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5. Preghiere di perdono e dei fedeli – VI DOMENICA DI PASQUA

14 MAGGIO

VI DOMENICA DI PASQUA

CHI AMA CRISTO È AMATO DAL PADRE

PERDONO
• Signore, qualche volta ci siamo fidati solo delle nostre forze e abbiamo fallito. Kyrie eleison.
• Cristo, di fronte alle sofferenze abbiamo pensato di essere stati abbandonati da te.  Christe eleison.
• Signore, non abbiamo ascoltato con attenzione filiale l’insegnamento del papa e dei vescovi. Kyrie eleison.

PREGHIERA UNIVERSALE

Dio ha mandato il Figlio nel mondo, perché sia salvato. Offriamo al Padre il nostro impegno e preghiamo per la salvezza del mondo.
Diciamo insieme: Padre, rendici testimoni del tuo amore.

  • Perché riempiamo le nostre giornate di atti di amore per i fratelli che incontriamo. Preghiamo.
  • Perché siamo costantemente consapevoli della presenza e dell’aiuto dello Spirito Santo. Preghiamo.
  • Perché trattiamo con rispetto e dolcezza anche coloro che la pensano diversamente da noi. Preghiamo.
  • Perché riusciamo a vedere e giudicare gli avvenimenti alla luce della parola di Gesù. Preghiamo.

O Padre, il tuo Figlio ci ha amati fino a donare la sua vita per noi. Aiutaci a non dubitare della grandezza del tuo amore, anche di fronte alle persecuzioni e alle nostre difficoltà e sofferenze. Per Cristo nostro Signore.

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1. Letture – Assunzione B.V.M., 15 ago ’19

(Messa del Giorno)

PRIMA LETTURA (Ap 11,19; 12,1-6a.10ab)
Una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi.

Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo

Si aprì il tempio di Dio che è nel cielo e apparve nel tempio l’arca della sua alleanza.
Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto.
Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra.
Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito.
Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono. La donna invece fuggì nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio.
Allora udii una voce potente nel cielo che diceva:
«Ora si è compiuta
la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio
e la potenza del suo Cristo».
Parola di Dio.


SALMO RESPONSORIALESal 44 (45)
Rit: Risplende la regina, Signore, alla tua destra.

Figlie di re fra le tue predilette;
alla tua destra sta la regina, in ori di Ofir.

Ascolta, figlia, guarda, porgi l’orecchio:
dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre.

Il re è invaghito della tua bellezza.
È lui il tuo signore: rendigli omaggio.

Dietro a lei le vergini, sue compagne,
condotte in gioia ed esultanza,
sono presentate nel palazzo del re.


SECONDA LETTURA (1Cor 15,20-27a)
Cristo risorto è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita.
Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza.
È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi.
Parola di Dio.


Canto al Vangelo
Alleluia, alleluia.
Maria è assunta in cielo;
esultano le schiere degli angeli.
Alleluia.


VANGELO (Lc 1,39-56)
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente: ha innalzato gli umili.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Allora Maria disse:
«L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.
Parola del Signore.


(tratto da: Nuovo Messale della comunità, Domeniche e feste – Elledici 2008)

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2. Esegesi – Assunzione B.V.M., 15 ago ’19

LECTIO DIVINA, A. Cilia – Elledici 2010

Luca 1,39:
– «Maria si alzò».
Col verbo della risurrezione si apre il brano, ad esprimere la forza dirompente della presenza di Dio nella vita delle sue creature. Quando lui entra a casa nostra, dentro al cuore, tutto risorge, tutto si risveglia. È successo così anche a Maria, dopo la visita dell’angelo, dopo il sì che lei ha detto a Dio. Maria, dunque, risorge. Come è detto, per es., di Rebecca, che si alzò e iniziò il suo lungo viaggio per andare a incontrare Isacco, per essere presa in sposa da lui
(Gn 24,61); oppure come è detto della suocera di Pietro, che si alzò da letto, presa per mano da Gesù, liberata dalla febbre, grazie al tocco di lui, il Salvatore (Lc 4,39). In Maria siamo anche noi; pronti per il viaggio verso l’abbraccio d’amore, pronti per la guarigione più profonda, della vita e del cuore.

– «Andò in fretta».
Ma come partire? Come muoverci e quale strada percorrere? Il Vangelo, nella sua assoluta semplicità, ci offre segni sicuri, indicazioni grazie alle quali non possiamo smarrirci. Prima di tutto occorre che anche noi «andiamo». Ma questo verbo greco, scelto da Luca, vuole esprimere non solo un semplice «camminare», «marciare», ma anche «passare», «attraversare», anche «entrare». È questo il percorso che ci sta davanti, non dobbiamo averne paura. Maria, addirittura, lo percorre «in fretta», cioè piena di zelo, di desiderio, spinta dall’amore. È bello notare che questa stessa espressione viene usata per descrivere il rito della prima Pasqua, quando la Scrittura ci dice che gli Israeliti la mangiarono «in fretta», con i sandali ai piedi e i fianchi cinti, pronti a partire (Es 12,11). Questo viaggio è davvero la Pasqua di Maria, il suo passare attraverso la storia, la vita di noi, suoi fratelli e sorelle, per giungere al Padre. E passando, lei raccoglie anche noi, ci porta con sé, fino all’abbraccio di Dio.

– «In una città di Giuda».
Qui ritroviamo tutte le coordinate del viaggio: Maria parte dalla Galilea (Lc 1,26) e arriva in Giudea. Sale sui monti, eppure scende, perché il percorso tracciato va dal nord della Palestina al sud. Misterioso scambio di valori! Nel cammino con il Signore chi scende sale più in alto; chi si abbassa è esaltato. Non ci faccia più paura, dunque, la discesa, la fatica di abbassarci, perché proprio così noi siamo risollevati veramente!

Lc 1,40
– «Entrata nella casa».
E questo è l’ultimo movimento, la più bella conquista: Maria entra. Come già fece l’angelo del Signore per lei (Lc 1,28), così ora Maria ripete quel gesto d’amore, si dona all’incontro, all’abbraccio. Ogni nostro superamento e attraversamento deve condurci a questo punto finale: l’ingresso nella casa, nella vita dell’altro, l’incontro, l’abbraccio. Solo così diventiamo veramente uomini e donne.

– «Salutò Elisabetta».
Il termine greco che esprime il saluto, porta con sé il significato di «tirar fuori», «estrarre» e poi «gettare», «tirare». Azione a volte tanto difficile per noi, più portati a rimanere protetti al di dentro, sempre con quella fatica di donarci ai fratelli. Maria, invece, non teme, perché Lei ama e allora offre sempre qualcosa di sé. Apre il tesoro del cuore, della vita e dona…

Lc 1,41
– «Il bambino sussultò nel suo grembo».
Luca usa questo verbo solo in un’altra occasione, quando lo mette sulle labbra di Gesù, che invita i suoi discepoli, disprezzati e umiliati in questo mondo, a rallegrarsi ed esultare (Lc 6,23). E non si tratta di una gioia qualunque, appena abbozzata, che passa dopo un attimo; è una gioia profonda, intima, duratura, che porta a saltare, o meglio, a danzare. Sì, è proprio così: quando arriva il Signore, quando lui entra nella nostra vita, la felicità si fa incontenibile
e allora parte la danza. Ed è bello vedere che tutto questo avviene nel grembo, luogo sacro, nascosto, intimo; là, dove nessuno sguardo può arrivare, se non quello di Dio, che conosce bene le nostre profondità, perché è proprio laggiù che lui ci ha plasmati, intessendo con le sue dita i fili preziosi della nostra vita (cf Sal 139,13.15). Accogliere Maria, che scende fino alla nostra città, che entra in casa nostra e ci dona il suo saluto, significa, anche per noi, poter partecipare di questa gioia nuova, di questa danza della vita, con il Signore.

Lc1,43
– «A che cosa devo?».
Elisabetta è sorpresa; si sente visitata da una grazia, da una misericordia cha la superano. Lei, ormai vecchia, eppure ancora portatrice di vita, ora percepisce anche il dono sovrabbondante della Presenza di Dio. Le sue parole sono semplicissime, disarmanti, capaci di mettere a nudo la verità del cuore; dice così: «Ma da dove a me questo?». Vuole sapere l’origine, il principio di un dono tanto grande; chiede dove sia la fonte di un amore così, che l’ha visitata eancora la visita. Forse anche lei vorrebbe mettersi in viaggio…

Lc 1,46
– «L’anima mia magnifica».
Maria, che finora non aveva parlato, lasciando spazio e voce al Figlio che portava con sé, adesso comincia il suo canto, offre le note di un grazie, che dura nei secoli. Modello di ogni nostro canto, di ogni preghiera e ogni lode; quando parliamo con Dio, dovremmo ricordare queste parole, che il vangelo mette sulla labbra di lei, la Madre di Dio. Parte dall’anima, dal cuore, dal più profondo di sé. Non ha paura di presentarsi al Signore così, con la parte più vera, più sua; non si nasconde, non rimane a distanza. Lei parla solo da anima ad anima, perché è lì che la persona è veramente se stessa, lì che l’esistenza trova il suo senso. L’anima è quella parte dell’uomo che vive di Dio, che lo cerca, che ha sete di lui (Sal 62,2.9); è la sposa, che ama il suo sposo (Ct 1,7; 3,1.2.3.4).

Lc 1,47
– «Il mio spirito esulta in Dio».
E poi c’è lo spirito; ancora la parte di noi più profonda, il respiro, la vita. Gesù stesso, nel suo rapporto col Padre, consegna a lui, alle sue mani, tutto di sé, lo spirito, appunto (Lc 23,46). E così anche Stefano, nel momento in cui non gli rimane più altro, se non quell’unico soffio vitale (At 7,59), deposto con cura sul cuore di Dio. Infatti, come dice Maria, lo spirito esulta (appoggiato) sopra il suo Dio.

Lc 1,48
– «Ha guardato l’umiltà della sua serva».
Questo sguardo di Dio raccoglie in sé tutte le altre azioni che lui, onnipotente, santo (v. 49), Salvatore (v. 47), misericordioso (vv. 50 e 54) compie per gli uomini. Nulla è più grande di questo. Il Signore non guarda le apparenze, ma il cuore (1 Sam 16,7); non sceglie ciò che è grande, ma il piccolo, il debole, il disprezzato, il nulla (cf 1Cor 1,26-29). Maria ci svela il segreto dell’umiltà, dell’abbassamento, ci apre la strada per essere anche noi raccolti fra le braccia del Padre. È molto importante cercare di comprendere meglio cosa significhi questa parola, quale grazia essa porti con sé. «Umiltà», «umile», nella lingua greca, viene dalla radice «scavare» ed è connesso con «seppellire», «tomba, sepolcro»; quindi capiamo subito che l’invito, per noi, è quello di scendere in profondità, di scavare, anche se costa fatica, dolore. Se poi allarghiamo lo sguardo ai significati del termine ebraico equivalente, scopriamo che la parola «umile», «misero », viene da una radice con doppio significato: da una parte «l’essere afflitto e povero», ma dall’altra il «rispondere» e anche il «cantare». Allora capiamo quale sia veramente il segreto di questo canto messo sulle labbra di Maria, affidato ora anche a noi. La vera umiltà è la nostra risposta al
Signore, quella che nasce dall’ascolto profondo delle cose che lui dice a noi, delle cose che lui fa per noi.

Lc 1,56
– «Rimase con lei».
Maria ascolta e rimane. Pur mettendosi in viaggio, nei lunghi percorsi di strade da attraversare, lei rimane in ascolto. E così diventa capace di «rimanere con». È stupenda questa unione di verbo e preposizione, perché rivela tutta una vita. Dall’incontro con Dio all’incontro con l’uomo Maria è per noi madre e maestra, sorella e compagna di viaggio. Capace di stare con Dio fino alle conseguenze più estreme, fino al suo «Eccomi», al sì di tutta una vita, ma anche
capace di stare, di rimanere con l’uomo, «con lei», come dice il Vangelo. Da donna a donna, da compagna a compagna. Così fa anche con noi, lei, la Madre di Dio Madre dell’uomo.

– «Circa tre mesi».
Un tempo importante, lungo abbastanza. Come i tre mesi di Mosè appena nato, nascosto a casa di sua madre, prima di essere affidato alla figlia del faraone (Es 2,2). O come i tre mesi dell’arca di Dio nella casa di Obed-Edom, prima di essere inviata a Gerusalemme (2 Sam 6,11). Tre mesi e tutta una vita, tutto un cammino di conoscenza, di amore, di intimità che guarisce. Il Signore fa così anche per noi; rimane abbastanza, ci nutre, lascia dentro di noi l’indelebile di un amore infinito, che non può mai passare.

– «Tornò a casa sua».
Il brano si chiude con un altro verbo bellissimo, scelto con cura e finezza da Luca, per esprimere, sì, un ritorno fisico verso casa, ma anche un cambiamento interiore. La radice da cui il verbo deriva, significa «arrotolare» e quindi richiama l’immagine dei rotoli della Torah letti ogni sabato in sinagoga
(cf Lc 4,20). Maria ci appare, così, come rotolo santo, Parola scritta dal dito di Dio, letta e annunciata nei sabati della nostra esistenza, di settimana in settimana. E quando uno di noi, come lei, viene aperto così, così guardato e letto dagli occhi di Dio, non può che «cambiare», che «tornare trasformato
», non più quello di prima. E poi questo verbo vuol dire anche «restituire». Anche questo vive Maria: prima è donata, è spesa per amore dell’altro, poi viene resa, restituita al rapporto con Dio. Dalla terra essa ritorna al cielo, in anima e corpo, Assunta, ripresa in quell’abbraccio infinito che, al principio, ce l’aveva donata. E così siamo anche noi: prima donati ai fratelli, poi resi al rapporto con Dio. Anche noi dobbiamo tornare, trasformati, dopo l’incontro.

Alcune domande per aiutarci nella meditazione.
– «Maria si alzò»… sono pronto, anch’io a compiere questo movimento, prima interiore che esteriore? Alzarmi significa anche lasciare da parte ciò che stavo facendo,mollare la presa da quanto tenevo fra le mie mani, un po’ come fece Levi, il pubblicano (Lc 5,27-28). Me la sento, adesso, aiutato da Maria, in compagnia di lei, a tendere le mie mani verso il Signore, perché lui possa rialzarmi (At 3,7)?

– «Andò in fretta». Maria è spinta da una forza interiore, che dà gusto alla sua vita, alle cose che fa, alle decisioni che prende. Se mi guardo dentro, riesco a trovare una luce, un perché, un desiderio sincero, intenso, grazie al quale anche per me è bello partire? E poi, c’è una direzione certa nella mia vita, una meta davanti ai miei occhi?

– Maria scende verso sud, però sale, si eleva, cammina in alto. Meditando questo vangelo ho capito che uscire verso gli altri è salire, è crescere, anche se devo, forse, abbassarmi, adattarmi, farmi un po’ della misura dell’altro? E andando, porto nel grembo della mia vita, il mio dono d’amore?
Oppure sono sempre più vuoto, senza nulla di bello da poter condividere? C’è un «figlio», dentro di me, che possa dar gioia a chi incontro lungo il cammino?

– Oppure, se mi metto dalla parte di Elisabetta, mi sento visitato da Dio? Ho mai aperto la porta per Lui, che arrivava o già stava bussando? Ha mai sussultato il mio cuore, per il saluto, per la voce di Dio? E quelle parole stupite di Elisabetta sono mai state le mie? Ho detto mai: «A che debbo?»; o forse sono più abituato a pensare e ripetere: «Tu mi devi…».

– Me la sento, oggi, di cominciare a cantare anch’io con Maria? Non con le labbra, ripetendo parole di altri, ascoltate alla radio, in ipod formato mp3, ma parole del cuore, dell’anima e dello spirito. Cosa vorrei dire al Signore? Qual è la mia prima parola per Lui?

– Il Signore ha guardato alla piccolezza, alla povertà di Maria. Ho capito che qui sta il mistero, la bellezza più grande del rapporto con Dio. Ma viene da chiedermi se io mi sono mai sentito guardato da Lui, se ho mai incrociato il suo sguardo di Padre, di amico, magari come è successo a Pietro, quella notte, dopo che aveva rinnegato Gesù (Lc 22,61). Forse è proprio questa l’occasione per lasciarmi guardare così, anche se so di avere peccato, se mi sento lontano…

– Un’ultima cosa mi viene da chiedermi, in questa festa mariana. Se Maria se ne va, se lei ritorna al Signore, che l’aveva creata, preparata come dimora per il Figlio Gesù, io cosa faccio? La seguo, continuo a cercarla, a volerla con me, come Madre? Decido di fare il cammino dietro i suoi passi, di ritornare anch’io, insieme a lei, all’incontro con Dio e con i fratelli?

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3. Annunciare la Parola – Assunzione B.V.M., 15 ago ’19

Commento su Ap 11,19a; 12,1-6a.10ab

«Signum magnum apparuit in coelo».
Nel cielo un segno grandioso: il mistero della Chiesa, descritto pensando a Maria. Perché non è possibile che Giovanni possa parlare della Chiesa senza pensare a Maria, lui che con la madre di Gesù ha avuto un’esperienza unica.
Questa «donna» è anzitutto la Sposa del Cantico dei Cantici, «che sorge come aurora, bella come la luna, splendente come il sole, terribile come un esercito schierato». È l’anti-Eva, la Donna che vince il Dragone. «Essa partorì un figlio maschio». La Chiesa inizia nell’Antico Testamento come popolo di Dio: Gesù il Messia nasce da Israele e la Chiesa è la continuazione di Gesù.
Si parla dell’Israele completo: il popolo di Dio. Per Giovanni c’è un unico popolo di Dio. Gesù è figlio della Chiesa, dunque nostro fratello. L’Antico Testamento è già storia della Chiesa. «Abramo è nostro», dirà S. Girolamo.
C’è un richiamo a Gn 3: «Il figlio della donna ti schiaccerà il capo». Questo figlio è destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro (Sal 2). È subito rapito (passivo teologico) verso Dio. La donna fugge nel deserto (di questo mondo) dove Dio le ha preparato un rifugio perché sia nutrita per milleduecentosessanta giorni = tre anni e mezzo. Quarantadue mesi (quaranta più due): tempo di prova che si prolunga.
Nel capitolo 12 dunque Giovanni presenta il tema centrale dell’Apocalisse: l’Incarnazione. Questa visione inizia già nel v. 19 del cap. 11, dove si dice: «Si aprì il tempio di Dio che è nel cielo e apparve nel tempio l’arca della sua alleanza ». Noi sappiamo che la teologia del Nuovo Testamento, soprattutto Luca, vede Maria, incinta del Messia, come arca. È interessante che il vangelo dell’Assunta sia quello della Visitazione.
In questa Donna c’è il futuro della Chiesa, il nostro futuro, la Chiesa nella dimensione celeste: la luna, che indica il tempo, è «sotto i piedi», in sottomissione all’eternità; il tempo è assorbito dall’eternità. Chi vive la Liturgia della Chiesa anticipa questa realtà. Nella festa dell’Assunzione siamo interessati tutti: è la festa del nostro futuro.

Proponiamo alcuni spunti di «meditatio» sul Paradiso.

1. Il Paradiso costituisce un mondo che non è lecito immaginare fantasiosamente, ma che dobbiamo solo attendere dalle mani di Dio. Dobbiamo parlarne, ma non descriverlo.
Qualcosa del Paradiso è comunque sfumatamente percettibile in certi momenti che forse abbiamo a tratti sperimentato, di incontro con Dio e con i fratelli, qualcosa che è parente con l’eternità. Certe ore o giornate di gioia pura e di comunione intensa che avremmo voluto «trattenere», in modo che non terminassero mai.

2. Per puntare decisamente alle realtà celesti («ad superna semper intenti»: colletta dell’Assunta) bisogna assolutamente essere fedeli alle realtà terrestri. Le persone più tese all’eternità (i santi) sono state le persone più attente ai problemi dell’uomo, le persone più concrete, con «i piedi per terra». Curiosamente, per capire l’uomo bisogna guardare Dio.

3. Il Paradiso sarà secondo il livello d’amore raggiunto nel cammino terreno. I gradi di gloria sono disuguali. La gloria di Maria supera quella di tutti. È evidente che la gloria di chi ha vissuto nella mediocrità spirituale non può essere paragonabile alla gloria di chi si è consumato nella carità eroica. Tutto dipende dalla misura dell’amore. Il «Purgatorio» purificherà, ma non aumenterà il grado di gloria futura. Ecco perché è saggio anticipare il Purgatorio sulla terra, per «crescere» spiritualmente.

4. Dire che uno resterà nel grado di gloria raggiunto dalla misura del suo amore non è da intendere in modo statico (la staticità sarebbe noia eterna), ma in senso «sconfinatamente dinamico» (G. Gozzelino), come una «esplorazione» gioiosa di Dio.
I santi amano, godono, lodano, soffrono con i loro fratelli «viatori». Finché sulla terra c’è un fratello che soffre e fatica, il Paradiso soffre, pur nella pace perfetta finalmente raggiunta.

5. Il Paradiso, essendo meta-storia, al-di-là del tempo e dello spazio, non è per nulla un luogo, ma una situazione.
Anche se il male nella storia sembra vincere, la vittoria dell’uomo è già avvenuta, anticipata una volta per tutte dall’esito della vicenda terrena di Gesù, paradossalmente mediante il fallimento della sua missione e la sconfitta della croce.
Per arrivare alla gloria è necessario passare attraverso la croce: una legge che fa dire a Francesco d’Assisi: «Tanto è il bene che m’aspetto che ogni pena m’è diletto».

6. Tutto l’universo parteciperà alla «pasqua» dell’umanità («palingenesi»: rigenerazione, nuova genesi). Cieli nuovi e terra nuova. La nuova creazione è stata inaugurata dalla risurrezione di Cristo. «Tutta la creazione geme e soffre nelle doglie del parto» (Rm 8). Il mondo nuovo non è un altro mondo, ma questo mondo trasfigurato: è la creazione giunta al settimo giorno.

Il corpo glorificato di Gesù è biologicamente imparentato con questo mondo: «Datemi da mangiare: non sono un fantasma!». È inaccettabile la visione cataclismatica della storia, che vede il mondo come una realtà inguaribile, destinata all’annientamento. Tutto deve essere ricapitolato in Cristo.
Vediamo allora come sia estremamente importante e urgente scoprire la domenica come sacramento del futuro, sacramento della domenica senza tramonto.

Da “Le luci del sabato” Domenico Machetta © Elledici


(altra proposta per l’omelia)

Forse ogni anno ci sorprende la Prima Lettura della festa dell’Assunta, quella visione di san Giovanni, col susseguirsi incalzante di immagini forti, avvenimenti drammatici. Quasi episodi di cronaca nera, sequenze di film di fantascienza.

– Due immagini, soprattutto. Quella donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul capo una corona di dodici stelle. E poi l’enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna. C’è poi la vicenda, drammatica: la donna sta per dare alla luce un bambino, e il dragone è lì pronto a divorarlo. Siamo un po’ abituati al simbolismo della Bibbia: di fronte a parabole e visioni, noi andiamo a cercare le verità della fede nascoste sotto il velo dei segni, delle immagini. Ma in questa visione i segni non sono un po’ eccessivi?

– Cerchiamo di farci aiutare a capire. Il 15 agosto 2007 papa Benedetto XVI era a Castel Gandolfo in vacanza, una delle sue consuete vacanze lavorative. Celebrò la messa dell’Assunta nella chiesa parrocchiale, e come tema dell’omelia scelse il brano dell’Apocalisse. Facciamoci aiutare da lui a capire: lui papa e teologo, e nostro educatore nella fede. Tanto più che ha detto cose di vivo interesse.

– Anzitutto il Papa ha proposto una chiave di lettura del brano biblico. Ha detto: «Nella sua grande opera “La Città di Dio”, sant’Agostino dice che tutta la storia umana, la storia del mondo, è una lotta tra due amori: l’amore di Dio fino alla perdita di se stesso, fino al dono di sé, e l’amore di sé [l’egoismo] fino al disprezzo di Dio e all’odio degli altri». Agostino, va detto subito, riguardo alla storia umana era per l’happy end: l’egoismo col suo strapotere sembrerebbe travolgere tutto, ma alla fine chi riporta la vittoria è l’amore di Dio.
Ha proseguito il Papa: «Questa interpretazione della storia come lotta tra due amori, tra l’amore e l’egoismo, appare anche nell’Apocalisse. Qui, questi due amori appaiono in due grandi figure. Innanzitutto c’è il dragone rosso fortissimo, con una manifestazione inquietante del potere senza grazia, senza amore, dell’egoismo assoluto, del terrore, della violenza».

– E noi a domandarci: però, chi sarà mai questo dragone? Ci spiega il Papa: «Nel momento in cui san Giovanni scrisse l’Apocalisse, per lui questo dragone era realizzato nel potere degli imperatori romani anticristiani, da Nerone fino a Domiziano. Questo potere appariva illimitato. Il potere militare, politico, propagandistico dell’impero romano era tale, che davanti a esso la fede, la Chiesa, appariva come una donna inerme, senza possibilità di sopravvivere, tanto meno di riportare vittoria. E tuttavia sappiamo che alla fine ha vinto la donna inerme. Ha vinto non l’egoismo, non l’odio, ma l’amore di Dio. E l’impero romano si è aperto alla fede cristiana».

– Il Papa aggiunge che il simbolo del drago ha poi avuto riscontri anche nei secoli successivi: «Questo dragone indica non soltanto il potere anticristiano dei persecutori della Chiesa di quel tempo, ma le dittature materialistiche e anticristiane di tutti i periodi». E facendo riferimento ai tempi a noi più vicini: «Vediamo di nuovo realizzato questo potere, questa forza del dragone rosso, nelle grandi dittature del secolo scorso: la dittatura del nazismo e la dittatura di Stalin… Appariva impossibile che la fede potesse sopravvivere davanti a questo dragone così forte, che voleva divorare il Dio fattosi bambino e la donna, la Chiesa. Ma in realtà, anche in questo caso, alla fine l’amore fu più forte dell’odio».

– E oggi? «Anche oggi – ha aggiunto il Papa – esiste il dragone in modi nuovi, e diversi. Esiste nella forma delle ideologie materialiste, che ci dicono: è assurdo pensare a Dio; è assurdo osservare i comandamenti di Dio… Vale soltanto vivere la vita per sé… Vale solo il consumo, l’egoismo, il divertimento». In sostanza: «Di nuovo sembra assurdo, impossibile, opporsi a questa mentalità dominante, con tutta la sua forza mediatica, propagandistica». E conclude il Papa: «Anche adesso questo dragone appare invincibile, ma anche adesso Dio è più forte del dragone, l’amore vince, e non l’egoismo».

– Poi il Papa ha spiegato «l’altra immagine: la donna vestita di sole». Un’immagine che racchiude più significati. «Un primo significato – dice – è senza dubbio che la donna vestita di sole è la Madonna, Vestita di sole, cioè di Dio. Vive in Dio, circondata e penetrata dalla luce di Dio. Circondata dalle dodici stelle, cioè dalle dodici tribù d’Israele, da tutto il Popolo di Dio… E ha ai piedi la luna, immagine della morte e della mortalità. Maria ha lasciato dietro di sé la morte; è totalmente vestita di vita, è assunta con corpo e anima nella gloria di Dio». E così, aggiunge il Papa, «Maria posta nella gloria, avendo superato la morte, ci dice: “Coraggio, alla fine vince l’amore!…”». «Questo – prosegue il Papa – è il primo significato della donna che Maria è arrivata a essere. La “donna vestita di sole” è il grande segno della vittoria dell’amore, della vittoria del bene, della vittoria di Dio».

– Infine il Papa indica un secondo significato forte: «Questa donna che soffre, che deve fuggire, che partorisce con un grido di dolore, è anche la Chiesa. La Chiesa pellegrina di tutti i tempi. Di nuovo, in tutte le generazioni, essa deve partorire Cristo, portarlo al mondo con grande dolore… In tutti i tempi perseguitata, vive quasi nel deserto. Perseguitata dal dragone. Ma in tutti i tempi, in tutte le diverse situazioni, nelle diverse parti del mondo, la Chiesa… soffrendo vince. Ed è la presenza, la garanzia dell’amore di Dio contro tutte le ideologie dell’odio e dell’egoismo».

– Conclude il Papa: «Vediamo che anche oggi il dragone vuol divorare il Dio fattosi bambino. Ma non temete per questo Dio apparentemente debole. La lotta è già cosa superata… Anche oggi questo Dio debole è forte: è la vera forza. E così la festa dell’Assunta è l’invito ad avere fiducia in Dio. Ed è anche invito a imitare Maria».

(da “All’Altare di Dio”, E. Bianco – @ Elledici 2010)

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4. Preghiere dei Fedeli – Assunzione B.V.M., 15 ago ’19

«Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente» • Lc 1,39-56

Celebrante. Maria, madre di Dio e madre della Chiesa, assunta in cielo, è per noi modello della nostra esistenza qui in terra. Nella Preghiera dei fedeli chiediamo a Dio di non perdere mai di vista la meta a cui anche noi siamo diretti.

Lettore. Preghiamo insieme: Maria, madre del Signore, intercedi per noi.

1. Preghiamo per la santa Chiesa. Come Maria, anch’essa cammina nella storia tra consolazioni e sofferenze, e con piena confidenza in Dio.
Perché sappia corrispondere sempre al progetto del Signore, che addita il cielo come traguardo ultimo della storia, preghiamo.

2. Perché sia riconosciuta la dignità di ogni uomo. Il corpo umano nella nostra società è facilmente esaltato, o disprezzato, e spesso profanato.
Perché sia invece rispettato come dono di Dio, come tempio dello Spirito, e destinato alla risurrezione e alla vita eterna, preghiamo.

3. Per il buon uso del tempo libero. In questo periodo di ferie non pochi accantonano il senso morale, e quasi si vantano di vivere nella trasgressione.
Perché questo tempo sia per noi non solo di riposo e distensione, ma anche di crescita spirituale e di più autentica vita cristiana, preghiamo.

4. Per quelli che si dibattono nella povertà. Sono tanti gli uomini, le donne, i bambini, anche nei paesi dell’opulenza, che vivono in condizioni infraumane, e muoiono nell’abbandono.
Perché la solidarietà dei cristiani li aiuti a occupare un posto dignitoso nel mondo, e accenda in loro la speranza, preghiamo.

5. Per la nostra comunità (parrocchiale). Noi professiamo nella messa: «Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà».
Perché con l’aiuto di Maria santissima ci teniamo fraternamente per mano, e percorriamo insieme con carità la strada che conduce alla patria del cielo, preghiamo.

Celebrante. O Padre, oggi contempliamo il mistero di Maria, associata in corpo e anima al trionfo del Cristo salvatore. Fa’ che, guardando a Maria assunta in cielo, sappiamo riconoscere in ogni persona un fratello da amare, e con cui accompagnarci lungo il cammino che porta a te. Per Cristo nostro Signore.


(tratto da: E. Bianco, Preghiera dei fedeli, proposte per le domeniche e feste degli anni A-B-C – Elledici 2002)

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5. Aforismi – Assunzione B.V.M., 15 ago ’19

Raccolta di aforismi o testi utili per la riflessione o l’approfondimento

LA DONNA DELLE SEI SALITE
La Madonna è stata la donna delle sei salite:
– è salita verso la montagna per visitare la cugina Elisabetta,
– è salita in Giudea per farsi registrare nel Censimento,
– è salita in pellegrinaggio al Tempio, con Gesù dodicenne per la Pasqua,
– è salita al Calvario,
– è salita con gli Apostoli al piano superiore del Cenacolo in attesa dello Spirito,
– e alla fine è salita al cielo.


(tratto da: E. Bianco, All’altare di Dio – Anno C – Elledici 2009)