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1. ORAZIONI – 26 OTTOBRE – 30ª DOMENICA T.O.

26 OTTOBRE

30ª DOMENICA T.O.

BISOGNOSI DI DIO

Antifona

Gioisca il cuore di chi cerca il Signore.
Cercate il Signore e la sua potenza,
cercate sempre il suo volto. (Sal 104,3-4)

Si dice il Gloria.

Colletta

Dio onnipotente ed eterno,
accresci in noi la fede, la speranza e la carità,
e perché possiamo ottenere ciò che prometti,
fa’ che amiamo ciò che comandi.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.

Oppure:

O Dio, che sempre ascolti la preghiera dell’umile,
guarda a noi come al pubblicano pentito,
e fa’ che ci apriamo con fiducia alla tua misericordia,
che da peccatori ci rende giusti.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.

Si dice il Credo

Sulle offerte

Guarda, o Signore, i doni che ti presentiamo,
perché il nostro servizio sacerdotale
renda gloria al tuo nome.
Per Cristo nostro Signore.

Antifona alla comunione

Esulteremo per la tua vittoria
e nel nome del nostro Dio alzeremo i vessilli. (Sal 19,6)

Oppure:

Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi,
offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore. (Ef 5,2)
 
*C
Il pubblicano si batteva il petto dicendo:
«O Dio, abbi pietà di me peccatore».
E tornò a casa sua giustificato. (Lc 18,13-14)

Dopo la comunione

Si compia in noi, o Signore,
la realtà significata dai tuoi sacramenti,
perché otteniamo in pienezza
ciò che ora celebriamo nel mistero.
Per Cristo nostro Signore.

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3. Commento alle Letture – 26 OTTOBRE – 30ª DOMENICA T.O.

26 OTTOBRE

30ª DOMENICA T.O.

BISOGNOSI DI DIO

COMMENTO

La Parola di Dio di questa domenica ci lancia un messaggio devastante verso il nostro diffuso ed elitario perbenismo religioso fatto più di parole e devozioni assortite che di testimonianza coerente e concreta. La prima lettura tratta dal Siracide ci presenta l’aspetto paterno di Dio verso coloro che, soprattutto oggi, sfuggono alla commedia dell’apparire e vivono tra le pieghe della nostra società, perbenista ed ipocrita, passando inosservati agli occhi accecati dal potere, dai soldi e dalla loro infinita autoreferenzialità. A differenza nostra Dio coglie i bisogni del povero, dell’orfano e della vedova che vivono ai margini della società nella povertà , nel silenzio e nel disinteresse dei detentori del potere e della ricchezza.
Costituiscono l’immensa schiera che la sociologia moderna etichetta come “drop out”. Non imprecano, non pretendono, non devastano. Si limitano a pregare, a supplicare, a chiedere giustizia avendo fiducia solo in Dio.
E Dio che capta e vede il disagio del povero, non tenendo conto dei suoi eventuali meriti ma dei suoi bisogni, ascolta, non parziale, interviene rendendo soddisfazione alla supplica che buca le nubi e colpisce il suo cuore.
La fede consiste nel calare e radicare  la misericordia divina nel nostro comportamento. Paolo, nella seconda lettura, testimonia un meraviglioso identikit del genuino cristiano: al termine della corsa della vita, l’unica cosa che conta si può sintetizzare nell’aver combattuto la buona battaglia e conservato la fede vivendo  quanto il Vangelo ci ha trasmesso.
Il brano evangelico ci presenta due modi opposti di rapportarci con Dio: quello del fariseo e quello del pubblicano.  Il fariseo fa sfoggio del suo perfettismo perbenista: digiuna, osserva tutti i 613 precetti e i 1521 divieti che appesantiscono il sabato, paga le decime non solo sul bestiame, come impone la legge, ma anche su tutti i suoi averi. Vive  ossessionato dall’osservanza nevrotica dei minimi dettagli imposti dalle leggi  ed e’ oppresso dalla paura dell’impurità legale.
È tronfio del suo perbenismo, dell’essere diverso dal prossimo e dal povero pubblicano esattore delle tasse e ladro compulsivo, incapace di riparare ai suoi furti, destinato, di conseguenza, alla Geenna. Conscio di questo,  il grande peccatore che si riconosce ladro, imbroglione, impuro perché a servizio dei romani e quindi adultero in quanto traditore del popolo d’Israele, con gli occhi bassi sussurra la sua supplica verso l’Altissimo: «O Dio abbi pietà di me sono un povero peccatore» (Lc 18, 13). Il Signore fulmina i farisei di allora ed i benpensanti moderni con una frase che annichilisce e disintegra tutti i perbenismi e moralismi di ogni epoca: «Vi assicuro che l’agente delle tasse tornò a casa perdonato: l’altro invece no» (Lc 18, 14).
Ritornando a casa ci riconosciamo, davanti a Dio e nel silenzio della nostra coscienza dove non possiamo mentire a noi stessi,  farisei o pubblicani?

MEDITAZIONE

La Scrittura, quando letta e interpretata nella fede, è rivelazione di Dio all’uomo e dell’uomo a se stesso. Nella Scrittura, lì dove essa è rivelazione che Dio fa dell’uomo all’uomo, troviamo anche le patologie dell’umanità: sia quelle che feriscono i rapporti dell’uomo con gli altri uomini, o con il creato; sia quelle che feriscono il rapporto dell’uomo con Dio.

Il rapporto uomo-Dio

Un esempio di quest’ultimo caso è dato dal versetto che precede quello con cui inizia la prima lettura di questa domenica: «Non corromperlo [Dio] con doni, perché non li accetterà, e non confidare in un sacrificio ingiusto» (Sir 35,14-15). Il Siracide ammonisce il credente che a nulla vale cercare di ingannare Dio. Egli non si lascia comprare da doni; non si lascia sedurre da un culto che offra qualcosa che non rispecchi la giustizia della vita. In termini moderni potremmo dire: Dio non apprezza un culto che dissoci rito e vita.
Il rapporto con Dio si dà nella verità. Nel giudicare, Dio osserva la vita nella sua sostanza, imparzialmente (cf Sir 35,15).
Per certi versi si potrebbe dire che nella sua giustizia Dio ha comunque delle preferenze: predilige il povero e l’umile; gli ultimi, coloro che non contano davanti agli uomini (cf Sir 35, 17;21).

Dalla vita alla preghiera

A questa attenzione alla sostanza della vita si rifà l’inizio del Vangelo di oggi che, insieme con la conclusione, è la prospettiva dalla quale leggere e interpretare la parabola narrata. Il testo è la continuazione della catechesi sulla preghiera già iniziata domenica scorsa sulla necessità di pregare sempre e fiduciosamente. La parabola del fariseo e del pubblicano aggiunge che la preghiera, per essere vera, richiede un’opportuna disposizione interiore. I due atteggiamenti, presunzione di giustizia e disprezzo del prossimo (cf Lc 18,9), si accompagnano non accidentalmente. Non vera giustizia, ma presunzione di essa; e chi presume di sé, si erge a giudice degli altri, almeno perché non conosce se stesso. Chiunque conosca bene se stesso sa che ha ben poco da giudicare.

Fariseo e pubblicano: atteggiamenti del corpo

La parabola del fariseo e del pubblicano richiama e sviluppa l’ultimo versetto del vangelo della scorsa settimana (cf Lc 18,8). La fede implica il rapporto con Dio, con se stessi e con gli altri. La preghiera non può che essere continuazione e conferma di questo rapporto, sano o patologico che sia. Fariseo e pubblicano rappresentano plasticamente due atteggiamenti che si esprimono sia con il corpo sia con le parole. L’atteggiamento del corpo del fariseo (cf Lc 18,11) è quello dell’autosufficienza, e la sua preghiera è autoreferenziale. Dio, nel pregare del fariseo, è un accidente. Uomo pio e ben istruito, inizia, certamente, con una benedizione, ma essa è solo l’avvio di un fastidioso monologo che al centro non ha Dio, bensì il pronome «io». Dio è mero spettatore delle prestazioni religiose del fariseo. Il suo atteggiamento esprime un radicale narcisismo, incapace di un io onesto e solidale. Le parole infatti, a partire dalla lode a Dio, scivolano nell’esaltazione di sé nel confronto con gli altri, meno meritori. Il fariseo non è un personaggio: è un tipo. È il tipo dell’esibizionista religioso, non certo dell’uomo di fede.
Il pubblicano, invece, è descritto come spaesato nel contesto. Sta con gli occhi bassi, si batte il petto, si ferma a distanza, consapevole della propria indegnità. Anche il pubblicano è un tipo: chi è degno di stare al cospetto del Santo, se non per benevolenza?

Fariseo e pubblicano: le parole

Le parole dei due protagonisti rivelano il loro cuore. Il fariseo vanta una vita corretta, addirittura supererogatoria rispetto alla legge in fatto di digiuno e decime. Eppure questo inventario di meriti, elencato soprattutto nel confronto con gli altri (cf Lc 18,11), fa del fariseo il perfetto tipo dell’ateo: è talmente narcisista che non ha bisogno di Dio; prega per elogiarsi; per lui la salvezza è ricompensa, non dono.
Il pubblicano, invece, riconosce la propria povertà, la propria indigenza radicale, quella che muove la preghiera che, secondo il già citato Sir 35,21, viene ascoltata dal Signore. Consapevole del proprio peccato prega, diversamente dal fariseo, rivolgendosi a Dio, perché da lui, con l’ammissione del proprio peccato, invoca il perdono, e attende – non pretende – la salvezza (cf Lc 18,14). Del fariseo Gesù non biasima la vita, ma la superbia. Del pubblicano non elogia la vita, ma l’umiltà.

 

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2. introduzioni – 19 OTTOBRE – 29ª DOMENICA T.O.

26 OTTOBRE

30ª DOMENICA T.O.

BISOGNOSI DI DIO

Ogni azione del cristiano nasce da un rapporto autentico con Dio nella preghiera. Esso si concretizza poi in un’imitazione del Padre attraverso il Figlio e quindi in un sacrificio di sé in riscatto del grido degli oppressi.

Lo stile di vita del credente, infine, non si caratterizza per la superbia e la presunzione di salvezza ma conserva intatta la consapevolezza di essere peccatore tra i peccatori. Se così non è, Dio non è che un orpello: un ennesimo spettatore a cui mostrare i propri meriti, che pretendono di non passare dalla croce e, di conseguenza, dovranno fare a meno della risurrezione.

PRIMA LETTURA

La preghiera del povero attraversa le nubi.
Il Signore non si lascia influenzare dalle apparenze e predilige il debole. Il grido degli oppressi, che richiede giustizia, è per Dio la forma di preghiera più efficace lungo tutta la storia del suo rapporto col popolo eletto.

SALMO RESPONSORIALE                

Il Signore punisce i malfattori e ascolta i poveri. Anche noi, riconoscendoci come quei poveri che egli soccorre, possiamo dunque rendergli grazie.

SECONDA LETTURA

Mi resta soltanto la corona di giustizia.

Paolo stila un bilancio della sua vita, che sta per terminare. Egli si appresta a rendere testimonianza a Dio con la più grande dimostrazione di fede possibile: l’imitazione del sacrificio di Cristo. Riconoscendosi come peccatore convertito, Paolo dona inoltre la sua vita per tutti i fratelli, anche per quelli che lo hanno condannato e lasciato solo.

VANGELO

Il pubblicano tornò a casa giustificato, a differenza del fariseo.
Gesù narra una parabola che, assieme a quella della vedova e del giudice iniquo che abbiamo udito la scorsa domenica, ha come scopo l’educazione alla preghiera. Il racconto ci pone di fronte due personaggi: un fariseo e un pubblicano che si relazionano a Dio in maniera molto diversa. Solo la preghiera di uno dei due sarà efficace.

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4. Letture – 26 OTTOBRE 30ª DOMENICA T.O.

26 OTTOBRE

30ª DOMENICA T.O.

BISOGNOSI DI DIO

PRIMA LETTURA

La preghiera del povero attraversa le nubi.
Il Signore non si lascia influenzare dalle apparenze e predilige il debole. Il grido degli oppressi, che richiede giustizia, è per Dio la forma di preghiera più efficace lungo tutta la storia del suo rapporto col popolo eletto.

Dal libro del Siràcide              Sir 35,15b-17.20-22a

Il Signore è giudice
e per lui non c’è preferenza di persone.
Non è parziale a danno del povero
e ascolta la preghiera dell’oppresso.
Non trascura la supplica dell’orfano,
né la vedova, quando si sfoga nel lamento.
Chi la soccorre è accolto con benevolenza,
la sua preghiera arriva fino alle nubi.
La preghiera del povero attraversa le nubi
né si quieta finché non sia arrivata;
non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto
e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l’equità.

Parola di Dio

SALMO RESPONSORIALE                

Il Signore punisce i malfattori e ascolta i poveri. Anche noi, riconoscendoci come quei poveri che egli soccorre, possiamo dunque rendergli grazie.

Dal Salmo 43 (44)

R. Il povero grida e il Signore lo ascolta.

Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino. R.

Il volto del Signore contro i malfattori,
per eliminarne dalla terra il ricordo.
Gridano e il Signore li ascolta,
li libera da tutte le loro angosceR.

Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato,
egli salva gli spiriti affranti.
Il Signore riscatta la vita dei suoi servi;
non sarà condannato chi in lui si rifugia. R.

SECONDA LETTURA

Mi resta soltanto la corona di giustizia.

Paolo stila un bilancio della sua vita, che sta per terminare. Egli si appresta a rendere testimonianza a Dio con la più grande dimostrazione di fede possibile: l’imitazione del sacrificio di Cristo. Riconoscendosi come peccatore convertito, Paolo dona inoltre la sua vita per tutti i fratelli, anche per quelli che lo hanno condannato e lasciato solo.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo            2Tm 4,6-8.16-18

 Figlio mio, io sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione.
Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato. Nei loro confronti, non se ne tenga conto. Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero: e così fui liberato dalla bocca del leone.
Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.

Parola di Dio.

CANTO AL VANGELO

(Cf. 2Cor 5,19)

Alleluia, alleluia.

Dio ha riconciliato a sé il mondo in Cristo,
affidando a noi la parola della riconciliazione.

Alleluia, alleluia.

VANGELO

Il pubblicano tornò a casa giustificato, a differenza del fariseo.
Gesù narra una parabola che, assieme a quella della vedova e del giudice iniquo che abbiamo udito la scorsa domenica, ha come scopo l’educazione alla preghiera. Il racconto ci pone di fronte due personaggi: un fariseo e un pubblicano che si relazionano a Dio in maniera molto diversa. Solo la preghiera di uno dei due sarà efficace.

Dal vangelo secondo Luca       Lc 18,9-14

In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

Parola del Signore.

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5. PREGHIERE PERDONO E FEDELI – 26 OTTOBRE 2025- 30ª DOMENICA T.O.

26 OTTOBRE

30ª DOMENICA T.O.

BISOGNOSI DI DIO

RICHIESTA DI PERDONO

  • Signore, le condizioni d’indigenza in cui vive gran parte della popolazione mondiale sono uno scandalo, di fronte al quale siamo tutti responsabili.  Kyrie eleison.
  • Cristo, la nostra fede si riduce a un’educata Cristo, la nostra capacità di testimoniare l’amore esita di fronte al sacrificio. Christe eleison.
  • • Signore, abbiamo la presunzione di poterci salvare da soli. Abbi pietà di noi.  Kyrie eleison.

PREGHIERA UNIVERSALE

Il Signore è vicino a coloro che si accostano a lui con un cuore contrito e spirito libero.
Preghiamo insieme e diciamo:
O Dio, abbi pietà di noi peccatori.

  • Perché i diaconi, i sacerdoti, i vescovi e la Chiesa tutta siano fedeli non a loro stessi, ma al ministero affidatogli da Cristo. Preghiamo.
  • Perché, per quanto disastrata sia la nostra condizione, abbiamo il coraggio di pregare per chi sta peggio di noi. Preghiamo.
  • Perché, quando rendere testimonianza alla tua Parola significa andare incontro alla sofferenza, sappiamo che non dimentichi nemmeno il più piccolo tra i gesti
    d’amore. Preghiamo.
  • Perché la nostra vita spirituale non si basi sulle prestazioni, ma sull’onestà. Preghiamo.

O Padre, l’apertura alla tua presenza richiede il riconoscimento della nostra non autosufficienza. Aiutaci a essere sempre coscienti della nostra condizione di peccatori e desiderosi della tua misericordia.
Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore.

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6. Vignetta di RobiHood – 26 OTTOBRE 2025 – 30ª DOMENICA T.O.

26 OTTOBRE

30ª DOMENICA T.O.

BISOGNOSI DI DIO

 

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Pubblicazioni di Roberto Benotti (RobyHood) presso Elledici:

Laudato sii

Ancilla Domini

Un anno straordinario

Sorrisi divini

I Love Francesco

Testi e i commenti proposti per la domenica 

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1. ORAZIONI – 19 OTTOBRE – 29ª DOMENICA T.O.

19 OTTOBRE

29ª DOMENICA T.O.

LA PREGHIERA PERSEVERANTE

Antifona

Io t’invoco, o Dio, poiché tu mi rispondi;
tendi a me l’orecchio, ascolta le mie parole.
Custodiscimi come pupilla degli occhi,
all’ombra delle tue ali nascondimi. (Sal 16,6.8)

Si dice il Gloria.

Colletta

Dio onnipotente ed eterno,
donaci di orientare sempre a te la nostra volontà
e di servirti con cuore sincero.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.

Oppure:

O Padre, che hai accolto l’intercessione di Mosè,
dona alla Chiesa di perseverare
nella fede e nella preghiera
fino a quando farai giustizia ai tuoi eletti
che a te gridano giorno e notte.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.

Sulle offerte

Per questi tuoi doni concedi a noi, o Signore,
di servirti con cuore libero,
perché, purificati dalla tua grazia,
siamo rinnovati dai misteri che celebriamo.
Per Cristo nostro Signore.

Antifona alla comunione

Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte e nutrirlo in tempo di fame. (Sal 32,18-19)

*C
«Dio farà giustizia ai suoi eletti», dice il Signore. (Cf. Lc 18,7)

Dopo la comunione

La partecipazione ai doni del cielo, o Signore,
ci ottenga gli aiuti necessari alla vita presente
nella speranza dei beni eterni.
Per Cristo nostro Signore.

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3. Commento alle Letture – 19 OTTOBRE – 29ª DOMENICA T.O.

19 OTTOBRE

29ª DOMENICA T.O.

LA PREGHIERA PERSEVERANTE

COMMENTO

Il brano evangelico, che la liturgia ci propone in questa domenica, è una esortazione ad ognuno di noi ad essere quotidianamente costruttori del Regno di Dio.
Esso non  una realtà da costruire nel futuro, ma un modo di essere nella nostra vita di cristiani.  All’apparenza la frase “bisogna pregare sempre, senza stancarsi mai(Lc 18,1), suona come invito alla preghiera continua ed insistente. Bisogna precisare che per Gesù pregare non vuol dire limitarsi a ripetere formule o atti di devozione, piuttosto vuol dire, usando le parole di Isaia: «Lavatevi, purificatevi, basta con i vostri crimini, è ora di smetterla di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, aiutate gli oppressi, proteggete gli orfani e difendete le vedove» (Is 1, 16-17). È il caso del giudice fedifrago che rende giustizia, obtorto collo, alla vedova tenace di cui si parla nel brano odierno.
Dio è fedele alle sue promesse di realizzare già nella storia umana il suo Regno fondato sulla giustizia, sulla rettitudine, sul perdono e sulla pace. Lui conosce tutto quello di cui abbiamo bisogno per realizzarlo concretamente e ce lo provvede prima ancora che glielo chiediamo con la nostra verbosa petulanza.
Nella preghiera del Padre Nostro  troviamo la sintesi di tutto quello di cui abbiamo bisogno per essere autentici cristiani già oggi.
Il Regno non è una realtà da realizzare nel futuro , ma un modo di vivere attuale fondato sulla testimonianza del nostro vivere e credere.
Se un giudice disonesto risponde positivamente alle giuste richieste di una povera vedova indifesa, Dio che è giusto e legge nel silenzio del cuore di ognuno di noi, può restare indifferente alle suppliche oneste  delle persone?
Dalla risposta che diamo a questo interrogativo manifestiamo lo spessore della nostra fede.
Facendoci un serio esame di coscienza  chiediamoci : «Se Cristo in questo istante si materializzasse nel nostro cuore,  lo troverebbe ricolmo di fede o appesantito ed indurito dai nostri dubbi, dalle nostre falsità’ e dalle nostre ipocrisie?».

MEDITAZIONE

Da quando si sono diffusi i telefoni cellulari e l’uso delle e-mail, la nostra vita è tutto un clic e un drin. Se anche tutto questo ci ha facilitato le relazioni, non si può negare che abbia introdotto uno stile relazionale più frenetico e frettoloso. Questo si riverbera sulle relazioni con Dio. Noi preghiamo, ma Dio non risponde. Preoccupazione e sofferenza di molti, ma su cui è forse opportuno sollevare due sospetti. Il primo riguarda il significato dell’attesa, il secondo riguarda ciò che domandiamo.

Il significato dell’attesa

Il vangelo parla della «necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai» (Lc 18,1). Per insegnare questa necessità Gesù racconta una parabola che vede due protagonisti. Il primo è il giudice, iniquo per la sua inadempienza al proprio ruolo. Con grande finezza introspettiva la parabola lo descrive con il suo stesso monologo (cf Lc 18,4).
Non per benevoli motivi, ma semplicemente per togliersi una persona fastidiosa di torno, il giudice decide di intervenire (cf Lc 18,5).
La parabola è un’argomentazione a fortiori: se il giudice, che è iniquo, agisce a vantaggio della vedova mosso dalla di lei insistenza, a maggior ragione Dio sarà mosso a intervenire a vostro soccorso dall’insistenza della vostra preghiera.
Il secondo personaggio è la vedova. Insistente, petulante, non si scoraggia di fronte alla mancanza di soddisfazione delle sue richieste da parte del giudice. La sua preghiera è il grido del debole, così spesso menzionato nei Salmi, e che Dio ascolta con sollecitudine. In ordine alla motivazione della parabola (cf Lc 18,1), la vedova è esemplare per la sua tenacia e persistenza. «Pregare sempre» è pregare insistentemente, senza scoraggiarsi nella prova, in ogni occasione della vita.
L’insegnamento sulla preghiera di questa domenica, però, deve essere armonizzato con quanto il Vangelo dice sulla preghiera in altri passi. Per esempio: pregare sempre non è pregare con tante parole (cf Mt 6,7). Ciò che conta non è il numero delle parole inutili, quanto l’intensità e la verità della relazione che origina la preghiera.
La preghiera si appoggia su tale relazione. Sa attendere perché sa riconoscere che la preghiera stessa è uno spazio di attesa. Perché la preghiera non è una telefonata al cellulare di Dio; non è una mail a Dio. Non segue, né può seguire, le stesse logiche. E se la preghiera esige una disciplina delle relazioni a noi ormai inconsueta, non è un problema della preghiera: è un problema nostro.

Purificare la domanda

L’attesa non è dovuta al fatto che Dio è capriccioso e ha i suoi tempi, e si fa aspettare come le fidanzate al primo appuntamento. Forse Dio non risponde non perché non sente, ma perché sente bene. Forse quello che è domandato a Dio nella preghiera nasce dalla pancia degli umori umani, ma poco corrispondenti al Vangelo. Dunque l’attesa della preghiera è tempo per convertire la domanda.
Se la preghiera deve avere l’insistenza della richiesta della vedova, il suo contenuto deve essere plasmato dalla Scrittura. Solo se il pregare è assumere le parole della Scrittura e farle proprie la preghiera è espressione della fede e non semplicemente delle nostre proiezioni nevrotiche. È dunque la Scrittura che converte le domande, a volte anche negandone la legittimità. La meditazione della Scrittura, che richiede quel tempo che ci è così inconsueto, trasforma il tempo di attesa in spazio di conversione.
La seconda lettura richiama alla centralità della Scrittura nella vita del credente. Con la Scrittura il credente instaura un rapporto dialogico, in cui essa è norma di vita, pedagoga e strumento di educazione (cf 2 Tm 3,17). All’uomo di Dio è affidata una responsabilità sulla Parola: egli deve conoscerla rimanendo saldo in essa, annunciarla e testimoniarla.
La parabola della vedova e del giudice rimanda a questo complesso e fecondo intreccio di temi: al rapporto fra preghiera e Parola; fra Parola e vita; fra preghiera e vita; fra vita e fede. Gesù, infatti, su questo tema conclude dicendo: «Il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Lc 18,8). La conclusione del Vangelo sembra essere un monito di grande concretezza: non preoccupatevi di quello che fa Dio. Preoccupatevi piuttosto di custodire e avere cura della vostra fede.

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2. introduzioni – 19 OTTOBRE – 29ª DOMENICA T.O.

19 OTTOBRE

29ª DOMENICA T.O.

LA PREGHIERA PERSEVERANTE

La preghiera è una relazione a due posti: uno è occupato da Dio, l’altro dall’uomo. Affinché tale relazione sia possibile, ciascuno dei due deve possedere alcune caratteristiche. Per quanto riguarda Dio, il vangelo di oggi ci assicura che egli è dotato, in quantità infinita, di capacità d’ascolto e di misericordia.
Ma, per quanto essenziale, tutto ciò non basta. La domanda con la quale si conclude la parabola di Gesù pone infatti l’accento su una seconda condizione, quella che ci compete in quanto uomini e in quanto cristiani: la fede.

PRIMA LETTURA

Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva.
Mosè, simbolo vivente del rapporto tra Yahweh e Israele, prega il Signore durante la battaglia contro gli Amaleciti. È la sua perseveranza nell’invocare l’aiuto del Signore, più che la forza delle armi, a consegnare la vittoria nelle mani del popolo ebraico.

SALMO RESPONSORIALE                

Il salmo veniva cantato durante l’ascesa verso Gerusalemme e riconosce nel Signore un aiuto potente, un custode sicuro di cui ci si può fidare sempre.

SECONDA LETTURA

L’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.
Paolo esorta Timoteo a ricordare ciò che ha appreso dai suoi maestri, tra i quali figura egli stesso. L’apostolo invita poi il suo amico a divenire a sua volta maestro, insegnando e a diffondendo la parola di Dio.

VANGELO

Dio farà giustizia ai suoi eletti che gridano verso di lui.
Come aveva fatto nel caso dell’amministratore disonesto (cf Lc 16,1-13), Gesù prende spunto dal comportamento di uomini deprecabili per insegnare qualcosa ai suoi discepoli. Il credente non può infatti tralasciare alcun espediente per cercare davvero di convertirsi: se non poteva fare a meno della scaltrezza, tanto meno può rinunciare alla perseveranza.

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4. Letture – 19 OTTOBRE 29ª DOMENICA T.O.

19 OTTOBRE

29ª DOMENICA T.O.

LA PREGHIERA PERSEVERANTE

PRIMA LETTURA

Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva.
Mosè, simbolo vivente del rapporto tra Yahweh e Israele, prega il Signore durante la battaglia contro gli Amaleciti. È la sua perseveranza nell’invocare l’aiuto del Signore, più che la forza delle armi, a consegnare la vittoria nelle mani del popolo ebraico.

Dal libro dell’Èsodo     Es 17,8-13

In quei giorni, Amalèk venne a combattere contro Israele a Refidìm.
Mosè disse a Giosuè: «Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalèk. Domani io starò ritto sulla cima del colle, con in mano il bastone di Dio». Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalèk, mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla cima del colle.
Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk. Poiché Mosè sentiva pesare le mani, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro dall’altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole.
Giosuè sconfisse Amalèk e il suo popolo, passandoli poi a fil di spada.

Parola di Dio

SALMO RESPONSORIALE                

Il salmo veniva cantato durante l’ascesa verso Gerusalemme e riconosce nel Signore un aiuto potente, un custode sicuro di cui ci si può fidare sempre.

Dal Salmo 120 (121)

R. Il mio aiuto viene dal Signore.

Alzo gli occhi verso i monti:
da dove mi verrà l’aiuto?
Il mio aiuto viene dal Signore:
egli ha fatto cielo e terra. R.

Non lascerà vacillare il tuo piede,
non si addormenterà il tuo custode.
Non si addormenterà, non prenderà sonno
il custode d’Israele. R.

Il Signore è il tuo custode,
il Signore è la tua ombra
e sta alla tua destra.
Di giorno non ti colpirà il sole,
né la luna di notte. R.

Il Signore ti custodirà da ogni male:
egli custodirà la tua vita.
Il Signore ti custodirà quando esci e quando entri,
da ora e per sempre. R.

SECONDA LETTURA

L’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.
Paolo esorta Timoteo a ricordare ciò che ha appreso dai suoi maestri, tra i quali figura egli stesso. L’apostolo invita poi il suo amico a divenire a sua volta maestro, insegnando e a diffondendo la parola di Dio.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timoteo             2 Tm 3,14–4,2

Figlio mio, tu rimani saldo in quello che hai imparato e che credi fermamente. Conosci coloro da cui lo hai appreso e conosci le sacre Scritture fin dall’infanzia: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene mediante la fede in Cristo Gesù.
Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.
Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento.

Parola di Dio.

CANTO AL VANGELO

(Cf. Eb 4,12)

Alleluia, alleluia.

La parola di Dio è viva ed efficace,
discerne i sentimenti e i pensieri del cuore.

Alleluia, alleluia.

VANGELO

Dio farà giustizia ai suoi eletti che gridano verso di lui.
Come aveva fatto nel caso dell’amministratore disonesto (cf Lc 16,1-13), Gesù prende spunto dal comportamento di uomini deprecabili per insegnare qualcosa ai suoi discepoli. Il credente non può infatti tralasciare alcun espediente per cercare davvero di convertirsi: se non poteva fare a meno della scaltrezza, tanto meno può rinunciare alla perseveranza.

Dal vangelo secondo Luca            Lc 18,1-8

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:

«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

Parola del Signore.