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2. introduzioni – DOMENICA DELLE PALME

24 MARZO

DOMENICA DELLE PALME

(Giornata mondiale della gioventù)

«DAVVERO… FIGLIO DI DIO!»

Il passaggio dai due «Osanna» al duplice «Crocifiggilo» nella stessa celebrazione è sconvolgente, ma fotografa una realtà non solo della passione del Signore, ma anche della vita di ogni cristiano. Se seguiamo Gesù, possiamo fare esperienza di essere osannati da alcuni e crocifissi da altri. Quando pecchiamo, dopo aver detto a parole che vogliamo seguirlo, in effetti rinneghiamo e crocifiggiamo il Signore. La domenica delle Palme ci invita a rinnovare la nostra fede e a partecipare intimamente alla passione, morte e risurrezione del Signore Gesù.

PRIMA LETTURA
Non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi, sapendo di non restare deluso (Terzo canto del Servo del Signore).
Isaia parla di un Servo del Signore, i cristiani lo hanno visto in Gesù. In questo carme sono sottolineate due caratteristiche: la capacità di ascoltare il Signore, per poter incoraggiare chi si trova in difficoltà; la fedeltà assoluta nella persecuzione, che nasce dalla fiducia incrollabile nell’intervento salvifico di Dio.

SALMO RESPONSORIALE        Dal Salmo 21 (22)
 Il salmista sta sperimentando una persecuzione mortale e innalza il suo grido di dolore, che arriva fino a Dio: ha fiducia che interverrà per salvarlo.

 SECONDA LETTURA
Cristo umiliò se stesso, per questo Dio l’ha esaltato.
Paolo è legatissimo alla comunità di Filippi e ne tesse un grande elogio, ma non ignora le debolezze che la condizionano nel seguire il Signore. Per questo invita tutti a somigliare a Gesù, che, essendo Dio, si è spogliato di tutto, per farsi simile a noi e per offrire se stesso al Padre per salvarci. Così è passato dall’umiliazione della croce alla gloria di re dell’universo.

 VANGELO
La passione del Signore.
Il vangelo di Marco inizia con l’affermazione che Gesù è il figlio di Dio, a metà registra la professione di fede di Pietro, che lo riconosce Messia, ma raggiunge il vertice della rivelazione nella morte di Gesù, quando un centurione pagano lo proclama figlio di Dio, per il modo con cui ha affrontato la morte.