11 aprile
2ª DOMENICA DI PASQUA
Della divina misericordia
La fede difficile di Tommaso
PER RIFLETTERE E MEDITARE
L’attenzione di questa domenica è ancora tutta puntata sulle apparizioni pasquali. Gesù soffia sugli apostoli (è un soffio di vita, come nella Genesi) e infonde su di loro lo Spirito Santo, che li autorizza a rimettere i peccati. Viene messa nelle loro mani l’opportunità di una vita nuova, di una nuova rinascita, attraverso il ministero degli apostoli e dei loro successori.
Domenica in albis e della misericordia
Oggi è la Domenica «in albis». Nei primi tempi della Chiesa il battesimo era amministrato durante la notte di Pasqua, e i nuovi battezzati indossavano una tunica bianca che portavano poi per tutta la settimana successiva, fino alla prima domenica dopo Pasqua, detta perciò «domenica in cui si depongono le vesti bianche» (in albis depositis).
Per iniziativa di san Giovanni Paolo II, nella Domenica «in albis» la Chiesa celebra la «Divina Misericordia di Dio». Con questa festa papa Wojtyla ha accolto il desiderio di Gesù stesso che nel 1931, apparendo in una visione privata alla suora polacca suor Faustina Kowalska, proclamata santa dallo stesso Giovanni Paolo II, chiese l’istituzione della festa proprio nei giorni in cui Gesù esercitava la piena misericordia nei confronti dei suoi apostoli, reintegrandoli integralmente nella missione.
Il dono della pace e del perdono
Gesù si presenta agli apostoli salutandoli nel segno della pace e si presenta mite e accogliente. Nessun desiderio di vendetta nei confronti della loro durezza di cuore, della vigliaccheria, della loro paura, e della loro fatica a credere nella sua presenza di risorto. Gesù dà inizio a qualcosa di nuovo nella esperienza degli apostoli: lo Spirito Santo che scenderà su di loro li renderà protagonisti e testimoni coraggiosi dell’esperienza vissuta da Gesù.Incontro dopo incontro, la loro paura e l’incertezza si trasformano in gioia entusiasmante. Si prolunga per alcune settimane l’esperienza del tempo vissuto insieme: Gesù mangia con loro e li rassicura: «Guardate, toccate, non sono un fantasma». Continua a istruirli e a esortarli alla missione: «Come il Padre ha mandato me, così io mando voi».
Gesù ricupera l’incredulità di Tommaso, che lo sfida e non crede nella testimonianza degli altri apostoli. Tommaso ha paura di venire disilluso, di essere ingannato. Lui, che probabilmente aveva sofferto più degli altri per la tragica e inaspettata morte in croce di Gesù. Messo di fronte al fatto della risurrezione, non ci vuole credere: teme di dover provare altre delusioni. Ma quando Gesù gli si presenta mostrando le piaghe e il costato aperto, si convince di non avere mai veramente dubitato ed esce nel più bell’atto di fede: «Mio Signore e mio Dio!».
La fraternità della prima comunità
Nasce a Pasqua il dono della comunione fraterna. Ed è quella che realizza ed esprime la prima comunità cristiana, così come viene descritta nella prima lettura. Un legame di amore che nasce dalla fede, non da sola solidarietà umana. Una fede viva che è collante potente, capace di fondere gli animi e di superare ogni divisione.
La comunità nata dalla predicazione degli apostoli, pur essendo «moltitudine», vive un’ammirabile comunione fraterna, radicalizza la scelta della povertà, vista come scelta di fraternità: tiene tutto in comune, fa in modo che nessuno della comunità sia nel bisogno. Si tratta però di scelte profetiche, che acquistano per noi un carattere di segno, di punto di riferimento.
Si dice inoltre che la comunità cristiana veniva guardata con simpatia. È stata questa una nota caratteristica dei primi cristiani. Essi «godevano il favore di tutto il popolo» (At 2,47) perché erano unanimi e concordi, erano nella gioia e vivevano nella semplicità di cuore.
Non sempre oggi è la simpatia la caratteristica dominante dei cristiani. La loro rigidità morale li rende talvolta freddi e poco espansivi. L’attaccamento alla dottrina poi li fa diventare a volte poco disponibili e poco aperti al dialogo. I loro pensieri rivolti quotidianamente alle cose spirituali e dottrinali li possono fare apparire poco sensibili ai problemi più comuni e alle lotte quotidiane.
Eppure il cristiano deve sforzarsi di diventare radicalmente simpatico: nel senso che non può rifiutare di entrare in sintonia con gli altri. Dovrebbe farlo anche per non correre il rischio di vedersi respingere per colpa propria ciò che predica e ciò che si sforza di testimoniare.
Come si vede, sono tanti gli stimoli per vivere in pienezza questa domenica.
Tommaso in particolare ci ricorda che, come ha fatto Gesù, la comunità cristiana deve essere aperta anche nei confronti di chi fa fatica a credere, superando la tentazione di trasformarsi in ghetto o di realizzare una comunità di perfetti. Saper attendere e rispettare il ritmo di maturazione alla fede di ognuno fa parte della vera fraternità.
UN FATTO – UNA TESTIMONIANZA
«Siamo una comunità cosciente di professare un’unica fede di avere un medesimo codice di vita e di sentirsi legata dalla stessa speranza. I depositi versati nella nostra cassa comune sono ispirati dalla carità: non si va a riscuotere denaro per banchetti, gozzoviglie, bicchierate, ma per sostenere i poveri, per aiutare ragazzi e ragazze senza beni e senza genitori, per i servi in pensione e i naufraghi. Adottiamo come se fossero figli nostri i condannati ai lavori forzati nelle miniere, i confinati nelle isole e i relegati nelle prigioni, se si trovano in questa condizione a motivo della loro fede. Vedi come si amano tra loro, dicono. Vedi come sono pronti a morire l’uno per l’altro!» (Tertulliano).