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3. Annunciare la Parola – 29 agosto 2021

29 agosto

22ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Dal cuore nasce la vita buona

PER RIFLETTERE E MEDITARE

Che tristezza! Alcuni farisei e maestri della legge venuti da Gerusalemme entrano in polemica con Gesù a riguardo dell’osservanza della legge. Siamo al capitolo sette di Marco, Gesù ha già insegnato e fatto miracoli straordinari e la sua fama è giunta fino alla capitale. Ma essi non sono colpiti dalle guarigioni e dalla misericordia che Gesù dimostra verso ogni tipo di infelicità: hanno visto che i suoi discepoli prendono cibo «con mani impure, cioè non lavate» e ne sono indignati.

La legge ebraica
Le leggi per un popolo sono sempre una conquista di civiltà, altrimenti prevale la legge della giungla, la vendetta, la legge del più forte. La prima lettura sottolinea l’importanza che la legge aveva presso gli ebrei. Essi ne avevano una concezione specialissima. Era per loro «parola di Dio», esprimeva la sua volontà. L’avevano ricevuta direttamente da Jahvè attraverso Mosè e li faceva sentire un popolo speciale. Per questo ebbe sempre per tutti un carattere sacro. Ma con il tempo per varie forme di estensione, forse anche per favorirne una maggiore fedeltà, era stata caricata di tante altre norme e precetti. E al tempo di Gesù non si distingueva più tra legge e legge e tutto era da osservare con il massimo scrupolo e senza eccezioni. Per esempio, c’erano al tempo di Gesù molte cose che se toccate rendevano impuri, e per essere garantiti, nessuno prendeva cibo senza lavarsi accuratamente le mani. «Accuratamente» voleva dire lavarsi fino al gomito, lavarsi due volte e con una certa quantità stabilita di acqua.
Le prescrizioni erano diventate così numerose da indurre Gesù non solo a polemizzare sul lavarsi le mani, ma a mettere in discussione l’interpretazione stessa che le autorità davano della legge e delle tradizioni. Sapendo di poterlo dire, Gesù accusa quei farisei venuti da lontano per lui, di «ipocrisia» e di superficialità, di aver aggiunto alla legge di Dio tante disposizioni che sono nate per iniziativa di uomini, e di averle presentate come se venissero da Dio. E per dare peso alle sue parole, cita il profeta Isaia: «Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini» (Mc 7,6-7).

La novità di Gesù
Gesù difende il suo piccolo gruppo di discepoli che, mangiando con mani non lavate, sfidano apertamente non solo farisei e scribi, ma una tradizione fortemente radicata nel popolo. Certo Gesù poteva apparire uno scomodo rivoluzionario che incitava a disobbedire alla legge, proprio mentre si faceva portatore della novità del Vangelo.
Ma per Gesù andava rifiutata una forma di religiosità puramente formale, esteriore, rituale, abitudinaria, che non nasceva dal cuore, che non coinvolgeva la persona, che mascherava con l’osservanza esteriore una fede debole e la mancanza di amore. La vera religione, dice oggi Giacomo, è «visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo (Gc 1,27).
Anche un corpo ben lavato e purificato può nascondere cattivi sentimenti e ospitare un cuore lontano da Dio. Anche il segno di pace, che saremo chiamati scambiarci nel corso di questa celebrazione, e la stessa comunione eucaristica, possono diventare poca cosa, se non nascono dal cuore, se non hanno in se stessi una carica di verità.
Gesù conferma ciò che dicono i profeti, che presentano con parole sublimi la fedeltà alla legge, e invitano a viverla con coerenza, ma, come fa Isaia, citato dallo stesso Gesù, indicano nello stesso tempo che la legge deve prima di tutto cambiare il cuore.

Liberarsi dal fariseismo
In ogni tempo la Chiesa è chiamata a liberarsi dal fariseismo e da una falsa espressione di religiosità. Accendere una candela, partecipare a una processione, avere nel portafoglio delle immagini sacre possono essere espressioni di religiosità, ma non salvano per se stesse, se non sono accompagnate dalla fede e dalla disponibilità alla conversione del cuore e alla tensione verso una vita nuova. Non basta frequentare i santuari se poi non ci preoccupiamo della onestà nella nostra vita professionale, delle persone che frequentiamo, dei discorsi che facciamo, dei film che vediamo, dei libri e delle riviste che leggiamo. Un’ingiustizia o la vendetta non diventano legittime con una benedizione. La vera religione, ci dice ancora Giacomo, consiste «nel non lasciarsi contaminare da questo mondo».
ùÈ chiaro che anche Gesù sapeva bene che la propria fede deve trovare espressione nelle leggi, nelle disposizioni, nella ritualità, nelle pratiche di pietà. Ma si scaglia soltanto contro le leggi e le pratiche che diventano fine a se stesse. Perché non è in esse che si trova la salvezza. Gesù chiede di essere semplicemente persone piene di dignità, schiette con se stesse, che rifiutano di fare gesti di pura formalità e tradizione, che non esprimono alcuna verità interiore.

UN FATTO – UNA TESTIMONIANZA

«Grande apparenza e formalismo; grandi rappresentazioni, ma dentro poca sostanza, poco spirito». Così il cardinale di Milano Ildefonso Schuster scrivendo a don Giovanni Calabria a proposito delle cerimonie pontificie vaticane a cui aveva partecipato.