94 (95)

Il salmista ci invita a spogliarci delle nostre infedeltà del passato e a riconoscere che Dio è nostra origine e nostra salvezza.

R. Ascoltate oggi la voce del Signore.

Venite, cantiamo al Signore,
acclamiamo la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie,
a lui acclamiamo con canti di gioia. R.

Entrate: prostràti, adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il nostro Dio
e noi il popolo del suo pascolo,
il gregge che egli conduce. R.

Se ascoltaste oggi la sua voce!
«Non indurite il cuore come a Merìba,
come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri:
mi misero alla prova
pur avendo visto le mie opere». R.

SECONDA LETTURA

Non vergognarti di dare testimonianza al Signore nostro.
Paolo mette in guardia Timoteo, esortandolo a custodire il tesoro che ha ricevuto in dono. Tale tesoro consiste negli insegnamenti di Cristo e il modo per custodirlo è restare saldi nella fede e forti nella speranza, anche di fronte alle persecuzioni.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo         2 Tm 1,6-8.13-14

Figlio mio, ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l’imposizione delle mie mani. Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza.
Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo.
Prendi come modello i sani insegnamenti che hai udito da me con la fede e l’amore, che sono in Cristo Gesù. Custodisci, mediante lo Spirito Santo che abita in noi, il bene prezioso che ti è stato affidato.

Parola di Dio.

CANTO AL VANGELO

2 Cor 8,9

Alleluia, alleluia.

La parola del Signore rimane in eterno:
e questa è la parola del Vangelo che vi è stato annunciato.

Alleluia, alleluia.

VANGELO

Non potete servire Dio e la ricchezza.

Se aveste fede!
Di fronte alla richiesta dei discepoli, che chiedono di essere rafforzati nella fede, Gesù risponde spostando il centro dell’attenzione: la questione non è «quanta fede si ha», ma «perché si ha fede». La fede autentica non mira a ottenerne una ricompensa e non considera l’obbedienza un merito. Chi la possiede non fa che adempiere ai suoi doveri in vista del Regno dei cieli.

Dal Vangelo secondo Luca        Lc 17,5-10

In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!».
Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.
Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

Parola del Signore.