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3. Annunciare la Parola – 14 novembre 2021

14 novembre

33ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Giornata Mondiale dei Poveri

Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi

PER RIFLETTERE E MEDITARE

Dei novissimi – morte, giudizio, inferno e paradiso –  si parla sempre di meno. E spesso predicatori e catechisti sono accusati di farlo troppo poco. Sono argomenti che per qualcuno sanno di antico; la verità è che sono temi scomodi e un po’ tutti li rimuoviamo volentieri. Ma la parola di Dio oggi più che della nostra fine personale, fa riferimento alla fine del mondo. E ci mette di fronte al termine della storia dell’umanità.

L’apocalisse di Gesù
Le immagini apocalittiche del profeta Daniele sono rassicuranti e affermano che tutti quelli che sono scritti nel libro della vita saranno salvi e «risplenderanno come stelle del cielo». Sono tra le prime affermazioni esplicite sulla risurrezione dei giusti che troviamo nella Bibbia. La certezza che ogni fedeltà non risulterà inutile, che nessuna sofferenza versata per Dio verrà dimenticata.
Anche l’ultima parte del capitolo 13 di Marco è ricco di immagini apocalittiche, che Gesù attinge a piene mani proprio dai profeti dell’Antico Testamento. Gesù parla da profeta e sono espressioni inconsuete sulla sua bocca. Nel suo parlare Gesù fa riferimento alla distruzione del tempio e della città di Gerusalemme da parte dei Romani, insieme alla letteratura apocalittica del tempo delle prime comunità cristiane, che annunciava imminente la fine del mondo. Ma le parole di Gesù, nonostante l’apparente impressione di tragicità, hanno lo scopo di infondere fiducia tra i cristiani.
Lo spunto viene da uno dei discepoli, che uscendo insieme a Gesù dal tempio, dice con ammirazione: «Maestro, guarda che pietre e che costruzioni!». Ma Gesù lo raggela: «Vedi queste grandi costruzioni? Non sarà lasciata qui pietra su pietra che non venga distrutta». Impressionati da questa risposta, Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea al monte degli Ulivi gli domandano: «Quando accadranno queste cose?». E Gesù comincia un lungo discorso, in cui immagini apocalittiche sulla fine del mondo si mescolano a previsioni di tempi difficili di persecuzione e di anticristi.

Farsi trovare pronti per il suo ritorno
La parole profetiche di Gesù si concludono con il brano che viene proposto oggi, in cui si dice che il Figlio dell’uomo verrà sulle nubi con grande potenza e gloria e manderà gli angeli a radunare i suoi eletti dai quattro venti (da tutta la terra, dai quattro punti cardinali). Quindi i giusti non hanno nulla da temere, ma devono solo attendere nella speranza. Perché in quel giorno verrà dato a Gesù tutto ciò che non gli è stato riconosciuto sulla terra. E ogni giusto parteciperà della sua gloria.
Quando avverrà tutto questo? Gesù dice: «Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte». Il passo rimane ancora oscuro, ma è un invito a vegliare e a scrutare i segni dei tempi. E a farlo con ottimismo, a vivere ogni giorno come tempo di veglia, di attesa, di preparazione. E per togliere ogni ulteriore curiosità, Gesù aggiunge: «Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre».
Il capitolo 13 di Marco si conclude poi con le parole di Gesù: «Quello che dico a voi, lo dico a tutti», quasi a dire che quelle frasi sono dirette espressamente agli uomini di ogni tempo e quindi anche a noi, oggi.

Prepararsi nel tempo
Gesù non intende metterci paura o rovinarci l’esistenza. Ci chiede soltanto di vivere con maggior responsabilità i nostri giorni. Infatti, se ogni cosa ha una fine, un termine, se il mondo non è eterno, occorre pensare al futuro in modo diverso e metterci di fronte al tempo con un atteggiamento di maggior vigilanza, preparando ciò che ci attende, vivendo ogni istante a occhi aperti.
Questo significa avere anzitutto nei confronti del tempo un rapporto diverso. Scrive il cardinal Carlo Maria Martini: «Il tempo, nel suo inesorabile trascorrere, risuona in noi come una continua rivelazione della nostra condizione di essere limitati e avviati impietosamente senza scampo verso la morte. Di questo, in fondo, abbiamo paura e ce ne difendiamo in tutti i modi. Ci difendiamo non pensandoci, rimuovendo l’idea di andare con i nostri pensieri aldilà dell’istante che passa». E riempiamo il tempo di tante cose. Continua il card. Martini: «Sono tanti i modi di riempire il tempo, per illudersi di possederlo: l’accumulo di denaro e la libertà di spenderlo, per dimostrare di essere padroni del tempo mio e di quello degli altri; l’ambizione del dominio, della riuscita, del successo; la ricerca del godimento in ogni forma, il concentrarsi della cura del proprio piacere corporeo, del proprio benessere fisico e psichico».
Gesù ci chiede di essere svegli e nuovi, di preparare la fine del tempo. È il messaggio che ci viene lasciato oggi. Perché, ripetiamo, ci sarà inesorabilmente e realisticamente una fine, sia a livello personale che universale. E, come dice Gesù, sarà il trionfo di Dio, ma anche dell’uomo giusto, perché verrà dato a ciascuno il suo: verrà asciugata ogni lacrima, risanata ogni ferita.

UN FATTO – UNA TESTIMONIANZA

«Buon giorno», disse il piccolo principe. «Buon giorno», disse il mercante.
Era un mercante di pillole perfezionate che calmavano la sete.
Se ne inghiottiva una alla settimana e non si sentiva più il bisogno di bere.
«Perché vendi questa roba?», disse il piccolo principe.
«E una grossa economia di tempo», disse il mercante. «Gli esperti hanno fatto dei calcoli. Si risparmiano cinquantatré minuti alla settimana».
«E che cosa ne fai di questi cinquantatré minuti?».
«Se ne fa quel che si vuole».
«Io», disse il piccolo principe, «se avessi cinquantatré minuti da spendere, camminerei adagio adagio, verso una fontana» (Antoine de Saint-Exupéry).