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1. Letture – Santa Famiglia A, 29 dic ’19

PRIMA LETTURA
Chi teme il Signore onora i genitori.

Dal libro del Siràcide 3,3-7.14-17a (NV) [gr. 3,2-6.12-14]

Il Signore ha glorificato il padre al di sopra dei figli
e ha stabilito il diritto della madre sulla prole.
Chi onora il padre espìa i peccati e li eviterà
e la sua preghiera quotidiana sarà esaudita.
Chi onora sua madre è come chi accumula tesori.
Chi onora il padre avrà gioia dai propri figli
e sarà esaudito nel giorno della sua preghiera.
Chi glorifica il padre vivrà a lungo,
chi obbedisce al Signore darà consolazione alla madre.
Figlio, soccorri tuo padre nella vecchiaia,
non contristarlo durante la sua vita.
Sii indulgente, anche se perde il senno,
e non disprezzarlo, mentre tu sei nel pieno vigore.
L’opera buona verso il padre non sarà dimenticata,
otterrà il perdono dei peccati, rinnoverà la tua casa.
Parola di Dio.


SALMO RESPONSORIALE Dal Salmo 127 (128)

R. Beato chi teme il Signore e cammina nelle sue vie.

Beato chi teme il Signore
e cammina nelle sue vie.
Della fatica delle tue mani ti nutrirai,
sarai felice e avrai ogni bene.

La tua sposa come vite feconda
nell’intimità della tua casa;
i tuoi figli come virgulti d’ulivo
intorno alla tua mensa.

Ecco com’è benedetto
l’uomo che teme il Signore.
Ti benedica il Signore da Sion.
Possa tu vedere il bene di Gerusalemme
tutti i giorni della tua vita!


SECONDA LETTURA
Vita familiare cristiana,
secondo il comandamento dell’amore.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossési 3,12-21

Fratelli, scelti da Dio, santi e amati, rivestitevi di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri, se qualcuno avesse di che lamentarsi nei riguardi di un altro.
Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Ma sopra tutte queste cose rivestitevi della carità, che le unisce in modo perfetto. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E rendete grazie!
La parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza. Con ogni sapienza istruitevi e ammonitevi a vicenda con salmi, inni e canti ispirati, con gratitudine, cantando a Dio nei vostri cuori. E qualunque cosa facciate, in parole e in opere, tutto avvenga nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre.
Voi, mogli, state sottomesse ai mariti, come conviene nel Signore. Voi, mariti, amate le vostre mogli e non trattatele con durezza. Voi, figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al Signore. Voi, padri, non esasperate i vostri figli, perché non si scoraggino.
Parola di Dio.


CANTO AL VANGELO Col 3, 15a.16a

Alleluia, alleluia.
La pace di Cristo regni nei vostri cuori;
la parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza.
Alleluia.


VANGELO
Prendi con te il bambino e sua madre
e fuggi in Egitto.

Dal Vangelo secondo Matteo 2,13-15.19-23

I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo».
Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Dall’Egitto ho chiamato mio figlio».
Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino».
Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele. Ma, quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: «Sarà chiamato Nazareno».
Parola del Signore.

(tratto da: Nuovo Messale della comunità, Domeniche e feste – Elledici 2008)

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2. Esegesi – Santa Famiglia A, 29 dic ’19

PRENDI CON TE IL BAMBINO

Sir 3,3-7.14-17a (NV) Chi onora il padre espia i peccati
Col 3,12-21 La parola di Cristo abiti tra voi
Mt 2,13-15.19-23 Fuggi in Egitto e resta là

La famiglia sostiene Gesù
Appena nato Gesù è osteggiato dai potenti di questo mondo, come avverrà lungo tutta la sua vita. In questo caso però egli non è in grado di pensare a sé in prima persona ed è solo grazie alle cure di Giuseppe e Maria che ha salva la vita. Dio, venendo tra noi, ha scelto di aver bisogno di una famiglia, ha scelto di entrare nella logica della storia fatta di bene e di male, di realtà umane difficili per dirci che niente di ciò che viviamo gli è estraneo. Nella narrazione evangelica non emerge tanto l’uno o l’altro componente, quanto i tre come famiglia. Per ciascuno Dio comincia l’opera di grazia dallo stato miserevole dell’uomo. Così è stato anche per il figlio di Dio, che ha voluto in tutto mettersi dentro la vicenda umana. Il suo ritorno si configura come quell’esodo che darà inizio al nuovo Israele. Quando Gesù entrerà nel tempio di Gerusalemme dirà espressamente che vi è entrato per condurre fuori dal recinto del tempio le pecore fedeli, il piccolo resto d’Israele: egli le conduce come JHWH conduceva Israele per il deserto. Il Signore si fa piccolo ed esule per riportarsi anche visibilmente sulle strade dell’uomo povero, debole e perseguitato.

Un comune destino
La via della salvezza è proposta dentro una famiglia che, se vanta un privilegio, è quello di far parte della schiera dei poveri. E nella persecuzione il destino di uno è il destino dei tre. L’unità del nucleo si fonda sull’unità del destino che non mortifica le ricchezze di ciascuno, ma le riporta a un unico progetto. Maria vive tutto in silenzio, Giuseppe gestisce le operazioni, il figlio è colui che porta il mistero. Il figlio, del resto, è sempre un mistero, perché quando nasce una vita è un mondo imprevedibile che prepotentemente entra nella sfera famigliare. Non è facile dire «vieni Signore Gesù» quando si sperimenta che Dio, invece di venire, sembra fuggire, perché impotente di fronte alla prepotenza. Cristo non aiuta in virtù della sua onnipotenza, ma in virtù della sua sofferenza Giuseppe obbedisce prontamente, prende con sé il neonato e Maria e si dirige in Egitto, terra in cui Israele aveva conosciuto la dura oppressione e la schiavitù: in tal modo Gesù ripercorre il cammino del popolo di Israele, chiamato da Dio stesso «figlio mio» (cf Es 4,22).
Il cammino dei tre: un doppio esodo Il viaggio di Maria e Giuseppe col Bambino si configura all’esodo di Mosè in terra di Madian per sottrarsi al potere persecutorio e all’esodo di tutto il popolo in terra di Canaan come cammino liberatore. Ma ora vi è una specie di inversione di ruolo: Gerusalemme è diventata la città del faraone persecutore, per cui la piccola famiglia perseguitata fugge in Egitto. In tutto il Vangelo di Matteo, Gerusalemme rimarrà sempre come il simbolo di una sinagoga che non riconosce il messia, la città di Davide che non riconosce il figlio di Davide e lo allontana. Questa fuga è dominata dall’evento tragico di una strage di bambini innocenti, come nella vicenda dell’infanzia di Mosè. In entrambi i casi Dio salva il piccolo resto d’Israele. È riproposta una storia dove l’uomo di fede si configura nell’immagine dell’ebreo errante che persegue la salvezza che JHWH gli propone. L’antico e il nuovo Israele si ritrovano nella stessa esperienza di vita.

L’approdo in terra pagana: Gesù è portato subito a tutti
Dopo qualche tempo dalla morte di Erode la famiglia di Gesù si trasferisce in Galilea. Si tratta di una terra abitata da pagani, ma recandosi proprio lì Giuseppe porta subito Gesù a tutti gli uomini, agli ebrei e alle genti. E Gesù «andò ad abitare in una città chiamata Nazaret, perché si adempisse ciò che era stato detto dai profeti: “Sarà chiamato Nazareno”». Il nome della località porta l’evangelista a un duplice gioco di parole. Gesù, chiamato Emmanuele, Dio-con-noi dall’angelo, sarà chiamato anche «Nazareno», cioè abitante di Nazaret e al contempo «nazir», nazireo, cioè separato da Dio e a lui consacrato fin dal seno di sua madre (cf At 2,22; 3,6).


PER IL CONFRONTO NEL GRUPPO
– In che cosa ti senti di collaborare per far arrivare il Regno di Dio?
– Di che cosa hanno bisogno gli esuli di oggi?


IN FAMIGLIA
Prendersi cura è il modo migliore per stare vicini.
Ogni membro della famiglia cura un ambito che può far piacere a qualcun altro:
la preparazione del cibo e della tavola, la cura dei vestiti, la pulizia di un ambiente
e il riordino dello stesso per accogliere qualcuno.
In questi giorni possiamo prenderci «cura» anche di una persona che conosciamo e sappiamo in difficoltà.


(tratto da R. Paganelli – Entrare nella domenica dalla porta della Parola, anno A, Elledici 2015)

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3. Annunciare la Parola – Santa Famiglia A, 29 dic ’19

• Sir 3,2-6.12-14 – Chi teme il Signore onora i genitori.
• Dal Salmo 127 – Rit.: Vita e benedizione sulla casa che teme il Signore.
• Col 3,12-21 – Vita familiare cristiana, secondo il comandamento dell’amore.
• Canto al Vangelo – Alleluia, alleluia. La pace di Cristo regni nei vostri cuori; la parola di Cristo dimori tra voi con abbondanza. Alleluia.
• Mt 2,13-15.19-23 – Prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto.


PER COMPRENDERE LA PAROLA

PRIMA LETTURA
Il libro del Siracide è un trattato di sapienza, annoverato dalla Chiesa cattolica nel canone delle Scritture. Fu redatto in greco nel II secolo a.C.
Le prime sentenze del cap. 3 riguardano il modo di comportarsi con i genitori. Sono i principi di una società in cui la famiglia è la cellula base. Queste sentenze non sono ordini ma consigli: se tu agisci così otterrai la felicità. Sono un commento al comandamento: «Onora tuo padre e tua madre», anch’esso accompagnato da una promessa: «perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il Signore, tuo Dio» (Es 20,12).
– Parola chiave: onorare. Non si tratta soltanto di un comportamento rispettoso, ma soprattutto di un modo di vivere che onori coloro che ci hanno allevati. Il figlio onora i genitori perché è Dio che lo vuole.
– I consigli circa i genitori anziani sottolineano che essi non vanno considerati in funzione delle loro attuali qualità o dei servizi che possono ancora rendere. Vi è un diritto al rispetto e al riguardo che rimane valido anche nelle infermità della vecchiaia.

SALMO
È un «cantico delle ascensioni», un canto di pellegrinaggio dei pii Ebrei. Essi sono certi di avere in cambio la benedizione di Dio. Questa benedizione è in primo luogo di ordine familiare: prosperità, numerosi figli e lunga vita. In questa festa la sposa feconda per eccellenza è Maria.

SECONDA LETTURA
È tratta da un lungo discorso sull’«uomo nuovo», l’uomo morto e risuscitato con Cristo; contiene:
Consigli sulla vita di relazione con gli altri. Il modello è il comportamento di Dio con i suoi eletti: dobbiamo amare come egli ci ama, perdonare come egli perdona. L’amore che viene da Dio dà significato e coesione a tutte le virtù; unisce tutti i membri di Cristo in un solo corpo. E il frutto è la pace, che porta il cuore alla riconoscenza.
Consigli sulla vita più direttamente religiosa delle comunità: attenzione incessante alla Parola di Dio, istruzione reciproca, canti ispirati. Tutto ciò deve condurre a una specie di consacrazione di tutta la vita.
In questo passo sentiamo un’eco della vita liturgica delle prime comunità, in cui si esercitava la varietà dei doni dello Spirito (cf 2a e 3a domenica del Tempo Ordinario).

VANGELO
Il testo di Matteo riferisce la partenza per l’Egitto e, dopo la strage degli Innocenti, il ritorno a Nazaret.
Fedele alla linea adottata (cf l’annunciazione a Giuseppe letta nella 4a domenica di Avvento), Matteo continua a presentare Gesù nella sua dipendenza da Giuseppe, capo legale della Santa Famiglia, l’uomo giusto che compie la volontà di Dio, trasmessagli attraverso l’oscurità dei sogni. Ma la sua fede non ha esitazioni: sia per la partenza che per il ritorno, Giuseppe «destatosi, prese con sé il bambino e sua madre».
Il bambino occupa nella narrazione un posto primario, che non è naturale e sottolinea la sua dignità.
È un racconto teologico e tuttavia storico: è preciso riguardo al nome del figlio di Erode, e la menzione di Nazaret coincide con i dati di Luca, il cui racconto, per il Vangelo dell’infanzia, è tuttavia assolutamente indipendente da Matteo. Fedele al suo metodo, Matteo vuole fondarsi sull’Antico Testamento.
La prima citazione: «Dall’Egitto ho chiamato il mio figlio» proviene da Os 2,1, in cui si tratta di Israele; Matteo riconosce quindi in Israele una figura del Messia. La seconda è più oscura: si tratta probabilmente del Nazir, l’asceta consacrato a Dio che non beve vino e non conosce il rasoio, di cui si parla in Gdc 13,5-7. Il nome «Nazareno» rimane legato a Cristo e ai cristiani negli ambienti giudaizzanti (cf At 24,5). Matteo lo mette in risalto con fierezza.


PER ANNUNCIARE LA PAROLA (piste di omelia)

La liturgia del Natale ci ha abbagliato con la sua luce sfolgorante. Noi tutti siamo stati attratti dalla Persona del Verbo di Dio fatto carne, protagonista del mistero della nostra salvezza. Egli è venuto ad abitare tra noi.
Ora la liturgia ci presenta i temi e le persone rimasti in penombra. Lo sguardo è indirizzato oggi sulla «abitazione di Dio fra gli uomini», sulla famiglia. È tra le mura domestiche e le persone che inseriscono pienamente e anagraficamente il Figlio di Dio tra gli uomini che noi possiamo riconoscerlo e accoglierlo. Di questa scuola siamo invitati a diventare allievi attenti e perspicaci.
La Famiglia di Nazaret, composta da Gesù, Giuseppe e Maria, è proposta dalla Chiesa come modello di vita, di relazioni e di comportamento. Essa è l’ideale con cui confrontarci e a cui ispirarci. È rileggendo l’avventura di questa famiglia singolare che noi cogliamo il valore, le speranze, le attese recondite che ogni famiglia umana custodisce nel cuore.

L’esodo del Figlio di Dio
La parola «esodo» ha una profonda risonanza nella storia umana. Per i più anziani sono gli «sfollamenti» del 1940-1945; per altri, è la fila dei rifugiati nei paesi in guerra, davanti all’invasione, ai bombardamenti. Per tutti noi è la marea di uomini che fuggono dal loro paese in cerca di una vita migliore e si avventurano nel mare con imbarcazioni precarie e clandestini sbarcano sulle coste di una nazione…
Gesù, secondo s. Matteo, ha voluto conoscere fin da piccolo questo genere di prova, che ha coinvolto i suoi genitori in un’avventura piena di insidie. È la prima apparizione della croce.
Per la Bibbia, l’esodo ha un’altra risonanza: la liberazione dall’Egitto, la traversata del deserto, la terra promessa. Richiamando il passo di Osea, Matteo suggerisce un’interpretazione più profonda dell’avvenimento che è la fuga in Egitto e il ritorno. Per lui è la chiave di tutta la missione di Gesù. Dio fa tornare dall’Egitto il suo Figlio Gesù, come ha fatto tornare il suo figlio Israele. Gesù vive personalmente l’esodo e assume in certo modo tutta la storia di Israele. È lui il vero Israele, poiché contiene in sé tutta l’umanità nuova. Più tardi, egli passerà nel deserto per superare vittoriosamente le tentazioni di Israele. Ma fin d’ora vive l’obbedienza che riscatta le molte disobbedienze di Israele.
L’obbedienza non è soltanto la sottomissione agli ordini ricevuti, che Giuseppe vive perfettamente. È anzitutto la sottomissione alla realtà, agli avvenimenti. Essa riguarda tanto gli adulti quanto i bambini. Tutti si ritrovano piccoli, limitati, dipendenti.
È una via per conoscere Dio e accoglierlo. Ritroviamo nella vita quotidiana l’itinerario di Gesù e di Israele. Gesù ha percorso questo cammino in una famiglia umana come la nostra. La sua presenza ha irradiato la serenità, l’obbedienza e l’amore.
Le nostre famiglie, come tutti i gruppi in cui viviamo, non raggiungono mai questa perfezione, anzi talvolta sono un deserto, lontano da Dio, occasione di prova e di tentazione. La grazia di Cristo ci aiuti a trasformare a poco a poco i rapporti che legano i diversi membri di questi gruppi, perché in essi si costituisca una vera cellula del popolo di Dio.

San Giuseppe tace ed opera
Il Vangelo in pochi e mirabili tratti ci presenta la figura e soprattutto il silenzio operoso di s. Giuseppe.1 In esso sono raccolte poche parole della Madonna, ma di Giuseppe nessuna. I suoi colloqui con gli angeli non hanno altra risposta che le opere. Gli angeli parlano, lui tace e fa.
Nello smarrimento di Gesù al Tempio, la Madonna è uno slancio di sentimenti. San Giuseppe tace. Il suo silenzio è il commento più perfetto alla sua fede, alla sua docilità, alla sua dedizione.
Qualche volta vorremmo conoscere una parola di questo santo Patriarca nei confronti di Gesù e di Maria. Possiamo solo immaginarne tante, ma non ne conosciamo nessuna. Questo fatto ci mette di fronte ad un insegnamento molto prezioso per la vita spirituale: il miglior commento a tutto ciò che il Signore fa e dice, a tutto ciò che il Signore vuole, è l’operoso silenzio.
S. Giuseppe è una creatura che ascolta, aperta alla voce di Dio. È troppo occupato nell’ascoltare il Signore, ha paura di interromperlo, di prevenirlo e così tace sempre. E come è fecondo questo silenzio! Esso permette che tra la parola di Dio e l’obbedienza di Giuseppe non ci sia soluzione di continuità. Dio parla e s. Giuseppe fa. «Non temere…», e lui non teme, tutti i drammi sono finiti. «Alzati…», e lui si alza, eccolo già per strada. «Ritorna…», ed è già di ritorno. Questa immediatezza a tutti i cenni del Signore, è bella disposizione interiore!
Il silenzio dovrebbe essere una delle condizioni della fedeltà, della corrispondenza e della prontezza ai cenni di Dio. Non è solo mortificare la lingua. È assumere un atteggiamento di abbandono. È essere agili nelle mani di Dio. Egli troverà che la nostra risposta è immediata tra il suo cenno e il compiersi dei suoi disegni. Nulla, neppure un palpito del cuore gli opponga resistenza. Tutto in noi sia adesione, fiducia e, soprattutto, amore.

La vita di Nazaret
Giuseppe è accogliente, non è «padrone» né della propria vita né di quella degli altri. Lui accoglie e favorisce la vocazione di Gesù. Giuseppe è «colui che mette in salvo». La salvezza della famiglia è quella di mettersi in salvo.
Giuseppe è un uomo desto, in piedi, attento, deciso, pieno di iniziative, che si dà da fare, non si rassegna, non accetta l’ineluttabile, non sta a piangere contro i tempi e le crudeltà degli uomini. La salvezza viene da una famiglia che è «in movimento».
La famiglia cristiana è un vangelo vivente, una buona notizia che trasmette un forte messaggio di speranza all’umanità. Ci sono dei tratti fondamentali della vita di Nazaret a cui ogni famiglia può ispirarsi per realizzarsi e svilupparsi secondo il cuore di Dio. Nazaret:
– è vita di carità profonda che rende viva la presenza del Signore;
– è invito all’ospitalità;
– è vita di povertà laboriosa;
– è vita di nascondimento e di semplicità;
– è vita di ascolto attento e rispettoso (ubbidienza: dove c’è amore non c’è imposizione!);
– è vita di limpidità trasparente e libertà;
– è vita intima con Cristo e Maria;
– è vita di fede schietta;
– è vita che testimonia la gioia ed educa ad essa.
Nella gioia tutto è più facile, anche portare le croci pesanti. Donando gioia miglioriamo noi stessi, alleggeriamo i pesi nostri e altrui, comunichiamo in profondità con Dio e con i fratelli.


(tratto da: M. Gobbin, Omelie per un anno – vol. 1, anno A, tempi forti – Elledici 2003)

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4. Parola da Vivere – Santa Famiglia A, 29 dic ’19

PRENDI CON TE IL BAMBINO

Padre di Gesù secondo la legge, Giuseppe è veramente lo strumento di Dio per salvare Gesù: lo salva dal nascere senza un padre legale, lo salva dalla minaccia assassina di Erode, lo salva dall’esilio in terra straniera. Così il disegno di salvezza voluto da Dio si compie nonostante le opposizioni dei potenti. Conducendo Gesù in questo esodo, i suoi genitori gli narrano il Dio salvatore. Dio ha bisogno di uomini e donne che ascoltano la sua voce, che si alzano e predispongono tutto affinché sulla terra appaia la sua salvezza. Ecco quale deve essere il nostro impegno quotidiano, in modo che il buio delle nostre notti sia rischiarato dalla luce del Figlio di Dio. La relazione iniziale che abbiamo sperimentato agli albori del nostro esistere è un invito a vivere ogni relazione secondo la logica della vita che trova un luogo di apertura, di crescita e anche di difesa.


(tratto da R. Paganelli – Entrare nella domenica dalla porta della Parola, anno A, Elledici 2015)

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5. Preghiere dei Fedeli – Santa Famiglia A, 29 dic ’19

Prendi con te il bambino e sua madre, e fuggi in Egitto • Mt 2,13-15.19-23

Celebrante. Ci uniamo ora nella Preghiera dei Fedeli come figli e fratelli, e chiediamo al Padre che ci faccia crescere nella carità vicendevole, sul modello della Famiglia di Nazaret.

Lettore. Preghiamo insieme e diciamo: Rinnova, Signore, le nostre famiglie.

1. Preghiamo per la santa Chiesa di Dio. Essa è la grande famiglia dei credenti che guardano a Dio come a loro padre.
Perché la comunità dei cristiani sappia esprimere al suo interno e nei rapporti con il mondo il volto di una vera famiglia che sa davvero amare, perdonare e donare, preghiamo.

2. Per i bambini e i fanciulli. I genitori, nel rispetto del mistero della loro persona in boccio, hanno il compito delicato di educarli nella fede e nella gioia.
Perché li aiutino a crescere e fortificarsi come il fanciullo Gesù a Nazaret, pieni anch’essi di sapienza e grazia davanti a Dio e agli uomini, preghiamo.

3. Per le famiglie dei profughi, baraccati, senza tetto. Per gli orfani delle guerre, del lavoro, dell’odio. Per quanti soffrono solitudine ed esclusione.
Perché l’accoglienza dei cristiani li aiuti a risolvere i loro gravi problemi e li faccia sentire accolti come persone e come figli di Dio, preghiamo.

4. Per le famiglie in crisi. Molte vivono disunite, senza pace, senza calore. E hanno bisogno di essere sostenute dalla solidarietà fattiva della Chiesa.
Perché gli sposi ritrovino in sé la capacità di perdono reciproco, e nelle comunità cristiane l’aiuto a ricostruire l’unità famigliare, preghiamo.

5. Per la nostra comunità (parrocchiale). Anche sul nostro territorio e accanto a noi ci sono anziani trascurati, figli non amati, coppie in crisi, giovani frustrati e delusi.
Perché sappiamo uscire da noi stessi e guardarci attorno, identificare queste persone, e prenderci cura di loro con solidarietà sincera, preghiamo.

Celebrante. O Padre, tu hai voluto per il tuo Figlio una vera famiglia, in cui crescere in rapporti reciproci di affetto e donazione. Concedi che le nostre famiglie, nutrite alla tua mensa, sappiano vivere nella solidarietà e nell’amore. Per Cristo nostro Signore.


(tratto da: E. Bianco, Preghiera dei fedeli, proposte per le domeniche e feste degli anni A-B-C – Elledici 2002)

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7. Aforismi – Santa Famiglia A, 29 dic ’19

Raccolta di aforismi o testi utili per la riflessione o l’approfondimento

FARE FAGOTTO? MA È TUTTO NELLA NORMA

Noi uomini siamo tutti migranti? Pare condizione di vita per tanti…
– In simbolo, il concetto, ci è già stato anticipato nel racconto delle origini: Adamo ed Eva cacciati dal paradiso terrestre, e noi tutti siamo discendenti da quei primi migranti.
– Ora gli studiosi di paleontologia stanno ricostruendo a fatica gli spostamenti dei primi uomini esistiti sulla terra: partiti dal cuore dell’Africa nera, probabile culla dell’umanità, nella notte dei tempi avrebbero raggiunto l’Oriente asiatico, l’Europa, le terre australi del continente nero, le Americhe.
– La storia religiosa recente parte da Abramo pastore nomade che circa quattro millenni fa lascia Ur dei Caldei con destinazione Terra Promessa. E più tardi il Popolo Eletto, prima è trapiantato in Egitto, quindi nella lontana Babilonia…
– La storia più recente ha visto la Cristianità dapprima minacciata e poi trasformata, nel suo tessuto sociale, dalle invasioni un tempo dette barbariche.
– Ora le migrazioni si rinnovano – a livello globale – nei modi più impensabili. Con i trasferimenti sud-nord, le carrette del mare che sbarcano (quando ce la fanno) a Lampedusa, il confine degli Stati Uniti varcato da centinaia di migliaia di messicani, il boat people del Vietnam, i ricercatori italiani in ricerca di futuro nelle università straniere, i calciatori trasferiti da un club all’altro, i tanti rifugiati politici che sperano sopravvivenza e libertà oltre i patrii confini…
La Santa Famiglia, una famiglia col fagotto. Anch’essa dunque nella regola, nella normalità. Con il bisogno insopprimibile di sicurezza, solidarietà, amicizia. Con bisogno di fare famiglia. Nella grande Casa del Padre.


(tratto da: E. Bianco, All’altare di Dio – Anno A – Elledici 2009)

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8. Canto Liturgico – Santa Famiglia A, 29 dic ’19

Ecco a voi questa settimana un canto di comunione

E CIELO E TERRA E MARE
(Nella Casa del Padre, n. 808 – Elledici)

1. E cielo e terra e mare invocano
la nuova luce che sorge sul mondo:
luce che irrompe nel cuore dell’uomo,
luce allo stesso splendore del giorno.

2. Tu come un sole percorri la via,
passi attraverso la notte dei tempi
e dentro il grido di tutto il creato,
sopra la voce di tutti i profeti.

3. Viviamo ogni anno l’attesa antica,
sperando ogni anno di nascere ancora,
di darti carne e sangue e voce,
che da ogni corpo tu possa risplendere.

4. Per contemplarti negli occhi di un bimbo
e riscoprirti nell’ultimo povero,
vederti pianger le lacrime nostre
oppur sorridere come nessuno.

5. A te che sveli le sacre Scritture
ed ogni storia dell’uomo di sempre,
a te che sciogli l’enigma del mondo
il nostro canto di grazie e di lode.

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9. Narrazione – Santa Famiglia A, 29 dic ’19

IL PRANZO DELLA DOMENICA

Dalla cucina, come al solito, la donna disse: «È pronto!».
Il marito, che leggeva il giornale, e i due figli, che guardavano la televisione e ascoltavano musica,
si misero rumorosamente a tavola e brandirono impazientemente le posate.
La donna arrivò.
Ma invece delle solite, profumate portate, mise in centro tavola un mucchietto di fieno.
«Ma… ma!», dissero i tre uomini. «Ma sei diventata matta?».
La donna li guardò e rispose serafica: «Be’, come avrei potuto immaginare che ve ne sareste accorti?
Cucino per voi da vent’anni e in tutto questo tempo non ho mai sentito da parte vostra
una parola che mi facesse capire che non stavate masticando fieno».

Per festeggiare il decimo anniversario del matrimonio
una donna chiese alla rivista letta dal marito di pubblicare un messaggio per lui.
Eccolo: «Grazie, grazie amore mio, perché se oggi sono una donna, una moglie e una madre felice lo devo a te.
Grazie perché mi fai sentire sempre e dovunque l’unica donna al mondo per te.
Grazie perché mi fai sentire bella.
Grazie perché mi fai sentire importante.
Grazie per i tuoi sguardi d’amore quando siamo in mezzo alla gente.
Grazie per i tuoi “ti amo” lasciati qua e là quando e dove meno me l’aspetto.
Grazie perché ci sei.
Grazie per questi splendidi anni d’amore».

Abbiamo un potere immenso: decidere la felicità o l’infelicità delle persone che ci stanno accanto.
Di solito basta un «grazie» detto o dimenticato.


(tratto da: B. Ferrero, 365 Piccole Storie per l’anima, Vol. 1, pag. 57 – Elledici 2016)