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4. Parola da Vivere – 14 marzo 2021

14 marzo

4ª DOMENICA DI QUARESIMA

La croce della nostra salvezza

Domenica Laetare

COMMENTO

Il modo con cui Giovanni evangelista fa annunciare a Gesù la propria passione è molto diverso da quello dei sinottici.
Nella cacciata dei venditori, Gesù annuncia la distruzione del tempio, parlando del suo corpo, ma afferma che lui lo farà risorgere in tre giorni.
In questo brano collega se stesso al serpente di bronzo, che Mosè innalzò nel deserto dell’Esodo, perché chi fosse stato morso dai serpenti velenosi, guardandolo, si salvasse. Qui presenta la crocifissione come un innalzamento, che permetterà agli uomini di guardarlo e di essere salvati, cioè di essere ammessi a condividere la vita stessa di Dio, che lui è venuto a donare. Sembra che Giovanni voglia spogliare la passione di tutti gli elementi umilianti (erano già scritti nei sinottici), per affermare che sulla croce, oltre la debolezza, si rivela in tutto il suo splendore l’amore del Padre attraverso quello del Figlio: la croce, dunque, è nello stesso tempo la debolezza e la forza di Cristo, è la sua umiliazione e la sua gloria!
Per i cristiani (e per quelli che non credono), che si chiedono come mai il Padre ha permesso quella morte ignominiosa del Figlio, Giovanni proclama a voce alta e con forza che tutto quello che il Padre ha fatto ha una sola motivazione: il suo amore per il mondo, cioè per tutti gli uomini, che vuole salvare, rendendoli figli suoi, a immagine del Figlio eterno. E il Figlio è perfettamente d’accordo con il Padre e viene nel mondo proprio per realizzare il progetto di amore della Trinità, per fare di tutti gli uomini che credono la famiglia di Dio, radunando tutti i figli dispersi nell’unità della fede e dell’amore. Lo fa attraverso un segno di amore inimmaginabile: dona la sua vita sulla croce.
L’amore donato chiede amore e l’amore non esiste senza libertà. Il Figlio, innalzato per amore, non impone la salvezza, ma la dona a chi la accetta, credendo in lui. È questo che determina una divisione tra gli uomini: quelli che credono nel Figlio e quelli che non credono.
Giovanni ci tiene a chiarire a tutti che non è il Figlio a giudicare e condannare, ma sono gli uomini a scegliere da che parte stare.
La metafora del contrasto tra la luce e le tenebre è tipica di Giovanni. Tutto ciò che viene da Dio è luce, tutto ciò che si oppone a lui è tenebra. La luce è vita, la tenebra è morte. La luce è bene, la tenebra è male. Il bene risplende, perché è verità, il male e il peccato si nascondono, perché sono menzogna. Più avanti Giovanni fa dire chiaramente a Gesù chi è il padre della menzogna e chi sono i suoi figli (8,44). Dall’altra parte, il compito dei credenti in Cristo è far risplendere il loro volto di figli di Dio attraverso opere di bene, di verità e di misericordia, perché chi non crede ne sia illuminato, affascinato e anche conquistato.

SPUNTI PER L’ATTUALIZZAZIONE E LA PREGHIERA

  1. Essere innalzato. Per Gesù è il modo per dire che offre la sua vita, la spende tutta a servizio della vita e della felicità dei suoi fratelli. Tanti in questo mondo vogliono essere innalzati per stare al di sopra degli altri e sentirsi superiori. I santi sono stati, e sono ancora oggi, «innalzati» come Gesù.
  2. Gesù ha fatto l’esperienza di essere condannato. Se solo ci impegniamo un po’ a vivere il Vangelo, certamente daremo fastidio a qualcuno. Chiediamo al Signore di aiutarci a sopportare le critiche, le derisioni, le piccole persecuzioni, con la costanza nel testimoniare la nostra fede e con la gioia di somigliare a lui.
  3. Non per condannare ma per salvare. Noi siamo tra i cristiani che amano guardare agli altri per criticare, sparlare e condannare? Oppure ci mettiamo a servire nella comunità per contribuire a salvare ad ogni costo qualcuno?
  4. Credere alla luce, essere nella luce, diventare luce, significa: credere a Gesù, essere in Gesù, diventare Gesù. Non male come progetto di vita.

PROPOSTA DI IMPEGNO DELLA SETTIMANA

Scegliamo un ambiente di vita in cui far risplendere la nostra fede attraverso le opere buone.


Tratto da: Messale delle domeniche e delle feste – Elledici – 2018