Pubblicato il

2. Letture e introduzioni – 13 giugno 2021

13 giugno

11ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Le parabole del regno di Dio

Il Vangelo di Marco nel capitolo quarto presenta quattro parabole di Gesù. Oggi leggiamo le ultime due, che si riferiscono al regno di Dio, che è al centro della sua predicazione. Gesù ama raccontare in parabole. Sceglie questo modo semplice e popolare di esprimersi perché chi è aperto al bene possa comprendere. Non ama il linguaggio teologico e astratto per parlare dei progetti di Dio. E gli spunti partono dalla vita di tutti i giorni, da oggetti e situazioni che apparentemente non hanno nulla del linguaggio religioso, ma che Gesù legge in modo personale e profondo.

PRIMA LETTURA

Io innalzo l’albero basso.             

Il profeta Ezechiele durante l’esilio degli ebrei in Babilonia racconta una parabola piena di speranza. Sarà il Signore stesso a piantare un piccolo ramo in terra d’Israele e lo farà crescere come un magnifico cedro.

 Dal libro di Ezechiele.                                                                                                   Ez 17,22-24

Così dice il Signore Dio: «Un ramoscello io prenderò dalla cima del cedro, dalle punte dei suoi rami lo coglierò e lo pianterò sopra un monte alto, imponente; lo pianterò sul monte alto d’Israele. Metterà rami e farà frutti e diventerà un cedro magnifico. Sotto di lui tutti gli uccelli dimoreranno, ogni volatile all’ombra dei suoi rami riposerà.
Sapranno tutti gli alberi della foresta che io sono il Signore, che umilio l’albero alto e innalzo l’albero basso, faccio seccare l’albero verde e germogliare l’albero secco. Io, il Signore, ho parlato e lo farò».
Parola di Dio.

SALMO RESPONSORIALE

Il salmista ringrazia l’Altissimo e gli rende lode, perché la vita del giusto è come un albero che fiorisce magnificamente per Dio. Anche nella vecchiaia riconoscerà la sua bontà.

Rit. È bello rendere grazie al Signore.

È bello rendere grazie al Signore
e cantare al tuo nome, o Altissimo,
annunciare al mattino il tuo amore,
la tua fedeltà lungo la notte.

Il giusto fiorirà come palma,
crescerà come cedro del Libano;
piantati nella casa del Signore,
fioriranno negli atri del nostro Dio.

Nella vecchiaia daranno ancora frutti,
saranno verdi e rigogliosi,
per annunciare quanto è retto il Signore,
mia roccia: in lui non c’è malvagità.

 SECONDA LETTURA

Sia abitando nel corpo sia andando in esilio, ci sforziamo di essere graditi al Signore.  

Paolo si mette nelle mani di Dio e afferma che dobbiamo vivere per lui e con lui. Camminando con fede e fiducia tra le difficoltà che la vita presenta, e sempre pronti all’incontro definitivo con il Signore.

 Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi.                                       2Cor 5,6-10

Fratelli, sempre pieni di fiducia e sapendo che siamo in esilio lontano dal Signore finché abitiamo nel corpo – camminiamo infatti nella fede e non nella visione –, siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore.
Perciò, sia abitando nel corpo sia andando in esilio, ci sforziamo di essere a lui graditi.
Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la ricompensa delle opere compiute quando era nel corpo, sia in bene che in male.
Parola di Dio.

CANTO AL VANGELO

Alleluia, alleluia.

Il seme è la parola di Dio, il seminatore è Cristo:
chiunque trova lui, ha la vita eterna.

Alleluia.

VANGELO

Ė il più piccolo di tutti i semi, ma diventa più grande di tutte le piante dell’orto.           

Nel capitolo quarto di Marco si trova il racconto di quattro parabole di Gesù. Oggi leggiamo le ultime due, quella del seme che cresce e quella del granello di senape.

Dal vangelo secondo Marco.                                                                                      Mc 4,26-34

In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura». Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».
Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.
Parola del Signore.

Pubblicato il

3. Annunciare la Parola – 13 giugno 2021

13 giugno

11ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Le parabole del regno di Dio

PER RIFLETTERE E MEDITARE

Oggi Gesù ci parla del regno di Dio e lo fa attraverso due parabole del Vangelo di Marco, che ci dicono che il protagonista principale di ogni progresso è Dio stesso. Con queste parabole Gesù ci invita a fare con generosità la nostra parte, ma anche a metterci con fiducia nelle mani di Dio, perché è solo lui che rende possibile una buona mietitura.

Il regno di Dio è come un seme gettato
Lo scopo di queste due parabole sembra quello di infondere fiducia alla comunità cristiana degli inizi, che si sviluppava tra grandi difficoltà e persecuzioni. Nella prima il regno di Dio è visto come un seme gettato dal contadino, seme che cresce senza un intervento speciale dell’agricoltore. Non si perde Gesù nei particolari, e sembra che il seme cresca senza bisogno di cure speciali. Non si parla dell’attività del contadino, chiamato certamente a preparare il terreno; e nemmeno dei rischi delle varie intemperie che possono guastarne lo sviluppo. Si parla invece subito del momento della mietitura. Solo a questo punto entra in gioco l’agricoltore, che dà ordine di falciare, perché la messe è ormai matura.
Gesù intende dire che il regno è anzitutto nelle mani di Dio, che è il principale protagonista del cammino dell’umanità. L’uomo è chiamato a impegnarsi (quante volte lo dice Gesù a chi lo ascolta), ma per tanto che faccia, lui può soltanto mettere le condizioni perché le cose avvengano e il bene si imponi. Il più però lo fa Dio. Come il seme, che misteriosamente cresce anche quando il contadino dorme. Dice sant’Agostino: «L’agricoltore vi porta l’acqua, lo cura con attenzione; ma potrà mai dar forma ai frutti dell’albero? È lui che riveste i nudi rami con l’ombra delle foglie?». Non è l’agricoltore che dà forma alla rosa, al fico, al frumento. Lui può solo seminare e farlo con cura: al resto pensa la natura, così come è stata programmata dal Creatore.

 Il più piccolo di tutti i semi
L’altra parabola esalta la capacità di crescita del regno di Dio. Il regno è paragonato a un granellino di senapa che, pur essendo uno dei semi più piccoli, si trasforma poi in un albero, che «cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».
Anche questa parabola suona piena di speranza alle orecchie dei credenti. Perché vuol dire che la comunità cristiana non dovrebbe mai scoraggiarsi di fronte ai piccoli numeri, così come davanti alle persecuzioni o ai contrattempi.
Parla di speranza anche la parabola che racconta Ezechiele. Egli fa il profeta al tempo di Sedecia, che è stato posto al governo di Israele al posto di Joachim, spodestato da Nabucodonosor. Sedecia sceglie di ribellarsi e si allea con il faraone d’Egitto, ma ciò non piace al Signore, che abbandona Sedecia nelle mani dei Babilonesi. Ma Jahvè per bocca di Ezechiele promette al popolo di intervenire, e lo fa attraverso due parabole: nella prima, un’aquila strappa la cima di un alto cedro e la porta lontano, in un paese straniero (questo è l’esilio). Poi, con un bel gioco di immagine, Jahvè stesso, come abbiamo sentito nel brano proclamato oggi (prima lettura), prende un ramoscello dalla cima di un cedro e lo pianta su un monte di Israele, per farlo rifiorire e garantirgli continuità nella storia.

Nella vita di Gesù e nella nostra
Quanto stiamo dicendo a proposito del seme gettato in terra e del piccolo granello di senape è avvenuto in modo evidente nella vita di Gesù, che è stata preceduta da trent’anni di vita nascosta. Per tanti anni la sua vita è stata come il seme che sotto terra marcisce e matura. E il primo raccolto sarà quello dei tre anni di vita pubblica. La sua vita è la dimostrazione che si può contare su un buon raccolto. Se le folle beneficate e piene di entusiasmo per lui, poi gli gireranno le spalle e lo condanneranno alla croce, la risurrezione darà la misura di un campo seminato con il sangue, che produce un raccolto nella misura di Dio.
Il seme che giunge fino alla maturazione parla della fedeltà di Dio e della sua pazienza, dei tempi lunghi che spesso occorrono perché il bene si imponga. Ma parla anche della nostra fedeltà e della nostra pazienza, quando non vediamo subito i pieni risultati. Il tempo di Dio non coincide spesso con il tempo nostro.
Gesù invita con queste parabole a non incrociate le braccia, a non accusare il cattivo terreno e a non illudersi di poter avere migliori condizioni. Non siamo noi i padroni del campo. Noi dobbiamo limitarci a seminarlo e a non temere per il raccolto. Possiamo andare tranquillamente a dormire, con fiducia e speranza. Il campo arriverà alla mietitura nel tempo voluto da Dio. Il regno di Dio è infatti anzitutto nelle sue mani.
La seconda parabola presenta poi il prodigioso sviluppo del bene. È stato così per Gesù, ma anche per la Chiesa. Anche la comunità cristiana ha avuto un’evoluzione impensabile alle sue origini. La Chiesa si è sparsa ovunque, anche con la presenza di edifici di culto splendidi in ogni angolo del mondo.
Ma questo vale anche nella nostra vita personale, perché quando facciamo il bene, non sappiamo mai tutto ciò che di positivo ne verrà fuori. Il seme può essere piccolo, ma può produrre alberi immensi.

UN FATTO – UNA TESTIMONIANZA

«Mi stupisco continuamente perché sono sempre ansioso di fare qualcosa, di vedere qualcuno, di finire un lavoro, mentre sono pienamente cosciente che di lì a un mese, o anche a una settimana, avrò completamente dimenticato che cos’era tanto urgente. Sembra che io condivida questa irrequietezza con molte altre persone. Tempo fa mi ero fermato all’angolo tra Boor Street e Yonge Street, nel centro di Toronto, centinaia di persone si muovevano in tutte le direzioni. Quasi tutti i volti apparivano piuttosto tesi e seri e nessuno salutava l’altro. Erano tutti assorbiti nei loro pensieri, intenti a raggiungere uno scopo ignoto. Mi chiesi: «Che cosa avviene nella mente di tutte queste persone? Che cosa cercano di fare, che cosa li spinge?» (Henry J.M.Nouwen).

Pubblicato il

4. Parola da Vivere – 13 giugno 2021

13 giugno                                                                                       

11ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Le parabole del regno di Dio

COMMENTO

La Chiesa, al tempo in cui Marco scriveva il suo vangelo, aveva conosciuto uno sviluppo notevole insieme alle persecuzioni. Le due parabole sul Regno di questa domenica si possono comprendere leggendole in questo contesto.
La prima parabola è molto complessa: c’è un uomo (è Dio, Gesù? Ma possono dormire e non sapere come il seme cresce? È soltanto un uomo che «dorme o veglia»? Ma un uomo può gettare il seme del Regno?), un terreno, il tempo che scorre, la crescita spontanea, la maturazione e la mietitura. Per non perderci dietro domande troppo particolareggiate che non rispettano il genere letterario della parabola (ha un significato unitario e i singoli particolari servono ad illustrarlo, mentre nell’allegoria si dà un significato simbolico particolare anche ad alcuni dettagli significativi del racconto) dobbiamo leggerla nel suo significato unitario: il Regno è stato “gettato” nel mondo e cresce per l’intervento costante e progressivo di Dio. Quindi nessuna forza umana o cosmica potrà fermare questa crescita, fino alla fine dei tempi, quando ci sarà la mietitura e il Regno sarà realizzato nell’eternità. Marco, con questo, intende risvegliare nei cristiani della sua comunità la fiducia piena nell’azione di Dio, anche nelle difficoltà della persecuzione, che sembra mettere a rischio lo sviluppo del Regno e la fecondità della predicazione apostolica.
Un simile incoraggiamento viene anche dalla seconda parabola. Il Regno alla partenza è piccolo, ma crescerà, per opera di Dio, e diventerà capace di accogliere e dare una casa a tutti i popoli. La comunità non deve quindi affliggersi per la sua piccolezza, ma confidare nel Signore, perché proprio questo è lo stile dell’azione di Dio: prendere ciò che è piccolo e debole e renderlo grande e forte per lo sviluppo del Regno e la salvezza degli uomini.
Qui in gioco c’è il modo cristiano di leggere la storia e gli avvenimenti. Le parabole di Gesù capovolgono il modo di ragionare degli uomini di questo mondo. Essi sono attratti da ciò che è grande, famoso, potente. Dio invece preferisce ciò che è piccolo, insignificante e proprio lì immette la sua potenza, che porta frutti di salvezza per tutti i popoli.
A volte nel leggere il vangelo anche noi possiamo sentirci come la folla che non capisce ciò che il Signore insegna e provare un senso di frustrazione, che può spingerci ad allontanarci dalla Parola. Ma il Signore ai suoi discepoli ha spiegato ogni cosa e ha donato loro il suo Spirito, perché potessero comprendere fino in fondo e annunciare il Vangelo al mondo. Noi cristiani, quindi, se ci lasciamo istruire dallo Spirito e dall’insegnamento degli apostoli, che hanno dato origine a tutto il Nuovo Testamento, non abbiamo difficoltà insuperabili per comprendere il Vangelo di Gesù.
Le persecuzioni non sono finite. Oggi la Chiesa è sotto assedio, in molte parti del mondo con una vera e propria persecuzione, in altre, come da noi, con movimenti culturali e campagne denigratorie che hanno come scopo la sua delegittimazione. La Chiesa è consapevole di avere delle responsabilità oggettive, soprattutto nei suoi figli che si lasciano sopraffare dalle tentazioni tipiche del possesso, del successo e del potere. Ma è anche consapevole che appartiene a Dio, che il suo capo è Cristo e il suo modello è Maria e anche che tra i suoi figli sono di più quelli che credono davvero e vivono la loro fede, alcuni fino alla testimonianza del sangue.

SPUNTI PER L’ATTUALIZZAZIONE E LA PREGHIERA

  1. Il Regno di Dio cresce, in ogni caso e in ogni situazione, perché Dio agisce per la salvezza di ogni uomo e quindi di ciascuno di noi. A volte sapere questo non ci basta; vorremmo vedere e toccare la bellezza del Regno e allora non ci restano che la preghiera, l’Eucaristia e la carità fraterna.
  2. Quanto pesa la piccolezza e quanti timori suscita in chi è abituato a pensare a un “paese cattolico”, che non esiste più. Ma i semi del Regno ci sono e sono piccoli, ci vuole fede per coglierli e per avere la pazienza di vederli crescere con i tempi del Signore.
  3. Fare il nido all’ombra del Regno. Un modo carino per dire che è bello avere una casa in cui lo spirito si nutre, riposa e ritempra le energie, per tornare a volare nel mondo e testimoniare la gioia, la pace e l’amore. Noi abbiamo questa casa, anche se qualche volta ci perdiamo.
  4. Gesù spiega. Ci piacerebbe ascoltarlo direttamente, ma lui ha affidato la missione di istruire agli apostoli e ai loro successori. Lui stesso ci invita a fidarci.

PROPOSTA DI IMPEGNO DELLA SETTIMANA

Ricordiamo una parola di Gesù che non abbiamo capito bene e rivolgiamoci a chi è in grado di spiegarcela.


Tratto da: Messale delle domeniche e delle feste – Elledici – 2018

Pubblicato il

5. Perdono e Preghiere dei Fedeli – 13 giugno 2021

13 giugno                                                                                       

11ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Le parabole del regno di Dio

RICHIESTA DI PERDONO

  • Padre misericordioso, che ogni giorno ci fai dono del tuo amore, abbi pietà di noi,
  • Cristo Gesù, che riveli il regno di Dio e ce lo affidi, perché cresca e si sviluppi, abbi pietà di noi.
  • Spirito Santo, che rendi feconda la nostra vita quando ci apriamo ai progetti del Padre, abbi pietà di noi.

PREGHIERA UNIVERSALE

Celebrante. Fratelli e sorelle carissimi, è Dio che fa crescere il suo regno, ma lo mette nelle nostre mani e lo affida al nostro spirito di iniziativa e alla nostra generosità. Preghiamo insieme e diciamo:

Venga il tuo Regno, Signore!

  • Per la Chiesa: non perda la propria fiducia in Dio, che l’accompagna nel suo impegno di testimoniare e costruire il suo regno, preghiamo.
  • Per chi vive in prima linea nella comunità cristiana, affinché possa perseverare nella sua generosa testimonianza e nel servizio ai fratelli, preghiamo.
  • Per i giovani, perché abbiano fiducia nel loro futuro e nel progresso dell’umanità, e si rendano protagonisti di ogni sviluppo, preghiamo.
  • Per i missionari, che seminano la Parola di Dio in terreni difficili, affinché possano mietere abbondantemente con l’aiuto di Dio, preghiamo.

Celebrante. O Padre, aiutaci a confidare sempre nel tuo amore e nel tuo sostegno, affinché la Chiesa e ogni cristiano nel suo piccolo, possano vedere con gioia la crescita del tuo regno. Per Cristo nostro Signore.

Pubblicato il

6. Vignetta di RobiHood – 13 giugno 2021

13 giugno                                                                                       

11ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Le parabole del regno di Dio

Per scaricare sul tuo pc l’immagine in formato grande e colorabile,
cliccaci sopra col tasto destro del mouse e scegli “Salva immagine con nome“.

 


Pubblicazioni di Roberto Benotti (RobyHood) presso Elledici:

Laudato sii

Ancilla Domini

Un anno straordinario

Sorrisi divini

I Love Francesco

Pubblicato il

2. Letture e introduzioni – 6 giugno 2021

6 giugno

SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO

Questo è il mio Corpo, questo è il mio Sangue

Tra le realtà che qualificano i cristiani, tra le verità più esclusive che li uniscono nella fede c’è l’identità di Dio, uno solo in tre Persone, la Trinità, che abbiamo celebrato domenica scorsa. Ma c’è anche sicuramente l’Eucaristia, che rinnoviamo ogni domenica e che ci mette a diretto contatto con il Corpo e il Sangue di Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo. Come la Trinità, anche la realtà di questo sacramento sublime, che nessuno di noi avrebbe potuto immaginare, lo accogliamo attraverso la parola di Gesù.

PRIMA LETTURA

Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi.                                       

È il racconto suggestivo dell’alleanza del popolo ebraico con Jahvè. Un’alleanza siglata con il sangue con cui Mosè asperge il popolo, che promette di essere fedele. Insieme agli olocausti, in cui la vittima veniva bruciata in onore di Jahvè, ci sono anche i sacrifici di comunione, che venivano consumati dagli ebrei in un clima di festa e di condivisione.

 Dal libro dell’Esodo.                                                                                                          Es 24,3-8

In quei giorni, Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme. Tutto il popolo rispose a una sola voce dicendo: «Tutti i comandamenti che il Signore ha dato, noi li eseguiremo!». Mosè scrisse tutte le parole del Signore. Si alzò di buon mattino ed eresse un altare ai piedi del monte, con dodici stele per le dodici tribù d’Israele. Incaricò alcuni giovani tra gli Israeliti di offrire olocausti e di sacrificare giovenchi come sacrifici di comunione, per il Signore. Mosè prese la metà del sangue e la mise in tanti catini e ne versò l’altra metà sull’altare. Quindi prese il libro dell’alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: «Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto». Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: «Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!».
Parola di Dio.

SALMO RESPONSORIALE                                                                Dal Salmo 115 (116)

Alzare il calice della salvezza e invocare il nome del Signore sono i gesti di un’alleanza con Dio che va confermata ogni giorno, offrendo a lui la nostra vita.

Rit. Alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore.

Che cosa renderò al Signore,
per tutti i benefici che mi ha fatto?
Alzerò il calice della salvezza
e invocherò il nome del Signore.

Agli occhi del Signore
è preziosa la morte dei suoi fedeli.
Io sono tuo servo, figlio della tua schiava:
tu hai spezzato le mie catene.

A te offrirò un sacrificio di ringraziamento
e invocherò il nome del Signore.
Adempirò i miei voti al Signore
davanti a tutto il suo popolo.

 SECONDA LETTURA

Il sangue di Cristo purificherà la nostra coscienza.                                                        

Gesù è la vera e definitiva vittima sacrificale, che ha dato vita alla nuova alleanza con il suo sangue. Il pane e il vino consacrati sono memoriale del sacrificio della croce.

 Dalla lettera agli Ebrei.                                                                                                  Eb 9,11-15

Fratelli, Cristo è venuto come sommo sacerdote dei beni futuri, attraverso una tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano d’uomo, cioè non appartenente a questa creazione. Egli entrò una volta per sempre nel santuario, non mediante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna.
Infatti, se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsa su quelli che sono contaminati, li santificano purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo – il quale, mosso dallo Spirito eterno, offrì se stesso senza macchia a Dio – purificherà la nostra coscienza dalle opere di morte, perché serviamo al Dio vivente?
Per questo egli è mediatore di un’alleanza nuova, perché, essendo intervenuta la sua morte in riscatto delle trasgressioni commesse sotto la prima alleanza, coloro che sono stati chiamati ricevano l’eredità eterna che era stata promessa.
Parola di Dio.

SEQUENZA

La sequenza è facoltativa e si può cantare o recitare anche nella forma breve, a cominciare dalla strofa: «Ecco il pane degli angeli».

[Sion, loda il Salvatore, la tua guida,
il tuo pastore
con inni e cantici.
Impegna
tutto il tuo fervore:
egli supera ogni lode,
non vi è canto
che sia degno.

Pane vivo, che dà vita: questo è tema del tuo canto,
oggetto della lode.
Veramente fu donato agli apostoli riuniti
in fraterna
e sacra cena.

Lode piena e risonante,
gioia nobile e serena sgorghi oggi
dallo spirito.
Questa
è la festa solenne
nella quale celebriamo la prima sacra cena.
È il banchetto del nuovo Re, nuova Pasqua, nuova legge;
e l’antico è giunto a termine.
Cede al nuovo il rito antico,
la realtà
disperde l’ombra:
luce, non più tenebra.
Cristo lascia
in sua memoria ciò che ha fatto nella cena:
noi lo rinnoviamo.
Obbedienti
al suo comando, consacriamo
il pane e il vino, ostia di salvezza.
È certezza
a noi cristiani:
si trasforma
il pane in carne,
si fa sangue il vino.
Tu non vedi,
non comprendi,
ma la fede ti conferma,
oltre la natura.
È un segno ciò che appare:
nasconde nel mistero realtà sublimi.
Mangi carne, bevi sangue;
ma rimane Cristo intero in ciascuna specie.
Chi ne mangia non lo spezza,
né separa, né divide:
intatto lo riceve.
Siano uno, siano mille,
ugualmente lo ricevono:
mai è consumato.
Vanno i buoni, vanno gli empi;
ma diversa ne è la sorte:
vita o morte provoca.
Vita ai buoni, morte agli empi:
nella stessa comunione ben diverso è l’esito!
Quando spezzi il sacramento
non temere, ma ricorda: Cristo è tanto
in ogni parte, quanto nell’intero.
È diviso solo il segno
non si tocca la sostanza;
nulla è diminuito
della sua persona.]
Ecco il pane degli angeli,
pane dei pellegrini,
vero pane dei figli:
non dev’essere gettato.
Con i simboli è annunziato,
in Isacco dato a morte, nell’agnello
della Pasqua, nella manna data ai padri.
Buon pastore,
vero pane,
o Gesù, pietà di noi:
nutrici e difendici,
portaci ai beni eterni nella terra dei viventi.
Tu che tutto sai e puoi, che ci nutri sulla terra,
conduci i tuoi fratelli alla tavola del cielo
nella gioia dei tuoi santi.

CANTO AL VANGELO         Gv 6,51

Alleluia, alleluia.

Io sono il pane vivo,
disceso dal cielo, dice il Signore,
se uno mangia di questo pane vivrà in eterno.

Alleluia.

 VANGELO

Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue.                                

La cena pasquale nel racconto di Marco. Gesù consuma con i suoi apostoli il tradizionale pasto ebraico e pronuncia le parole che daranno origine all’Eucaristia, che accompagna la vita della comunità cristiana sin dagli inizi.

Dal vangelo secondo Marco.                                                                        Mc 14,12-16.22-26

Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?».
Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio». Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
Parola del Signore.

Pubblicato il

3. Annunciare la Parola – 6 giugno 2021

6 giugno

SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO

Questo è il mio Corpo, questo è il mio Sangue

PER RIFLETTERE E MEDITARE

La Trinità è presente nella vita del cristiano ogni giorno, ogni volta che fa il segno della croce, ogni volta che prega. Ma la Chiesa dedica una domenica dell’anno liturgico a riflettere su quello che è uno dei misteri principali della nostra fede. Un mistero che accompagna ciascuno di noi nell’intero arco dell’esistenza: dal battesimo – siamo stati battezzati nel nome de Padre, del Figlio e dello Spirito Santo – fino al momento in cui, al termine della nostra vita, verremo affidati al Padre che ci ha creati, al Figlio che ci ha redenti, allo Spirito che ci ha accompagnati nella nostra vita di fede.

Dio non è così
Negli anni Sessanta è stato pubblicato un libro del teologo inglese John Robinson, che aveva per titolo Honest to God (Dio non è così). Diceva Robinson che quando parliamo di Dio, il più delle volte ce lo raffiguriamo a modo nostro, a nostra misura, così come nella storia dell’umanità sono state tantissime le immagini che gli uomini si sono fatte di Dio. Ma Dio non è così, non è come se lo sono inventati gli uomini, perché su Dio abbiamo una sola certezza, che si è rivelato e ha parlato di sé attraverso suo Figlio Gesù, il solo che può parlare davvero e per conoscenza diretta di Dio. Di qui l’importanza di non dare spazio a fantasie, perché l’unica fonte per conoscere Dio è la parola di Gesù che si trova nei Vangeli.
Al centro della vita e della parola di Gesù c’è sorprendente la rivelazione che quel Dio che si è rivelato a Mosè e ai profeti è Padre: Padre suo e Padre nostro. Un Padre che ci ama senza misura ed è teneramente provvidente: «Guardate gli uccelli del cielo», dice Gesù, «non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro?» (Mt 6,26).
Nell’ultima parte della sua vita, prima di ritornare al Padre, Gesù promette lo Spirito Santo, che il Padre invia nel suo nome agli apostoli e alla Chiesa nascente. Lo Spirito Santo sarà l’anima della predicazione apostolica, e, dice loro Gesù: «Vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» (Gv 14,26).

Dio è Trinità per noi
Molte volte Gesù ci fa capire quanto siamo coinvolti con queste tre Persone in un rapporto strettissimo. Ci dice che ognuno di noi entra nel gioco della Trinità in un dialogo vero e aperto, ma che ci rimanda agli altri, alla Chiesa e al mondo.
Ma perché Dio è Trinità? E che significa per Dio e per noi che il nostro Dio è Trinità? Dio è Trinità anzitutto perché è amore e l’amore non può essere solitudine o individualismo. Dio che ama, ha bisogno – per così dire – di un altro da amare, e questo è il Figlio suo Gesù. E lo Spirito è il testimone della esistenza e della fecondità di questo amore.
Per la maggior parte dei cristiani i termini Padre, Figlio e Spirito Santo sembrano quasi intercambiabili: tanto, si pensa, parliamo sempre di Dio. Anzi, qualche volta ci sembra quasi fastidioso approfondire. «Che bisogno c’è di complicarci la vita?».
Ricordiamo tutti l’episodio raccontato da sant’Agostino del bambino che su una spiaggia con una conchiglia gli dice che voleva mettere tutta l’acqua del mare dentro a un buco della sabbia. E sant’Agostino a rispondergli che era impossibile, assurdo, ridicolo. Ma il bambino a dirgli: «E tu, allora, che vuoi far entrare nella tua testa il mistero di Dio, uno solo in tre Persone?».
In realtà, la cosa ci interessa da vicino e ci coinvolge, perché Dio è Trinità per noi: così si è presentato a noi e così desidera che sia pensato e pregato. Potremmo dire, semplificando le cose, che Dio è Trinità in funzione dell’uomo. In quanto Dio è creatore, rivelatore e santificatore per noi, in riferimento di noi. Così l’abbiamo conosciuto. Così ci è stato rivelato.

La presenza della Trinità nella nostra vita
Quando Dio ha creato l’uomo si è specchiato in se stesso. Leggiamo nel libro della Genesi: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza… Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò» (1,26-27). Maschio e femmina: Dio ci ha fatti così perché l’amore si rendesse presente nella nostra stessa carne. È così che l’uomo e la donna sono a immagine e somiglianza di Dio. «Tanto che a chi si domanda: “Come è Dio?”, si può suggerire di guardare una coppia felice: guarda, Dio è così! Proprio quei due sposi sono a immagine e somiglianza di Dio» (papa Francesco).
Il nostro Dio, come dicevamo, è così: questo è il nostro Dio e così dovremmo rapportarci nei suoi confronti. Invece così spesso ci rapportiamo con Dio come se fosse un essere indistinto, che vive al di là delle nuvole, una specie di idea teologica e non con un Dio che ama e che si è rivelato nella sua ricchezza trinitaria.
Non vogliamo farci domande, ci bastano quattro preghiere e la messa alla domenica. Ma lo Spirito Santo che vive in noi ci chiede di metterci nelle mani di questo Dio; ci chiede di entrare nel suo meraviglioso gioco di amore, di fidarci di lui e di lasciarci portare dove ci vuole condurre.

UN FATTO – UNA TESTIMONIANZA
«No, il segno di croce non è un gesto di scaramanzia, da fare prima di una partita di calcio o attorno a una bara. È la firma d’autore, da non cancellare: rivela che siamo cristiani. Apparteniamo a Dio e ritorniamo a lui, attraverso Gesù Cristo, con la guida sicura dello Spirito Santo… Ma il segno esteriore non è tutto. Anzi è poco. È solo una firma. È l’uomo stesso il segno più grande: egli è “immagine di Dio”» (mons. Enrico Masseroni).

Pubblicato il

4. Parola da Vivere – 06 giugno 2021

30 maggio

SANTISSIMA TRINITÀ

Un solo Dio in tre Persone

COMMENTO

Marco, riferendo una semplice predizione, ci tiene a sottolineare che Gesù è un autentico profeta, perché realizza il criterio del Primo Testamento, per distinguere i veri profeti dai falsi: se quello che dice si avvera, allora è stato mandato da Dio. È anche una introduzione alla realizzazione delle profezie di Gesù sulla sua passione, morte e risurrezione, gli eventi centrali della storia di Gesù, di ciascuno di noi e di tutto l’universo.
Per tre volte è usato il verbo preparare, con gli apostoli per soggetto. Sarà la Pasqua nuova di Gesù, protagonista divino, ma essi devono preparare, per adesso, l’ambiente e l’occorrente, ma ancora non riescono a preparare lo spirito; per questo, di fronte al Messia sofferente, scapperanno.
L’istituzione dell’Eucaristia è tutta nelle parole di Gesù sul pane e sul vino, che sono all’origine della fede dei cristiani nella presenza reale di Gesù nel pane e nel vino consacrati.
Il brano si conclude con un impegno e una profezia: la rinuncia al vino indica, sulla base del Primo Testamento, la preparazione immediata a una scelta o a un avvenimento decisivo, Gesù infatti sta entrando nella sua passione; la profezia: la morte non sarà la fine, con la risurrezione sarà inaugurato il banchetto eterno della salvezza nel quale il Signore, insieme ai salvati, berrà il vino nuovo della vita eterna.
Gli apostoli hanno interpretato le parole di Gesù nell’ultima cena come l’inizio di una Pasqua nuova che doveva diventare la celebrazione settimanale della salvezza nella comunione “fisica” con il risorto. Molti cristiani hanno perso il senso del desiderio espresso di Gesù di realizzare una comunione piena nell’amore con ogni persona che crede in lui all’interno di una comunità di fratelli. La responsabilità della Chiesa e dei presbiteri nella perdita di questo senso è grave, viene da lontano e continua ancora oggi. Tanti cristiani non vanno a Messa a causa dei preti con cui hanno, o hanno avuto, a che fare. Ma la celebrazione dell’Eucaristia per i cristiani non è sostituibile con niente altro, non con la preghiera personale e neanche con la carità verso gli altri, le quali proprio nella comunione personale e comunitaria con la parola e il corpo di Cristo trovano la fonte e la meta.
«Fate questo in memoria di me». Molti preti e laici interpretano queste parole nel senso della celebrazione, per cui chi celebra l’Eucaristia ha obbedito al comando di Cristo. Ma non è così semplice. Quello che il Signore ci ordina non è solo di imitarlo nelle parole e nei gesti eucaristici, ma nell’offrire il proprio corpo e il proprio sangue, cioè tutto se stesso e la propria vita, per la salvezza dei fratelli, come ha fatto lui nella passione e ha anticipato nell’ultima cena. Se non si imita Gesù in questo, la ripetizione dei gesti eucaristici rimane un rito vuoto di contenuto spirituale e salvifico. Credo sia questo il motivo per cui tante comunità “cristiane” non sono davvero cristiane e nemmeno comunità.

SPUNTI PER L’ATTUALIZZAZIONE E LA PREGHIERA

  1. Gli apostoli devono “preparare”, noi, invece, non prepariamo niente… in chiesa è già tutto pronto. Spesso dimentichiamo la preparazione più vera: quella del cuore e della vita. Senza questa preparazione, che anticipa e permette la “partecipazione”, il dono di Gesù non trova dove posarsi.
  2. «Corpo e sangue di Cristo». Anche noi siamo corpo e sangue. Gesù è diventato realmente per noi cibo e bevanda di vita. E noi, grazie a Gesù, possiamo far diventare cibo il nostro corpo e bevanda il nostro sangue per i fratelli… basta amare davvero e visibilmente, anche con “sacrificio”.
  3. «…una grande sala, arredata e già pronta». Le nostre chiese…, che tristezza quando non sono piene la domenica. Coltiviamo un grande desiderio: riuscire a favorire la presenza di chi, pur cercando il Signore, non sa o non ha capito che nell’Eucaristia lo trova veramente.
  4. La Sindone. Molti l’hanno vista. Ma quando pensiamo che Gesù non ci ha lasciato una fotografia, ma se stesso nell’Eucaristia, possiamo rammaricarci per quanto poco ci lasciamo afferrare da questa verità così carica di valore affettivo e vitale.

PROPOSTA DI IMPEGNO DELLA SETTIMANA

Prendere l’abitudine di prepararsi all’Eucaristia, leggendo prima le letture.


Tratto da: Messale delle domeniche e delle feste – Elledici – 2018