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3. Annunciare la Parola – 21 febbraio 2021


21 febbraio

1ª DOMENICA DI QUARESIMA B

La Quaresima di Gesù

PER RIFLETTERE E MEDITARE

Prima di farsi travolgere dalla vita pubblica Gesù ha vissuto quaranta giorni di vita dura nel deserto, soggetto anche lui alle tentazioni. Per tutti gli ebrei i quaranta giorni erano ricchi di simboli: da quelli di Noè, ai giorni di Elia verso il monte di Dio, a quelli di Giona («Quaranta giorni e Ninive sarà distrutta!»). Il numero quaranta fa riferimento anche ai quaranta giorni di Mosè sul Tabor per ricevere la Legge, e ai quarant’anni di marcia nel deserto degli ebrei verso la terra promessa.

Gesù tentato nel deserto

Nel racconto di Marco Gesù si sottopone alla prova del deserto immediatamente dopo il battesimo che lo ha proclamato Figlio di Dio e lo ha intronizzato ufficialmente agli occhi dei presenti come messia. Poi lo stesso Spirito che si è posato su di lui, lo spinge nel deserto, dove inizia con quaranta giorni di penitenza e di duro deserto la sua preparazione alla vita pubblica.
Nel racconto stringatissimo di Marco Gesù nel deserto viene tentato da Satana e vive in armonia con gli animali selvatici. Tutto qui, ma è chiara l’intenzione dell’evangelista di fare riferimento ad Adamo, il primo uomo uscito dalle mani di Dio. Gesù è l’Adamo definitivo. Dopo che Dio ha riproposto inutilmente la sua alleanza con l’umanità attraverso Noè, Abramo e Mosè, Gesù ora riprende il progetto iniziale di Dio e dà alla storia la svolta che si attendeva il Creatore.
Marco non presenta in dettaglio le tentazioni di Gesù, come fanno Matteo (4,1-11) e Luca (4,1-13), ma racconta che lascia il deserto quando Giovanni Battista viene imprigionato. Gesù così si mette sulla stessa scia del Battista, entrando senza paura nella mischia, nonostante i rischi legati alla sua missione.

Convertitevi e credete nel Vangelo

Iniziando la predicazione Gesù evita la grande città e proclama la venuta del regno di Dio a partire dalla Galilea. Molta gente si affolla attorno a lui. È anche lui uno di questi galilei che si avvicinano ora per ascoltarlo e conosce molto bene le loro condizioni di vita. Per questo le sue parole partono dalla vita e giungono al cuore. «Nelle sue parole c’è l’odore del sudore della vita» (Endo Shusaku). Gesù li invita alla conversione, dice che i tempi sono maturi.
Anche noi in questa prima domenica di Quaresima siamo chiamati alla conversione, approfittando di questi quaranta giorni che ci vengono proposti. E la prima conversione a cui siamo chiamati è probabilmente quella di prendere sul serio questa Quaresima.
Tutti siamo chiamati alla conversione. Probabilmente gli ebrei al tempo di Gesù hanno colto con stupore e sorpresa questo invito di Gesù. Secondo le loro convinzioni secolari erano i pagani che avrebbero dovuto convertirsi, non la stirpe eletta, non il popolo dell’alleanza. Tanto più i capi religiosi. Eppure più di altri erano loro ad aver bisogno di cambiare il cuore. Loro più di altri faranno fatica a farsi piccoli per il regno, a entrare seriamente in un atteggiamento di disponibilità. Gesù ha trovato meno chiusure nei peccatori pubblici e incalliti, che a indirizzare i “giusti” del suo tempo verso una mentalità più evangelica. Che non succeda la stessa cosa a noi, cristiani praticanti, immaginando che siano altri e non noi a doversi convertire.

La nostra Quaresima

A molti le parola Quaresima richiama momenti di penitenza e di riti speciali. In realtà si tratta di verificare a fondo l’orientamento della nostra vita. È ciò che esprime la parola metànoia («conversione»), che in greco significa «cambiare la mente», cambiare il cuore. Oppure la parola ebraica shûb, un verbo molto usato nella Bibbia, che significa «volgersi, tornare indietro», tipico di chi ha sbagliato strada, e deve fare un’inversione a «u» per ritrovare il proprio sentiero.
Cambiare il cuore, ritrovare il sentiero, ma con quali scelte? Tradizionalmente sono tre gli orientamenti proposti nel tempo della Quaresima: il deserto (penitenza, digiuno, silenzio), la preghiera, la carità.
La preghiera, la carità, il silenzio sono virtù che funzionano e ci cambiano il cuore. Ci fanno arrivare lontano, anche dove noi non ci aspetteremmo.
Sul digiuno invece, non proprio popolare nel nostro tempo, a meno che non si tratti di diete per dimagrire o per salvarsi da una malattia, una parola di chiarezza ci viene dal documento dei vescovi italiani Il senso cristiano del digiuno e dell’astinenza (1994). Si afferma che anche il digiuno e l’astinenza rispondono al bisogno del cristiano di conversione. Ma rientrano in quelle forme di comportamento religioso che sono soggette alla mutazione dei tempi. Le attuali trasformazioni sociali e culturali rendono problematici, se non addirittura anacronistici e superati, usi e abitudini fino a ieri da tutti accettati. Ė allora necessario ripensarli.  La proposta tradizionale è di privarsi o di moderarsi non solo del cibo, ma anche di tutto ciò che può essere di qualche ostacolo alla vita spirituale, alla meditazione, alla preghiera e alla disponibilità al servizio del prossimo.

UN FATTO – UNA TESTIMONIANZA

«Ecco come tu dovrai praticare il digiuno: durante il giorno di digiuno tu mangerai solo pane e acqua; poi calcolerai quanto avresti speso per il tuo cibo durante quel giorno e offrirai questo denaro a una vedova, a un orfano o a un povero; così tu ti priverai di qualche cosa affinché il tuo sacrificio serva a qualcuno per saziarsi. Egli pregherà per te il Signore. Se tu digiunerai in questo modo, il tuo sacrificio sarà gradito a Dio» (il Pastore d’Erma, prima metà del secondo secolo).