10 consigli pratici per “riplasmare" la propria esistenza
utilizzando meglio il tempo
NON LASCIAMOCI RUBARE IL TEMPO
10 consigli per nuovi stili di vita
di Luigi Guglielmoni e Fausto Negri
Editrice Elledici – Pagine 112 – € 5,90
Il filosofo romano Seneca affermava che “si usa il tempo senza risparmio, quasi non costasse nulla". E invece, il tempo è la cosa più preziosa che un uomo possa spendere.
I 10 consigli nei vari capitoli di questo libro edito dalla Elledici – intitolato NON LASCIAMOCI RUBARE IL TEMPO. 10 consigli per nuovi stili di vita di Lugi Guglielmoni e Fausto Negri – non intendono fare il lifting alla vita quotidiana ma indicare tappe di un cambiamento che parte da una profondità intrisa di valori, così da poter “riplasmare" la propria esistenza.
Lo spunto che ha ispirato gli autori sono le 10 regole che Santa Madre Teresa di Calcutta aveva posto sul muro della Casa dei bambini di Calcutta, riprendendo un antico testo sapienziale irlandese. Esse vengono approfondite con consigli pratici, per aiutare l’impegno di ciascuno verso un’esistenza di felicità.
Nella società del tempo libero nessuno ha più tempo. La velocità con cui viviamo è fatale, poiché ci impedisce di vivere.
Il Vangelo dice: «Hai guadagnato il mondo e hai perso la tua anima»… Dobbiamo perciò recuperare la nostra relazione con il tempo. La sua gestione è un percorso di apprendimento. «Prenditi tempo»: quando uno si ferma a far benzina sa bene che la sua macchina non è guasta, manca solo il carburante. Messo quello, tutto è a posto. Perché questo non vale per l’amore, le relazioni, la fede?
Benedetto XVI ha scritto che «è necessario un effettivo cambio di mentalità che ci induca ad adottare nuovi stili di vita» (Caritas in veritate, n. 51).
La cultura dei nuovi stili di vita è trasversale, ossia di tutti, anche di chi dice di non credere.
Gli autori:
LUIGI GUGLIELMONI è parroco a Salsomaggiore Terme (Parma) e vicario pastorale della Diocesi di Fidenza; collabora con riviste di carattere liturgico, catechistico e pastorale.
FAUSTO NEGRI, padre di famiglia, è stato insegnante di religione cattolica nella Secondaria superiore; è impegnato nell’ambito della catechesi e della pastorale giovanile e familiare.
Per la Elledici hanno pubblicato numerosi testi e sussidi di carattere pastorale.
Corpi e simboli nella liturgia
Un nuovo sussidio teorico-pratico con proposte operative semplici ed efficaci per comprendere i simboli liturgici attraverso il gioco
CORPO E SIMBOLI NELLA LITURGIA
Guida per una didattica della liturgia
nella scuola secondaria di II grado
di Monica Mosca
(Editrice Elledici – Pagine 104 – € 5,90)
L’esperienza religiosa si realizza tramite simboli antichi e nuovi.
Questo volume propone un percorso di esplorazione del linguaggio simbolico, sfruttando la vivace propensione immaginativa dell’adolescente e utilizzando il gioco e la fantasia per introdurlo nell’esperienza liturgica cristiana.
Il mondo dei simboli fa parte della nostra esperienza quotidiana, è una dimensione antropologica imprescindibile, perché inscritta nella nostra condizione creaturale.
La liturgia cristiana, centrata sull’Incarnazione, ha assunto la dimensione simbolica del corpo e del suo linguaggio, e ne ha fatto un «luogo teologico» per entrare in contatto col Volto trinitario di Dio.
Partendo dall’idea di «simbolo» come esperienza di apertura al mistero, questo testo vuole essere un percorso didattico di esplorazione della liturgia cristiana nelle sue relazioni con la corporeità e la vita quotidiana, per arrivare a una familiarità con il rito, scoperto come un evento salvifico scritto e compreso nel cuore della nostra vita.
Il testo è accompagnato da numerose proposte operative da realizzare in classe con i ragazzi, per aiutarli a capire in concreto i temi trattati.
L’autrice:
Monica Mosca. Insegnante di Religione cattolica nella scuola secondaria di secondo grado, vive e lavora a Torino, dove ha conseguito la Laurea Magistrale in Scienze Religiose e il Baccalaureato in Teologia. Scrive libri di spiritualità e meditazioni di carattere biblico, e si occupa di didattica della Religione cattolica nella scuola. Dal 2014 collabora con la rivista «L’Ora di Religione» della Editrice Elledici.
Un libro per la beatificazione, il prossimo 30 settembre 2017, del salesiano Titus Zeman.
Il Venerabile Servo di Dio Titus Zeman, Presentazione dell’autore
sacerdote Salesiano slovacco,
ucciso in odio alla fede a 54 anni d’età, sarà beatificato il 30 settembre 2017 nella Capitale della Slovacchia, Bratislava.
In un nuovo libro
la testimonianza di fede di un uomo “di frontiera",
sempre presente dove si giocava la “Grande Storia"
OLTRE IL FIUME, VERSO LA SALVEZZA
Titus Zeman
martire per le vocazioni
di Lodovica Maria Zanet
(Editrice Elledici – pagine 246 – € 15,00)
«Anche se perdessi la vita, non la considererei sprecata
se almeno uno di quelli che ho aiutato
è diventato sacerdote al posto mio».
Titus Zeman
Il nuovo libro Oltre il fiume, verso la salvezza. Titus Zeman, martire per le vocazioni di Lodovica Maria Zanet, pubblicato dalla Editrice Elledici, è la storia di un uomo di confine e di frontiera, sempre presente dove si giocava la “Grande Storia".
La sua vicenda – che si intreccia a quella di molti altri testimoni sofferenti della fede del Secolo dei Totalitarismi cui questa pagine danno voce – si configura come un vero e proprio martirio per il sacerdozio e la salvezza delle vocazioni.
Il volume narra la storia di Don Titus Zeman (Vajnory, 4 gennaio 1915 – Bratislava, 8 gennaio 1969), sacerdote salesiano, docente di chimica e scienze naturali a Bratislava e Trnava, buono sportivo, che morì l’8 gennaio 1969, dopo 18 anni di persecuzione del regime.
All’inizio degli anni Cinquanta, quando gli ordini religiosi erano stati aboliti, i religiosi chiusi in conventi di concentramento e nasceva una “Chiesa" di Stato, scomunicata da Roma, don Titus sceglieva i giovani in cammino verso il sacerdozio, identificava i preti diocesani perseguitati e – rischiando la vita – li conduceva in Austria e in Italia, con un avventuroso viaggio attraverso quella che, di lì a poco, sarebbe divenuta tristemente nota come “Cortina di ferro", sottraendoli così alla rieducazione ideologica e permettendo loro di raggiungere il traguardo del sacerdozio.
Catturato dalle forze di polizia della Cecoslovacchia comunista nel 1951, condannato per alto tradimento e spionaggio, fu torturato, condannato a 25 anni di carcere duro senza condizionale e alla perdita dei diritti civili, quindi rilasciato quando il suo stato di salute era irrimediabilmente compromesso.
Ogni anno, nel giorno della sua morte, a Vajnory, piccolo paese agricolo alle porte di Bratislava, dove nacque, viene pregato come un martire della Chiesa.
Se si guarda alla sua figura si impone il riferimento ai primi cristiani che si ritrovavano nelle catacombe per rafforzare la fede e fare memoria dei “testimoni" per eccellenza, i martiri appunto. Anche un verbale redatto dalla polizia segreta (poi ripreso in una relazione del primo ministro al segretario del partito comunista) riporta una parola ignota sia alla terminologia dei servizi segreti sia all’ideologia comunista: martire. Titus Zeman è un “martire per la salvezza delle vocazioni".
Era nato nel 1915, nel primo anno della Grande Guerra. Allora esisteva ancora l’Impero austro-ungarico, vero e proprio coacervo di lingue, culture, tradizioni e tensioni esplosive: lui ne era un suddito. Aveva assistito, seppur giovanissimo, allo sfaldarsi di quel mondo; più tardi, in anni di accese lotte nazionalistiche, alle premesse del Secondo Conflitto Mondiale. Aveva conosciuto le dinamiche dei regimi totalitari, delle ideologie, di un “pensiero unico" che interpreta come oppositore e nemico chiunque rifiuti di uniformarvisi.
Durante gli anni del nazismo aveva rischiato la vita per salvare gli ebrei. Più tardi aveva corso analogo pericolo a vantaggio degli oppositori del regime comunista e dei «perseguitati a causa della giustizia» (cf Mt 5, 10). Era stato a fianco degli studenti quando i nazisti li obbligavano al lavoro duro, per velocizzare la ritirata. Aveva sperimentato la terribile legge delle carceri, in cui era entrato come “uomo destinato all’eliminazione" ed era riuscito a impedire che a tanti – credenti o atei – venisse rubata la speranza. Quando morì, in quel freddo gennaio del 1969, è ormai per molti un testimone sofferente della fede.
La vicenda di Titus, mai dimenticata in Slovacchia e intrecciata a quella di tanti altri (la beata suor Zdenka Schelingová, il Servo di Dio Michal Buzalka, Ján Chryzostom Korec – poi cardinale -, don Ernest Macák, don Alfonz Paulen, ecc.), assume nel tempo un’eco che la porta a fuoriuscire dai confini della sua Congregazione religiosa e della sua terra. In quell’alternanza di misteri gaudiosi e dolorosi che fa parte di ogni vita umana – ma che Titus ha vissuto a tinte più forti – molti iniziano a riconoscere in lui un messaggio di speranza e una memoria viva del vangelo. “Era santo ed è morto martire", si dice di Titus.
Molto conosciuto e pregato, di Titus Zeman è stata pertanto introdotta nel 2010 la Causa di Beatificazione e di Canonizzazione. La fase diocesana del processo “Super martyrio", seguita da don Jozef Slivon SDB quale vicepostulatore, si è conclusa il 7 dicembre 2012 a Bratislava.
La Santa Sede ha riconosciuto con decreto la validità dell’Inchiesta diocesana in data 28 giugno 2013. La Positio super martyrio, redatta da Lodovica Maria Zanet, autrice di questo volume, con la collaborazione di Helena Barátová, sotto la direzione del Relatore Vaticano rev. padre Zdzisław Kijas OFM-Conv., è stata consegnata nella primavera del 2015.
Papa Francesco, il 27 febbraio 2017, ha autorizzato la promulgazione del decreto di martirio, che ha aperto la strada alla beatificazione che avverrà il 30 settembre 2017 nella capitale della Slovacchia, Bratislava.
Occorre allora accostarsi alla sua vita, capirne le dinamiche, presentarne la biografia.
L’autore:
Lodovica Maria Zanet è docente di Antropologia della santità presso la Pontificia Università Salesiana di Torino. Collabora, fra l’altro, con il Dipartimento di Filosofia dell’Università Cattolica e l’Università di Bergamo.
Il Papa dell'allegria
Un libro che offre un ritratto
unico e particolare di Papa Francesco, che ci stupirà
IL PAPA DELL’ALLEGRIA
di Juan Vicente Boo
(Editrice Elledici – Pagine 280 – € 13,90)
Sempre la gioia. Sempre il sorriso.
Il sorriso naturale che viene dell’anima. Un bel sorriso.
(Papa Francesco)
Con il potere della gioia, con umiltà e semplicità, con il sorriso e la tenerezza ma anche con fermezza, papa Francesco è diventato un riferimento per milioni di persone.
Il nuovo libro IL PAPA DELL’ALLEGRIA di Juan Vicente Boo (Editrice Elledici, pagine 280, € 13,90), tratteggia in vividi, scorrevoli capitoli gli aspetti essenziali della personalità e del pontificato di Francesco che richiamano un’attenzione mai vista di storici, filosofi, politici, giornalisti e gente comune.
Cinque le originali prospettive di visuale che scandiscono la narrazione dell’autore: “Profilo", “Persone", “Progetti", “Problemi" e “Segreti".
Se nella lunga e feconda storia della Chiesa cattolica c’è stato un pontefice capace di infrangere ogni regola, di caratterizzare il suo tempo e di diventare oggetto di un’attenzione mai vista da parte di storici, filosofi, politici, giornalisti e del pubblico in generale, questo è papa Francesco.
Con il potere della gioia, con umiltà e semplicità, con il sorriso e la tenerezza, ma anche con fermezza, Francesco è diventato un riferimento mondiale per milioni di persone. I suoi gesti e le sue parole fanno notizia su quotidiani e televisioni di tutti i continenti, e i suoi messaggi sono ascoltati da persone di culture e religioni diverse.
Francesco è un papa riformatore, capace di riconciliare paesi in guerra tra loro, ravvivare il sentimento di solidarietà per i rifugiati, suscitare una risposta globale adeguata al gravissimo problema del cambiamento climatico e convincere i leader religiosi musulmani ad esautorare il fanatismo islamico…
L’autore di questo libro ci offre un ritratto unico e particolare di Francesco che ci stupirà.
L’autore:
JUAN VICENTE BOO (nato in Spagna nel 1954) è corrispondente del quotidiano ABC in Vaticano da quasi diciotto anni, dopo tredici come corrispondente a Bruxelles e New York, con una breve parentesi a Hong Kong.
Il suo lavoro unisce la vicinanza quotidiana al Papa alla prospettiva mondiale dell’economista e giornalista con esperienza nei settori “difesa" e “politica estera".
Boo è stato promotore e consigliere delegato dell’agenzia televisiva internazionale Rome Reports, con la quale ha promosso documentari d’interesse mondiale come Benedicto XVI: la aventura de la verdad. Per lavoro ha accompagnato gli ultimi tre Papi in più di cinquanta viaggi internazionali, ha lavorato in sessantun paesi e ha ricevuto il Premio di comunicazione “Bravo!" della Conferenza Episcopale Spagnola.
Islam, 100 e più domande
Per un tema di grande attualità, Silvia Scaranari sceglie il metodo della domanda/risposta per meglio conoscere, comportarsi e dialogare con i fedeli islamici nei diversi ambiti di vita.
ISLAM. 100 E PIU’ DOMANDE
Scuola, Ospedale, Famiglia, Oratorio e…
Come comportarsi?
di Silvia Scaranari
Le premesse sono quelle che ogni giorno si presentano ai nostri occhi, riflesso di una situazione storica che interroga e invita a riflettere fuori dai luoghi comuni e dai pregiudizi. Oltre 60 Stati, a partire dall’Africa, passando per l’Asia per giungere in Europa e in America, sono coinvolti in guerre più o meno dichiarate e logoranti.
In particolare, il Medio Oriente è in fiamme da diverso tempo registrando, negli ultimi anni, un pericoloso aggravamento della situazione con la guerra civile in Siria dal 2011 e con la nascita nel 2014 del Califfato dell’IS (o “Stato islamico") oggi fortemente in crisi.
Resistono, inoltre le logoranti tensioni tra Palestina e Israele, la situazione drammatica dello Yemen in piena guerra civile tra esercito e gruppi islamisti, a loro volta ingabbiati in una lotta intestina. E non godono di tranquillità neanche il Camerun, l’Etiopia o l’Eritrea.
Il quadro si completa con i conflitti che riguardano il mondo islamico: Mali, Nigeria, Somalia, Sudan, Afghanistan, Pakistan e con con le minacce, i proclami apocalittici, gli attentati, azioni di guerra che, in molti casi, portano la firma di adepti o fanatici.
Prendendo spunto da questa situazione internazionale “calda" e guardando dentro le nostre città, Silvia Scaranari ha scritto per la Editrice Elledici il prezioso libro Islam. 100 e più domande. Scuola, ospedale, famiglia, oratorio e…Come comportarsi? (pagine 144 – € 6,90).
L’autrice, esperta del mondo islamico, cerca leggere il ruolo dell’islam, delle tradizioni e delle più recenti interpretazioni della religione di Maometto. Punto di partenza è una chiara e puntuale presentazione delle origini, del fondatore, delle vicende e delle norme contenuto nel Corano che hanno portato alla diffusione dell’islam nel mondo.
La Scaranari, presentando il miliardo e 800 milioni di seguaci del “profeta", parte dall’affermazione che «ci sono tanti islam quanti sono i fedeli islamici». È un paradosso che rende bene l’idea della complessità della religione di Maometto. Non si può, quindi, ingabbiare l’islam ingabbiare in formule preconfezionate per non condannarsi inesorabilmente alla non comprensione. Ecco perché, questo agile volume, presenta i principi religiosi condivisi, deducendone gli aspetti formalmente vietati o leciti.
La fede del popolo musulmano è chiara e sintetica. Si basa sulla dichiarazione: «Non c’è Dio se non il Dio, e Muhammad è il suo Profeta» e sulla certezza che il Corano è la parola di Dio: sono questi i punti essenziali per essere considerato un muslim.
L’islam è una religione con valenza universale e nel tempo, ormai 16 secoli, ha incontrato innumerevoli civiltà, abitudini, legislazioni. Se ha islamizzato tutti, da tutti è stato influenzato, almeno per quanto riguarda gli usi e i costumi.
Non è pensabile riassumere in modo esaustivo il variopinto mondo islamico è impossibile. L’islam, inserito in contesti geografici e sociali diversi, ha acquisito particolarità specifiche ma ha cercato di salvaguardare il contenuto proprio della fede e del dettato coranico.
Ecco perché, per questo libro, si è scelto il metodo della domanda-risposta per presentare i princìpi religiosi condivisi e dedurre gli aspetti che sono formalmente vietati o leciti, lasciando poi valutare, nella situazione specifica, quello che invece è un dato culturale.
La scelta di questa formula ha lo scopo di fornire informazioni in modo sintetico, facilitare le relazioni tra cristiani e musulmani nei diversi contesti della vita: dalla scuola, all’oratorio, dall’ospedale alla vita pubblica.
La prima parte del libro presenta i princìpi religiosi condivisi dalle comunità islamiche. La seconda suggerisce i comportamenti da tenere nelle diverse situazioni della vita, per un corretto rapporto di relazioni di dialogo.
Sulla base di informazioni sintetiche, ma molto chiare, si entra in un mondo complesso, come quello islamico, con le carte in regola per una corretta relazione e un dialogo basato sul rispetto e la conoscenza di culture e tradizioni molto distanti.
È, in definitiva, il libro di cui c’era bisogno per non cadere nei luoghi comuni che quasi sempre allontanano le persone invece di aiutarle a dialogare, confrontarsi, integrarsi, collaborare in una convivenza pacifica.
L’autrice: SILVIA SCARANARI, laureata in lettere moderne a Torino e in fi losofia a Parma, è cofondatrice del «Centro Federico Peirone» per il dialogo cristianoislamico di Torino. Collabora alla rivista bimestrale «Il dialogo / al-hiwar» ed è autrice di diversi testi, fra i quali: L’Islam (1998); con altri autori: Islam: storia, dottrina, rapporti con il cristianesimo (2004); con A.T. Negri: I musulmani in Piemonte (2005) e I ragazzi musulmani nella scuola statale(2008).
Il prodigio di Lisbona
Un romanzo che ripercorre la storia del Celtic Foot Ball Club
Un’affascinante favola sportiva, in cui una squadra di calcio, nata in Scozia con lo scopo di aiutare i poveri delle misere periferie di Glasgow,
nel 1967 conquista il titolo di Campione d’Europa.
IL PRODIGIO DI LISBONA
Da una periferia scozzese alla Coppa dei Campioni…
passando per Fatima
di Paolo Gulisano
Il nuovo romanzo IL PRODIGIO DI LISBONA. Da una periferia scozzese alla Coppa dei Campioni…passando per Fatima, della collana “Storie di vita" della Editrice Elledici, prende spunto da un evento realmente accaduto cinquant’anni fa: un’affascinante favola sportiva, in cui una squadra di calcio, nata in Scozia con lo scopo di aiutare i poveri delle misere periferie di Glasgow, nel 1967 conquista il titolo di Campione d’Europa.
In attesa della storica finale, nel romanzo si intrecciano varie storie e vicende, emozionanti e commoventi.
Ne risulta un affresco vivace e coinvolgente, in cui tra fatti, luoghi e persone reali e realmente accaduti, e alcuni personaggi e circostanze che sono frutto dell’immaginazione dell’Autore si ripercorre la storia del Celtic Football Club e dei suoi atleti; emergono personaggi e storie di profonda fede e umanità attraverso una narrazione che ha il respiro del romanzo storico e una galleria di personaggi famosi e sconosciuti, tutti portatori di messaggi e valori profondi.
Una lettura originale di un periodo storico in cui risuonava ancora l’eco dei drammatici eventi della guerra e del primo dopoguerra.
L’autore specifica che la storia del Celtic Foot Ball Club e dei suoi atleti, così come emerge dalle pagine di questo libro, è tutta vera. La finale del 1967 e tutti gli avvenimenti sportivi raccontati si svolsero come descritto.
Le figure letterarie inventate sono diverse. In primo luogo Peter Smyth, così come il suo giornale e il suo direttore.
È tuttavia vero che la Royal Air Force bombardò Napoli e altre città con attacchi provenienti da Malta. È vero che esistette il campo di prigionia di Fossoli di Carpi, che dopo la fuga dei prigionieri britannici divenne un campo di concentramento per ebrei e antifascisti.
La figura di Antonio e della famiglia Azzoni è inventata, ma è tristemente vero che esponenti delle brigate comuniste uccisero tanti innocenti, durante la guerra e fino al 1946, compresi il seminarista Rolando Rivi e don Umberto Pessina, citati nel libro, così come Nutrizio, Attilio Giordani, Giovannino Guareschi.
Sono inventate le figure di Brian e Desmond, e dei pellegrini a Fatima, mentre è reale l’esistenza del movimento della Legione di Maria, del suo fondatore Frank Duff, di Alfie Lambe.
E infine, è meravigliosamente vera la Coppa dei Campioni che fa bella mostra di sé nella sala dei trofei del Celtic Park.
Premessa
Nel novembre del 1887 venne fondato in uno dei più poveri quartieri di Glasgow, in Scozia, il Celtic Foot Ball Club.
Il Celtic, destinato in seguito a diventare uno dei più prestigiosi club calcistici al mondo, nacque come una sorta di «squadra dell’oratorio», per iniziativa di un religioso marista, fratello Walfrid, originario
della Contea irlandese di Sligo.
Glasgow, dalla metà dell’Ottocento, aveva accolto decine di migliaia di irlandesi che cercavano lavoro, sfuggendo alla miseria che imperversava sulla loro terra, e che ricoprivano i ruoli più poveri: minatori, muratori, operai nelle fabbriche di una delle più grandi città industriali del Regno.
Vivevano in tuguri, in quartieri-ghetto, discriminati per la loro fede cattolica. Solo la Chiesa era accanto ai loro bisogni, attraverso la presenza di sacerdoti e religiosi, che con grandi sacrifici diedero vita a strutture parrocchiali, a chiese e a scuole.
Il Celtic venne costituito formalmente il 6 novembre 1887. La sede della fondazione fu la parrocchia di St. Mary. L’iniziativa di fra Walfrid era a scopo di carità: le partite della nuova squadra sarebbero servite a raccogliere soldi da destinare ai poveri, in particolare ai bambini che pativano la fame nei quartieri più diseredati della città. Il nome Celtic fu scelto per richiamare le radici storico-culturali di natura celtica delle popolazioni scozzesi e irlandesi. Erano stati presi in considerazione altri nomi, come «Hibernian» o «Harp», che tuttavia erano esclusivamente irlandesi. Fu invece proprio fratello Walfrid a volere la denominazione Celtic, il substrato comune a scozzesi e irlandesi.
Il soprannome ufficiale della formazione invece, «Bhoys», con una «h» in mezzo a sottolineare l’accento di Glasgow, deriverebbe dall’usanza di molta gente di chiamare i calciatori dei primi anni della squadra biancoverde bold bhoys («ragazzi audaci»).
Il sodalizio venne etichettato come «la squadra dei cattolici», ma in realtà fin dai primi tempi l’appartenenza al team non era preclusa a nessuno, indipendentemente dalla propria confessione religiosa, a differenza dei Rangers, la squadra dei protestanti unionisti, che praticò per oltre un secolo l’apartheid nei confronti di giocatori cattolici. La finalità della squadra biancoverde di raccogliere fondi, attraverso partite e tornei, da destinare alle opere di carità non è mai venuta meno, così come l’essere un punto di riferimento, attraverso bandiere, canti e iniziative parallele, per le comunità irlandesi presenti in tutto il mondo. Con le sue vittorie il Celtic diede alla comunità irlandese in Scozia e in tutta la Gran Bretagna l’orgoglio di una appartenenza e di una identità, e il sapore dolce della vittoria per un popolo che non poteva essere solo di vinti.
Il 25 maggio 1967 il Celtic visse il momento più importante di tutta la sua storia: si giocò il titolo di Campione d’Europa nella finale della Coppa dei Campioni che si disputò nello Stadio Nazionale di Lisbona, in Portogallo. Era una sfida praticamente impossibile contro quella che in quel momento era la più forte squadra del mondo: l’Inter di Milano, una squadra di fuoriclasse assoluti come Facchetti e Mazzola, guidata da un carismatico allenatore argentino, Helenio Herrera, soprannominato «il Mago» per le sue soluzioni tecniche e tattiche spesso straordinarie e imprevedibili, delle vere magie.
Il Celtic affrontò i giganti italiani con una squadra di ragazzi usciti quasi tutti dal proprio settore giovanile. Tutti e undici inoltre erano nati in un fazzoletto di terra scozzese, entro trenta miglia dal proprio stadio, il mitico Celtic Park, soprannominato «The Paradise», il Paradiso.
Questo libro è la storia di quell’evento, del prodigio che avvenne a Lisbona.
L’autore:
PAOLO GULISANO
Nato a Milano nel 1959, all’attività di medico affianca un impegno culturale di saggista e scrittore. Ha collaborato con diversi quotidiani e riviste e fondato la Società Chestertoniana Italiana di cui è vicepresidente. Ha al suo attivo una vasta produzione saggistica che spazia nella letteratura fantasy, da Peter Pan a C.S. Lewis, da Moby Dick al Frankenstein di Mary Shelley, da Re Artù ai miti e alle leggende irlandesi. È considerato uno dei maggiori esperti di J.R.R. Tolkien, l’autore del Signore degli Anelli. Questi volumi, insieme a quelli su Chesterton, Oscar Wilde, Newman e Tommaso Moro, hanno consacrato Gulisano come uno dei più attenti conoscitori del mondo e della cultura delle isole britanniche. Autore dalla scrittura raffinata e accattivante, è tradotto e pubblicato anche all’estero.
www.paologulisano.com
Essere prete oggi
Un nuovo saggio sull’identità relazionale del presbitero oggi
ESSERE PRETE OGGI
Meditazioni sull’identità del prete
di Giovanni Ferretti
(Edtrice Elledici – Pagine 166 – € 9,00)
Essere prete oggi significa essere ben radicato nella tradizione della spiritualità sacerdotale e coraggiosamente aperto alle sfide della cultura contemporanea.
È questo il tema delle quattro meditazioni sull’identità del prete tenute dall’autore al clero torinese e pubblicate nel presente libretto.
Meditazioni, ricche di contenuto e di profondità spirituale e teologica, sull’identità del prete diocesano.
L’argomento è trattato in quattro scansioni: “uomo di Dio" nell’epoca dell’indifferentismo e del fondamentalismo, “apostolo di Gesù Cristo" nel mondo secolarizzato post-cristiano, “pastore della comunità cristiana" nell’epoca dell’individualismo libertario e del discredito delle istituzioni e “mediatore tra Dio e gli uomini" nell’epoca post-moderna della crisi dell’umano.
I tratti di fondo delle meditazioni sono poi ripresi in una riflessione conclusiva che mette a fuoco il tema dell’“identità relazionale del presbitero oggi".
L’autore tiene presenti vari aspetti del contesto culturale odierno non tanto con atteggiamento critico-negativo, quanto con spirito di discernimento delle salutari provocazioni che da tali aspetti della cultura contemporanea ci possono venire per “essere preti oggi".
Un piccolo libro indirizzato propriamente ai confratelli del presbiterio, ma che può offrire preziosi suggerimenti anche ai laici e ai religiosi, partecipi del comune sacerdozio di tutti i fedeli e chiamati a lavorare insieme a servizio del Signore.
L’autore: Giovanni Ferretti, nato a Brusasco Cavagnolo (TO) nel 1933, presbitero della diocesi di Torino dal 1957, è professore emerito di Filosofi a teoretica dell’Università degli Studi di Macerata, di cui è stato per sei anni rettore. Si è occupato prevalentemente di filosofia contemporanea, filosofia della religione e dei rapporti tra filosofia e teologia.
Il volto storico di Gesù
In un nuovo studio di scorrevole e comprensibile lettura,
un quadro ampio dell’autentica vicenda storica di Gesù
IL VOLTO STORICO DI GESÙ
di Giordano Frosini
(Editrice Elledici – Pagine 224 – € 14,00)
È in libreria il nuovo studio del teologo Giordano Frosini intitolato “Il volto storico di Gesù". Il volume, che si caratterizza per la lettura scorrevole e comprensibile e per la ricchezza di documentazione, accessibile al lettore medio, offre un quadro ampio dell’autentica vicenda storica di Gesù.
C’è corrispondenza tra la fede “post-pasquale", che si consoliderà prima nei vangeli e poi nei grandi concili della chiesa, e quanto le fonti documentarieci dicono del Gesù che visse duemila anni fa in Palestina? Gli evangelisti sono degli “storici" oppure gli “inventori" e “creatori" della storia di Gesù? E allora i cristiani sono ingenui sognatori, che si accontentano di favole e di leggende costruite in un passato lontano?
Su queste e altre domande è passata una lunga storia di ricerche, discussioni e progressivi approfondimenti arrivata ormai a conclusioni probanti, tanto che, oggi, è possibile tracciare un quadro piuttosto ampio e sicuro dell’autentica vicenda storica di Gesù di Nazaret.
Il volume ripercorre i sentieri e i risultati di questa ricerca, dagli “anni nascosti" di Gesù all’inizio della sua missione, dal suo insegnamento morale alla “dottrina nuova" (Mc 1,27), dal processo e dalla morte in croce al cambiamento radicale e repentino dei discepoli la mattina del “primo giorno dopo il sabato", fino a spingersi a esplorare il tema dell’autocoscienza del Maestro di Galilea. Un’appendice pone a confronto, infine, il messaggio di Gesù e il pensiero di Paolo di Tarso.
Premessa dell’autore:
Non tutti se ne rendono pienamente conto, salvo in occasione di qualche passo sporadico reperito qua e là, ma la lettura dei vangeli presenta notevoli difficoltà di fondo, delle quali il lettore intelligente dovrebbe prendere preventivamente atto e correre ai ripari con uno studio almeno sufficientemente attento e documentato. Dopo tante fatiche e tante ricerche di carattere storico espletate nel passato dagli specialisti, una lettura fondamentalista che prende il testo così come giace, senza una pur minima attenzione critica, non è più ammessa, rifiutata com’è con parole forti e decise perfino dai documenti ufficiali della chiesa. Siamo nel tempo dell’aggiornamento e non ci si può sottrarre alle sue esigenze.<
La questione più seria che si impone oggi è quella della storicità dei testi che la tradizione ci ha consegnato. Non soltanto perché su di essi è passata la mano pesante e demolitrice di una certa critica laicista, aspra e radicale, secondo la quale i cristiani sono ingenui sognatori, che si contentano di favole e di leggende costruite nel passato lontano e arrivate a noi con la mediazione di una comunità che non si è accorta, o finge di non accorgersi, dell’inganno di cui è vittima e portatrice. Le pubblicazioni in questo senso si moltiplicano ai nostri giorni e trovano larga diffusione anche in un pubblico criticamente impreparato.
Ma le difficoltà non provengono soltanto dal fronte laico. Perché gli stessi cristiani, constatato che i vangeli non sono libri storici, ma libri di fede (con fondamento storico, aggiungiamo), hanno dovuto distinguere fra ciò che è rivelato e ciò che è storico: il primo ambito è più ampio del secondo, il che vuol dire che, per il credente, nella Scrittura tutto è rivelato e va accolto con fede, ma non tutto è storico. Distinguere le due formalità da allora è diventato un impegno statutario, che è stato perseguito con dovizia di mezzi e con un contributo corale interconfessionale negli ultimi decenni. L’interesse storico è andato così gradualmente aumentando per un complesso di motivi che si sono imposti all’attenzione degli studiosi dei testi evangelici: si va da una generica valutazione dell’elemento storico tipico dei tempi moderni alla sfida di teorie radicali come quella di Reimarus (1694-1768), al quale si deve attribuire la prima contestazione radicale della storicità dei vangeli, al minimalismo storico di R. Bultmann, smentito dai suoi stessi discepoli, alla stessa origine ormai risaputa dei vangeli, agli attuali divulgatori secondo i quali Gesù non ha mai detto di essere Dio, non ha mai pensato di fondare una nuova religione, non è certamente all’origine di tutta quell’impalcatura religiosa che è fiorita per opera dei discepoli sul suo insegnamento, pure meritevole di grande attenzione e di altrettanta ammirazione.
A questo punto, la domanda fondamentale è: c’è corrispondenza fra la fede post-pasquale, che si cristallizzerà prima negli scritti evangelici e poi nei primi grandi concili della chiesa, e quanto le fonti documentarie ci dicono del Gesù che visse in carne e ossa duemila anni fa nella sua Palestina? In altre parole, in gergo, c’è corrispondenza fra gesuologia e cristologia, fra il Gesù della storia e il Cristo della fede? Non sono pochi a dubitarne, anzi non sono nemmeno pochi coloro che la negano. Intanto però su queste domande è passata una lunga storia di ricerche, di discussioni, di progressivi approfondimenti, arrivata ormai a conclusioni probanti, fino al punto che, ai nostri giorni, è possibile tracciare un quadro abbastanza ampio e sicuro dell’autentica vicenda storica di Gesù. Non una biografia vera e propria, come si sa, impossibile a realizzarsi, ma comunque almeno una sintesi sommaria degli avvenimenti fondamentali della sua vita, cominciando dagli ultimi suoi giorni, che sono i primi a essere stati fermati nella memoria e negli scritti.
Le ricerche sono ancora in corso. La finalità è troppo importante per poterla abbandonare. Ritornare al Gesù autentico, al suo vero volto, a quanto ha veramente fatto e a quanto ha veramente detto, possibilmente alle sue ipsissima verba, agli ipsissima facta, è stato l’impegno costante degli studiosi sia protestanti che cattolici, i quali, con le loro ricerche, hanno riempito più di un secolo di storia e intere biblioteche di volumi.
I risultati della ricerca si sono riverberati immediatamente negli altri trattati della teologia, in particolare nella teo-logia in senso stretto (cioè nella concezione di Dio) e nell’ecclesiologia: da una parte, infatti, con i suoi gesti e le sue parole Gesù manifesta la vera natura di Dio; dall’altra, la chiesa non può che seguire le orme tracciate dal suo fondatore. Tutti i momenti della vita di Gesù hanno per questo un valore assoluto ed esemplare: la loro completa ricerca rimane l’impegno del lettore attento e perspicace. Al fondo, è la cristologia della kenosi che impone i suoi ritmi a tutto il resto. L’apostolo Paolo introduce l’inno cristologico cantato nelle sue chiese con l’ammonizione: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù" (Fil 2,5). La kenosi è legge trinitaria, prima che cristologica, di conseguenza non può non essere legge della chiesa e del cristiano singolarmente preso.
Anche la cristologia dall’alto, la cristologia della gloria, ha la sua validità, ma il punto di partenza metodologicamente più opportuno è certamente la cristologia dal basso. Così fa san Paolo nel testo appena citato, così fecero i primi discepoli del Signore, così suggerisce il documento fondamentale sulla catechesi dei vescovi italiani, così fa colui che dà pienezza di significato al mistero dell’incarnazione, alquanto oscurato nel passato da affermazioni come quella delle tre scienze (fra le quali la visione beatifica) comunemente attribuite a Gesù. Indicazioni da non dimenticare quando, perfino nei Paesi della teologia della liberazione, “un’ondata spiritualista e carismatica ha enfatizzato il Cristo della fede" (J. B. Libãnio).
Ma forse il merito maggiore della ricerca del Gesù missionario, viandante povero e senza fissa dimora lungo le strade polverose della Palestina, è la possibilità di un incontro personale e quasi diretto con lui, con la sua personalità prorompente, col suo fascino inimitabile e contagioso. C’è, a questo proposito, una sensazione che l’autore ha il dovere di segnalare, sperando che essa si comunichi anche al lettore attento e armato di buona volontà: man mano che l’indagine andava avanti, crescevano l’amore, l’affetto e la simpatia per il protagonista dell’intera vicenda, quel Gesù, maestro inimitabile di vita, fratello universale, luce che illumina ogni uomo, ponte fra il cielo e la terra, colui che in pochi mesi, venti secoli fa, in un Paese insignificante e senza nome, ha dato inizio alla più grande rivoluzione dell’intera storia umana e ha comunicato un messaggio di vita e di speranza che non è venuto e non verrà mai meno. Semplicemente perché è la speranza di Dio. Se l’effetto si riproducesse nei lettori, la fatica dell’autore sarebbe abbondantemente ricompensata.
Giordano Frosini
GIORDANO FROSINI, docente di Teologia sistematica nella Facoltà Teologica dell’Italia Centrale, è autore di numerose opere che spaziano da un capo all’altro della teologia, alcune delle quali sono state tradotte in portoghese, albanese, spagnolo e polacco.
Il suo intento fondamentale è quello dell’aggiornamento, unendo insieme la serietà scientifica e lo stile piano e divulgativo. Di lui ha scritto L. Sartori: «I libri di Frosini sono sempre accattivanti, chiari e pieni di brio e di fantasia: perciò efficaci».
Alfabeto familiare. Costruire legami solidi in una società liquida
Un alfabeto per prendersi cura dei legami familiari
Un libro che coniuga sapientemente agilità espositiva e precisione nei contenuti.
La lucidità dell’analisi si accompagna a una visione profondamente
ottimista, permeata e sostenuta dalla fede.
ALFABETO FAMILIARE
Costruire legami solidi in una società liquida
di Roberto Carelli
(Editrice Elledici – Pagine 112 – € 11,90)
L’idea del nuovo libro Alfabeto familiare muove dall’intento di riscattare alcune evidenze elementari e suggerire qualche elemento di profondità dell’universo familiare, per fronteggiarne la liquefazione e liquidazione post-moderna.
La famiglia è sempre stata, è, e sarà sempre un bene prezioso, ma oggi è in caduta libera. Pochi matrimoni, poche nascite, famiglie ferite. È innegabile che si diventa umani in famiglia, ma intanto le coppie scoppiano, l’educazione è in affanno, le persone mostrano tante fragilità.
In pochi decenni la “società tradizionale" ha ceduto il passo alla cosiddetta “società complessa", con vistosi guadagni in termini di benessere ed evidenti perdite quanto a qualità della vita. Ci siamo liberati di qualche rigidezza tipica delle epoche sacrali, ma l’età secolare ci consegna una società liquida nella quale tutti i legami sono in frantumi.
I codici affettivi e sociali, pazientemente tessuti nei millenni della civiltà classica e cristiana, sono scompaginati, e non si sa bene a chi far appello per tentarne una ricomposizione che guardi al futuro senza dimenticare il passato.
In questo generale indebolimento dei legami, sembrava buona l’idea di un “lessico familiare", titolo che richiama l’omonimo romanzo della Ginzburg. In realtà, poteva andare bene fino alla prima metà del ‘900.
La situazione attuale ha spinto l’autore al proposito più modesto e insieme più radicale di scrivere un “alfabeto familiare". L’idea è quella di rintracciare tutti quegli aspetti elementari dell’amore umano che sono costitutivi della famiglia e che si imparano in famiglia, a beneficio di ogni altro legame.
L’obiettivo è quello di ritrovare la grammatica dei sessi, rimettere in moto la sintassi degli affetti, riarticolare il discorso dell’amore in vista della sua felice riuscita.
Nella stesura, si è tenuto conto di diverse esigenze. Anzitutto quella di coniugare una certa agilità espositiva con una precisione nei contenuti. Inoltre, se da una parte si richiamano le verità di sempre sull’amore, dall’altra si cerca di dare notizia delle problematiche emergenti nel nostro tempo, anche le più attuali. In altre parole, si annuncia il Vangelo della famiglia al tempo e nell’ottica della nuova evangelizzazione.
Si noterà subito che non vi è una voce specifica sull’educazione. Questo perché l’autore è salesiano, e la tematica educativa ispira tutto il lavoro, attraversa tutto il testo, ed è presente in ogni voce.
Offrire un contributo per l’educazione all’amore è in fondo l’obiettivo del libro stesso.
Il volumetto, che si offre come sussidio per la formazione degli operatori nel campo della pastorale familiare, raccoglie e rivisita le 27 voci della rubrica Alfabeto familiare pubblicata bimestralmente sulla rivista salesiana Sacro Cuore di Bologna.
Queste voci da una parte richiamano le verità di sempre sull’amore, dall’altra puntano l’attenzione sulle problematiche emergenti nel nostro tempo.
L’autore:
ROBERTO CARELLI, sacerdote salesiano, ha conseguito la Laurea in Lettere Moderne presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e il Dottorato in Teologia Sistematica presso la Facoltà di Teologia di Lugano. Insegna Antropologia Teologica e Mariologia all’Università Salesiana.
Pianeta Islam
Vittorio Pozzo
Sintesi essenziale per una conoscenza storica e dottrinale dell’Islam.
Punto di partenza per approfondimenti e per avviare iniziative di dialogo.
PIANETA ISLAM
di Vittorio Pozzo
(Editrice Elledici – Pagine 96 – € 6,90)
L’Islam è un “pianeta" dalle mille sfaccettature, difficili da decifrare e capire. La situazione odierna, che vede oggi i musulmani vittime e protagonisti di episodi drammatici, richiede una lettura attenta e puntuale.
Le pagine del nuovo libro Pianeta Islam di Vittorio Pozzo (Editrice Elledici – Pagine 96 – € 6,90) aiutano a far chiarezza e a eliminare pregiudizi e interpretazioni distorte, per evitare di continuare a innalzare muri invece di costruire ponti. Solo conoscendosi è possibile capirsi e vivere insieme.
L’autore, VITTORIO POZZO, sacerdote salesiano, è un grande conoscitore del mondo islamico, laureato in studi arabi e islamistica e con 60 anni di presenza continua in Medio Oriente, dove tuttora risiede.
Il libro, partendo dall’attualità, drammatica e problematica, offre un serio contributo alla conoscenza dell’Islam attraverso una panoramica sui suoi princìpi e le sue pratiche.
Indice del volume:
1. L’attualità ci interpella (Incompatibilità o possibile convivenza? – Il terrorismo islamista – L’attuale “invasione" islamica e la formazione di un Islam europeo…).
2. L’Islam e il suo Profeta (Maometto – Il Corano – I pilastri dell’Islam…).
3. Cristiani e musulmani (Affinità e divergenze – È possibile il dialogo?…).
Introduzione
«C’est la guerre!» (Siamo in guerra!): questo il grido allarmato lanciato dalle massime autorità politiche francesi in reazione ai sanguinosi attentati del 13 novembre 2015 a Parigi. Ripreso e rilanciato dai media, sembra fare presa sull’opinione pubblica non solo transalpina.
Quest’offensiva islamista, attuata da esecutori e mandanti ben definiti, in nome di Dio (Allâh), in nome e per l’esaltazione dell’Islam di cui si diventa martiri o eroi, vuol forse dire che la controffensiva dovrà estendersi su tutti i fronti dove si possono trovare musulmani inermi e pacifici, del tutto estranei ai fatti?
Quando la pancia si sostituisce alla mente nel reagire in simili frangenti, è facile sviare. La situazione deve decantare e occorre ragionare a mente fredda, facendo leva sulla conoscenza, la prudenza e la saggezza, per evitare di fare di ogni erba un fascio o di gettare il bambino con l’acqua sporca della bacinella. La realtà va guardata in faccia, ma colta nella sua totalità. Solo così è possibile analizzarla, distinguere il positivo dal negativo, discernendo cioè un “vero" Islam da un “falso" Islam, la follia omicida e suicida di pochi dalla “normalità" dei più.
Si vive ormai in società plurali, nelle quali la gestione del pluralismo culturale e religioso è un vero problema. Inoltre, l’individualismo e il senso di superiorità prevalenti nelle società occidentali non favoriscono la conoscenza degli altri, soprattutto se “diversi". Non di rado, si ignora persino chi sia il proprio vicino di casa. Se poi si hanno dei sospetti, diffidenza, isolamento e chiusura diventano ancora più accentuati.
Eppure la via preferenzialmente percorribile per una gestione più positiva di questo pluralismo sembra consistere proprio nell’adeguata, mutua conoscenza tra le varie componenti della stessa società.
Avversione, diffidenza, pregiudizi reciproci sono per lo più frutto dell’ignoranza, bandita la quale ci si trova con uno sguardo più sereno e un cuore più aperto, disponibile all’accoglienza del diverso fino alla comprensione e all’apprezzamento della sua identità.
Anzi, se si è credenti, si può giungere fino a una vera solidarietà spirituale che è qualcosa di più di un semplice dialogo che mantiene gli interlocutori sulle rispettive posizioni, sia pure con la disposizione dell’animo a capire le ragioni dell’altro. Questo è vero in modo particolare con i musulmani che, salvo imprevisti, saranno sempre più numerosi nelle società occidentali.
Qualcuno, allarmato, già si chiede: «Sarà l’Islam il futuro dell’Europa?». Comunque sia, è bene sapere che la maggioranza dei musulmani attribuisce una grande importanza alla dimensione religiosa, contrariamente alla mentalità occidentale odierna.
Obiettivo finale della conoscenza deve essere quello di vivere insieme – e non solo l’uno accanto all’altro -, in vista, sia pure a lungo termine, di una cittadinanza inclusiva che inglobi le diversità, esprimendosi finalmente come cittadinanza interculturale.
A questa ovviamente ci si deve preparare e formare. Solo allora la diversità etnica, culturale e religiosa non apparirà più come minaccia o provocazione, ma come ricchezza, anche in società che tendono a emarginare l’aspetto religioso per confinarlo nella sfera del privato.
Partendo dall’attualità, a volte drammatica e particolarmente problematica, queste pagine intendono offrire un modesto contributo in questa direzione, aiutando a far conoscere l’Islam attraverso i suoi princìpi e le sue pratiche, così come sono interpretati e vissuti dalla stragrande maggioranza dei musulmani che non sono tutti vicini scomodi e pericolosi, né tanto meno fanatici e potenziali terroristi come, purtroppo e troppo spesso, vengono dipinti o come vengono percepiti, con indebite generalizzazioni.
D’altra parte non occorre cadere nel buonismo e in un ingenuo irenismo, né rinunciare a chiedere di essere riconosciuti nella propria identità.
Senza nascondere eventuali, anzi crescenti difficoltà, si tratta di un’opportunità da non sottovalutare, ma da affrontare con coraggio e saggezza, indipendentemente dalle convinzioni religiose personali, per evitare il troppo sovente sbandierato scontro di civiltà e di religioni.
Se alle autorità politiche e civili compete l’aspetto istituzionale del problema con la ricerca di soluzioni adeguate, ai singoli cittadini compete quello di stabilire rapporti di correttezza, di rispetto, di stima, di collaborazione nella ricerca del bene comune.
Si potrà pure giungere a rapporti di solidarietà e di vera amicizia. Se poi si è credenti, non è escluso di poter compiere ulteriori passi insieme, facendo però sempre il primo passo, così come ha insegnato e praticato Gesù.