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3. Annunciare la Parola – 28 marzo 2021


28 marzo

DOMENICA DELLE PALME

e della Passione del Signore

Dalla gloria alla crocifissione

PER RIFLETTERE E MEDITARE

Tutta la Chiesa vive sempre questa domenica con grande partecipazione, perché fa memoria di un momento di grande solennità attorno a Gesù. Anche noi agitiamo i rami e ci associamo a chi ha manifestato la propria fede in lui, con chi ha accolto il messia che entra solennemente nella sua città, Gerusalemme.
Ma questo è solo l’inizio, perché come una doccia fredda, ecco il racconto della passione e morte di Gesù. Quest’anno leggiamo per intero la passione secondo il racconto dell’evangelista Marco. E siamo invitati a lasciarci coinvolgere in questa esperienza sconvolgente, a farci prendere dal dramma di Gesù che ci colpisce in profondità.

Il racconto di Marco
Nel Vangelo di Marco, scritto circa trent’anni dopo la morte di Gesù, la narrazione della passione e morte occupa un quinto dell’intero Vangelo. È evidente che in lui e negli apostoli queste vicende sono quelle rimaste maggiormente impresse. Sicuramente perché erano i fatti più recenti della vicenda storica di Gesù, ma anche per la loro drammaticità.
La narrazione di Marco sembra la più aderente ai fatti. Qualcuno dice che si tratta di un vero e proprio reportage della predicazione di Pietro. Come si sa, Marco, discepolo e collaboratore di Pietro, scrisse il suo Vangelo mettendo insieme i ricordi dell’apostolo.
Marco presenta in modo più realistico degli altri la croce come scandalo per i discepoli e parla della loro totale incomprensione di fronte al destino del loro maestro. Sin dal monte degli Ulivi, la condotta dei discepoli è descritta in termini negativi. Mentre Gesù prega, s’addormentano tre volte. Giuda lo tradisce e lo vende per trenta denari, Pietro impreca e nega di conoscerlo.
In particolare Marco parla del rinnegamento di Pietro, collegandolo in qualche modo con il tradimento di Giuda. È uno sguardo di Gesù a farlo scoppiare in lacrime, mentre con Giuda fa molto di più: lo bacia. Ma mentre Pietro si pente, Giuda va a impiccarsi.

 Il dramma della passione di Gesù
Marco descrive le ore strazianti della derisione, della flagellazione e dell’agonia di Gesù. Si manifesta fino infondo la crudeltà dei soldati romani, che sfogano su di lui tutta la loro violenza, le frustrazioni del loro mestiere.
Il popolo lo accusa di aver parlato come un grande liberatore, ma gli rinfaccia di non essere capace di liberare se stesso. Sacerdoti e scribi fanno dell’ironia e lo sfidano, dicendosi disponibili a credere in lui se compie il miracolo di scendere dalla croce.
La gente, forse la stessa che lo ha accolto con entusiasmo a Gerusalemme, ora ne chiede la crocifissione e preferisce che venga liberato un assassino. Il potere, sia quello religioso che civile si regolano con cinismo. Pilato se ne lava le mani dopo averlo dichiarato innocente, gli stessi malfattori che sono crocifissi con lui lo insultano.
Gesù pende dalla croce per sei ore, dalle nove del mattino alle tre del pomeriggio. Le prime tre passano tra gli insulti e gli scherni. A mezzogiorno si fa buio sulla terra. Prima di morire Gesù sente − e sarà la sofferenza più grande − l’abbandono del Padre e grida: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?», citando il salmo 22.
Ma quando Gesù infine muore, Dio interviene per confermare il proprio Figlio, che ha parlato della distruzione del tempio come per una sfida e di fatto alla sua morte il velo del tempio si squarcia, perdendo per sempre la sua significatività. La religiosità d’ora in poi la si giocherà altrove. Un pagano, un centurione romano, esclama: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!».

La nostra Settimana Santa

Siamo chiamati oggi, iniziando questa Settimana Santa, a riflettere meglio sulla vita, sulle scelte, sulle parole di Gesù. Ad assumere anche noi posizione nei suoi confronti, come hanno fatto Giuda, Pietro, gli apostoli, la folla curiosa e indifferente, il cinismo di Pilato e i capi religiosi. Ai piedi della croce ci sono alcune donne coraggiose e irriducibili venute dalla Galilea. C’è Giuseppe d’Arimatea, un discepolo che solo adesso esce allo scoperto e chiede il corpo di Gesù. Giovanni dice che c’è anche Nicodemo, che ora non ha più paura e si occupa della sepoltura portando 30 chili di una mistura di aloe e mirra. Tra tutti costoro chi ci rappresenta meglio?
La passione e la morte sono rivelazione di Gesù. Rivelazione e conferma del suo amore per noi e delle sue scelte di vita. Gesù non scende dalla croce, non usa per sé la forza misteriosa che gli ha fatto compiere tanti miracoli e che ha richiamato in vita Lazzaro e altri. Gesù si è collocato per sempre acconto a chi vive per amore, a chi lotta per amore, a chi paga di persona per costruire qualcosa di nuovo nell’umanità.
Di fronte alla grandezza di Gesù che si manifesta anche nel momento della prova, dovremmo ritrovare una fede nuova che ci faccia capire il significato della croce per Gesù e per noi. L’amore conosce solo questa strada per manifestarsi fino in fondo.

UN FATTO – UNA TESTIMONIANZA

«Il Signore ha voluto che la risurrezione avesse luogo all’insaputa di tutti e in segreto. Lasciava ai secoli successivi di provarla. Ma la croce no, essa fu in mezzo alla città, in piena festa, fra il popolo dei giudei, quando erano in seduta due tribunali, quello dei romani e dei giudei, quando la festa riuniva tutti, nel mezzogiorno: davanti alla terra riunita, egli subì il supplizio…» (Giovanni Crisostomo).