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3. Annunciare la Parola – 12 dicembre 2021

12 dicembre

3ª DOMENICA DI AVVENTO

Vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco   

Gaudete

PER RIFLETTERE E MEDITARE

Il Battista, testimone credibile, annuncia il Messia. La gente si fida di lui e gli domanda: «Che cosa dobbiamo fare?». La domanda gliela pongono addirittura anche i pubblicani e i soldati. E il Battista dà la sua ricetta semplice, ma nello stesso tempo che profuma già di Vangelo, perché è segnata dalla solidarietà e dall’amore.

Un programma di vita
Alle folle Giovanni dice: «Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». La straordinarietà sta tutto nella normalità di ciò che Giovanni propone. E un poco si rimane stupiti, perché in altri interventi il Battista è pieno di rigore e di severità.
Così pure ai pubblicani dice: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Anche questo è un invito che può apparire normale, ma invece è qualcosa di straordinario e molto impegnativo, perché era una pratica quasi scontata per gli esattori delle tasse approfittare del loro ufficio per arricchirsi alle spalle di chi doveva pagare.
Infine ai soldati, abituati a varie forme di prepotenza e di saccheggio, il Battista chiede qualcosa di semplicemente inaudito per quel tempo: di non maltrattare e di non estorcere niente a nessuno, ma di accontentarsi delle loro paghe.

Dio s’interessa di noi?
Un altro interrogativo che risuona in questa domenica e che gli scettici pongono a Sofonia in un tempo particolarmente difficile per il popolo di Israele è questo: «Dio guida la nostra storia? S’interessa di noi?». Il profeta ha di fronte la corruzione delle autorità politiche e religiose, accusa quelli che si sottomettono allo straniero seguendone le mode nel vestire e nelle pratiche religiose. Il giorno del Signore è imminente, dice: giunge il momento in cui Dio interviene e vendica il suo popolo. L’ira di Dio si manifesterà in un vero cataclisma cosmico senza precedenti (il Dies irae sembra essersi ispirato alle terribili parole di questo profeta).
Il giorno del Signore non appare tuttavia per Sofonia come la fine del mondo e della storia, ma come una metamorfosi e una rigenerazione del popolo di Dio: la fine di un’età di peccato. E tutto sfocia nei canti di gioia del «resto» di Israele.
Dio salverà un «resto», come al tempo dell’esodo. Gli umili possono sperare. Le parole del profeta cambiano improvvisamente tono e hanno accenti di tenerezza proprio per i piccoli che mettono in pratica la volontà del Signore. «Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia!». Sono questi «umili» che possono sperare di sfuggire al cataclisma dell’ira divina. Saranno il nuovo popolo di Dio.
Dio radunerà questo nuovo Israele, questo «resto», e lo onorerà davanti ai popoli, in una Gerusalemme festante, libera e santa dove lui stesso risiederà come sovrano: «Il Signore tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente. Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia».

Siate sempre lieti nel Signore!
Anche la lettera di Paolo ai cristiani di Filippi invita alla gioia. Anzi, sono proprio le parole di Paolo a timbrare questa domenica “Gaudete” con l’antifona d’inizio. Quando Paolo scrive a questa comunità si trova a Efeso ed è in carcere a causa del Vangelo. Per questo avrebbe tutte le carte in regola per sentirsi infelice e sconfitto. Invece nelle sue parole ritorna come un ritornello l’invito alla gioia. Paolo è consapevole del periodo difficile che sta vivendo, sa che forse dovrà aggiungere il sacrificio della sua vita a quello della loro fedeltà, ma invita i Filippesi a rallegrarsi con lui (Fil 2,17-18).
E oggi? Quali sono i motivi per vivere nella gioia? Si direbbe al contrario che la nostra società sia sistematicamente attraversata da periodi di crisi. I giornali sono pieni di notizie negative e anche le nostre vicende personali ci ripetono ogni tanto che non è il caso di stare troppo allegri. Eppure i motivi per gioire sono tanti, molti di più di quanto siamo soliti pensare. Anzitutto perché siamo vivi e possiamo parlare della nostra situazione così come la viviamo.
Un altro motivo di gioia è che guardandoci attorno, guardando al nostro passato, a tutto ciò che abbiamo vissuto, possiamo riconoscere di essere come delle persone scampate a un grande naufragio: quante ne abbiamo viste! Eppure siamo ancora qui, tutto sommato decentemente vivi.
Ma questi sono ragionamenti puramente umani e direi quasi superficiali. Mentre la parola di Dio ci assicura che «il Signore è vicino», e se è così, perché dovremmo lasciarci prendere dal pessimismo e dalla tristezza? La parola di Dio è zeppa di espressioni piene di consolazione e di certezza che ci assicurano che il Signore si prende cura di noi.
È questo probabilmente che intende dire Giovanni quando parla del messia che verrà «In Spirito Santo e fuoco». Dovremmo lasciarci sorprendere in questo tempo dalla sua venuta, lasciarci avvolgere dal fuoco della meraviglia e dello stupore.
Se sarà così, sarà inevitabile per ogni cristiano, come suggerisce il Battista, rendere visibile questo fuoco nel modo di rapportarsi quotidiano, diventando giusti e generosi, aperti e fraterni nei confronti delle persone che vivono con noi o che incontriamo.
E poi, come dice san Paolo, diventare amabili, che è certamente una delle cose che ci viene chiesta con più insistenza in questo periodo di attesa del Signore che per amore viene tra noi, mostrandoci il suo volto umanissimo. «Un cuore contento è il risultato normale di un cuore che brucia d’amore», diceva madre Teresa di Calcutta.

UN FATTO – UNA TESTIMONIANZA

«Fate che chiunque venga a voi se ne vada sentendosi meglio e più felice. Tutti devono vedere la bontà del vostro viso: nei vostri occhi, nel vostro sorriso. La gioia traspare dagli occhi, si manifesta quando parliamo e camminiamo. Non può essere racchiusa dentro di noi. Trabocca. La gioia è molto contagiosa» (Madre Teresa di Calcutta).