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7. Aforismi – XXVIII C, 13 ott ’19

Raccolta di aforismi, aneddoti o testi utili per la riflessione o l’approfondimento

Storie di gratitudine e ingratitudine
– Se prendete un cane affamato e magro, e lo allevate rendendolo prospero e florido, non vi morderà più. Questa è la principale differenza tra il cane e l’uomo. Mark Twain
– Per due giorni il padre pellicano divise le sue viscere fra i suoi piccoli; ma alla mattina del terzo giorno il più giovane esclamò: «Oddio, anche oggi trippa!». Monique Hebrard
– Furono donati gli occhi a un cieco, pretese anche le sopracciglia. Anonimo
– Me la presi con Dio perchè non avevo le scarpe. Lo ringraziai quando vidi un uomo che non aveva i piedi. Helen Keller
– Tutte le volte che assegno una carica, faccio cento scontenti e un ingrato. Luigi XIV, re di Francia
– La gratitudine è salita in cielo portando con sè la scala. Proverbio polacco
– Non dobbiamo meravigliarci di trovare degli ingrati: anche tra i dodici apostoli ve ne fu uno. San Giovanni Bosco

Gratitudine è…
– La gratitudine è la memoria del cuore. Jean-Baptiste Massieu
– La gratitudine è un peso, e di ogni peso ci si vuole sbarazzare. Denis Diderot
– (Aristotele) interrogato su che cosa invecchi più velocemente, disse: «La gratitudine». Diogene Laerzio
– Chi è grato, è amato. Proverbio

Ingratitudine è…
– L’ingratitudine è una delle più diffuse forme di amnesia. Trèbla
– …una delle province più popolate dell’anima. Jacques Normand
– Gli uomini, se ricevono un male, sono soliti scriverlo sul marmo; se un bene, sulla sabbia. San Tommaso Moro
– Da’ del miele a un orso affamato, e ci rimetterai il braccio. Bertolt Brecht
– L’ingratitudine è la moneta ordinaria con la quale pagano gli uomini. Francesco Domenico Guerrazzi
– Beneficare l’ingrato vale quanto profumare un morto. Plutarco
– Quando di un uomo hai detto che è un ingrato, hai detto di lui tutto il male possibile. Publilio Siro
– Orribile colpa, l’ingratitudine. Molti l’odiano al punto che, per non fare degli ingrati, si astengono dalla beneficenza. Joseph Augustin de Stassart
– Far del bene sperando nella gratitudine, è come seminare sulle onde del mare. Teognide
– Ho sempre detestato l’ingratitudine. Se per caso mi avesse gratificato il diavolo, avrei detto bene delle sue corna. Voltaire

Proverbi. Alleva la cornacchia, e ti caverà gli occhi.
– Chi la serpe scalda in seno, muore d’odio e di veleno.
– Fate del bene al diavolo: avrete l’inferno per ricompensa.
– Il caprone dà cornate al suo padrone.
– Più bene fai, più calci prendi.

Ringraziare è…
– Si dona a bocca chiusa, e si riceve a bocca aperta. Anonimo
– Troppa fretta nello sdebitarsi di un favore, è una forma di ingratitudine. François de La Rochefoucauld
– Provare gratitudine e non manifestarla, è come incartare un regalo e non darlo. William A. Ward

Proverbi. Di ringraziamenti non si campa.
– Con un grazie non si paga.
– La riconoscenza conserva l’amicizia.
– La riconoscenza è un dolce peso, di cui ci si libera appena possibile.
– La riconoscenza è un raro fiore.

E allora? Proverbi da tutto il mondo:
– Non gettare pietre nel pozzo che ti ha dissetato. proverbio arabo
– Non respingere col piede la piroga che ti ha traghettato. Madagascar
– Quando mangi un frutto, pensa a chi ha piantato l’albero. Vietnam
– Scrivi le offese sulla sabbia, e i benefìci nel marmo. Arabia
– Se bevete l’acqua da un pozzo, non dimenticate colui che l’ha scavato. Cina
– Se doni, dimentica; se ricevi, ricorda. Romania


(tratto da: E. Bianco, All’altare di Dio – Anno C – Elledici 2009)

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8. Canto Liturgico – XXVIII C, 13 ott ’19

Ecco a voi questa settimana un canto di INIZIO

VOI TUTTE OPERE DEL SIGNORE
(Nella Casa del Padre, n. 155 – Elledici)

1. Voi tutte opere del Signore, benedite il Signore!
Voi tutti Angeli del Signore, benedite il Signore!
E voi, o cieli, voi, o acque, benedite il Signore!
Voi tutte opere del Signore, benedite il Signore!

2. Voi tutte potenze e astri del cielo, benedite il Signore!
Voi tutte piogge, rugiade e nevi, benedite il Signore!
Voi sole e luna, voi, o venti, benedite il Signore!
Voi tutte opere del Signore, benedite il Signore!

3. Voi fuoco e calore, freddo e caldo, benedite il Signore!
voi luce e tenebre, ghiaccio e freddo, benedite il Signore!
Voi notti e giorni, lampi e nubi, benedite il Signore!
Voi tutte opere del Signore, benedite il Signore!

4. La terra tutta lodi il Signore: benedite il Signore!
Voi tutti viventi lodate il Signore, benedite il Signore!
Voi monti e colli, mari e fiumi, benedite il Signore!
Voi tutte opere del Signore, benedite il Signore!

5. Voi tutti pesci e mostri del mare, benedite il Signore!
Voi tutte belve feroci e armenti, benedite il Signore!
Voi acque e fonti, voi uccelli, benedite il Signore!
Voi tutte opere del Signore, benedite il Signore!

6. Voi tutti uomini del Signore, benedite il Signore!
E voi sacerdoti del Signore, benedite il Signore!
Voi popolo santo, eletto da Dio, benedite il Signore!
Voi tutte opere del Signore, benedite il Signore!

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9. Narrazione – XXVIII C, 13 ott ’19

IL PRANZO DELLA DOMENICA

Dalla cucina, come al solito, la donna disse: «È pronto!».
Il marito, che leggeva il giornale, e i due figli, che guardavano la televisione e ascoltavano musica, si misero rumorosamente a tavola e brandirono impazientemente le posate.
La donna arrivò.
Ma invece delle solite, profumate portate, mise in centro tavola un mucchietto di fieno.
«Ma… ma!», dissero i tre uomini. «Ma sei diventata matta?».
La donna li guardò e rispose serafica: «Be’, come avrei potuto immaginare che ve ne sareste accorti? Cucino per voi da vent’anni e in tutto questo tempo non ho mai sentito da parte vostra una parola che mi facesse capire che non stavate masticando fieno».

Per festeggiare il decimo anniversario del matrimonio una donna chiese alla rivista letta dal marito di pubblicare un messaggio per lui.
Eccolo: «Grazie, grazie amore mio, perché se oggi sono una donna, una moglie e una madre felice lo devo a te.
Grazie perché mi fai sentire sempre e dovunque l’unica donna al mondo per te.
Grazie perché mi fai sentire bella.
Grazie perché mi fai sentire importante.
Grazie per i tuoi sguardi d’amore quando siamo in mezzo alla gente.
Grazie per i tuoi “ti amo” lasciati qua e là quando e dove meno me l’aspetto.
Grazie perché ci sei.
Grazie per questi splendidi anni d’amore».

Abbiamo un potere immenso: decidere la felicità o l’infelicità delle persone che ci stanno accanto.
Di solito basta un «grazie» detto o dimenticato.


(tratto da: B. Ferrero, 365 Piccole Storie per l’anima, Vol. 1, pag. 57 – Elledici 2016)

 

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10. Anche Noi Vogliamo Capire – XXVIII C, 13/10/19

Per aiutare i nostri piccoli a vivere meglio la Liturgia della Parola

PRIMA LETTURA (2 Re 5,14-17)
Naamàn il Siro, guarito dalla lebbra, esprime la sua riconoscenza ad Eliseo offrendogli un dono, ma il profeta gli fa capire che è stato il Signore a guarirlo ed è lui che deve ringraziare. Così Naamàn ha l’occasione di manifestare anche la guarigione del suo spirito, perché dichiara apertamente di essere passato dal paganesimo alla fede nel Dio di Israele.

* Capire le parole
Caricare qui tanta terra… Naaman vuole compiere un sacrificio di ringraziamento al Dio di Israele su della terra proveniente dal territorio del suo popolo.


SECONDA LETTURA (2 Timoteo 2,8-13)
Paolo in catene sta soffrendo, anche perché molti lo hanno abbandonato. Ma lui sa che la persecuzione e il tradimento degli amici lo fanno somigliare a Gesù. Per questo invita Timoteo ad avere sempre il Signore Gesù come punto di riferimento costante.

* Capire le parole
Sopporto ogni cosa. Paolo afferma che ogni tipo di vicissitudine sofferta per e in onore del Regno di Dio è poca cosa rispetto all’inestimabile valore del Vangelo.
Se moriamo con lui… Il credente desidera restare fedele a Gesù perchè ha capito che questo lo condurrà alla salvezza eterna.


VANGELO (Luca 17,11-19)
Luca in questo episodio presenta Gesù come guaritore, intermediario tra Dio e l’umanità bisognosa di salvezza. I dieci lebbrosi rappresentano tutta l’umanità, che è guarita da Dio. L’evangelista nota ciò che ha sperimentato: gli Ebrei, pure guariti, non riconoscono in Gesù il salvatore, mentre il samaritano, che rappresenta i pagani e i lontani, non solo riconosce, ma subito torna a lodare il Signore e a riconoscere in Gesù il mediatore della salvezza.

* Capire le parole
Andate a presentarvi ai sacerdoti. Secondo le indicazioni della Legge, solo i sacerdoti – dopo averne accertato la guarigione – potevano riammettere l’ex ammalato nella comunità civile e interrompere il suo isolamento.
Ringraziare. Letteralmente significa “restituire, rendere le grazie ricevute”, non nel senso di ridarle al donatore, ma compiendo l’atto di manifestare apertamente di aver sperimentato la bontà dell’altro, i benefici ricevuti, rafforzando in questo modo il legame tra i due. La capacità di ringraziare dal profondo del cuore è una virtù umana molto nobile e bella.


PER RIASSUMERE… In genere i cristiani sono più propensi a lamentarsi con il Signore piuttosto che a fare l’elenco dei doni che ricevono ogni giorno e a ringraziarlo. L’Eucaristia che celebriamo è lode e ringraziamento al Padre, per Gesù nello Spirito Santo. Crescere nella capacità di vedere i doni e ringraziare Dio ci rende più capaci di riconoscere i doni che riceviamo dagli altri e dire il «grazie» che rende i rapporti più fraterni.


Le parole da capire sono curate dall’autore del sito liturgico; le parti in corsivo sono un libero adattamento da “Messale delle Domeniche e feste 2019 – LDC”

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1. Letture – XXVII C, 6 ott ’19

PRIMA LETTURA
Il giusto vivrà per la sua fede.

Dal libro del profeta Abacuc 1,2-3; 2,2-4

Fino a quando, Signore, implorerò aiuto e non ascolti,
a te alzerò il grido: «Violenza!» e non salvi?
Perché mi fai vedere l’iniquità
e resti spettatore dell’oppressione?
Ho davanti a me rapina e violenza
e ci sono liti e si muovono contese.
Il Signore rispose e mi disse:
«Scrivi la visione
e incidila bene sulle tavolette,
perché la si legga speditamente.
È una visione che attesta un termine,
parla di una scadenza e non mentisce;
se indugia, attendila,
perché certo verrà e non tarderà.
Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto,
mentre il giusto vivrà per la sua fede».
Parola di Dio.


SALMO RESPONSORIALE
Dal Salmo 94 (95)

R. Ascoltate oggi la voce del Signore.

Venite, cantiamo al Signore,
acclamiamo la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie,
a lui acclamiamo con canti di gioia.

Entrate: prostràti, adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il nostro Dio
e noi il popolo del suo pascolo,
il gregge che egli conduce.

Se ascoltaste oggi la sua voce!
«Non indurite il cuore come a Merìba,
come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri:
mi misero alla prova
pur avendo visto le mie opere».


SECONDA LETTURA
Non vergognarti di dare testimonianza
al Signore nostro.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo 1,6-8.13-14

Figlio mio, ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l’imposizione delle mie mani. Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza.
Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo.
Prendi come modello i sani insegnamenti che hai udito da me con la fede e l’amore, che sono in Cristo Gesù. Custodisci, mediante lo Spirito Santo che abita in noi, il bene prezioso che ti è stato affidato.
Parola di Dio.


CANTO AL VANGELO (1 Pt 1,25)

Alleluia, alleluia.
La parola del Signore rimane in eterno:
e questa è la parola del Vangelo che vi è stato annunciato.
Alleluia.


VANGELO
Se aveste fede!.

Dal Vangelo secondo Luca 17,5-10

In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!».
Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.
Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».
Parola del Signore.


(tratto da: Nuovo Messale della comunità, Domeniche e feste – Elledici 2008)

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2. Esegesi – XXVII C, 6 ott ’19

SE AVESTE FEDE COME…

Abacuc 1,2-3; 2,2-4 – Soccombe colui che non ha l’animo retto
2 Timoteo 1,6-8.13-14 – Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio
Luca 17,5-10 – Stringiti le vesti ai fianchi e servimi

Ravvivare risposte di fede
Il profeta, nella prima lettura, scrive all’interno di un orizzonte storico scandito dallo scontro tra due grandi potenze dell’Oriente, l’impero d’Assiria e il nuovo impero babilonese. Abacuc, in questa situazione, è un uomo che non si chiude in se stesso, ma che sa domandare, rivolgendosi a Dio con sentimenti di insofferenza verso l’ingiustizia e la violenza presenti nel mondo: Fino a quando…? Perché…? (Ab 1,2). La bellezza della risposta di Dio sta nel suo desiderio di fissare nella memoria del suo popolo la sua opera di salvezza attraverso parole scritte in modo indelebile. Il profeta non tiene per sé la Parola del Signore, ma la trasmette al popolo e lo invita a vivere con due atteggiamenti, la rettitudine e la fede. Lo stesso «ravvivare» (2Tm 1,6) richiesto da Paolo a Timoteo indica l’azione di riattizzare un fuoco di fede a partire dalle braci nascoste sotto la cenere: il dono è stato fatto e va riconosciuto e valorizzato. La timidezza produce vergogna nel rendere testimonianza a Gesù, mentre lo Spirito di forza comporta il soffrire insieme per il Vangelo. A questa sofferenza Paolo invita Timoteo, ricordandogli che lui per primo soffre per il Vangelo conformemente alla potenza di Dio.

Facendosi piccoli
La buona notizia ha bisogno di essere rivisitata con un coinvolgimento pieno della vita. Alla richiesta degli apostoli di aumentare la loro fede, il Signore risponde manifestando la loro incredulità attraverso l’immagine del chicco di senape e del gelso sradicato e trapiantato nel mare. Cristo Gesù non risponde con una ricetta, dei punti da mettere in pratica e su cui poi fare una verifica. Risponde con un’immagine bellissima in cui la persona non ha bisogno di «fare», ma di «farsi» piccolo come un granello di senapa. La forza di dire a un albero di sradicarsi dalla terra, luogo della sicurezza, per trapiantarsi nel mare, esposto a tutte le intemperie, non è nelle proprie capacità, ma nell’abbandono. È solo creando giorno per giorno, come con un cesello prezioso, la relazione con Dio, che si può realizzare l’impossibile. La fede è il dono di lasciare noi stessi per mettere le radici nel mare della sua misericordia. Basterebbe accogliere solo una goccia del fiume immenso che Lui ha donato alla nostra vita. E questo è detto a ciascuno e a tutti, senza riservarlo a particolari doni e a speciali funzioni.

Valorizzando lo stile umano
Ognuno nel suo piccolo è ministro autorizzato, competente e potente della misericordia divina proprio per tutto quello che ha ricevuto nella sua vicenda personale. Con l’esempio del servo che deve continuare a servire, Cristo Gesù vuole mostrare la perseveranza e l’umiltà della fede. Inoltre, dicendo che il padrone terreno non si riterrà obbligato verso il suo servo (Lc 17,9), insegna che non c’è ragione di gloriarsi delle opere buone e rivela lo stile umano della servitù. Attira l’ipotesi di poter interpretare la figura del padrone di quel servo. Si può pensare al Signore stesso. Ma si può pensare anche ad ogni persona che siamo chiamati a «servire». Ogni persona è il «padrone» da servire sino in fondo. Per poi concludere che in questo non c’è niente di speciale. Cristo Gesù non presenta la sua opinione, ma il concetto che dobbiamo avere verso noi stessi, di grande umiltà, e ricorda: «Io sto in mezzo a voi come colui che serve» (Lc 22,27).

Per rispondere gratuitamente
Il Vangelo con queste accentuazioni apre orizzonti nuovi, allarga i rapporti, annulla le frontiere, realizza la vita chiamando tutti a partecipare. Chi ama secondo giustizia non ha ancora realizzato l’amore, è ancora un servo inutile. Dio contesta il nostro lavoro, mette in discussione non il lavoro fatto male, ma il lavoro che troppe volte ci rende schiavi e bisognosi di riconoscimento. Non siamo al mondo innanzitutto per fare. Siamo al mondo per la gioia e se il lavoro non permette la gioia, significa che è diventato un idolo e va quindi distrutto. Quando nella vita abbiamo solo lavorato, siamo ancora servi inutili, non abbiamo ancora imparato l’amore. La fede che il Vangelo ci propone è una risposta di amore gratuito. Rispetto ai nostri interventi che anche in nome dell’amore a volte sono provocatori e grossolani, perché offendono la persona che vogliamo aiutare. È invece importante farsi perdonare in ogni gesto di carità che facciamo verso ogni piccolo e povero.


PER IL CONFRONTO NEL GRUPPO
– Abbiamo la pazienza di far crescere la fede?
– Sappiamo valorizzare i passaggi piccoli nella nostra crescita spirituale?


IN FAMIGLIA
Ricerchiamo nella nostra casa la realtà più piccola, e una volta individuata mettiamo in evidenza che cosa notiamo in lei di positivo, quali elementi troviamo interessanti. A partire da quanto riusciamo a cogliere accogliamo nella nostra vita quello che ci può dare forza e sostegno per un cammino di trasformazione.


(tratto da: R. Paganelli – Vivere la domenica aprendoci alla Parola, anno C – Elledici 2015)

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3. Annunciare la Parola – XXVII C, 6 ott ’19

• Ab 1,2-3; 2,2-4 – Il giusto vivrà per la sua fede.
• Dal Salmo 94 – Rit.: Fa’ che ascoltiamo, Signore, la tua voce.
• 2 Tm 1,6-8.13-14 – Non arrossire della testimonianza del Signore nostro.
• Canto al Vangelo – Alleluia, alleluia. Risplendete come astri nel mondo, tenendo alta la parola della vita. Oppure: Tutto ciò che è nato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede. Alleluia.
• Lc 17,5-10 – Se aveste fede!


PER COMPRENDERE LA PAROLA

La fede ottiene tutto. Abacuc: la sua fede è messa alla prova. Il suo popolo è immerso nella sventura. Dio non risponde alle invocazioni del profeta. Alla fine, promette di esaudirlo. Vangelo: “Se aveste fede… gli alberi vi ascolterebbero…”.

PRIMA LETTURA
Abacuc, contemporaneo di Geremia, profetizza verso il 600 a.C. mentre i Caldei occupano e devastano il regno di Giuda. Perché Iahvè permette che venga oppresso il suo popolo? Il profeta, stanco del silenzio di Dio, gli rivolge quasi un’intimazione; invece di perdere la fede, si ostina nella preghiera. Alla fine Dio risponde annunciando una visione “che non mentisce”, “che attesta un termine, parla di una scadenza”. Invito a conservare la fede in e contro tutto.
Al termine del libro di Abacuc (cap. 3) si trova un atto di fede che è come la risposta ultima a tutte le prove del popolo e a tutte le suppliche apparentemente inutili: “Sospiro al giorno dell’angoscia che verrà contro il popolo che ci opprime… Ma io gioirò nel Signore, esulterò in Dio mio salvatore” (Ab 3,16-18).
Nota: “Il giusto vivrà per la sua fede” è un’espressione ripresa più volte da Paolo (ad esempio, Gal 3,11).

SALMO
Nella stessa linea: Non indurite il cuore. Sforzatevi di capire la volontà di Dio nelle prove.

SECONDA LETTURA
Il vecchio Paolo è in prigione. Invita Timoteo, discepolo prediletto, a non vergognarsi dell’apparente scacco umano del suo maestro, ad accettare le sofferenze e a combattere con coraggio e fedeltà per Cristo. È il segno che niente l’ha scoraggiato o deluso nel servizio di Cristo. È talmente saldo nella fede che il suo spirito di servizio rimane intatto (vedi Vangelo).

VANGELO
Il legame fra la parabola e la domanda degli apostoli non è evidente. Tuttavia la prima parte è innegabilmente la risposta di Gesù alla domanda. Le esigenze successive o complementari del padrone della parabola mostrano che Dio può condurci molto lontano nella fede e apparirci esigente. A chi risponde generosamente, Dio non finisce di chiedere. È un fatto che in risposta al dono gratuito e senza limiti della sua grazia, noi non abbiamo altro da offrire che il nostro umile servizio gratuito, sempre molto limitato. E tuttavia, a questo “servizio inutile” Dio è pronto a conferire un’efficacia inaudita: “sradicare degli alberi”. Di conseguenza, non ci muoviamo più nella prospettiva di un contratto, di un dovere, “padrone e servo”, bensì nella prospettiva delle esigenze dell’Amore e dei rapporti personali: si dà senza misura nell’assoluta reciproca fiducia. “Non vi chiamo più servi ma amici” (Gv 15,15).
Si noti la forza dell’immagine: un granellino di senape (seme piccolissimo)… Dio può l’impossibile.


PER ANNUNCIARE LA PAROLA (piste di omelia)

Fede in Dio, Salvatore dei giusti
Abacuc chiede conto a Dio. Perché punire il popolo credente servendosi di pagani, di barbari? Perché permettere il trionfo della forza ingiusta? Sarebbe forse il prevalere dei figli delle tenebre sui figli della luce (Lc 16,8)? Problema del male. Scandalo per Abacuc, come per molti spiriti moderni.
Per mezzo di questi problemi e di questi avvenimenti, Dio prova e purifica il giusto. Alzi gli occhi e guardi l’invisibile. Cf i numerosi castighi del popolo lungo tutta la storia d’Israele. Dio vi manifesta la sua onnipotenza e prepara la vittoria finale del suo diritto, quando i giusti l’avranno riconosciuto e porranno in lui ogni fiducia.
“Ripensate a ciò che avete provato… avete dovuto soffrire molto… eravate insultati e maltrattati… sapendo di possedere beni migliori, che nessuno può portar via. Dunque non perdete il vostro coraggio” (Eb 10,32-35).
Dio risponde anche con l’oracolo: “Il giusto vivrà per la sua fede”. La fedeltà assicurerà al giusto la vita.
La desiderata difesa della vita fisica è il primo passo d’una speranza più grande: la vita ritrovata in Gesù Cristo attraverso la sofferenza e la morte.
Fedeltà: non solo il compimento dei precetti della legge, ma la docilità nel seguire con perseveranza lo Spirito di Dio che guida gli avvenimenti. “Noi non siamo di quelli che indietreggiamo a loro perdizione, bensì uomini di fede per la salvezza della nostra anima” (Eb 10,39).
Le disgrazie non devono scoraggiare il credente: sono passeggere. La fede dà la capacità di resistere perché è tutta protesa verso l’avvenire e attaccata all’invisibile: “La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono” (Eb 11,1). Il compimento arriverà alla sua ora (1ª lettura). Quindi obbedienza e disponibilità nella mano di Dio, come il servo della parabola (Vangelo). Saper leggere gli avvenimenti nella fede e nella pazienza. E resistere: non aver paura di affrontare i nemici di Dio. Non vergognarsi di lui né dei suoi discepoli (2ª lettura).

La fede, nostro dovere
Il servo che rientra dal campo stanco morto e al quale il padrone ordina di preparargli da mangiare e di servirlo a tavola, prima di permettergli di riposarsi, è uno scandalo per gli attuali diritti dei lavoratori. E Gesù che dà ragione a questo sfruttatore tirannico è un altro scandalo!
Sta qui il punto centrale della parabola, la risposta alla richiesta degli apostoli: “Aumenta la nostra fede”. Per la fede Dio è un padrone terribilmente esigente. Come il servo fa semplicemente il suo dovere eseguendo gli ordini del padrone, così il credente deve, nella fede, dare fiducia totale e assoluta a Dio che regge il mondo e guida il destino di ognuno. Per la realizzazione della salvezza noi siamo decisamente dei “servi inutili”.
La salvezza è un’opera molto più straordinaria che trapiantare alberi nel mare. Però si serve delle piccole cose della vita quotidiana. “Lavorare… pascolare il gregge… preparare da mangiare… servire a tavola…” sono stati ripetuti all’infinito nel succedersi delle giornate e spesso sono un peso fastidioso. Con la fedeltà e l’amore possiamo trasformare tutto in servizio e volontà di Dio.
Servizio inutile? No. Dio mi aspetta in un certo posto, e io devo esserci se voglio incontrarlo.
Abitudine? No. Gesù vuol fare di noi delle persone sveglie, dei realizzatori: e la fedeltà alle piccole cose prepara la fedeltà alle grandi. Nazaret e la vita nascosta prima della predicazione e della passione. Teresa nel Carmelo di Lisieux…
La fede consisterà quindi nel rimettersi “ciecamente” a Dio. Non senza riflettere, ma, dal momento che non siamo “nella chiara visione” (2 Cor 5,7), con fiducia, perché Dio “è veritiero e fedele alle sue promesse” (cf Rm 4,21). Egli che “chiama all’esistenza le cose che ancora non esistono” (Rm 4,17) “non può rinnegare se stesso” (2 Tm 2,13).
Senza boria, perché “la salvezza ci viene dalla grazia, non dalle nostre opere” (cf At 15,11). “Chi perciò potrebbe vantarsene?” (cf Ef 2,9).
Con perseveranza e fedeltà. “Fondati su basi solide” (Col 1,23). “Badate che nessuno vi inganni con la sua filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana…” (Col 2,8).
La fede consisterà anche, come scrive Paolo a Timoteo (2ª lettura), nel “non vergognarsi, nel non aver paura”, nel fuggire il rispetto umano e nel saper dare testimonianza.


(tratto da: M. Gobbin, Omelie per un anno – vol. 2, anno C, tempo ordinario – Elledici 2003)

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4. Parola da Vivere – XXVII C, 6 ott ’19

SE AVESTE FEDE COME…

L’attento e appassionato esercizio dell’amore è la via che dà fiducia al cammino di chi in qualche modo è affidato alla nostra responsabilità e alle nostre cure. Solo il Signore può dire una parola definitiva sulla realtà, anche la più incomprensibile, non per distruggere, a per far rinascere. La compagnia di Cristo Gesù ci sostiene nell’incessante disposizione ad accogliere e servire chi incontriamo. Poteva fare a meno di noi, ma ci ha concesso di servirlo e di essere partecipi di Lui e della sua opera di salvezza universale. La vera umiltà coincide con la consapevolezza del dono di Dio, e in Lui cresce la nostra fede.


(tratto da R. Paganelli – Vivere la domenica aprendoci alla Parola, anno C, Elledici 2015)

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5. Preghiere dei Fedeli – XXVII C, 6 ott ’19

La parabola dei servi inutili

Celebrante. Sapendo che siamo creature di Dio da lui amate, ora nella Preghiera dei fedeli gli domandiamo con fiducia il dono di una fede più confidente e profonda.

Lettore. Diciamo anche noi con gli apostoli: Aumenta, Signore, la nostra fede.

1. Preghiamo per la santa Chiesa di Dio. Essa ha la missione di conservare e proporre agli uomini le verità della fede che il Signore ci ha rivelato.
Perché annunci a tutti il Cristo Gesù crocefisso e risorto, e conduca i discepoli del Signore a conformarsi alla sua Parola e sul modello della sua vita, preghiamo.

2. Per i cristiani dalla fede incerta. Non pochi corrono il rischio di vedere in Dio soltanto un astratto «essere perfettissimo, creatore e signore».
Perché tutti giungano a scoprire in Dio – come ci ha rivelato Gesù – un Padre che ama i suoi figli già prima che esistano, e li convoca al banchetto della vita eterna, preghiamo.

3. Per quegli uomini che sono troppo fiduciosi nelle proprie risorse. Tanti vivono sicurissimi di sé, e non abbastanza coscienti della loro fragilità di creature.
Perché affrontino l’esistenza con maggiore attenzione alla presenza di Dio nel mondo, e sappiano inserire i loro progetti terreni in una visione di fede e di vita futura, preghiamo.

4. Per gli uomini lontani da Cristo. Come si accende una candela accostandola a un’altra candela già accesa, così la fede si trasmette da un uomo all’altro.
Perché il messaggio testimoniato da noi cristiani porti tutti gli uomini a scoprire di essere figli di Dio, da lui amati da tutta l’eternità, preghiamo.

5. Per la nostra comunità (parrocchiale). A volte ci compiacciamo dei risultati conseguiti, e ci sentiamo un po’ troppo fieri delle nostre realizzazioni
Perché dopo aver cercato di fare bene la nostra parte, troviamo il coraggio di ritenerci servi inutili, e abbiamo la gioia di affidarci in tutto all’amore di Dio Padre, preghiamo.

Celebrante. Signore, tu conosci la fragilità della nostra fede. Accetta il nostro darci da fare quaggiù, come risposta di servi forse inutili, ma anche di figli volenterosi, che si sentono creati e salvati dal tuo amore infinito. Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore.


(tratto da: E. Bianco, Preghiera dei fedeli, proposte per le domeniche e feste degli anni A-B-C – Elledici 2002)