Pubblicato il

2. Esegesi – 19 gennaio 2020

ECCOLO

Is 49, 3.5-6 – Ti renderà luce delle nazioni
1 Cor 1,1-3 – Grazia a voi e pace
Gv 1,29-34 – Ecco l’agnello di Dio

Una vocazione per incontrare tutti
Il fine primo della vocazione del servo, e di ogni nostra chiamata, è affermato nella prima lettura: la manifestazione della gloria di Dio. Il mio giudizio è con il Signore: il servo non vede alcun effetto della sua opera e la sua speranza è posta solo nel suo Dio. Così, Colui che lo ha chiamato è Colui che gli dà la forza di adempiere l’opera. La vocazione dal seno della madre (cf Ger 1,5 e Sal 109,3) ci reimmerge nelle feste appena trascorse e ci ricorda la predilezione di Dio per i suoi piccoli. La missione del servo, poi, è universale: cf Gv 11,51-52, Gesù doveva morire… non per la nazione soltanto, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Questa missione viene presentata dal Battista. Gesù era per Giovanni colui che viene dietro a me (Gv 1,27) e ora viene verso di lui. È successo qualcosa di nuovo, che cambia l’ordine dell’attesa e il naturale compiersi degli avvenimenti. Giovanni Battista sembra rimanere meravigliato di questo incontro, che fa ripensare all’incontro delle loro mamme incinte, nella casa di Zaccaria ed Elisabetta. È un momento che scioglie l’incertezza e l’ansia dell’attesa, nella consapevolezza della presenza di Gesù, che era stato tanto desiderato.

Essere voce per un altro
Giovanni nel suo presentarsi non si definisce mai. E quando usa l’espressione «io sono», lo fa solo per definirsi «voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore» (Gv 1,23; Is 40,3), voce che sa obbedire senza indugio, voce prestata a chi l’ha mandato. Giovanni non pretende alcuna attenzione alla propria persona, ma è tutto teso a indicare un altro. Raccoglie tutta la sua attenzione sull’azione che l’Agnello di Dio viene a compiere. Nell’agire di Gesù diventa importante il verbo «togliere»: non è un gesto magico! Né si può pensare di togliere semplicemente cacciando via o facendo cadere. Giovanni inconsapevolmente profetizza la morte in croce di Gesù; egli ha in mente i canti del servo di Isaia, che, ripieno di Spirito Santo, avrebbe ricondotto Israele alla conoscenza di Dio: questi canti parlano delle sofferenze del servo del Signore come quelle di un agnello condotto muto al macello.

Ecco l’agnello di Dio
Per definire Gesù si serve di un titolo che in aramaico indica sia l’Agnello che il Servo e che pertanto riveste tre significati: Gesù è l’agnello-servo del Signore descritto da Isaia (Is 53,7), è l’agnello immolato a Pasqua come segno di alleanza (cf Gv 19,14) ed è l’agnello del sacrificio per la remissione dei peccati (cf 1 Sam 7,8-9). C’è un senso preciso e obbligato: «togliere» vuol dire e implica un «prendere su», «prendere via» e «portare» che dice tutta l’assunzione su di sé, da parte di questo Agnello, del carico e del peso del peccato del mondo. Il peccato del mondo è la solitudine, la divisione, la frantumazione del vincolo, l’essere a sé, il vivere per sé; è questo peccato, che potremmo dire dunque al singolare, come il peccato dei peccati o, con un altro lessico, «la madre di tutti i peccati».

Totalmente dato per il bene di ognuno
La creatura umana, sia per una sua misteriosa incompiutezza, sia per una sorta di tensione, ha in sé, come per una sua naturalità, il suo essere per l’altro e con l’altro. Ogni individuo è dunque nativamente un dramma che attende la sua risoluzione; questa risoluzione-liberazione non può che essere lo svincolarsi dalla prigione della propria mortale solitudine. Questo è il compito dell’Agnello di Dio: l’Agnello è il «totalmente dato» perché nessuno sia più solo. «Totalmente dato» implica quell’amore appassionato fino alla Passione che contraddice radicalmente la potenza mortale dei figli di Caino ed esalta ogni forma di dedizione che spinge a dedicare la vita e a donarla. L’Agnello è il creatore e il protagonista di una giustizia «ingiusta». Nell’impero della solitudine prevale il diritto del più forte, e quindi la legge primordiale della foresta. Ad essa l’Agnello si oppone in modo singolare: non con la pretesa, che sarebbe illusione, di realizzare l’equità, ma assumendo su di sé ogni prevaricazione e quindi facendo scaturire la pace dalla sua totale mitezza davanti al carnefice: «Contempleranno colui che hanno trafitto» (Zac 12,10).

PER IL CONFRONTO NEL GRUPPO
– C’è qualcuno che ti aiuta a riconoscere presente e operante Cristo Gesù?
– Che cosa devi fare perché Cristo Gesù prenda veramente posto nella tua vita?

IN FAMIGLIA
In questa settimana raccogliamo ogni giorno la cosa più piccola che troviamo in casa e ci chiediamo:
– a che serve;
– cosa ricorda;
– che valore ha;
– quale attenzione le diamo.
Mi fermo anche ad ascoltare e ricordare quelle «voci» che mi hanno parlato dell’Amore di Dio.


(tratto da R. Paganelli – Entrare nella domenica dalla porta della Parola, anno A, Elledici 2015)