25 luglio
17ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Pane per tutti, benedetto e condiviso
PER RIFLETTERE E MEDITARE
Tra la folla che segue Gesù c’è anche un ragazzo con una sacca con del pane e del pesce. Gesù gli piace, si direbbe che si è portato la scorta dei viveri per poterlo ascoltare più a lungo. Alla fine mette a disposizione di Gesù tutto ciò che si è portato dietro e tutti mangiano e si saziano. È il miracolo più scenografico di tutto il Vangelo. Un’inaspettata abbondanza di pane e pesci per migliaia di persone, che è il segno più eloquente del realizzarsi del regno di Dio.
Il grande miracolo
Una grande folla ha attraversato il lago per raggiungere Gesù. Gesù non ne è infastidito, anzi ne prova compassione e li accoglie. Finora è lui che li cercava, ora è la folla che lo cerca affamata della sua parola, fino a dimenticarsi di mangiare.
È vicina la Pasqua, la grande festa dei Giudei, e il miracolo collega Gesù a Mosè, che nel deserto sfamò il popolo con la manna (prima lettura).
Nei Vangeli di Matteo, Marco e Luca gli apostoli suggeriscono a Gesù di mandare a casa la gente, perché si è fatto tardi e il luogo è isolato. Invece per Giovanni è Gesù a prendere l’iniziativa e provoca gli apostoli a dar loro da mangiare. Interviene Filippo per dire che nemmeno 200 denari (l’equivalente di 200 giornate di lavoro!) sarebbero bastati per un pezzo di pane ciascuno, tanto sono numerosi. Andrea invece, che forse ha immaginato le intenzioni di Gesù, gli suggerisce che c’è un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci. Però aggiunge: «Ma che cos’è questo per tanta gente?».
C’è tanta erba in quel luogo e Gesù invita tutti a sedersi. I sinottici aggiungono che si compongono in gruppi di cinquanta e di cento, a formare tante tavole pronte a condividere. Gesù allora prende quei pochi pani e i due pesci e dice: «Benedetto sii tu, Jahvè nostro Dio, re dell’universo, che fai crescere il pane della terra». E passa poi a servire personalmente i vari gruppi di pane e di pesce. Ce n’è per tutti, si saziano e se ne porteranno a casa. Ne avanzeranno 12 ceste piene.
Gesù è il messia
La gente è colpita dal miracolo. Non pensa a un gesto di magia, ne coglie al volo il significato messianico e riconosce in Gesù l’atteso messia e vuole farlo re. Quella è l’abbondanza annunciata dai profeti, che parlarono di un tempo di grande benessere per tutti, come dice Isaia: «Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande… un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati» (25,6).
Gesù non sollecita quella gente alla ribellione contro il potere politico dei Romani, né contro l’oppressione della legge e di chi ne detta le regole. Ma parla loro attraverso il miracolo dell’amore generoso di Dio e della solidarietà, premesse per cominciare una società radicalmente nuova, in cui il pane viene moltiplicato e condiviso. Un popolo nuovo che parte dal basso, da gente umile come questa.
Per l’evangelista Giovanni la moltiplicazione del pane e dei pesci è un «segno» importante ed è preludio dell’Eucaristia. Infatti per cinque domeniche, a partire da questa, ci verrà proposto il dialogo che seguirà questo miracolo, percepito dalle folle e dallo stesso Gesù come straordinario. Ma Gesù si meraviglierà della loro incapacità di riconoscerlo e li inviterà a «prendere o lasciare».
Un pezzo di pane per tutti
Come sentirci coinvolti in questo miracolo? Questi prodigi, come quello di Eliseo, sono possibili soltanto grazie alla generosità di un uomo e di un ragazzo anonimi. Per questo il Signore propone anche a noi di mettere a disposizione quel poco che abbiamo, sapendo che lui lo moltiplicherà a dismisura. I grandi miracoli partono spesso da gesti umili. Anche un bicchiere d’acqua e un pezzo di pane dati con generosità non andranno perduti nella prospettiva del regno.
La vera storia comincerà quando tutti gli uomini potranno avere un pezzo di pane. Nel mondo milioni di bambini muoiono ogni anno di fame, mentre «a Milano vengono buttati 400 quintali di pane al mese. E nessuno li vuole» (Corriere della Sera). Nelle città un terzo della spesa finisce nella spazzatura. Ciascuno di noi è chiamato a farsi pane, a condividerlo con i fratelli. «Credo sia più facile moltiplicare il pane, che non distribuirlo. C’è tanto di quel pane sulla terra che a condividerlo basterebbe per tutti» (David Maria Turoldo). Scrive Enzo Bianchi nel suo libro Il pane di ieri: «Pane che basta a tutti solo quando è spezzato e condiviso».
Come dice la Gaudium et spes: «Mai il genere umano ebbe a disposizione tante ricchezze, e tuttavia una gran parte degli uomini è ancora tormentata dalla fame e dalla miseria» (4). «Dio ha destinato la terra e tutto quello che essa contiene all’uso di tutti gli uomini e popoli, così che i beni creati debbono essere partecipati a tutti, avendo come guida la giustizia e compagna la carità» (69).
La nostra Chiesa è nata dalla povertà semplice e libera di Gesù e degli apostoli. Nei primi secoli si è diffusa soprattutto tra i ceti popolari e ha manifestato una straordinaria e organizzata solidarietà. Un modo di vivere e di manifestarsi che dovrebbe caratterizzare le nostre comunità cristiane in ogni tempo, per essere credibili nel nostro annuncio.
UN FATTO – UNA TESTIMONIANZA
Il 22 ottobre 1860 a Torino-Valdocco avvenne un fatto straordinario. Ne fu testimone Francesco Dalmazzo, arrivato per studiare con Don Bosco a 15 anni. Aveva grande volontà, ma salute debole. Don Bosco non avrebbe voluto accoglierlo tra i suoi ragazzi poveri. Di fatto dopo qualche giorno disse a Don Bosco: «Io le voglio bene, ma se continuo a stare qui mi ammalerò. Se permette, scrivo a mia mamma di venire a riprendermi». Così fece. Ma la mattina in cui doveva partire, volle ancora confessarsi da Don Bosco. Mentre attendeva per la confessione, vide tornare tre volte i garzoni del pane che dissero a Don Bosco che pane per la colazione non ce n’era più. Don Bosco prima li mandò dal panettiere Magra; saputo poi che il panettiere non voleva più darglielo a credito, disse di raccogliere tutto il pane che c’era all’Oratorio, che sarebbe venuto a distribuirlo lui stesso alla porta. Francesco capì che forse stava per capitare qualcosa di straordinario. Uscendo per primo, fece cenno a sua madre che l’aspettava con la valigia di avere pazienza ancora un po’. «Quando arrivò Don Bosco – è la sua testimonianza giurata al processo per la canonizzazione di Don Bosco – presi una pagnotta per primo, guardai nel cesto e vidi che conteneva da una quindicina a una ventina di pagnottelle. Quindi mi collocai inosservato proprio dietro Don Bosco, sopra il gradino, con tanto di occhi aperti. Don Bosco iniziò la distribuzione. I giovani gli sfilavano davanti, contenti di ricevere il pane da lui, e gli baciavano la mano, mentre egli a ciascuno diceva una parola, dava un sorriso. Tutti gli alunni, circa 400, ricevettero la loro pagnotta. Finita la distribuzione, volli riesaminare la cesta del pane: nel canestro c’era la stessa quantità di pagnotte di prima. Restai sbalordito. Corsi difilato da mia mamma e le dissi: “Non vengo più a casa. Qui si mangia poco, ma Don Bosco è un santo”. Questa fu la sola causa che mi indusse a restare all’Oratorio e a farmi salesiano». Francesco Dalmazzo divenne sacerdote, fu per otto anni direttore nell’istituto salesiano di Torino-Valsalice, e fu il primo procuratore generale della congregazione salesiana presso la Santa Sede.