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3. Annunciare la Parola – 26 settembre 2021

26 settembre

26ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Cristiani radicali, ma persone di comunione

PER RIFLETTERE E MEDITARE

A noi che ci sentiamo perfettini e non siamo tolleranti, il Signore chiede di non chiuderci nel nostro modo di essere, di pensare, di organizzarci. Un bicchiere d’acqua non va perduto, dice Gesù, anche se dato da chi non è cristiano come noi, perché c’è tanta bontà anche al di fuori della Chiesa. Siamo chiamati oggi a non creare barriere, a essere persone di comunione, ad apprezzare il bene fatto, chiunque lo faccia.

Le tre letture
Mosè è stanco e deluso, racconta il libro dei Numeri. Gli ebrei nel deserto si lamentano, si sono stufati della manna. Sono tanti, è impossibile governarli da solo. E il Signore decide di dargli 70 collaboratori, un gruppo di anziani che Mosè convoca e su cui scende parte del suo spirito. Ma due di questi settanta non prendono parte alla cerimonia, eppure ricevono lo stesso spirito e si mettono a profetare. Il giovane Giosuè si fa interprete della gelosia degli altri e chiede a Mosè di impedirglielo. Ma Mosè gli risponde «Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore!».
Nel Vangelo si presenta un caso analogo a Gesù e agli apostoli. Un tale  si comporta da esorcista e si serve del nome di Gesù. Giovanni a nome degli altri apostoli manifesta il loro risentimento: «Non possiamo permettere che costui lo faccia, sfruttando il tuo nome, perché non è dei nostri».
Ma Gesù li invita alla tolleranza e alla furbizia, ad apprezzare il bene chiunque lo fa: «Non glielo impedite: chi non è contro di noi è per noi. Se lui fa miracoli usando il mio nome, non parlerà certamente male di me!».
Quanto alla seconda lettura, oggi si conclude la lettera di Giacomo. Per cinque domeniche abbiamo letto le sue provocazioni, il suo modo concreto di concepire la vita cristiana. Il brano di oggi è sulla linea dei più severi profeti, ma nessuno condanna con tanta violenza la ricchezza come fa lui: «Il vostro oro e il vostro argento sono consumati dalla ruggine, la loro ruggine si alzerà ad accusarvi e divorerà le vostre carni come un fuoco». Giacomo si rifà all’origine di tanta ricchezza accumulata spesso con l’ingiustizia e il sopruso sui poveri: «Il salario dei lavoratori e che voi non avete pagato, grida, e le proteste dei mietitori sono giunte agli orecchi del Signore onnipotente».
Giacomo non tiene conto di quei ricchi che mettono a disposizione i loro beni a favore della società, dando lavoro, aiutando l’umanità a crescere. San Giovanni Bosco quando bussava alla porta dei nobili per ottenere aiuto a favore dei suoi ragazzi, sapeva di essere di aiuto anzitutto a loro, che metteva nell’occasione di usare in modo positivo le loro ricchezze.

 Radicalità cristiana
Anche Gesù non usa parole meno severe di quelle Giacomo, quando afferma: «Se la sua mano o il tuo piede sono motivo di scandalo, tagliali… e se il tuo occhio è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con una mano sola, con un piede solo, con un occhio solo, anziché essere gettato intero nella Geenna…».
Gesù invita a liberarsi senza misura da tutto ciò che diventa un ostacolo per vivere in comunione con Dio. Di fronte a questo impegno ciascuno deve avere il coraggio di tagliare sul vivo la sua condotta di vita.
Quanto allo scandalo, noi ne parliamo quando qualcosa di negativo viene alla luce pubblicamente in nome della privacy. Gesù invece si riferisce al comportamento di chi fa il male per condurre altri a fare il male. E le sue parole sono così dure, perché di fronte a questo comportamento perfido e per così dire diabolico di indurre un altro a comportarsi male, non c’è moderazione che tenga. Gesù dice con estrema gravità: «Sarebbe meglio per lui che gli venisse messa al collo una macina da mulino e fosse gettato nel mare». Questo soprattutto quando si tratta di piccoli nella fede, di persone indifese. E tra questi ci sono sicuramente i bambini, i più fragili, spesso coinvolti nelle crisi delle loro famiglie, e oggetto di attenzioni da parte di persone che sono esse stesse disorientate e malate.

 Rallegrarsi del bene compiuto
Ritornando al Vangelo, è curioso che Giovanni dica: «Non ci seguiva», come a dire «Non è dei nostri». Come se gli apostoli fossero in esclusiva gli unici chiamati a seguire Gesù. Ma chissà quante volte nelle vicende di ogni tempo questa mentalità ristretta e campanilistica si è espressa, anche nelle nostre comunità cristiane.
Gesù invece fa una promessa consolante a chiunque fa il bene. Dice che chi dà anche solo un bicchiere d’acqua nel suo nome, non perderà la sua ricompensa. Il suo gesto generoso, dice, non rimarrà inosservato e senza frutto.
Dobbiamo dunque riconoscere il bene che c’è in ogni persona, riconoscere il mistero che c’è in ogni uomo. Gandhi diceva: «Chi vive fino in fondo la propria religione, arriva a Dio». C’è tanta gente in ogni parte del mondo che fa il bene e con animo disinteressato, come noi, e forse più di noi, e senza aspettarsi il più delle volte nemmeno il paradiso.
«Molti di quelli che sembrano essere fuori della Chiesa sono dentro, molti di quelli che sembrano essere dentro sono fuori», dice sant’Agostino.
Nelle nostre comunità siamo in tanti a metterci al servizio, ma a volte nascono gelosie, invidie ed esclusioni, campanilismi tra gruppi, associazioni, confraternite. Dobbiamo esaminarci, perché possono essere il segno evidente che quel servizio lo conduciamo in modo non del tutto disinteressato, forse inconsapevolmente per affermare noi stessi.

UN FATTO – UNA TESTIMONIANZA

Il cardinal Angelo Comastri racconta: «Quando a Roma mi occupavo di carcerati, ne ho invitato uno, un giovane, perché raccontasse la sua esperienza negativa a un gruppo di cristiani. Ne parlò umilmente, era mortificato e pentito. Ma alla fine una signora mi avvicinò e mi disse: “Dobbiamo proprio prendere esempio da gente così, per la nostra vita?”».