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6. Vignetta di RobiHood – ASCENSIONE DEL SIGNORE

21 MAGGIO

ASCENSIONE DEL SIGNORE

CRISTO TORNA AL PADRE E CAMMINA CON NOI

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Un anno straordinario

Sorrisi divini

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6. Vignetta di RobiHood – VI DOMENICA DI PASQUA

14 MAGGIO

VI DOMENICA DI PASQUA

CHI AMA CRISTO È AMATO DAL PADRE

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6. Vignetta di RobiHood – V DOMENICA DI PASQUA

23 APRILE

IV DOMENICA DI PASQUA

«IO SONO LA VIA, LA VERITÀ E LA VITA»

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6. Vignetta di RobiHood – IV DOMENICA DI PASQUA

23 APRILE

IV DOMENICA DI PASQUA


CRISTO CI CHIAMA PER NOME

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6. Vignetta di RobiHood – III DOMENICA DI PASQUA

23 APRILE

III DOMENICA DI PASQUA


LO RICONOBBERO ALLO SPEZZARE DEL PANE

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4. Speciale Pasqua – Commenti alle letture Venerdì Santo

VENERDÌ SANTO: PASSIONE DEL SIGNORE

LA CROCE, TRONO DEL CRISTO

Lo spartiacque della liturgia di oggi sta tutto nelle parole del sommo sacerdote Caifa: «È conveniente che un solo uomo muoia per il popolo» (Gv 18,14).
Possiamo condividere la ragionevolezza di un’osservazione come questa e provare un leggero senso di sollievo per essere arrivati alla fine di un giorno così triste, nel quale siamo stati obbligati a ricordarci che non tutto, in questo mondo, va per il verso giusto. Oppure possiamo lasciarci turbare e interrogare, ancora oggi, dalla morte di un innocente.

PRIMA LETTURA
Egli è stato trafitto per le nostre colpe (Quarto canto del Servo del Signore).
Nella figura del Servo sofferente di Yahweh rivive l’immagine del seno sterile di Sara: un’immagine di tristezza incolmabile, di inutilità e di promesse infrante. Come accadde ad Abramo e a sua moglie, è da questa sterilità che Dio farà nascere una moltitudine: una moltitudine di salvati.

SALMO RESPONSORIALE Dal Salmo 30 (31)
All’uomo che non ha più niente, non rimane che confidare nella giustizia del Signore.
Rit. Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito.

SECONDA LETTURA
Cristo imparò l’obbedienza e divenne causa di salvezza per tutti coloro che gli obbediscono.
La lettera agli Ebrei ci fornisce un’immagine troppo spesso dimenticata: quella di un Gesù che tiene alla sua vita e che non vuole perderla. Il testo ci dice anche, però, che egli non si rifiutò di obbedire al Padre. Essere cristiani non significa dunque essere degli eroi, ma fidarsi di Dio, fino alla fine.

Dalla lettera agli Ebrei Eb 4,14-16; 5,7-9

CANTO AL VANGELO Cf Fil 2,8-9
Gloria e lode a te, Cristo Signore!
Per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla morte e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome.
Gloria e lode a te, Cristo Signore!

VANGELO
Passione del Signore.
La prima preoccupazione di Gesù, nel momento in cui i suoi aguzzini vengono a catturarlo, è quella di mettere al sicuro i suoi discepoli. Come accade per noi oggi, infatti, chi vorrà seguirlo sulla via del Calvario dovrà farlo per sua libera scelta.

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Giovanni
Gv 18,1–19,42

MEDITAZIONE
Tipico della celebrazione del Venerdì Santo è il tono di austerità, di essenzialità. Nel rito trova grande spazio il silenzio; tutte le sue parti sono volutamente sobrie.
Momento caratteristico di questa celebrazione è il rito della venerazione della croce che deve essere illuminato dalla liturgia della Parola.

L’ironia di Giovanni
Apparentemente contrasta molto con la serietà della celebrazione riconoscere nella narrazione giovannea della passione alcuni tratti ironici. che Gesù, appena arrestato, è condotto a processo innanzitutto da Anna e successivamente da Caifa (cf Gv 18,12-13). Si tratta probabilmente di un interrogatorio ufficioso ma, conoscendo i personaggi, si può leggere una sferzata alle opacità del potere. Caifa era il legittimo sommo sacerdote; Anna, suo suocero, fu sommo sacerdote ma fu deposto. Biasimato per la sua ambizione e avidità, dopo la sua esautorazione continuò a gestire il potere in maniera nepotistica.
Con la chiave dell’ironia si può leggere il dialogo di consegna di Gesù a Pilato (cf Gv 18,29-30). Ciò serve a Giovanni per annunciare il tipo di condanna, ma c’è un «sentore di tautologico» nella risposta dei Giudei, grazie al quale è possibile leggere un riferimento ai sofismi spesso utilizzati a giustificazione delle intenzioni malvagie.
I soldati, per ordine di Pilato, prendono Gesù, lo flagellano e poi, intrecciata una corona di spine e vestitolo con un mantello di porpora, lo scherniscono (cf Gv 19,3). Proprio quella burla, però, è la proclamazione, per bocca di pagani, della regalità di Gesù. Gesù è proclamato re dai soldati romani, mentre è rinnegato dai Giudei. Non è però senza ironia che nel farlo, coloro che accusavano Gesù di essere un bestemmiatore diventino loro stessi idolatri (cf Gv 19,15).
Sulla regalità Giovanni ritorna con insistenza parlando dell’iscrizione composta da Pilato e posta sopra la croce. Anche qui c’è dell’ironia, perché quella regalità è scritta, e letta, in tre lingue: ebraico, la lingua sacra; latino, la lingua dei dominatori del mondo; greco, la lingua più diffusa nel mondo antico. Grazie a quell’iscrizione il mondo intero può ricevere l’annuncio della regalità di Gesù.

La regalità di Gesù
L’ironia di Giovanni è funzionale alla sua proposta teologica, e cioè affermare la regalità di Gesù. Gesù è re e il suo trono è la croce. Gesù è intronizzato per ordine di un pagano e dall’alto del suo trono esercita la sua sovranità.
Sulla croce, infatti, si compiono le parole che progressivamente egli aveva pronunciato nel corso del vangelo. La croce è il luogo dal quale egli attirerà tutto il mondo a sé (cf Gv 12,32). È il luogo dove manifesterà la sua regalità non come dominio ma come servizio (cf Gv 19,37). Il riferimento è alla profezia di Zaccaria: «In quel giorno io mi impegnerò a distruggere tutte le nazioni che verranno contro Gerusalemme. Riverserò sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di grazia e di consolazione: guarderanno a me, colui che hanno trafitto» (Zc 12,9-10). La croce è il luogo dal quale Gesù salva gli uomini dal veleno del loro peccato che mitridatizza la loro esistenza (cf Gv 3,14).

Il compimento delle profezie
Verso la croce si focalizza l’attenzione di oggi. Le letture sostanziano il rito della venerazione. Dalla profezia di Isaia si traggono robuste indicazioni riguardo la passione di Gesù sulla croce.
«Egli è stato trafitto per le nostre colpe, per le nostre iniquità» (Is 53,5): a causa dei nostri peccati egli è stato trafitto e questo induce alla contrizione. «Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada» (Is 53,6): sulla croce Gesù è pienamente e compiutamente il Buon Pastore, secondo la descrizione che lui stesso ne ha fatto (cf Gv 10). «Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore» (Is 53,10): la sua passione è offerta di sé per compiere la volontà del Padre, è libera adesione al progetto della nostra salvezza in piena consapevolezza (cf Gv 18,4). «Il giusto mio servo giustificherà molti» (Is 53,11): per la sua passione ci è donata la giustificazione. La giustizia di Dio, in Cristo, non giustifica giustiziando, ma rendendo giusti. In questo sta la speranza dei credenti davanti alla croce.

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3. Speciale Pasqua – Commenti alle letture Giovedì Santo

CENA DEL SIGNORE

AMORE, SERVIZIO
E CONSAPEVOLEZZA

In tutti i film drammatici che si rispettino, arriva un momento in cui il protagonista fa un discorso toccante. La vita e la predicazione di Gesù, però, non sono un film drammatico.
Negli ultimi istanti trascorsi coi suoi amici, infatti, prima di affrontare la morte di croce, egli non li impressiona con arringhe formidabili, ma affida loro un impegno molto concreto e lo illustra nella migliore maniera possibile: dando l’esempio.

PRIMA LETTURA
Prescrizioni per la cena pasquale.
La liberazione del popolo ebraico dalla terra d’Egitto è figura di ogni possibile liberazione. Ciò non significa che il contesto storico in cui essa si colloca non conti. Ogni piccolo particolare di quella vicenda infatti, perfino la fretta, assume un valore rituale e si trasforma in memoriale di salvezza.

Dal libro dell’Esodo       Es 12,1-8.11-14

SALMO RESPONSORIALE Dal Salmo 115 (116)
Il doni che abbiamo ricevuto dal Signore sono tanti e tali che non si può
«contraccambiare», solo innalzare una preghiera di lode.
Rit. Il tuo calice, Signore, è dono di salvezza.

SECONDA LETTURA
Ogni volta che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore.
Prendere parte alla celebrazione eucaristica significa farsi testimoni della morte e risurrezione di Cristo. Questa testimonianza è anche un impegno, a non lasciare che un così grande dono sia dimenticato e a non permettere che venga accolto con superficialità.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi             1 Cor 11,23-26

CANTO AL VANGELO Gv 13,34
Gloria e lode e onore a te, Cristo Signore!
Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore:
come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Gloria e lode e onore a te, Cristo Signore!

VANGELO
Li amò sino alla fine.
L’evangelista Giovanni inizia il racconto della lavanda dei piedi concentrandosi sulla piena consapevolezza di Gesù. Questa scelta sta a sottolineare che il gesto che egli compie non è casuale. Prendersi cura dei fratelli non significa, infatti, compiere una buona azione tra le tante, significa modellarsi a immagine di Cristo.

Dal vangelo secondo Giovanni                   Gv 13,1-15

MEDITAZIONE
Il gesto più notevole e specifico della Messa in Coena Domini è la lavanda dei piedi. Il rischio di questo rito, però, è di ridurlo a teatrino. In tal modo si perde il senso del rito: del rito in generale, in quanto esso è condensazione simbolica di un significato profondo, e nello specifico di questo rito, immiserito a mera ripetizione di un gesto narrato dal vangelo di Giovanni, senza che si penetri la significatività dell’azione di Gesù.

L’amare e il sapere di Gesù
Il capitolo 13 di Giovanni pone subito al primo versetto i due verbi che reggeranno tutta l’ultima parte del quarto vangelo (cf Gv 13,1).
«Amare» è il primo fra i due. Gesù ha amato e ama i suoi discepoli. Si approssima alla passione per amore dell’umanità. Nella parte finale del capitolo consegna il «comandamento nuovo» (cf Gv 13,34a); invita i discepoli ad amare seguendo il suo esempio (cf Gv 13,34b); indica l’amore come la testimonianza più credibile del discepolato (cf Gv 13,35). L’amore di Gesù accetta l’abbassamento radicale della croce, del dono della vita (cf Gv 15,13).
L’amore, però, deve tradursi in azioni concrete di servizio. Di questo Gesù dà l’esempio con il suo chinarsi davanti ai discepoli per compiere un gesto di umiltà estrema: lavare loro i piedi.
Il secondo verbo che reggerà tutta l’ultima parte del vangelo di Giovanni è «sapere». Gesù è consapevole di quanto sta accadendo; accondiscende, perché condivide la volontà di salvezza del Padre; accetta in piena libertà le conseguenze della scelta e gli eventi. Ne è testimonianza la lettura dei fatti della passione, dei quali, nel quarto vangelo, Gesù stesso è protagonista, quasi regista. Nella lavanda Gesù depone le vesti e le riprende (cf Gv 13,4.12), riferimento al suo consegnare la vita nella passione, per poi riaverla nella resurrezione.

Il significato cristologico
Il gesto della lavanda, quindi, è innanzi tutto un condensato simbolico con valenza cristologica. Tutto di questo evento narrato da Giovanni parla della Pasqua di morte e risurrezione. A sua volta, la Pasqua di Gesù (cf Gv 13,1) è il compimento della Pasqua narrata nel libro dell’Esodo (cf prima lettura).
Il gesto che Gesù compie lavando i piedi ai discepoli può essere compreso solo nella fede. Lo dimostrano gli atteggiamenti di Giuda e Pietro. Il primo, ormai sotto il dominio del diavolo che «aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo» (Gv 13,2), è completamente distaccato nella sede del suo comprendere
e deliberare (il cuore) dall’amore di Gesù. Il secondo non accetta di farsi lavare i piedi. La lavanda è segno di quella purificazione interiore che si realizza con la passione. Qui, per Pietro – e per noi – si danno due difficoltà. La prima consiste nell’accettare di aver bisogno di essere purificati, cioè nel riconoscere il proprio peccato e la propria condizione di peccatori. La seconda, testimoniata dalla resistenza di Pietro, è la fatica ad accettare il ministero messianico di Gesù come si realizza. Un messia sofferente e sconfitto. Nei sinottici la stessa problematica emerge subito dopo la confessione di Cesarea (cf Mc 8,32 e paralleli). Mettere in questione la lavanda dei piedi, dunque, è mettere in questione tutta la rivelazione di Gesù.

Lo stile cristiano
La seconda parte del tratto di vangelo ha indole più esortativa. Gesù lascia ai discepoli il comando della ripetizione del suo gesto (cf Gv 13,15). Su questa esortazione bisogna recuperare il senso vero del rito. Celebrare la lavanda dei piedi nella Messa in Coena Domini, non può limitarsi a essere un’occasione, ma deve diventare uno stile di vita per i cristiani. Tutta la vita del cristiano deve essere improntata al servizio. Anche quando si rivestano ruoli di responsabilità, essi devono essere vissuti come servizio dell’autorità. Si noti, infatti, che il rito prevede che il sacerdote, nell’approssimarsi al rito della lavanda, si sveste dei paramenti sacri per inginocchiarsi. Si spoglia, dunque, delle insegne, per chinarsi e servire.
Il comando della ripetizione nel testo di Giovanni è parallelo al comando della ripetizione nell’istituzione eucaristica (cf 1 Cor 11,24.25). L’evangelista Giovanni non riporta l’episodio dell’istituzione dell’Eucaristia. Nella narrazione al suo posto pone la lavanda. Il che suggerisce una più stretta relazione fra i due episodi. Poiché la motivazione è sempre la stessa, l’amore, si può dedurre che celebra rettamente l’Eucaristia chi impronta la sua vita al servizio; e questo è celebrato sacramentalmente nell’Eucaristia.

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Giovedì Santo – perdono – letture – preghiere


6 aprile

GIOVEDÌ SANTO

La cena del Signore Gesù

Fare questo in memoria di me

La Cena del Signore Gesù apre il solenne Triduo pasquale. Gli ultimi drammatici giorni di Gesù ritrovano tutta la loro forza nei riti che si celebrano in ogni comunità cristiana. Ė grande e sentita la partecipazione e persino i cuori più induriti restano turbati. Oggi Gesù si ritrova con gli apostoli a celebrare la Pasqua. Conosce bene il tradimento di Giuda e lo smaschera, così pure la fede debole di Pietro e degli altri apostoli, eppure decide di lasciare in dono se stesso nell’Eucaristia, dopo averli purificati con la lavanda dei piedi.

RICHIESTA DI PERDONO

  • Signore Gesù, che hai purificato i tuoi apostoli con la lavanda dei piedi, lava anche noi dai nostri peccati, abbi pietà di noi.
  • Cristo, tradito e abbandonato dai tuoi apostoli, perdona anche noi per la debolezza della nostra fede, abbi pietà di noi.
  • Signore Gesù, che ci chiami ad amarci e a servirci reciprocamente, abbi pietà di noi.

PRIMA LETTURA

Prescrizioni per la cena pasquale.           

È il racconto della prima Pasqua, il sacrificio e la consumazione dell’agnello che con il suo sangue salva le case degli ebrei. È la notte della liberazione dalla schiavitù del popolo che Dio si è scelto.

Dal libro dell’Esodo.                                                                                              Es 12,1-8.11-14 

In quei giorni, il Signore disse a Mosè e ad Aronne in terra d’Egitto: «Questo mese sarà per voi l’inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell’anno. Parlate a tutta la comunità d’Israele e dite: “Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa. Se la famiglia fosse troppo piccola per un agnello, si unirà al vicino, il più prossimo alla sua casa, secondo il numero delle persone; calcolerete come dovrà essere l’agnello secondo quanto ciascuno può mangiarne.
Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nell’anno; potrete sceglierlo tra le pecore o tra le capre e lo conserverete fino al quattordici di questo mese: allora tutta l’assemblea della comunità d’Israele lo immolerà al tramonto. Preso un po’ del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull’architrave delle case nelle quali lo mangeranno. In quella notte ne mangeranno la carne arrostita al fuoco; la mangeranno con azzimi e con erbe amare. Ecco in qual modo lo mangerete: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta. È la Pasqua del Signore!
In quella notte io passerò per la terra d’Egitto e colpirò ogni primogenito nella terra d’Egitto, uomo o animale; così farò giustizia di tutti gli dèi dell’Egitto. Io sono il Signore! Il sangue sulle case dove vi troverete servirà da segno in vostro favore: io vedrò il sangue e passerò oltre; non vi sarà tra voi flagello di sterminio quando io colpirò la terra d’Egitto. Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione lo celebrerete come un rito perenne”».

Parola di Dio.

 SALMO RESPONSORIALE                                                                Dal Salmo 115 (116)

È uno dei salmi che gli ebrei cantavano dopo aver celebrato il memoriale della Pasqua.

Rit. Il tuo calice, Signore, è dono di salvezza.

Che cosa renderò al Signore,
per tutti i benefici che mi ha fatto?
Alzerò il calice della salvezza
e invocherò il nome del Signore.

Agli occhi del Signore è preziosa la morte dei suoi fedeli.
Io sono tuo servo, figlio della tua schiava:
tu hai spezzato le mie catene.

A te offrirò un sacrificio di ringraziamento
e invocherò il nome del Signore.
Adempirò i miei voti al Signore
davanti a tutto il suo popolo.

 SECONDA LETTURA

Ogni volta che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore.

È questo il più antico racconto dell’Ultima Cena di Gesù e dell’istituzione dell’Eucaristia. Paolo non era presente, ma trasmette quello che a sua volta gli è stato annunciato. Anche noi ogni domenica e questa sera in particolare, ripresentiamo nell’Eucaristia i gesti di Gesù, per continuare a «fare memoria» di lui.

 Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi.                                       1Cor 11,23-26

Fratelli, io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me».
Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me».
Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.

Parola di Dio.

Canto al Vangelo    Cf Gv 13,34

Gloria e lode e onore a te, Cristo Signore!

Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore:
come io ho amato voi,
così amatevi anche voi gli uni gli altri.

Gloria e lode e onore a te, Cristo Signore!

VANGELO

Li amò sino alla fine.                                                                                          

Giovanni non presenta l’istituzione dell’Eucaristia, ma la lavanda dei piedi degli apostoli, gesto di umiliazione di Gesù e di purificazione per gli apostoli. È un gesto di profonda comunione e di estremo amore da parte di Gesù, che compie perché «come ha fatto lui, facciamo anche noi». È un atteggiamento che dovrebbe rinascere a ogni Eucaristia celebrata.

Dal vangelo secondo Giovanni.                                                                      Gv 13,1-15

Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine.
Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto.
Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri». Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi».

Parola del Signore.

PER RIFLETTERE E MEDITARE

Iniziano con il Giovedì Santo i riti centrali della nostra fede, i giorni delle grandi commozioni e del coinvolgimento più pieno. In passato – e in alcune zone del nostro paese ancora oggi – i riti della Settimana Santa facevano parte di una religiosità popolare sentita e suggestiva, accompagnata tante volte da folclore ed esteriorità.

La celebrazione della Pasqua

Gesù celebra la Pasqua (la Pesach degli ebrei) con gli apostoli, che sono diventati la sua famiglia. Nel momento della preghiera sul pane azzimo e sul vino cambia però le parole che il capo di famiglia doveva pronunciare: «Questo è il pane che i nostri padri hanno mangiato in terra di schiavitù…» in: «Questo è il mio corpo», «Questo è il mio sangue che sarà sparso per voi…».
In tutte e tre le letture si parla di «memoriale»: della prima Pasqua ebraica e della Pasqua di Gesù. «Memoriale» dice realtà sacramentale, riproposta di quanto è stato realizzato e che noi riviviamo nel tempo.
Nasce in questo giorno il sacerdozio ministeriale. Gesù ha chiamato gli apostoli alla missione, ora li fa ministri dell’Eucaristia. «Fatevi servi, amatevi», dice Gesù agli apostoli. È un programma di vita della futura comunità che è la Chiesa.

Uno sguardo ai protagonisti

Guardiamo anzitutto Gesù che decide di fare Pasqua insieme ai suoi discepoli. Fa un lungo discorso: quello del capo-famiglia che ricorda i prodigi della prima Pasqua, quando Mosè liberò dalla schiavitù il popolo ebraico. In realtà le parole di Gesù sono tutte programmatiche e fanno riferimento al futuro, alla vita della comunità che sta per costituirsi dopo la Pentecoste.
Gli apostoli non percepiscono il dramma che sta per abbattersi su Gesù e anche su di loro. Solo in seguito comprenderanno il significato pieno di quei gesti e le intenzioni di Gesù. Qui addirittura si mettono a discutere per stabilire chi tra di loro è il più importante (Lc 22,24). Ma la discussione è troncata da Gesù, che si umilia davanti a loro: «Io sto in mezzo a voi come colui che serve» (Lc 24,27). Lava loro i piedi, inginocchiandosi davanti a Pietro e agli altri. Probabilmente davanti allo stesso Giuda. Promette lo Spirito Santo, che li «consolerà» e garantirà la continuità dell’opera iniziata da Gesù.
Giuda è un personaggio tragico e misterioso. Era forse rimasto deluso da Gesù nelle sua aspettative politiche? Tradisce per avidità, per denaro, perché è ladro, come dice Giovanni? Il suo tradimento è pieno: vende Gesù ai nemici, li conduce al Getsemani, lo bacia con un gesto falsamente amico. Ma il suo suicidio è quello di un uomo disperato e – forse – pentito.
È incredibile, ma è proprio «nella notte in cui fu tradito» che Gesù dona l’Eucaristia alla futura Chiesa. Decide di rimanere tra noi nella notte in cui l’uomo appare più confuso, debole, inaffidabile.

L’Eucaristia fa la Chiesa

L’Eucaristia è il sacramento che esprime e costruisce la comunità. Che ci chiama a renderci fratelli.
Gesù rimane tra noi. Si è fatto pane e vino per essere «mangiato e bevuto». Il pane e il vino sono elementi che servono solo a questo. Non ha scelto di rimanere tra noi per essere semplicemente adorato e venerato. Si è messo nelle mani degli uomini («Fate questo in memoria di me»): dipende da noi attingere dall’Eucaristia per renderlo presente al mondo.
Ė dall’Eucaristia che alimentiamo la nostra fede, ma spesso le nostre messe sono inespressive, abitudinarie, stanche e annoianti.
Oltre all’Eucaristia, oggi Gesù ci fa dono del sacerdozio, rende cioè i suoi apostoli ministri di questo sacramento che lo rende presente ogni giorno vivo tra noi. Due grandi doni che perpetuano attraverso persone fragili lungo tutta la storia i gesti pasquali compiuti da Gesù.
Il sacerdozio in alcune zone del mondo e dell’Italia sta diventando raro. L’Europa è diventata terra di missione e si trovano tra noi preti indiani, africani, asiatici. Preghiamo dunque per i preti, perché la Chiesa possa contare sempre su questo servizio nella comunità.
Questa mattina i parroci, ma anche una parte della Chiesa diocesana, si sono stretti attorno al vescovo per la consacrazione degli oli sacramentali e per ricordare in forma comunitaria il giorno in cui Gesù li ha chiamati a celebrare l’Eucaristia.

UN FATTO – UNA TESTIMONIANZA.

Ecco come è vissuta la lavanda dei piedi tra i disabili dell’Arca: «Ogni Giovedì Santo è celebrato in ognuno dei foyer, tra tutti i membri. E lo viviamo così. Uno di noi comincia a lavare i piedi a chi gli sta accanto, poi questi gli impone le mani sul capo e prega un attimo in silenzio. A sua volta poi costui lava i piedi a un altro e si riprende di seguito il gesto silenzioso delle mani di chi si è lasciato lavare, sul capo di colui che gli ha lavato i piedi e così via, finché ciascuno si è lasciato lavare i piedi e ha lavato i piedi a un fratello, a una sorella».

PREGHIERA UNIVERSALE

Celebrante. Nella notte in cui fu tradito, il nostro Salvatore volle celebrare la Pasqua e affidò alla Chiesa il suo Corpo e il suo Sangue. Pieni di riconoscenza e di fiducia, ci rivolgiamo al Padre, dicendo insieme:

Ascoltaci, o Padre, nel nome del tuo Figlio.

  • La Chiesa, o Padre, nei suoi vescovi e sacerdoti, viva la grazia del ministero sacerdotale con senso di responsabilità e di fiducia, preghiamo.
  • L’unità delle Chiese, per le quali Cristo ha pregato, sia ricercata con umiltà e con coraggio, affinché diventiamo insieme un segno di speranza per il mondo intero, preghiamo.
  • I giovani e gli adulti, i sani e i malati, i fanciulli e gli anziani trovino nell’Eucaristia la gioia di appartenere a Cristo e la forza per vivere da cristiani, preghiamo.
  • Ogni comunità cristiana, nutrita e vivificata dall’Eucaristia, possa imparare da Cristo a donarsi nell’amore e nel servizio, preghiamo.

Celebrante. Padre Santo, che in Cristo, sacerdote eterno, hai posto la sorgente della vita cristiana, concedi alla tua Chiesa di vivere la nuova alleanza donandosi generosamente a quanti attendono la tua salvezza. Per Cristo nostro Signore.

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Venerdì Santo – 7 aprile 2023


7 aprile

VENERDÌ DELLA PASSIONE DEL SIGNORE

Ha donato se stesso fino alla morte, e alla morte di croce

Prima del Concilio Vaticano II nelle due ultime settimane di Quaresima si coprivano le statue e le immagini sacre e solo oggi si toglieva il velo al crocifisso. Oggi la liturgia ci fa contemplare il Crocifisso, ci propone la preghiera silenziosa, l’adorazione, il doloroso pensiero alle sofferenze e alla morte del Figlio di Dio. Non si celebra l’Eucaristia, ma al centro della celebrazione serale vi sono la proclamazione della Parola, la solenne preghiera sulla Chiesa e sul mondo, l’adorazione della Croce e la consumazione dell’Eucaristia del Giovedì Santo. In genere non si tiene l’omelia, neppure breve. Ma si possono offrire ai fedeli alcuni elementi di meditazione.

La celebrazione si svolge in tre momenti: Liturgia della Parola, Adorazione della Croce, Comunione eucaristica.

In questo giorno la santa comunione ai fedeli viene distribuita soltanto durante la celebrazione della Passione del Signore; ai malati che non possono prendere parte a questa celebrazione si può portare la comunione in qualunque ora del giorno.

Il sacerdote e il diacono indossano le vesti di color rosso, come per la Messa. Si recano poi all’altare e, fatta la debita riverenza, si prostrano a terra o, secondo l’opportunità, s’inginocchiano. Tutti, in silenzio, pregano per breve tempo.

PRIMA LETTURA

Egli è stato trafitto per le nostre colpe. (Quarto canto del Servi del Signore).  

Il profeta descrive le sofferenze del messia con impressionate realismo e puntuale aderenza al racconto evangelico. «Il mio servo», dice Isaia, «è stato trafitto per i nostri delitti… maltrattato e umiliato, come agnello condotto al macello… eliminato dalla terra dei viventi». Ma, conclude, «Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce».

 Dal libro del profeta Isaia.                                                                                     Is 52,13–53,12

Ecco, il mio servo avrà successo, sarà onorato, esaltato e innalzato grandemente.
Come molti si stupirono di lui – tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo –, così si meraviglieranno di lui molte nazioni; i re davanti a lui si chiuderanno la bocca, poiché vedranno un fatto mai a essi raccontato e comprenderanno ciò che mai avevano udito.
Chi avrebbe creduto al nostro annuncio?
A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore?
È cresciuto come un virgulto davanti a lui e come una radice in terra arida.
Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere.
Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.
Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato.
Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità.
Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui;
per le sue piaghe noi siamo stati guariti.
Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti.
Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca.
Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua posterità?
Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, per la colpa del mio popolo fu percosso a morte.
Gli si diede sepoltura con gli empi, con il ricco fu il suo tùmulo, sebbene non avesse commesso violenza né vi fosse inganno nella sua bocca.
Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore.
Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità.
Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha spogliato se stesso fino alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i colpevoli.

Parola di Dio.

 SALMO RESPONSORIALE                                                                     Dal Salmo 30 (31)

Le parole del salmo trovano compimento nella persona di Cristo. Nel momento della passione Cristo non perde la fiducia e si abbandona al Padre.

Rit. Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito.

In te, Signore, mi sono rifugiato,
mai sarò deluso;
difendimi per la tua giustizia.

Alle tue mani affido il mio spirito;
tu mi hai riscattato,
Signore, Dio fedele.

Sono il rifiuto dei miei nemici
e persino dei miei vicini,
il terrore dei miei conoscenti;
chi mi vede per strada mi sfugge.

Sono come un morto, lontano dal cuore;
sono come un coccio da gettare.
Ma io confido in te, Signore;
dico: «Tu sei il mio Dio,
i miei giorni sono nelle tue mani».

Liberami dalla mano dei miei nemici e dai miei persecutori.
Sul tuo servo fa’ splendere il tuo volto,
salvami per la tua misericordia.

Siate forti, rendete saldo il vostro cuore,
voi tutti che sperate nel Signore.

 SECONDA LETTURA

Cristo imparò l’obbedienza e divenne causa di salvezza per tutti coloro che gli obbediscono.                                               

Cristo chiese «con preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime» di essere liberato dalla croce, ma, pur essendo Figlio, si piegò nell’obbedienza al Padre e conobbe la sofferenza. Ma in questo modo divenne causa di salvezza per ogni uomo.

Dalla lettera agli Ebrei.                                                                                      Eb 4,14-16; 5,7-9

Fratelli, poiché abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli, Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della fede. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato.
Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno.
[Cristo, infatti,] nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito.
Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono.

Parola di Dio.

CANTO AL VANGELO         Cf Fil 2,8-9

Gloria e lode a te, Cristo Signore!

Per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome.

Gloria e lode a te, Cristo Signore!

 VANGELO

Passione del Signore.                

Nel Vangelo di Giovanni Gesù non subisce la passione passivamente, ma è lui che si offre liberamente come vittima consapevole. Per Gesù è il compimento della sua «ora», prevista e attesa. È segna il suo trionfo, non una sconfitta.

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Giovanni.                           Gv 18,1–19,42

Catturarono Gesù e lo legarono

In quel tempo, Gesù uscì con i suoi discepoli al di là del torrente Cèdron, dove c’era un giardino, nel quale entrò con i suoi discepoli. Anche Giuda, il traditore, conosceva quel luogo, perché Gesù spesso si era trovato là con i suoi discepoli. Giuda dunque vi andò, dopo aver preso un gruppo di soldati e alcune guardie fornite dai capi dei sacerdoti e dai farisei, con lanterne, fiaccole e armi. Gesù allora, sapendo tutto quello che doveva accadergli, si fece innanzi e disse loro: «Chi cercate?». Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!». Vi era con loro anche Giuda, il traditore. Appena disse loro «Sono io», indietreggiarono e caddero a terra. Domandò loro di nuovo: «Chi cercate?». Risposero: «Gesù, il Nazareno». Gesù replicò: «Vi ho detto: sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano», perché si compisse la parola che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato». Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori, colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l’orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. Gesù allora disse a Pietro: «Rimetti la spada nel fodero: il calice che il Padre mi ha dato, non dovrò berlo?».

 

Lo condussero prima da Anna

Allora i soldati, con il comandante e le guardie dei Giudei, catturarono Gesù, lo legarono e lo condussero prima da Anna: egli infatti era suocero di Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno. Caifa era quello che aveva consigliato ai Giudei: «È conveniente che un solo uomo muoia per il popolo».
Intanto Simon Pietro seguiva Gesù insieme a un altro discepolo. Questo discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote ed entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote. Pietro invece si fermò fuori, vicino alla porta. Allora quell’altro discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e fece entrare Pietro. E la giovane portinaia disse a Pietro: «Non sei anche tu uno dei discepoli di quest’uomo?». Egli rispose: «Non lo sono». Intanto i servi e le guardie avevano acceso un fuoco, perché faceva freddo, e si scaldavano; anche Pietro stava con loro e si scaldava.
Il sommo sacerdote, dunque, interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e al suo insegnamento. Gesù gli rispose: «Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto. Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto». Appena detto questo, una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: «Così rispondi al sommo sacerdote?». Gli rispose Gesù: «Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?». Allora Anna lo mandò, con le mani legate, a Caifa, il sommo sacerdote.
ùIntanto Simon Pietro stava lì a scaldarsi. Gli dissero: «Non sei anche tu uno dei suoi discepoli?». Egli lo negò e disse: «Non lo sono». Ma uno dei servi del sommo sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l’orecchio, disse: «Non ti ho forse visto con lui nel giardino?». Pietro negò di nuovo, e subito un gallo cantò.

Il mio regno non è di questo mondo

Condussero poi Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l’alba ed essi non vollero entrare nel pretorio, per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. Pilato dunque uscì verso di loro e domandò: «Che accusa portate contro quest’uomo?». Gli risposero: «Se costui non fosse un malfattore, non te l’avremmo consegnato». Allora Pilato disse loro: «Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra Legge!». Gli risposero i Giudei: «A noi non è consentito mettere a morte nessuno». Così si compivano le parole che Gesù aveva detto, indicando di quale morte doveva morire.
Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Gli dice
Pilato: «Che cos’è la verità?».
E, detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui colpa alcuna. Vi è tra voi l’usanza che, in occasione della Pasqua, io rimetta uno in libertà per voi: volete dunque che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Allora essi gridarono di nuovo: «Non costui, ma Barabba!». Barabba era un brigante.

Salve, re dei Giudei!

Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora. Poi gli si avvicinavano e dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi. Pilato uscì fuori di nuovo e disse loro: «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui colpa alcuna». Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: «Ecco l’uomo!».
Come lo videro, i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io in lui non trovo colpa». Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio».
All’udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura. Entrò di nuovo nel pretorio e disse a Gesù: «Di dove sei tu?». Ma Gesù non gli diede risposta. Gli disse allora Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?». Gli rispose Gesù: «Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande».

Via! Via! Crocifiggilo!

Da quel momento Pilato cercava di metterlo in libertà. Ma i Giudei gridarono: «Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque si fa re si mette contro Cesare». Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette in tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà. Era la Parascève della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!». Ma quelli gridarono: «Via! Via! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Metterò in croce il vostro re?». Risposero i capi dei sacerdoti: «Non abbiamo altro re che Cesare». Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.

Lo crocifissero e con lui altri due

Essi presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù in mezzo. Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei». Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco. I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: «Non scrivere: “Il re dei Giudei”, ma: “Costui ha detto: Io sono il re dei Giudei”». Rispose Pilato: «Quel che ho scritto, ho scritto».

Si sono divisi tra loro le mie vesti

I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti – una per ciascun soldato –, e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: «Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca». Così si compiva la Scrittura, che dice: «Si sono divisi tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte». E i soldati fecero così.

Ecco tuo figlio! Ecco tua madre!

Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.
Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito.

(Qui ci si genuflette e si fa una breve pausa).

E subito ne uscì sangue e acqua

Era il giorno della Parascève e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: «Non gli sarà spezzato alcun osso». E un altro passo della Scrittura dice ancora: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto».
Presero il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli insieme ad aromi Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatèa, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodèmo – quello che in precedenza era andato da lui di notte – e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di áloe. Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura. Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. Là dunque, poiché era il giorno della Parascève dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù.

Parola del Signore.

 

PER RIFLETTERE E MEDITARE

La passione di Gesù è il cuore del Vangelo, ed è ciò che gli apostoli hanno memorizzato e raccontato con maggior lucidità ai cristiani della prima ora. Gli evangelisti ne hanno scritto con maggior ricchezza di particolari, essendo gli ultimi avvenimenti della sua vita. Nei sinottici (Matteo, Marco e Luca) prevale in Gesù il senso di abbandono e della sconfitta. È schiacciato dal potere politico e religioso, rifiutato dal popolo, accusato da falsi testimoni, abbandonato dagli apostoli, tradito da un amico. Nel racconto di Giovanni invece Gesù sembra gestire lucidamente ogni incontro e ogni avvenimento, dal Getsemani alla morte in croce.

La passione di Gesù

Gli ultimi giorni della vita di Gesù, dalla farsa del processo alla crocifissione sono la viva rappresentazione della crudeltà e della barbarie che gli uomini, in ogni tempo, hanno compiuto contro innocenti, indifesi, capri espiatori e i tanti crocifissi della storia. Nel racconto di Luca, Gesù suda sangue, prima di essere arrestato. È la paura più nera, il terrore di quanto dovrà provare, ma anche la tragica delusione della sconfitta. Potrebbe fuggire, potrebbe evitare questa tragica morte, ma accetta fino in fondo che si compia non la sua, ma la volontà del Padre.

Ma pure dall’alto della croce rimane se stesso, il messia mite e misericordioso che sulle strade della Palestina accoglie i peccatori e dona il suo amore senza riserve a tutti. Perdona il buon ladrone, che si affida a lui e gli spalanca le porta del Paradiso. Ma perdona anche chi lo ha crocifisso: «Perché non sanno quello che fanno» (Lc 23, 34.43).

Mentre gli amici lo abbandonano, e le autorità lo scartano e scherniscono, nel racconto di Marco Gesù viene riconosciuto da un ufficiale romano pagano, che vendendolo morire in quel modo esclama: «Costui era veramente il Figlio di Dio!» (Mc 15,39).

L’amore senza misura

La passione di Gesù è stata prevista sin dall’Antico Testamento nella parola dei profeti. Ma anche Gesù più volte ha parlato della sua fine tragica: «Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini ed essi lo uccideranno» (Mt 17,22-23).
Qualcuno in passato ha voluto vedere nella morte di Gesù qualcosa di prestabilito, o addirittura una morte riparatrice, per annullare la collera di Dio nei confronti dell’uomo. In realtà la morte di Gesù è un gesto di amore senza misura del Figlio di Dio, e un atto di spietata crudeltà da parte dell’uomo: «La croce è la sofferenza che il mondo senza Dio impone a Dio» (Dietrich Bonhoeffer).
Giovanni, testimone diretto della morte del suo amato Maestro, vede che uno dei soldati gli trapassa il costato con la lancia, facendo uscire dal suo cuore sangue e acqua, segno del suo amore senza fine e dei sacramenti.
È proprio in questa esperienza di tradimento e di sangue che Gesù lascia per madre Maria ai suoi futuri discepoli. Da quel momento Maria diventa madre della Chiesa. La troveremo in preghiera e in attesa dello Spirito Santo con la Chiesa nascente.
Questo è il volto del vero Dio. Un Dio dal cuore umano, trafitto da una lancia. Un Dio che si è fatto uomo in Gesù e ci ha dimostrato il suo amore amandoci «fino alla morte e alla morte di croce» (Fil 2,8).

Apriamo i nostri occhi e il nostro cuore

La morte di Gesù è la morte di Dio che annienta se stesso per amore dell’uomo. In passato si è parlato della morte di Dio, così come aveva fatto Nietzsche. Ma la morte in croce di Gesù non è l’ultima parola detta dal Padre e si cambierà presto nel trionfo di Dio.
Oggi siamo invitati a rivolgere il nostro cuore alla croce. È il vero volto del nostro Dio, il volto di chi ci ama fino al sacrificio estremo. È stato il prezzo che Gesù ha pagato per far aprire gli occhi all’uomo e convincerlo del suo amore senza misura. Perché non sono bastati i miracoli, le parabole, le parole piene di amore rivolte alle folle in attesa di salvezza.
Il Vangelo di Giovanni però non si conclude con un crudele annientamento. Giuseppe d’Arimatea troverà il coraggio di chiedere il corpo di Gesù e Nicodemo renderà sontuosa la sua sepoltura con trenta chili di una mistura di aloe e mirra. Il primo giorno della settimana, il mattino di Pasqua, Maria di Magdala andrà alla tomba per ritrovare l’amato così tragicamente piagato, e avrà la gioia di rivederlo vivo. Arriveranno di corsa alla tomba vuota Pietro e Giovanni; e nella stessa domenica Gesù si presenterà vivo agli apostoli nel Cenacolo. Dalla tragica esperienza dalla croce e dal suo sangue versato, Gesù darà inizio alla nuova comunità dei credenti, la Chiesa.

UN FATTO – UNA TESTIMONIANZA

Pilato è convinto della innocenza di Gesù, ma alla fine cede alla volontà della folla e alla logica del potere. Anatole France ne il Il procuratore di Giudea presenta un Pilato, ormai pensionato, che non conserva ricordi o finge di non ricordare. Di fronte alle sollecitazioni dell’ex-collega governatore di Siria: «Ponzio, ti ricordi di Gesù il Nazareno che fu crocifisso non so più per la quale delitto?». Ponzio Pilato aggrottò le sopracciglia, si portò la mano alla fronte come chi vuole ritrovare un ricordo. Poi, dopo qualche istante di silenzio: «Gesù – mormorò – Gesù il Nazareno? No, non ricordo».

COMMENT0 2

Se la Chiesa ha scelto la passione di Giovanni per il Venerdì Santo, è perché per lei, molto più che di tristezza, è un giorno di scoperta sempre più approfondita del modo divino di realizzare la salvezza a opera di Gesù, mosso dallo Spirito in obbedienza al Padre, il quale vuole la salvezza di tutti.
Per Giovanni la passione di Gesù non è meno sofferta che per i sinottici, ma i singoli fatti vengono trasfigurati dalla prospettiva che nella passione e nella morte in croce si rivela fino a che punto arriva l’amore del Padre, manifestato da Gesù e in Gesù.
Evidenziamo solo alcuni punti.
Giovanni sottolinea che Gesù sa non solo ciò che sarebbe accaduto, ma anche il valore e il senso di ogni avvenimento. Per questo egli con sovrana libertà si presenta a coloro che sono venuti a catturarlo, ci tiene a proteggere i suoi amici e rimprovera Pietro, che ferisce con la spada Malco, perché ostacola la realizzazione del progetto del Padre.
Non reagisce con l’indifferenza all’iniziativa dei suoi accusatori, per questo risponde ad Anna e non subisce passivamente lo schiaffo della guardia, rivendicando la correttezza della propria risposta.
Il processo davanti a Pilato, poi, è un capolavoro di costruzione teologica e di ironia giovannea. Il giudice romano proclama per tre volte che Gesù è innocente, mentre colui che viene processato accusa di peccato Pilato e ancora di più coloro che lo hanno consegnato a lui. L’accusa portata in tribunale è di lesa maestà, perché Gesù si sarebbe fatto re, infrangendo le leggi romane. E lui, in risposta a Pilato, in realtà si proclama re, ma non in concorrenza con i regni di questo mondo, così che il governatore romano non può condannarlo per questo.
I soldati, da parte loro, volendo sbeffeggiare Gesù, lo incoronano con le spine; ma per Giovanni è la scena centrale di tutto il processo e quindi una vera incoronazione e riconoscimento della regalità di Gesù. Il tutto riceve il sigillo dell’autorità romana, quando Pilato scrive in tre lingue, cioè per il mondo intero, che Gesù è il re dei Giudei e, di fronte alle rimostranze dei capi dei sacerdoti, rifiuta di cambiare la scritta. Il riconoscimento della regalità di Gesù si conclude con la sepoltura in un sepolcro nuovo e con una quantità enorme di aromi, cose riservate ai re.
I capi dei Giudei hanno davanti a loro il Figlio di Dio, ma non vogliono riconoscerlo. Mosè aveva scritto nei comandamenti: «Non avrai altri dèi di fronte a me» (Es 20,3). La risposta dei capi a Pilato: «Non abbiamo altro re che Cesare», risulta una specie di parodia del primo comandamento e sancisce la loro scelta di sottomissione non a Dio, ma all’imperatore romano.
La glorificazione di Gesù viene completata da Giovanni nella morte: compie gli ultimi gesti perché siano realizzate le Scritture e sia evidente che lui ha obbedito al Padre; esprime la consapevolezza di aver “compiuto” tutto ciò che il Padre gli ha indicato; “consegna lo spirito”, cioè dona lo Spirito Santo, come aveva promesso.
Per la Chiesa non è di poco conto, che subito dopo la morte, dal costato di Cristo sgorghino i sacramenti fontali della fede: acqua e sangue simboleggiano per tutti i Padri il Battesimo e l’Eucaristia.
Così il Venerdì Santo, pur dando spazio a un po’ di amarezza per le sofferenze e la morte di Cristo, è celebrato dai cristiani come il giorno in cui risplendono, da una parte, la pienezza dell’amore di Cristo, che offre la vita per la salvezza di tutti i suoi fratelli, e, dall’altra, la glorificazione donata a lui dal Padre, che lo rende re dell’universo e salvatore del mondo. Di fronte a questo splendore gli atteggiamenti spirituali più consoni sono: l’adorazione, la lode e il ringraziamento al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, con una rinnovata e incrollabile fiducia nella misericordia della Santa Trinità, che cancella il peccato del mondo e i peccati di tutti e di ciascuno.

Spunti per l’attualizzazione e la preghiera

  1. Il Venerdì Santo, con la liturgia, la via crucis e le varie processioni, non è fatto per suscitare emozioni e compassione superficiale per le sofferenze di Gesù, ma per meditare e pregare sull’immensità dell’amore che ci ha salvati, per ringraziare il Signore perché ha offerto la vita per tutti e per ciascuno, per condividere il suo desiderio di salvare l’umanità e, infine, per decidere di collaborare con lui.
  2. Spesso ci chiediamo perché Gesù abbia dovuto soffrire tanto. Se riconosciamo che è questa la strada normale dell’amore che salva gli altri, allora possiamo fare il difficile passo spirituale di accettare le piccole o grandi sofferenze che la vita e le persone ci provocano, per offrirle al Padre per la salvezza nostra e dei fratelli.

Proposta di impegno

Fermarsi un po’ di tempo davanti al crocifisso per meditare sulle proprie sofferenze, piccole o grandi, per unirle a quelle di Cristo e offrirle per la salvezza propria e degli altri.