• Is 49,3.5-6 – Ti renderò luce delle nazioni, perché tu porti la mia salvezza.
• Dal Salmo 39 – Rit.: Ecco, io vengo, Signore, per fare la tua volontà.
• 1 Cor 1,1-3 – Grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo.
• Canto al Vangelo – Alleluia, alleluia. Il Verbo si è fatto carne e ha posto la sua dimora in mezzo a noi. A quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio. Alleluia.
• Gv 1,29-34 – Ecco l’agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo!
PER COMPRENDERE LA PAROLA
Nell’anno A, il legame fra la 1a lettura e il Vangelo mette in risalto la figura del Servo, scelto dal seno di sua madre per essere «luce delle nazioni», il Figlio di Dio sul quale si posa lo Spirito, l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. Il testo di s. Paolo sottolinea la gratuità e l’efficacia della chiamata del Signore.
PRIMA LETTURA
È tratta dal secondo canto del Servo (da confrontare con la seconda parte del primo: 42,5s):
Vocazione predestinata
– «Mi ha plasmato (suo servo) dal seno materno» (due volte, vv. 1 e 5): esprime molto concretamente il modo in cui Dio conduce la storia di coloro che sceglie, in funzione della missione che destina loro. L’ideale è che la libertà dell’individuo collabori con questa attesa.
– «Ero stato stimato», da accostare al «Figlio mio prediletto» nel Vangelo del Battesimo. Dio punta su questa libertà filiale e dà fiducia.
Duplice missione
– Compimento della storia d’Israele attraverso la sua conversione: «Per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti di Israele» (al v. 3, «Mio servo tu sei, Israele», è forse un’aggiunta; il servo altrove è presentato come distinto dal popolo).
– Estensione universale della salvezza: «luce delle nazioni». L’attività dell’eletto deve essere a misura del desiderio divino.
SALMO
Può applicarsi a ogni uomo pio e fedele a Dio:
– si ispira al ritratto del Servo, o l’illumina;
– prepara il Vangelo: «ho annunziato la tua giustizia»;
– ha per noi una risonanza cristologica, fondata su Eb 10,10: «Noi siamo stati santificati, per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre».
SECONDA LETTURA
Inizio della lettura continua che arriverà fino al cap. 4 (7a domenica del Tempo ordinario). Paolo ricorda ancora una volta di essere stato chiamato (legame con la 1a lettura e Vangelo). Ma egli è chiamato «ad essere apostolo di Gesù Cristo», mentre il Servo è chiamato «per restaurare le tribù di Giacobbe».
Definizione di una comunità cristiana: dei fratelli che costituiscono localmente – la Chiesa di Dio,
– un corpo santificato per mezzo di Cristo,
– un popolo santo, chiamato per invocare il nome del Signore Gesù.
VANGELO
Giovanni Battista è testimone
È uno dei temi più importanti del Vangelo di Giovanni (cf prologo: Gv 1,7-8.15.19-28). L’evangelista racconta come Giovanni il Battista sia stato orientato verso Gesù, e come gli abbia fatto conoscere Gesù. L’evangelista risponde alle accuse di essere stato infedele al suo primo maestro, il Battista.
Giovanni Battista afferma l’essenziale della sua missione: annunciare la superiorità, l’autorità divina («era prima di me») di Gesù, e indicarlo ai suoi discepoli («Ho visto lo Spirito… posarsi su di lui»).
L’Agnello di Dio
Agnello pasquale (Es 12) ripreso da Gv 19,31-36: «Non gli sarà spezzato alcun osso». Agnello di espiazione: «senza difetto», offerto «secondo il rito» (Lv 4,32; 14,10-20); «si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca» (Is 53,7); «dalle sue piaghe siete stati guariti» (1 Pt 2,24).
La rivelazione di Gesù a Giovanni Battista
«Io non lo conoscevo». Giovanni Battista ha avuto una rivelazione particolare (vv. 32-34). «Lo Spirito scendere… e posarsi» (cf Is 11,2).
«Come una colomba»: lo Spirito «aleggiava» (Gn 1); lo Spirito «investì» Sansone (Gdc 14,19); non un uccello da preda, ma segno di semplicità (Mt 10,16), o di pace (Gn 8,11).
PER ANNUNCIARE LA PAROLA (piste di omelia)
La chiamata di Dio
Personalizzata, a volte lungamente preparata, la scelta di Dio assume forme diverse. Agli esempi di Giovanni Battista, preparato fin dalla sua concezione (Lc 1), e di Paolo, atterrato inaspettatamente (At 9), noi potremmo paragonare molti altri: Isaia, chiamato in una visione sfolgorante (Is 6), Samuele, sollecitato fin dalla sua prima fanciullezza (1 Sam 3), Pietro, Andrea, Giacomo, Giovanni, favoriti da un incontro personale (Gv 1,35ss) e tutti i personaggi non biblici che costellano l’intera storia della Chiesa. Rivolta all’intelligenza e al cuore, questa chiamata non avviene senza contrasto. «Ohimè! Sono perduto» (Is 6,5); «Saulo intanto infuriava contro la Chiesa» (At 8,3); Giovanni Battista dice: «Io non lo conoscevo» (Vangelo). Esige una conversione, richiede una risposta netta e senza mezzi termini.
Essa porta a un servizio spirituale che supera l’individuo, e non avviene senza sacrificio. Isaia è il predicatore della conversione del cuore; per ricostruire l’unità del popolo, egli predica la sottomissione a Dio, la speranza nella sua bontà, la fiducia nella sua potenza. Il suo messaggio supererà le frontiere di Israele per raggiungere le nazioni pagane, e far risplendere «la salvezza di Dio fino alle estremità della terra». Giovanni Battista, asceta del deserto, annuncia «la scure alla radice degli alberi» e la cernita del grano (Lc 3). Egli si eclissa davanti a «colui… (che) era prima di me» e offre a Gesù i suoi discepoli migliori. «Egli deve crescere e io invece diminuire» (Gv 3,30). «Questi è il Figlio di Dio» (Vangelo).
Paolo, ardente persecutore, diventato ardente missionario, accumula su di sé le persecuzioni (2 Cor 11,23-28), ma moltiplica le fondazioni (Gal 1,15-24) e rivela «la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo ai pagani» (Col 1,27).
Ciascuno di noi è stato scelto, mediante il battesimo, per essere «Servo», «luce» (1ª lettura), santo (2ª lettura), per testimoniare a proposito di Cristo che «questi è il Figlio di Dio» (Vangelo).
La nostra vita cristiana è una vocazione in cui «lo Spirito attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio» (Rm 8,16), per farci capire la parola del Padre e suscitare la nostra risposta filiale. Dobbiamo interrogarci sulla nostra fedeltà alla chiamata del Signore.
La Chiesa, stabilita in ogni luogo, è essa stessa il «Servo» che porta la salvezza all’estremità della terra (1ª lettura). Costituita da santi (2ª lettura), ha sempre bisogno di essere purificata dall’Agnello; la sua testimonianza è la nostra.
L’Agnello di Dio
La parola nella lingua corrente esprime l’idea di dolcezza, di candore, di debolezza. Ma è veramente ciò che ha voluto sottolineare Giovanni Battista il quale, da parte sua, attendeva una purificazione violenta: «Egli raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile» (Mt 3,12)?
Annunciava forse la sottomissione e la rassegnazione del giusto perseguitato, che Geremia (11,19) paragonava a «un agnello mansueto che viene portato al macello»? Che ebbe tanta forza d’animo da tacere davanti ai membri del sinedrio (Mt 26,63) o davanti a Pilato (Gv 19,9) «come pecora muta di fronte ai suoi tosatori» (Is 53,7; 1 Pt 2,22). La parola è anche simbolo di purezza. Soltanto la purezza totale poteva farsi carico del male. È l’interpretazione di s. Agostino e di s. Girolamo. «Ecco l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo» (Vangelo).
Il sacrificio di un agnello per la Pasqua ebraica ha fatto nascere nella tradizione cristiana l’idea d’immolazione volontaria. Giovanni Battista, messo a morte prima di Cristo, non ha forse intuito il significato di questa profezia, ma l’evangelista Giovanni e gli apostoli hanno vissuto e meditato la passione. La comunità dei primi tempi sarà nutrita da questo sacrificio che redime.
«Dalle sue piaghe siete stati guariti» (1 Pt 2,24). Il diacono Filippo convertì il funzionario della regina d’Etiopia con la spiegazione dei versetti di Isaia (At 8,31). Paolo (1 Cor 5,7) invita i fedeli a essere come «azzimi di sincerità e di verità, infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato».
Vi è ancora un altro modo di intendere l’«Agnello di Dio», quello dell’Apocalisse: l’Agnello e capo delle pecore «guiderà alle fonti delle acque della vita… coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione» (Ap 7,14-17). Agnello nella sua morte redentrice, Cristo è anche «il leone» che «ha vinto» (5,5), «il Signore dei signori e il Re dei re» (17,14). Egli combatte contro le potenze del male ed «è venuto il gran giorno della loro ira e chi vi può resistere?» (6,17). Ma ritroverà la sua dolcezza per celebrare le nozze con la Gerusalemme celeste (19,7), che è la Chiesa.
Ad ogni modo, l’Agnello, che noi invochiamo tre volte nella celebrazione eucaristica, è per noi «luce e salvezza» (1a lettura). Avendo annientato se stesso (Fil 2,7), non vi è sofferenza fisica o morale o spirituale in cui egli non possa esercitare la sua misericordia. «Imparò l’obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono» (Eb 5,8-9).
La Chiesa di Dio
La Chiesa, soprattutto dopo il Concilio Vaticano II, ha la preoccupazione di non presentarsi trionfalisticamente come la sola parte dell’umanità spiritualmente viva; si purifica da una certa sufficienza, per cui diventerebbe fine a se stessa, e vuole essere invece la Chiesa nel mondo e per il mondo. Ma anche le vie dell’umiltà e del servizio sono pericolose. S’insinua il dubbio sulla necessità della Chiesa, sul suo carattere unico. E quando la nostra fede è mal formulata, ci facciamo l’idea di una Chiesa che non si espande più nel mondo per servirlo, ma si dissolve in una realtà unicamente umana.
No, la Chiesa è molto di più. È lo strumento voluto da Dio per riunire il mondo e insieme l’abbozzo dai contorni misteriosi di questa riunificazione in corso. In Cristo e come Cristo, la Chiesa è il Servo che riconduce a Dio il suo popolo. È il popolo sacerdotale che invoca il Signore a nome di tutti. Fraternità immensa, responsabilità che tutti insieme portiamo. La nostra unità, la nostra coesione deriva dalla nostra comune vocazione, servizio inseparabile di Dio e del mondo. Sparsi in tutto il mondo, dobbiamo vivere esattamente l’opposto di una diluizione. La fedeltà al Signore eviterà questo dramma a noi credenti e all’umanità verso cui siamo debitori di essere la Chiesa una, santa e cattolica.
(tratto da: M. Gobbin, Omelie per un anno – vol. 2, anno A, tempo ordinario – Elledici 2003)