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3. Annunciare la Parola – IV Avv A e Natale, 22 e 25 dic ’19

IV di Avvento “A”:

• Is 7,10-14 – Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio.
• Dal salmo 23 – Rit.: Ecco, viene il Signore, re della gloria.
• Rm 1,1-7 – Gesù Cristo, della stirpe di Davide, figlio di Dio.
• Canto al Vangelo – Alleluia, alleluia. Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele: “Dio-con-noi”. Alleluia.
• Mt 1,18-24 – Gesù nascerà da Maria, sposa di Giuseppe, della stirpe di Davide.

PER COMPRENDERE LA PAROLA

Il Vangelo di Matteo cita il passo di Isaia che annuncia la nascita dell’Emmanuele. I due testi, oggi riuniti nella liturgia, si illuminano reciprocamente.

PRIMA LETTURA
Il testo di Isaia richiede prima una lettura «storica». Verso il 734, Tiglat-Pilezer III, re d’Assiria, minaccia pericolosamente tutti i regni del Vicino Oriente. Il re di Damasco, Rezin, propone di realizzare una coalizione per fargli fronte. Ma Acaz, il re di Gerusalemme, non aderisce. Allora Rezin si allea col re di Samaria per marciare contro Gerusalemme.
Il terrore si impadronisce di Acaz, un esitante, un opportunista, senza coerenza. Dal libro dei Re (2 Re 16,3) veniamo a sapere che «fece passare per il fuoco suo figlio», cioè che lo offrì in sacrificio come i pagani. L’intervento di Isaia appare in tutto il suo significato. Egli vuole che il re ponga la sua fiducia nell’unico vero Dio e gli promette un segno, il segno più eloquente che ci possa essere: la nascita di un figlio ricolmo della presenza di Dio; sarà il pio re Ezechia che saprà «rigettare il male e scegliere il bene».
Egli meriterà di essere protetto al momento dell’assedio di Gerusalemme nel 701 (2 Re 19,35-36). La protezione di Dio si esprime con il nome che gli è attribuito qui: Emmanuele = Dio con noi. In questo contesto la parola alma significa «giovane donna» e designa sia Abi, moglie di Acaz e madre di Ezechia, sia la «Figlia di Sion» di cui il profeta parla altrove, cioè il popolo di Dio nel suo insieme, da cui nascerà il nuovo re. I traduttori greci, tuttavia, scegliendo la parola «parthénos», che significa «vergine» in senso stretto, già tre secoli prima di Cristo hanno orientato verso un’altra interpretazione e preparato quella che ne dà il Vangelo. Noi vi riconosciamo l’annuncio della concezione verginale del Messia.
Oltre a questo annuncio profetico, la lettura spirituale del testo in tempo di Avvento scorgerà un messaggio di speranza che mette in rilievo l’iniziativa divina.
Acaz è l’umanità inconsapevole del suo destino spirituale: egli non chiede nulla, ostenta scrupoli religiosi, non vuol mettere alla prova il Signore; ma, in realtà, egli non sa che cosa desidera né in chi porre la sua fiducia.
Sarà allora il Signore a parlare e a dare un segno, per manifestare la sua volontà di salvare il suo popolo. La nascita di Gesù è questo segno di un’iniziativa di Dio, libera e gratuita, per salvare l’umanità.

SALMO
È di uso liturgico, per celebrare l’ingresso di una processione nel tempio di Dio. La prima parte dice che coloro che si avvicinano a Dio debbono avere mani innocenti e cuore puro; Acaz, diviso fra il vero Dio e gli idoli, si vedrà, così rigettato.
Ma la seconda parte è più immediatamente adatta a questo tempo di Avvento, poiché, insieme al popolo che entra nel tempio, è il re della gloria, l’Emmanuele, a fare il suo ingresso nel mondo.

SECONDA LETTURA
È il prologo della lettera ai Romani, con il saluto che si usa all’inizio della nostra liturgia: «La grazia e la pace di Dio nostro Padre», ecc.
Esso comporta:
1) Una professione di fede, un «credo» riguardante la persona di Gesù. Più tardi, i «credo» riprenderanno il movimento discendente espresso da s. Giovanni: il Verbo, nato da Dio, si è fatto carne. Qui il movimento è quello dello svolgimento storico, dell’esperienza che ne hanno potuto fare i testimoni:
– «secondo la carne», agli occhi degli uomini, nato dalla stirpe di Davide;
– «secondo lo Spirito», costituito Figlio di Dio con potenza. Si va dalla carne allo spirito, dalla nascita alla risurrezione, dall’umanità alla potenza, dall’umanità alla divinità.
Si noti che l’umanità è affermata per mezzo della stirpe di Davide, e questo sottolinea che Gesù è la realizzazione delle promesse dell’antica alleanza.
2) Una presentazione dell’Apostolo e della sua missione.
Paolo è stato prescelto, chiamato da Dio, per annunziare il Vangelo. Questo «Vangelo» è quello promesso dai profeti, ma destinato a tutte le genti, ai pagani e non soltanto ai Giudei. In questo tempo di Avvento, tale annunzio della salvezza universale ha una risonanza attualissima.

VANGELO
I Vangeli dell’infanzia (Matteo e Luca) mostrano che Gesù è il Messia annunciato, la speranza d’Israele. Matteo mette Giuseppe al centro di tutto; la sua è «l’annunciazione a Giuseppe». In Luca, Giuseppe non ha volto: è lo sposo di Maria. Qui invece egli raccoglie tutta l’eredità delle promesse di Dio da Abramo in poi: la genealogia di Matteo, che precede questo brano, va da Abramo a Giuseppe. Giuseppe eredita tutte le missioni frammentarie dei patriarchi e dei re. Per lui, la speranza raggiunge il compimento.
In particolare, Giuseppe è il «figlio di Davide» (Luca dice la stessa cosa: Giuseppe è «della casa di Davide», perché Gesù possa ricevere «il trono di Davide suo padre»); per il popolo giudaico, sottomesso a un potere straniero, infatti, la speranza trasmessa dagli scritti dei profeti si esprime nel linguaggio di una restaurazione del regno davidico. Ciò comporta un’ambiguità da cui il Vangelo si libererà soltanto progressivamente.
Soprattutto Giuseppe è, spiritualmente, l’erede dei patriarchi e di tutta la storia biblica. È il «giusto» che confida nella parola di Dio, anche quando gli avvenimenti lo mettono alla prova. Così, secondo Matteo, Giuseppe non è una figura marginale. Era forse già necessario rispondere ad allusioni ironiche sul marito superato dagli avvenimenti?
Questo racconto testimonia la fede della Chiesa primitiva nella nascita verginale di Gesù. L’interpretazione in questo senso della profezia dell’Emmanuele è manifesta.
Giuseppe assume pienamente la funzione di padre delegatagli da Dio: sarà lui a dover dare il nome al bambino.
Infine, il nome del bambino significa: «il Signore salva», ed è in linea con tutta la tradizione; Dio, nell’Antico Testamento, è soprattutto «colui che salva». Questo nome manifesta che è giunta la salvezza.
«Dio con noi» è dunque il primo messaggio di Matteo e anche l’ultimo: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).


PER ANNUNCIARE LA PAROLA (piste di omelia)

La Buona Novella
Uno dei principali temi di s. Paolo.
– Una notizia è buona soltanto se viene a colmare un bisogno, una certa attesa: la pace per coloro che sono in guerra, il pane per coloro che hanno fame… Può succedere che non si attenda più nulla: il desiderio stesso è attenuato, la speranza estinta. Acaz non attende nulla da Dio; ma Giuseppe, l’uomo giusto, cerca la volontà di Dio. Nel nostro mondo materialistico, che cosa ci aspettiamo da Dio?
– La Buona Novella supera infinitamente l’attesa: Dio interviene spontaneamente, anche quando non gli si chiedono più segni o, forse, segni irrisori. Nessuno avrebbe osato chiedere ciò che egli dona; egli dà a coloro che non si aspettano nulla: questo è vero per Paolo come anche per le nazioni pagane.
– La Buona Novella riguarda il Figlio suo, Gesù, Dio con noi! Meraviglia dell’incarnazione. Gesù è uno di noi, «nato dalla stirpe di Davide». E tuttavia, egli viene da un altro luogo: «Viene dallo Spirito Santo». Il suo nome esprime la sua missione: «il Signore salva».

Ecco, la Vergine concepirà
Un segno di Dio che non ci si aspettava, che si stenta a capire.
Oggi come ieri, la concezione verginale di Gesù sorprende molti credenti. Si vorrebbe respingere questo punto della fede cattolica come un tratto leggendario, un bisogno del meraviglioso negli antichi, traccia di un pregiudizio a riguardo delle realtà sessuali, ecc.
Essa è tuttavia una verità accettata nelle comunità primitive: duplice testimonianza di Luca e di Matteo, a cui forse fa eco Giovanni: «I quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati», dice dei credenti, dimostrando di avere l’idea di una nascita di un ordine diverso, segno dell’intervento divino. Scorgiamo un legame con la profezia dell’Emmanuele e anche una testimonianza dei «credo» e di tutta la tradizione: la «Vergine» Maria.
Il contesto della liturgia di oggi ci aiuta a coglierne il significato profondo. Non si tratta di un miracolo nel senso comune del termine: nulla di visibile. E nulla che tradisca un pregiudizio contro il matrimonio, pregiudizio del resto estraneo alla mentalità giudaica; è soltanto la volontà di affermare l’intervento divino nella storia degli uomini, come nella profezia di Isaia; di mettere in piena luce il «Vangelo» riguardante il Figlio di Dio, e fino a che punto, per la sua origine e la sua natura, il Figlio di Dio superi coloro di cui è venuto a condividere la condizione. Una solidarietà senza trascendenza non è il Vangelo.

L’obbedienza alla fede
Noi parliamo volentieri della ricerca della fede, della scoperta della fede. La Scrittura parla dell’obbedienza alla fede (2a lettura).
– La fede è un’obbedienza, perché risponde a una chiamata di Dio. È lui a prendere l’iniziativa, come dimostra tutta la storia biblica: chiamata di Abramo, di Mosè, di Davide. A Davide: «Forse tu mi costruirai una casa?… Il Signore ti farà una casa…» (2 Sam 7,5.11).
Dio dà un segno ad Acaz (1a lettura) come ad ognuno: un segno che colma l’attesa e spesso la supera; che talvolta anzi sconcerta.
– La fede conduce all’obbedienza. Credere non è mai una semplice adesione dello spirito o anche del cuore; devono seguire le opere; gli esempi biblici sono gli stessi: Abramo, Mosè, Davide. Giuseppe, l’uomo giusto, è un modello perfetto di quest’obbedienza. La fede nella Parola di Dio allontana i dubbi e le esitazioni: «Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore».
– L’obbedienza porta con sé la pace del cuore. Il motto di Giovanni XXIII era: Oboedientia et pax. Il messaggio rivolto a Giuseppe, come quello a Maria, incominciava con un «Non temere». La convinzione che Dio è con noi toglie ogni timore: «Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi?» (Rm 8,31).


Messa della notte di NATALE:

• Is 9,1-3.5-6 – Ci è stato dato un figlio.
• Dal Salmo 95 – Rit.: Oggi è nato per noi il Salvatore.
• Tt 2,11-14 – È apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini.
• Canto al Vangelo – Alleluia, alleluia. Vi annunzio una grande gioia: oggi vi è nato un Salvatore: Cristo Signore. Alleluia.
• Lc 2,1-14 – Oggi vi è nato il Salvatore.

PER COMPRENDERE LA PAROLA

PRIMA LETTURA
La profezia di Isaia si situa in un momento di prova per Israele: campagna assira nel Nord e deportazione dei Galilei. Il cammino nelle tenebre è quello che conduce all’esilio; la terra tenebrosa, quella della schiavitù. La gioia annunciata è moltiplicata: gioia dei mietitori, perché gli esiliati sono lontani dalla loro terra, gioia dei vincitori, perché Israele è vinto.
All’origine della gioia: il Signore ha spezzato tutti gli strumenti usati contro i deportati (il giogo, la sbarra e il bastone). Azione meravigliosa come nel giorno della vittoria su Madian (cf il racconto colorito della rotta di innumerevoli Madianiti davanti ai 300 soldati di Gedeone, Gdc 7). Non si sente più il passo dei soldati nemici, non si vede più la loro uniforme macchiata dal sangue delle vittime.
Per questa azione, il Signore si è servito di un nuovo re: (Ezechia?) e questo re è ancora un bambino: è l’Emmanuele annunziato in Is 7. Egli riunisce già nella sua persona tutti i titoli la cui origine Is 11 vedrà nei doni dello Spirito del Signore che riposa su di lui: Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace. Vi è qui più di Mosè, più di Davide, più di Salomone.
Tutta la tradizione cristiana ha visto in questo re bambino l’immagine di Gesù, il vero Emmanuele, re e salvatore fin dalla sua nascita.
Il profeta descrive le caratteristiche della sua regalità: pacifica, stabilita in Gerusalemme, la città della stirpe di Davide, ma progressivamente estesa, eterna.

SALMO
Esprime la gioia profetizzata da Isaia: canti; danze, esultanza, festa: la stessa natura vi prende parte. È la gioia di un rinnovamento, perché il Signore, questa volta, viene, viene come re, «a giudicare la terra». Gioia ancora più universale di quella di Isaia: le «nazioni», cioè tutti i popoli rimasti finora esclusi dalla salvezza, sono invitati a prendervi parte.

SECONDA LETTURA
Questo passo della lettera a Tito si situa fra consigli morali diretti a diverse categorie di cristiani. È una riflessione sintetica sulla vita cristiana.
Alla sua origine: la manifestazione della grazia di Dio salvatore, attraverso l’incarnazione e la redenzione: Dio si è donato in Gesù Cristo per fare di noi il suo popolo.
Alla fine di essa: la manifestazione della gloria (in opposizione alla grazia) del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. «Esultino davanti al Signore… perché viene» (Salmo).
Nel suo svolgimento: fra queste due manifestazioni celebrate dal Natale vi è il tempo presente, provvisorio. La vita cristiana vi si esprime col rifiuto del peccato e con una profonda saggezza: «Sobrietà, giustizia e pietà». Non una sapienza di tipo «piccolo borghese».
Sobrietà, è il cuore povero liberato dalle passioni di quaggiù; Giustizia, è la santità; Pietà, è vivere per Dio…
I cristiani sono un «popolo zelante nelle opere buone» nell’attesa della beata speranza…

VANGELO
È l’annuncio della buona novella: la nascita di Gesù. Il racconto è redatto in modo storico e allo stesso tempo pieno di segni misteriosi.
Racconto storico, situato nel tempo: il censimento di Quirinio; nello spazio: a Betlemme; nelle precise circostanze del momento: è notte (i pastori vegliano) e di luogo: è in una grotta o in una stalla (non c’è posto all’albergo e una mangiatoia serve da culla).
Presenta i personaggi: una giovane coppia della stirpe di Davide, proveniente da Nazaret; alcuni pastori, marginali e più o meno disprezzati nella società giudaica dell’epoca.
Tutto ciò costituisce uno sfondo piuttosto oscuro. Il paese è occupato. I suoi abitanti sottoposti agli ordini dell’occupante. La nascita giunge al termine di una lunga fatica. Avviene a Betlemme, ritenuta «la più piccola fra i capoluoghi di Giuda» (cf Mic 5,1) e non a Gerusalemme (che per l’Antico Testamento è l’unica vera città di Davide).
I segni misteriosi sono in contrasto con questa situazione (come in Isaia).
La scelta dei pastori, alla luce dell’Antico Testamento, è già significativa: ricorda l’elezione di Davide: il più piccolo della famiglia addetto alla custodia del gregge. I re d’Israele, dopo di lui, si considereranno come i pastori del loro popolo, pastori spesso infedeli che il Buon Pastore viene a sostituire.
La luce della gloria del Signore avvolge i pastori e suscita il loro spavento. Segni consueti delle manifestazioni di Dio nell’Antico Testamento, si ritroveranno a proposito della Trasfigurazione di Gesù e nell’annuncio del suo ritorno alla fine dei tempi.
Il messaggio degli angeli: «la Buona Novella», «la grande gioia di tutto il popolo», linguaggio frequente nei profeti (1a lettura e salmo). Il neonato in fasce è proprio il Salvatore, il Messia, il Signore. Salvatore è un titolo divino in tutto l’Antico Testamento: chiamare Gesù il Salvatore significa annunciare che egli è Dio. La stessa cosa significa unire il titolo di Signore a quello di Messia.
Il canto degli angeli conferisce all’avvenimento della nascita dimensioni cosmiche: il cielo e la terra, tutto l’universo, il mondo invisibile di Dio e quello creato. Significato: Dio è glorificato, la terra riceve la pace (1a lettura). Giustificazione più radicale: Dio ama gli uomini.


PER ANNUNCIARE LA PAROLA (piste di omelia)

Una luce nel cuore della nostra notte
Celebrazione nel cuore della notte. A motivo dell’ora in cui è accaduto il fatto (Vangelo)? Perché la notte aggiunge alla festa una nota di mistero? «Dolce notte, santa notte…»? Perché l’ora insolita sottolinea l’originalità dell’avvenimento? Tutto ciò non è sbagliato, ma c’è molto di più.
La notte, le tenebre, l’ora buia sono l’immagine dell’infelicità umana, delle sconfitte (1a lettura), dello sprofondare nel peccato, nelle passioni, della profonda angoscia dell’uomo (domandatelo a coloro che non dormono), della miseria spirituale di un mondo senza Dio.
E il Figlio di Dio è venuto a prendere su di sé tutto quel buio (cf presentazione del Vangelo).
Celebrare il Natale nel cuore della notte significa riconoscere che l’amore di Dio è più forte delle nostre tenebre più fitte, che l’aurora sta per sorgere. Già la «gloria del Signore ci avvolge di luce» (Vangelo) e se al presente non lo vediamo, viviamo nella speranza. Il Signore ritornerà nel cuore della notte.
Non riduciamo il Natale a una festa sentimentale, a una tregua illusoria in una notte di falsa pace; viviamo per rinnovarci nella gioia e nella speranza.

Tempo di gravidanza
Come per Maria di Nazaret, anche per i discepoli del Signore risorto il tempo va gestito – secondo un’efficace immagine di Origene – come «tempo di gravidanza» e dunque di attesa, vissuta con gioia, pazienza e speranza. Non bisogna, però, confondere i dolori del parto con i lamenti di chi è impotente a generare vita, o, come dice Isaia, confondere il parto con un soffio-sbuffo di vento. Dio non arriva al cuore degli uomini, in modo indolore, senza il pieno coinvolgimento della realtà umana, che ha scelto come suo grembo. Tale processo, infatti, è compiuto certamente dallo Spirito ma è legato anche alla carne, al sangue, alla materia, che, al loro interno, l’hanno accolto e quotidianamente lo gestiscono. Come segno del nostro «tempo di gravidanza» va innanzitutto identificata la gioia, quella vera, profonda, coinvolgente tutte le fibre dell’essere. Sprizzante di vita. Poi c’è lo stupore che ha come suoi maestri e rappresentanti i pastori descritti da Luca.

Maranathà!
Questa festa è a rischio. Tutti la celebrano. Ma cosa celebrano? Una fiaba comoda e stimolante nei sentimenti, oppure un mistero difficile da interpretare, impegnativo da accogliere e realizzare nel cuore?
Se Natale è una fiaba è solo la festa dei consumi, di inutili regali: è solo una doppia vacanza con un pranzo più ricco, un viaggio, una gita. Se Natale è una fiaba non ci vuole molto: basta un presepe o un albero illuminato, una elemosina, una messa a mezzanotte. Nella fiaba Gesù non nasce, nasce l’egoismo e l’impostura, l’ingiustizia che uccide. Una stella, un angelo, una grotta e dei pastori, una donna e un bambino: ingredienti per una stupida favola, per una tragica impostura. Se Natale è una fiaba è finito il suo tempo, cancelliamo il Natale.
Se Natale è un mistero Gesù nasce anche oggi: nei tuguri, nelle baracche, nei dormitori pubblici. Gesù nasce nel povero, nel piccolo ignorante, nel detenuto, nell’esule, nel torturato, nell’oppresso. Gesù nasce nel disoccupato, nel malato, nel minorato, nello sconosciuto trascurato da tutti, nell’umile onesto che ancora fa il suo dovere. Gesù nasce là dove c’è bisogno di pace, di amore, dove si cerca giustizia e amore, dove si soffre e si aspetta, dove si costruisce un mondo più giusto.
Se qui nasce Gesù questo è il presepio: qui bisogna venire per incontrare Gesù per fare Natale con lui.

La nostra vita deve essere un dono d’amore
L’Amore si è incarnato, perché noi diventassimo come lui.
Per questo è necessario aprire il nostro cuore come un dono del Signore. Aprire le nostre labbra come un augurio del Signore. Aprire le nostre mani come un dono a tutti da parte del Signore. Non tutti hanno accolto Gesù. Almeno noi facciamogli un regalo d’amore: accogliamolo come Salvatore. Ma questo è, in fin dei conti, il più gran regalo che facciamo a noi stessi.
Nella grande piazza davanti alla cattedrale quella domenica vi era molta povera gente: mendicanti, ciechi, storpi, ecc. chiedevano ai passanti la carità. Ma ad un tratto la piazza si svuotò improvvisamente: tutti fuggivano. Perché? Stava arrivando il santo vescovo di Tours, Martino, capace di fare miracoli. «Se ci vede – dicevano – ci guarisce: allora più nessuno ci farà la carità; saremo costretti ad andare a lavorare».
Che vale il Natale, se non permettiamo al Salvatore di guarire il nostro cuore? Di entrare nella nostra vita? Di trasformarla con il suo amore? Se questa trasformazione, questo entrare di Dio nella nostra vita avviene, allora questa notte ha senso, è una notte di luce. Luce che illumina, cancella le ombre, riscalda i cuori. Luce che genera vita e salvezza.


(tratto da: M. Gobbin, Omelie per un anno – vol. 1, anno A, tempi forti – Elledici 2003)