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3. Annunciare la Parola – 7 marzo 2021


7 MARZO

3ª DOMENICA DI QUARESIMA

Lo zelo della tua casa mi divora

PER RIFLETTERE E MEDITARE

Un Gesù inedito, quello di questa domenica, lui che abitualmente è calmo anche nei momenti di maggior tensione. Sempre padrone di se stesso, equilibrato, non ama i gesti teatrali. Eppure questa volta si dà a un gesto clamoroso, violento, pubblico.
Il gesto di Gesù è polemico soprattutto verso i guardiani del tempio, che lo hanno trasformato in una specie di mercato. È facile approfittare delle cose di Dio per trarne dei vantaggi economici o per rafforzare il proprio potere.

La purificazione del Tempio

Giovanni pone questo episodio all’inizio del suo Vangelo come obiettivo programmatico di tutta l’attività pastorale di Gesù: purificare la religiosità degli ebrei. Gli altri evangelisti invece lo collocano nell’ultima settimana di Gesù e sarà determinante per condannarlo a morte, perché con questo gesto si presenta come un rivoluzionario sociale che crea una spaccatura profonda fra il popolo e l’autorità religiosa.
Se attorno al tempio era sorto un mercato necessario al culto dei pellegrini perché le offerte al tempio andavano fatte unicamente con monete ebraiche, e gli animali non si potevano portare con sé da lontano, Gesù sente tutto lo stridore tra l’esigenza della preghiera e quell’urlare e mercanteggiare. Come vedere in quel baccano, nel suono delle monete, nel contrattare feroce le espressioni dell’alleanza? Gesù sapeva che il tempio si era trasformato in un «centro di magia, di superstizione e di oscuri interessi» (Gianfranco Ravasi).
Con il suo gesto clamoroso Gesù intende soprattutto richiamare alla sostanza del culto, a mettere lui al cuore della nuova religiosità, perché tutto il complesso di riti e sacrifici, e la stessa alleanza ora la si trova nella sua persona: è lui il vero tempio di Dio nel quale può avvenire l’incontro fra Dio l’uomo.
Il brano termina con la dichiarazione che, vedendo i segni che Gesù compiva molti cominciarono a credere in lui. Ma si dice anche che Gesù non si fidava di loro, perché li conosceva troppo bene.

La legge del Signore

Nella prima lettura Mosè consegna al popolo d’Israele in viaggio verso la terra promessa la legge, che sarà poi sintetizzata nel Decalogo. Una specie di documento d’intesa che doveva regolare i rapporti di alleanza tra Jahvè e il suo popolo. Tante sono le disposizioni di questa legge, in sintesi Dio chiede al popolo d’Israele di avere verso di lui una fede esclusiva, monoteistica; di non usare superficialmente il suo nome (non il nostro «non bestemmiare», cosa impensabile nel mondo ebraico); di santificare il giorno del riposo di Dio, per dedicarlo a lui e alla sua gloria.
Nella seconda parte la legge regola il rapporto degli uomini tra di loro: verso il padre e la madre, verso ogni persona umana, evitando la violenza e la falsa testimonianza, l’adulterio, la bramosia del possesso.
La legge diventerà l’espressione culminante dell’alleanza tra Jahvè e il suo popolo. Sarà per loro motivo di orgoglio, ne diventeranno addirittura fanatici. Finendo quasi per idolatrarla, codificandola in gesti rituali obbliganti, schiavizzanti.
I profeti interverranno per purificare questa osservanza puramente esteriore. Lo stesso Gesù molte volte, e Paolo, dovranno precisare l’ipocrisia di un certo tipo di osservanza della legge ritenuta per se stessa salvifica.

La nostra religiosità

Una domanda ora ci pare obbligata: chi sono oggi i “mercanti del tempio”? Coloro verso cui Gesù prenderebbe la frusta? Si potrebbe pensare ai fabbricanti di armi, agli spacciatori di droga, ai camorristi e ai mafiosi, ai violentatori di donne e di bambini.
È certo che Gesù avrebbe molto da dire a costoro. Ma perché la Chiesa propone proprio a noi questo brano, a noi che facciamo già qualcosa di più di tanti altri che trascurano, per esempio, l’impegno di santificare la domenica andando a messa? Forse per farci domandare a noi stessi: qual è il motivo che ci spinge, come dice qualcuno, a partecipare a messe a volte noiosissime? Perché facciamo offerte e qualche preghiera ogni tanto? Lo facciamo per fede o per una sorta di abitudine, senza metterci l’anima, magari con la segreta speranza di tenere buono Dio, per mercanteggiare quasi con lui, come facevano gli ebrei che offrivano un agnello in sacrificio nella speranza di avere in cambio un buon raccolto?
La Quaresima che stiamo vivendo ci chiama dunque a una verifica su come viviamo il nostro rapporto con Dio e sulla genuinità dei nostri atti di culto. Proprio perché l’esteriorità dei gesti non si sostituisca all’atteggiamento del cuore.
E infine, riflettendo sul nostro modo un po’ leggero di vivere questi quaranta giorni, ricordiamo il consiglio che il monaco Enzo Bianchi della comunità di Bose offre per primo per vivere bene la nostra Quaresima: quello di leggere un libro adatto, da capo a fondo, pagina dopo pagina. Bianchi ricorda che nella sua Regola san Benedetto prevede che ogni monaco all’inizio della Quaresima riceva un libro dalla biblioteca e lo «legga di seguito e interamente», ogni giorno, al mattino presto. Anche a noi farà bene, per approfondire la nostra fede e aprire il nostro cuore a una più intensa spiritualità.

UN FATTO – UNA TESTIMONIANZA

A proposito di gesti clamorosi, si racconta che un parroco di Rivarolo di Toscana era un tipo piuttosto originale e un po’ carismatico, evangelicamente esigente e radicale, ma riusciva a farsi accettare dai suoi parrocchiani, che lo trovavano gradito ed efficace. Raccoglieva frutti. Ed ecco che un giorno lo si vide arrivare in chiesa con l’apparecchio televisivo e mandarlo in frantumi scagliandolo a terra lì, davanti a tutti. E spiegava: «Così tutti avete visto che io non ho più il televisore…».