20 giugno
12ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Gesù, signore delle acque
PER RIFLETTERE E MEDITARE
L’episodio della tempesta sul lago è rimasto ben impresso nella memoria degli apostoli. Ascoltandolo, la prima comunità cristiana trovava consolazione e fiducia. I cristiani vivevano tra grandi difficoltà e persecuzione. La certezza di avere Gesù nella loro barca, di saperlo signore del vento e del mare era rassicurante. Così come la sua parola: «Perché avete paura?»; ma anche il suo incoraggiamento a fidarsi di lui nella prova: «Non avete ancora fede?».
Tempesta sul lago
Il lago di Galilea è una specie di cratere posto a 212 metri sotto il livello del mare. Era considerato il mare interno degli ebrei ed era soggetto a sbalzi di temperatura e a tempeste improvvise. Gli ebrei ne avevano paura, soprattutto la loro fantasia era presa dai grossi misteriosi pesci del fondo marino, che facevano pensare a mostri strani e fantasiosi. Ma avevano anche paura delle tempeste, da cui capitava di essere sorpresi improvvisamente. Gianfranco Ravasi racconta un episodio che ha vissuto in un giorno di primavera proprio su questo lago: «All’improvviso cominciò a soffiare un vento impetuoso che sembrava marciare dalle alture di Golan e dalla invisibili vette del monte Hermon e del Libano. Subito si vide avanzare da settentrione un fronte nuvoloso compatto che si distese sopra le nostre teste. Il lago s’era fatto una superficie metallica increspata dalle prime onde. All’improvviso con il suo bagliore il primo fulmine e subito il lago era impazzito mentre una pioggia si rovesciava con veemenza… Quello che è accaduto alcuni anni fa a noi e che è stato sperimentato da altri visitatori della Terra Santa, fa da cornice al racconto vivacissimo della tempesta sedata».
Chi è costui?
La sera del 27 marzo dell’anno scorso durante l’adorazione con papa Francesco, è stato proclamato questo brano di Vangelo e il papa ha commentato: «Mentre i discepoli sono naturalmente allarmati e disperati, Gesù sta a poppa, nella parte della barca che per prima va a fondo. E che cosa fa? Nonostante il trambusto, dorme sereno, fiducioso nel Padre – è l’unica volta in cui nel Vangelo vediamo Gesù che dorme –. Quando poi viene svegliato, dopo aver calmato il vento e le acque, si rivolge ai discepoli in tono di rimprovero: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Essi hanno assistito a tanti miracoli e alla sua predicazione, dovrebbero sentirsi al sicuro insieme a lui, invece hanno paura e si rivolgono a lui gridando: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?».
Ha aggiunto papa Francesco: «In che cosa consiste la mancanza di fede dei discepoli, che si contrappone alla fiducia di Gesù? Essi non avevano smesso di credere in Lui, infatti lo invocano. Ma pensano che Gesù si disinteressi di loro, che non si curi di loro… Ed è una delle cose che fa più male è quando ci sentiamo dire: “Non t’importa di me?”. E questa frase avrà scosso anche Gesù. Perché a nessuno più che a lui importa di noi. Infatti, una volta invocato, salva i suoi discepoli sfiduciati».
Ma il miracolo smuove profondamente la fede degli apostoli. Perché il mare per gli ebrei richiamava il caos primordiale, il simbolo della debolezza dell’uomo, e per contrasto la potenza di Dio, che ha creato il mare e con la sua forza lo governa. È così che si spiegano le parole degli apostoli dopo il miracolo: «Chi è costui che anche il vento e il mare gli obbediscono?». Gesù comandando al mare dimostra infatti di avere lo stesso potere di Dio.
La nostra fede piccola
La barca della nostra vita è partita 20, 30, 50, 80 anni fa… e non poche volte ci siamo trovati in balìa delle onde. Qual è stata la nostra reazione? Come ci siamo riferiti al Signore Gesù, che è seduto accanto a noi nella stessa barca? Pensiamo anche noi che stia dormendo? O addirittura dubitiamo che ci sia?
Come gli apostoli, chissà poi quante volte anche noi ci siamo rivolti a lui in questi termini: «Non ti importa?». Eppure sappiamo bene che la nostra vita è nelle sue mani, che comunque vadano le cose, lui è con noi, dalla nostra parte, e non mancherà di far tacere la tempesta in un modo o nell’altro.
Ma noi siamo così facilmente sopraffatti dalle piccole tempeste del nostro cuore, vorremmo essere esauditi immediatamente, siamo impazienti e soprattutto vogliamo che gli avvenimenti si svolgano come noi li abbiamo previsti. A noi sfugge veramente il pensiero di Dio, a cui stanno a cuore le sorti del mondo intero.
La barca degli apostoli e stata vista molto spesso come la barca della Chiesa che nella sua storia più volte è passata attraverso tempeste di ogni genere. Nel XV secolo il sultano della Turchia disse a Pio II che sarebbe venuto a Roma e avrebbe trasformato la basilica di San Pietro in una moschea. Così Napoleone si era convinto di avere imprigionato con Pio VII l’ultimo papa. Stalin e Hitler hanno inventato di tutto per distruggere la cristianità. Eppure la barca della Chiesa è lì che tuttora galleggia.
UN FATTO – UNA TESTIMONIANZA
«L’episodio della tempesta ricorda due cose della Chiesa di ogni tempo. Prima di tutto, chi si trova nella barca del Signore deve essere preparato alle tempeste e deve sapere che saranno inevitabili; in secondo luogo, il Signore può calmare queste tempeste quando vuole; e quando si è con lui – nonostante la bufera – ci si salva sempre dal naufragio. La fede degli apostoli, degli uomini, infatti, si fa profonda e forte solo quando passa attraverso il pericolo» (Davide Maria Turoldo).