16 MARZO 2025
2ª DOMENICA DI QUARESIMA
(Domenica della trasfigurazione)
CRISTO, RIVELAZIONE DEL VOLTO DEL PADRE
COMMENTO
Nella prima domenica di Quaresima Luca ci aveva presentato le tentazioni a cui Gesù venne sottoposto durante tutta la sua esistenza. La tentazione ricopre un ruolo importante nella vita di ogni singolo individuo. Essa è la prova dell’impegno nel vivere con coerenza la fede . È il sigillo di garanzia della serietà. Vincerla segna il collaudo della nostra affidabilità umana.
Gesù mette alla prova i tre capetti del gruppo dei suoi discepoli. Sono i tre leaders. Coloro che lo dovrebbero aiutare nella sua missione evangelizzatrice. Ma falliscono miseramente la prova. Otto giorni prima Gesù nella quiete riposante di Cesarea di Filippo aveva voluto sondare l’opinione degli apostoli sulla sua persona. Pietro lo aveva stupito : ” Tu sei il Cristo di Dio”. Troppo bello per essere vero. Questo magnifico attestato di fede svanisce quando Gesù pone le condizioni per essere suoi seguaci: portare la propria croce senza piagnistei e vittimismi; non vergognarsi delle sue parole e seguirlo fino alla morte. Questo è un programma di vita non conforme alle loro attese messianiche. La delusione è grande.
Ma il Signore non demorde. Invita i tre a seguirlo non su un monte, ma sul monte. Vale a dire non su un’altura qualunque ma su quello che loro ben conoscevano in quanto era il luogo preferito dal Maestro per pregare. Facendo questo lì introduce in quello che ha di più caro: la sua intimità con il Padre.
E sulla sommità dell’altura avviene un corto circuito nella mente dei tre discepoli. Mentre il Nazareno è il compimento della Legge (Mosè) e dei Profeti (Elia) e quindi centrale come figura, Pietro con poco garbo, nella costruzione delle capanne di frasche, mette al centro Mosè (Thorah) affiancato da Gesù ed Elia. Nella mentalità del tempo quando c’erano tre persone, il posto centrale aspettava di diritto a colui che era ritenuto il più importante. Per Pietro ebreo osservante, non ancora divenuto Simone cristiano credente, la Legge era tutto. Non si rivolge a Gesù con il termine maestro, come dice la traduzione, ma con l’appellativo di capo che dirige e comanda. Caratteristiche queste del messia guerriero liberatore dal dominio romano allora tanto atteso ed agognato..
Della sua professione di fede nel Cristo di Dio non rimane più nulla. L’esperienza mistica a cui hanno assistito non aumenta la loro fede ma enfatizza i loro dubbi. È meglio tacere ed aspettare tempi migliori. Scendono a valle muti e pensierosi.
Per noi Gesù è il Dio amore misericordioso oppure un idoletto non il Figlio di Dio, che abbiamo creato a nostra immagine e somiglianza?
MEDITAZIONE
Sono state date molte definizioni di che cosa sia la fede. La vicenda di Abramo narrata nella prima lettura accredita come adeguata la definizione della fede come atto di risposta libera e responsabile a un appello di Dio. Nel caso di Abramo l’appello assume la forma di una promessa.
L’alleanza con Abramo
Abramo, ormai anziano, e con lui anziana e sterile la moglie, è afflitto perché non ha una discendenza. In questa situazione giunge la promessa di Dio (cf Gen 15,5). Quest’appello, questa promessa, richiede ad Abramo una risposta in due dimensioni: l’adesione e la decisione. La risposta di Abramo, dunque, è sia libera che responsabile.
La promessa di Dio, inoltre, non viene accompagnata da segni, né dà indicazioni di tempo misurabili. È una promessa secca, che chiede fede secca. Il credente con la sua fede entra in una relazione con Dio che è fondante e che trasforma tutte le altre relazioni che può instaurare.
In tale relazione Dio si manifesta innanzi tutto come il Dio della promessa. Promette una discendenza. Promette una terra. E s’impegna (è l’unico segno che dà) con un patto, un’alleanza unilaterale, un impegno che Dio solo si assume.
Promessa e trasfigurazione
Dio è il Dio della promessa. Alla luce della categoria di promessa si può interpretare il brano evangelico della trasfigurazione.
Luca descrive la trasfigurazione come un cambiamento d’aspetto del volto (cf Lc 9,29) durante il quale Gesù dialoga con Mosè ed Elia. Essi sono i rappresentanti delle due parti dell’Antico Testamento: la Legge e i Profeti. Anch’essi nella loro vita ebbero esperienza diretta di Dio: Mosè vedendolo di spalle; Elia incontrandolo nella brezza sottile.
Sul monte, questi due eroi dell’Antico Testamento entrano in rapporto intimo di dialogo con Gesù trasfigurato. L’invocazione del Salmo di questa domenica – «Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto» (Sal 26,8-9) – risposta a un invito esplicito del Signore – «Il mio cuore ripete il tuo invito: “Cercate il mio volto!”» (Sal 26,8), dove il volto è espressione della misericordia salvifica di Dio – sul monte della trasfigurazione trova il suo esaudimento completo.
Nel volto trasfigurato di Gesù si mostra il volto di Dio. Gesù rivela la sua vera identità, peraltro confermata dalla voce che si ode dal cielo alla fine della scena e che ripete nei contenuti quanto udito sulle sponde del Giordano dopo il battesimo: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!» (Lc 9,35. Cf Lc 2,22).
Trasfigurazione e risurrezione
Nella trasfigurazione di Gesù umanità e divinità si incontrano. Si mostra la gloria della divinità; si mostra la grandezza e la dignità a cui è chiamata l’umanità. La trasfigurazione è la visione della promessa fatta all’umanità. Il Dio della promessa, rivelatosi tale ad Abramo, conferma chi è nella promessa all’umanità di una realtà nuova, trasfigurata, frutto della risurrezione.
I cristiani dunque stanno sotto la promessa; sono figli della promessa. A essi è aperta la possibilità di innalzarsi a tale dignità. A partire dalla visione della trasfigurazione è possibile dare un più profondo significato al tempo della Quaresima. Domenica scorsa si è detto della Quaresima come tempo in cui è possibile recuperare e riaffermare per mezzo dell’ascesi la propria statura di figli di Dio. Di tale dignità è visione il Cristo trasfigurato. Il cammino quaresimale è partecipazione alla Passione per giungere alla gloria della risurrezione.
La trasfigurazione sul monte avviene nel contesto della preghiera di Gesù (cf Lc 9,29). Questa è l’ambito di una relazione fra il Figlio e il Padre in cui è immesso il credente per la sua fede. È occasione opportuna per riflettere su una seconda pratica posta al centro dell’attenzione della Quaresima: la preghiera. Essa è un atto relazionale del credente con Dio che avviene solo se e perché essa è inserita nella preghiera di Gesù. Cessa di essere così una pratica, un tributo a Dio, o che altro. È relazione. Ma è una relazione vera solo perché inserita nella relazione di Gesù con il Padre. Ovvero la preghiera cristiana è possibile ed è veramente tale solo se si inserisce nella preghiera di Cristo.