Pubblicato il

9. Narrazione – 4 Quar. C, 31 mar ’19

MA NOI GALLEGGIAMO
Il potente re Milinda disse al vecchio sacerdote:
«Tu dici che l’uomo che ha compiuto tutto il male possibile per cent’anni
e prima di morire chiede perdono a Dio, otterrà di rinascere in cielo.
Se invece uno compie un solo delitto e non si pente, finirà all’inferno.
È giusto questo? Cento delitti sono più leggeri di uno?».
Il vecchio sacerdote rispose al re:
«Se prendo un sassolino grosso così, e lo depongo sulla superficie del lago,
andrà a fondo o galleggerà?».
«Andrà a fondo», rispose il re.
«E se prendo cento grosse pietre,
le metto in una barca e spingo la barca in mezzo al lago,
andranno a fondo o galleggeranno?».
«Galleggeranno».
«Allora cento pietre e una barca sono più leggere d’un sassolino?».
Il re non sapeva che cosa rispondere.
E il vecchio spiegò:
«Così, o re, avviene agli uomini.
Un uomo anche se ha molto peccato ma si appoggia a Dio, non cadrà nell’inferno.
Invece l’uomo che fa il male anche una volta sola,
e non ricorre alla misericordia di Dio, andrà perduto».

«Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno» (Luca 23,34).

(tratto da: B. Ferrero, 365 Piccole Storie per l’anima, Vol. 1, pag. 183 – Elledici 2016)

Pubblicato il

10. Anche Noi Vogliamo Capire – 4 Quar. C, 31/3/19

Per aiutare i nostri piccoli a vivere meglio la Liturgia della Parola

PRIMA LETTURA (Giosuè 5,9a.10-12)
La Pasqua ha segnato l’inizio della liberazione ed ora segna la fine del pellegrinaggio nel deserto e l’ingresso nella terra promessa. Dio ha mantenuto le sue promesse, ora tocca al popolo restare fedele all’alleanza. La storia di Israele sarà un alternarsi di infedeltà del popolo e di perdono di Dio.

* Capire le parole
Giosuè: Il nome Giosuè deriva dall’ebraico Yehoshùah, e significa “Dio salva”, di cui Iesoùs, Gesù, è la trascrizione in greco; Giosuè, figlio di Nun della tribù di Efraim, succedette a Mosè come capo degli Israeliti. Nato schiavo in Egitto, aveva 40 anni al tempo dell’esodo dal paese della schiavitù, 80 quando ricevette il mandato come successore di Mosè e 110 al momento della sua morte.
Àzzimi: il pane azzimo (=senza lievito) è un tipo di pane preparato con farina di cereali e acqua, come tutti gli altri pani, senza tuttavia essersi gonfiato con il processo di fermentazione per la mancanza di lievito.
Manna: è una sostanza commestibile che Dio diede agli israeliti durante gli attraversamenti nel deserto, dopo l’uscita e la liberazione dalla schiavitù in Egitto; la manna iniziò a scendere dal cielo quando il popolo d’Israele si avvicinò al Monte Sinai per ricevere la Torah.
Terra di Canaan: è la terra promessa da Dio ad Abramo e ai suoi discendenti; l’ubbidienza degli israeliti alla Parola di Dio avrebbe determinato il possesso duraturo della terra, la disubbidienza ne avrebbe invece causato la perdita.

SECONDA LETTURA (2 Cor 5,17-21)
Paolo era stato offeso da alcuni membri della comunità e aveva fatto tutti i passi perché si ravvedessero, offrendo il proprio perdono. Ma nello stesso tempo ricorda loro che il perdono dell’apostolo è un segno del perdono di Dio, che ha offerto a tutta l’umanità il perdono dei peccati e la riconciliazione con lui, attraverso la passione di Cristo. L’apostolo li invita ad accogliere il perdono di Dio, attraverso la mediazione della Chiesa.

* Capire le parole
Essere in Cristo: nella Bibbia esistono due categorie di persone, quelle che sono fuori da Cristo e quelle che sono in Cristo; chi è in Cristo è una nuova creatura, vive una posizione spirituale di vicinanza a Dio per la quale si dichiara con tutto il cuore che Gesù è il Salvatore e lo si accetta come Signore della propria vita.
Ministero: è il compito affidato ai sacerdoti di continuare a manifestare la presenza e l’azione di Gesù che perdona e santifica.
Dio lo fece peccato: Dio ha trattato Gesù Cristo come se fosse stato il più grande peccatore di questo mondo e proprio per questo sulla croce Gesù ha espiato al posto di tutti noi; abbiamo molti motivi per amare Gesù Cristo; ma questo, di essersi sostituito al posto nostro per espiare i peccati e guadagnarci la vita divina per tutta l’eternità è certamente uno dei più grandi.

VANGELO (Lc 15,1-3.11-32)
Questa è la terza parte di un’unica parabola sullo stesso tema: i figli che si allontanano e il Padre misericordioso che li cerca, li aspetta e li accoglie nel perdono e fa festa per loro e con loro. È rivolta a quelli che mormorano di Gesù, perché cambino il loro modo di pensare Dio e accolgano il suo nuovo e vero volto, presentato da Gesù.

* Capire le parole
Pubblicani: erano molto disprezzati perché alleati con il dominatore romano per conto dei quali riscuotevano le tasse ed erano considerati peccatori pubblici.
Dammi la parte di patrimonio che mi spetta: chiedere l’eredita (che di per sè si riceve alla morte del genitore) equivale ad augurare al genitore la sua morte.
Vitello grasso: l’espressione “ammazzare” o “uccidere” il vitello grasso si usa anche ai giorni nostri per alludere a un grande festeggiamento, magari causato dal rientro più o meno improvviso di un amico o di un familiare.

PER RIASSUMERE… Il popolo eletto ritorna nella terra promessa; il figlio più giovane ritorna alla casa di suo padre; Cristo fa ritornare l’umanità nell’amicizia con il Padre. Ritorno e riconciliazione si richiamano nella liturgia odierna. Il peccatore si allontana e rompe il rapporto con Dio, quando ritorna non fa un favore a Dio, che pure è felice, ma ritrova se stesso e viene riportato alla vita dal perdono del Signore.

Pubblicato il

1. Letture – 3 Quar. C, 24 mar ’19

PRIMA LETTURA
Io-Sono mi ha mandato a voi.

Dal libro dell’Èsodo 3,1-8a.13-15

In quei giorni, mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l’Oreb.
L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava.
Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si coprì il volto, perché aveva paura di guardare verso Dio.
Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele».
Mosè disse a Dio: «Ecco, io vado dagli Israeliti e dico loro: “Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi”. Mi diranno: “Qual è il suo nome?”. E io che cosa risponderò loro?».
Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». E aggiunse: «Così dirai agli Israeliti: “Io-Sono mi ha mandato a voi”». Dio disse ancora a Mosè: «Dirai agli Israeliti: “Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi”. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione».
Parola di Dio

 

SALMO RESPONSORIALE Sl. 102(103)

R. Il Signore ha pietà del suo popolo.

Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.

Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia.

Il Signore compie cose giuste,
difende i diritti di tutti gli oppressi.
Ha fatto conoscere a Mosè le sue vie,
le sue opere ai figli d’Israele.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Perché quanto il cielo è alto sulla terra,
così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono.

 

SECONDA LETTURA
La vita del popolo con Mosè nel deserto
è stata scritta per nostro ammonimento.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi 10,1-6.10-12

Non voglio che ignoriate, fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. Ma la maggior parte di loro non fu gradita a Dio e perciò furono sterminati nel deserto.
Ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono.
Non mormorate, come mormorarono alcuni di loro, e caddero vittime dello sterminatore. Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per nostro ammonimento, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi. Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere.
Parola di Dio

 

CANTO AL VANGELO Mt 4,17

Lode e onore a te, Signore Gesù!
Convertitevi, dice il Signore,
il regno dei cieli è vicino.
Lode e onore a te, Signore Gesù!

 

VANGELO
Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.

Dal Vangelo secondo Luca 13,1-9

In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».
Parola del Signore


(tratto da: Nuovo Messale della comunità, Domeniche e feste – Elledici 2008)

Pubblicato il

2. Esegesi – 3 Quar. C, 24 mar ’19

LASCIALO ANCORA QUEST’ANNO

Esodo 3,1-8a.13-15 Mosè arriva al monte di Dio
1 Corinzi 10,1-6.10-12 Non mormorate
Luca 13,1-9 Se non vi convertirete perirete tutti

Un fuoco che parla
L’incontro di Mosè con Dio avviene attraverso un roveto che arde e non si consuma. È un incontro dentro l’esperienza di un fuoco, dentro l’intreccio di generazioni: «Io sono il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe» (Es 3,6). È un Dio coinvolto nella storia, che conosce la miseria del popolo, che ascolta il grido dei figli, che ha a cuore le loro sofferenze e libera: «Sono sceso per liberare dal potere dell’Egitto» (v. 8). Allora quel roveto che arde e non si consuma è il roveto della libertà che nessuna potenza o prepotenza umane potranno consumare. Dio dice a Mosè «non avvicinarti», e dal dialogo nasce la chiamata da parte di Dio a liberare il suo popolo. Dio vuole liberarci tutti dalla schiavitù in cui stiamo vivendo, e il Dio liberatore dice il suo nome: «Io sono colui che sono» (Es 3,14). Dio è colui che tu hai visto mettere in prigione senza far niente per liberarlo; è colui che ha sbagliato senza che tu muovessi un dito per farlo uscire dal suo peccato.

Una responsabilità condivisa
Il nostro Dio vive nella storia, nelle cronache dei nostri giorni, e non vuole essere allontanato, o relegato in templi, in luoghi sacri, in riti e in persone sacre. Ogni volta che questo succede, non è un segno di rispetto, ma un modo elegante per liberarci di Dio, per non avere un Dio che interferisce nella nostra vita di ogni giorno. Il Dio che ha un nome, viene a noi per dare luce alla nostra storia e, nella sua luce, rivelarci la schiavitù da cui uscire, i peccati da cui convertirci. Il Vangelo stesso ci coinvolge negli avvenimenti che succedono. A volte non ci sentiamo responsabili di quanto avviene dall’altra parte del mondo, o nel paese vicino. Il Vangelo invece ci trascina e ci rende compagni di sventura di ogni sventurato. Nell’annuncio di Gesù e nell’esperienza della sua vita, lo sbaglio di uno deve essere portato sulle spalle di tutti. Nessuno che vive sulla terra può essere dispensato dal cammino dell’intera umanità.

Una brutta fine scampata
La morte, che nel primo episodio del Vangelo era la conseguenza di un’azione malvagia e nel secondo un incidente, in realtà è la situazione in cui si trova l’uomo. Da questa solo il Signore può farlo uscire: «Dio potrà riscattarmi, mi strapperà dalla mano della morte» (Sal 48,16). L’uomo, però, deve convertirsi e questo è possibile se si lascia attrarre da Dio con mitezza. Gesù è venuto ad annunciare a tutti, senza eccezione, l’urgenza della conversione. È bello che Gesù accosti l’urgenza della conversione alla parabola del fico sterile dove viene messa in risalto la pazienza di Dio. C’è un’espressione forte, e un pensiero inquietante: «Taglialo» (Lc 13,8). Dio viene a cercare il frutto là dove non si può trovare, perché l’uomo da solo non può fare nulla di buono. Ma subito c’è l’intervento del vignaiolo: «Padrone, lascialo ancora quest’anno». Gesù è l’attuazione della pazienza di Dio, una pazienza non passiva, ma operosa: «finché io gli zappi attorno e vi metta il concime» (v. 8). Cristo Gesù opera in ogni uomo e proprio per questo ogni uomo può dare frutto e può confidare di essere salvato.

Una possibilità ridonata
Cristo Gesù attraverso la breve parabola del fico, dice che la sapienza del tempo va tenuta lontana da fatalismi o ebbrezze di gusto apocalittico. Deve essere invece orientata verso le grandi opportunità positive, messe da Dio nella storia personale e collettiva per l’unica battaglia che deve essere combattuta: la liberazione di ciascuno e di tutti dal male e dalla morte. Questa è l’unica utopia che Dio ha strappato dall’illusione e ha posto nel cuore della storia inaugurata dal mistero di Cristo Gesù. Il cammino della fede è visitato incessantemente dai doni di Dio, ci ammonisce l’Apostolo. Attraverso questi doni colti e accolti da ciascuno e da tutti nella bellezza di un cammino profondamente personale e insieme avvolto dalla comunione dei cuori e degli intendimenti, la vita tende al suo compimento nella pienezza della luce e della pace.

PER IL CONFRONTO NEL GRUPPO
– Quando interveniamo sulle decisioni da prendere insieme, che soluzioni prospettiamo?
– Che cosa c’è di valido nella prospettiva dell’attesa?

IN FAMIGLIA
Tanti eventi segnano il cammino della vita familiare, alcuni si risolvono velocemente, altri si incancreniscono e durano nel tempo.
Se ne avete la possibilità, mettetevi davanti a un fuoco acceso e lasciate che parli con il suo calore, la sua luce, le faville, i ceppi incandescenti, la cenere grigia.
Da ognuno di questi elementi ricavate un’idea utile per scoprire che anche le cose più complicate non trovano subito una soluzione, ma hanno bisogno di momenti diversi, come la luce, il calore o il grigiore per essere risolti.


(tratto da: R. Paganelli – Vivere la domenica aprendoci alla Parola, anno C – Elledici 2015)

Pubblicato il

3. Annunciare la Parola – 3 Quar. C, 24 mar ’19

PER COMPRENDERE LA PAROLA

PRIMA LETTURA
Ci porta alla seconda tappa della storia della salvezza, la rivelazione di Dio a Mosè, nell’episodio del roveto ardente.
Mosè è fuggito dalla corte d’Egitto, ora vive nel deserto, precursore del popolo ebreo. Pascola il gregge vicino al monte di Dio, sul quale più tardi avverrà la rivelazione della Legge.
Egli vede un roveto che arde: Dio, fuoco divorante che non si consuma.
È chiamato per nome, perché Dio conosce ognuno e chiama i suoi profeti.
Egli sa di essere in presenza del Dio dei Padri e vien preso da sacro timore.
“Nessuno può vedere Dio senza morire”: egli si vela il viso per non vedere Dio. Più tardi vedrà Dio a faccia a faccia e allora si velerà il viso in presenza del popolo.
Dio, il Dio dei Patriarchi, rivela la sua tenerezza e il suo disegno di salvezza. Egli ha osservato… ha udito… è sceso per liberare. Egli è il Dio del suo popolo.
Mosè riceve la missione: “Va’, ti mando”. Per Mosè si tratta di far fare ad Israele la sua Pasqua liberatrice.
Mosè chiede di conoscere il nome di Dio. La risposta del Signore si può interpretare:
– sia come un rifiuto: “Io sono colui che sono”. Il mio nome è incomunicabile. Voi non potete aver presa su di me (conoscere il nome voleva dire aver quasi una specie di potere sull’essere così conosciuto);
– sia come una rivelazione della pienezza di essere che è il Signore: “Io sono colui che sono” (per opposizione al nulla dei falsi dèi, degli idoli, che non esistono).

SALMO
È una meditazione colma di lode sul Dio che si rivelò a Mosè e difese gli oppressi.
Il nome misterioso si precisa: Dio-Amore, Dio-Tenerezza.
I benefici del Signore sono riconosciuti in modo più personale: egli perdona, guarisce, salva dalla morte, avvolge d’amore colui che lo teme.

SECONDA LETTURA
S. Paolo vuol mettere in guardia coloro che si ritengono “forti” contro il pericolo di “cadere”, di essere eliminati nella “corsa” costituita dalla vita cristiana (cf contesto).
Porta come esempio il popolo del deserto: gli Ebrei ebbero doni analoghi a quelli dei sacramenti cristiani: Battesimo, Eucaristia. Misteriosamente, Cristo li accompagnava sotto forma di roccia (immagine insieme di forza e di vita, si tratta della roccia dalla quale Mosè aveva fatto sgorgare l’acqua). E tuttavia molti perirono, perché dispiacquero a Dio per le loro mormorazioni. Noi, che siamo negli ultimi tempi, stiamo attenti.

VANGELO
Presenta un analogo richiamo alla vigilanza.
Questo capitolo 13 di san Luca fa parte di una lunga sequenza consacrata all’urgenza della conversione, alla necessità della vigilanza.
Anzitutto trae argomento da due episodi di morte – una repressione politica e il crollo di un edificio – per dedurne la sorte di coloro che non si convertono. La credenza popolare collega la disgrazia al peccato di coloro che ne sono colpiti, vedendovi appunto un castigo dei loro peccati. Gesù respinge questa interpretazione (ancora così diffusa: “Che cosa ho fatto di male?”) e sottolinea che la disgrazia è un avvertimento per tutti e non il segno d’una colpevolezza personale.
Poi, il Vangelo presenta la parabola del fico sterile che rischia di essere tagliato. Anche al fico è concessa una dilazione… come per la conversione. Il vignaiolo è paziente, Dio è paziente. Si noti che nel contesto generale di Luca questa “conversione” riguarda soprattutto i capi giudei che si oppongono alle prospettive di Gesù: universalità della salvezza, e salvezza mediante l’accoglienza di Cristo più che mediante la fedeltà alle tradizioni.

PER ANNUNCIARE LA PAROLA (piste di omelia)

Il nostro Dio, mistero d’amore
È difficile parlare di Dio. Le nostre parole suonano sempre un po’ false (che cosa non mettiamo sotto la parola “amore”?), oppure s’impigliano nel linguaggio filosofico (l’essere assoluto), senza riuscire a coglierne il mistero. Mosè se ne rendeva conto, lui che insistette per conoscere il “Nome”, che del resto gli Ebrei non osarono mai pronunciare.
Dio si fa conoscere per mezzo di segni: nel nostro caso, il roveto ardente. Nel vuoto e nella desolazione del deserto, una fiamma viva e che non si spegne. Primo approccio all’amore e alla fedeltà di Dio. Non lo si avvicina che con rispetto.
Dio si fa conoscere per mezzo del suo progetto: liberare l’oppresso, condurlo alla libertà. Egli osserva, ascolta, viene: è l’antitesi di un essere indifferente, lontano nella sua trascendenza. Di questo progetto, realizzato per il popolo ebraico nella sua storia collettiva, ognuno può fare l’esperienza imitando il salmista nella sua coscienza personale. Dio guarisce, perdona, salva dalla morte spirituale. Questo amore è autentica tenerezza.
Dio si fa conoscere per mezzo del suo nome misterioso: “Io sono colui che sono”. Tutto il resto è partecipazione, immagine, oppure non è nulla. È così facile per noi attribuire valore a ciò che non ne ha, a ciò che non è. L’amore è tutto, ed è Dio stesso.
Questo amore non è tuttavia debolezza. Per quanto il popolo nel deserto sia stato avvolto da questa tenerezza di Dio, molti sono periti. A noi quindi riconoscere le esigenze di questo amore e per lo meno di alzare il nostro grido a lui.

“Chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere”
Ci sono dei successi che fanno paura. Troppo grandiosi per durare. Ogni giorno si vedono colossi dai piedi d’argilla andare in frantumi. Ciò è vero per gli imperi, politici o economici. Ciò è vero per le persone.
Quando Paolo mette in guardia contro il pericolo di cadere chi si ritiene forte, non si rifà semplicemente a queste constatazioni del buon senso?
La sua riflessione va più lontano. Egli parte dall’esperienza storica del popolo ebraico: benché colmato di ogni bene da Dio che l’aveva liberato, risollevato, conobbe ugualmente la caduta. S. Paolo ci invita a fare un parallelo con la Chiesa. Ogni volta che essa si è ritenuta forte, invincibile per i suoi mezzi umani, si è autocondannata alla decadenza.
Nonostante i doni spirituali ricevuti, la Chiesa dovrà sempre lavorare alla sua riforma, a causa delle nostre propensioni all’autocompiacimento. E la Chiesa, che è anche ognuno di noi, i cristiani più forti, più meritevoli, non è al riparo da cadute miserevoli.
Ascoltando il Signore che ci rivela il suo nome, andiamo ancora più a fondo nella riflessione sul pericolo di crederci forti. “Io sono”. Niente altro esiste veramente, solidamente, autenticamente se non riceve l’essere da Dio. Quando una istituzione o una persona dà troppa importanza al proprio giudizio, può illudersi ancora per un po’. Ma si svuota della sua consistenza. Si svuota di Dio.
Lo si voglia o no, Quaresima o no, l’umiltà sarà sempre la condizione della nostra vita. Umiltà che non consiste del resto nel pensar male di sé, ma nel pensar bene di Dio.

Convertitevi
La cronaca registra continue catastrofi. Naturali o provocate dagli uomini. A forza di sentirne parlare, diventiamo indifferenti. Episodi per un momento sconvolgenti e subito dimenticati: non ci riguardano. È perfino strano vedere Gesù prendere lo spunto da due fatti di questo tipo per trarne una dura lezione. Questi mali ci insidiano continuamente. Tutti siamo alla mercé del disordine del mondo e tutti, a nostro modo, contribuiamo a distruggere l’umanità, a distruggere noi stessi. Lo possiamo capire partendo dai nostri peccati. Quando li osserviamo con un po’ più di attenzione, constatiamo che provocano la sofferenza degli altri (la nostra accidia, le nostre ingiustizie, le nostre infedeltà, il nostro disprezzo, ecc.) e sono il male dello stesso peccatore: perché sono una continua rottura con la realtà, col prossimo.
Lo stesso dicasi delle nostre omissioni. Ogni uomo è come un albero che deve fare frutto. Da ogni cristiano il Signore si aspetta un frutto, un frutto che rimanga. L’ambito delle nostre qualità rimaste incolte, dei nostri doni rimasti improduttivi, è più vasto di quanto si pensi a prima vista.
Dobbiamo dunque convertirci. Sul momento si pensa all’aspetto morale, e senza dubbio la Quaresima ci ha resi sensibili in proposito. Soprattutto invece bisogna “tornare a Dio”. È questo il significato primo della parola “conversione”. Dio è colui che ascolta il grido del povero e accorre per liberarlo dalla schiavitù. Ci guarisca dunque da ogni malattia. La sua tenerezza operi in noi con tutta la sua potenza.


(tratto da: M. Gobbin, Omelie per un anno – vol. 1, anno C, tempi forti – Elledici 2003)

Pubblicato il

4. Parola da Vivere – 3 Quar. C, 24 mar ’19

LASCIALO ANCORA QUEST’ANNO
«Io sono» (Es 3,14) è colui che manda e libera, che chiede ad ognuno di liberare, nel suo nome, di entrare nella storia, di celebrare il suo nome per sempre, di essere fedeli nello stupore del mistero. Lui ci chiama per nome per mandarci (Is 43,1). A partire da vicende incresciose, conviene prendere atto della fragilità e della precarietà della vita, per diventare più sapienti e attenti circa l’uso del tempo. Il «divino vignaiolo» ci sottrae però alla sorte di una vita inutile e infruttuosa, la sua Parola continua a regalarci i doni che furono del popolo, «fa piovere pane dal cielo» (Es 16,4) e dona l’acqua dalla roccia, figure dell’Eucaristia con la quale Cristo fa dono di sé. Per questo consideriamo straordinario privilegio il nostro cammino quotidiano nella Parola di Dio.


(tratto da R. Paganelli – Vivere la domenica aprendoci alla Parola, anno C, Elledici 2015)

Pubblicato il

5. Preghiere dei Fedeli – 3 Quar. C, 24 mar ’19

Gesù riflette sui fatti di cronaca

Celebrante. Il Signore si aspetta che anche noi uomini d’oggi, guardando alle vicende della vita, impariamo a leggere i segni dei tempi. Con la Preghiera dei fedeli gli chiediamo luce per comprendere le situazioni, prudenza nel giudicare gli altri, e quindi una presenza positiva nell’azione.

Lettore. Preghiamo insieme e diciamo: Donaci, Padre, la saggezza del cuore.

1. Preghiamo per la santa Chiesa di Dio. Essa si presenta nelle vicende umane come l’avvenimento divino eccezionale, che coinvolge tutti poiché è posto per la salvezza del mondo.
Perché ogni uomo sulla terra imbattendosi nella realtà della Chiesa si senta stimolato ad avviare un serio incontro personale con Cristo, preghiamo.

2. Per ogni uomo d’oggi, che i mass media hanno trasformato in telespettatore. Il Signore vuole che siamo tutti abili interpreti dei segni del nostro tempo.
Perché impariamo a leggere negli avvenimenti il significato dell’esistenza umana, e a cogliere il suo sbocco finale nell’eternità di Dio, preghiamo.

3. Per gli uomini che gestiscono i canali dell’informazione. Loro compito è presentare e commentare gli avvenimenti, influendo così sull’opinione pubblica.
Perché assolvano la delicata missione con coscienza, senza strumentalizzazioni di parte, portando lettori e spettatori a una saggia riflessione sui valori veri della vita, preghiamo.

4. Per i ragazzi e i giovani che frequentano la scuola. Tra i banchi essi devono affinare le loro attitudini, anche nel valutare le realtà e vicende della vita.
Perché, guidati da insegnanti responsabili, maturino in sé una serena visione del mondo, che li aiuti a elaborare un progetto di vita in armonia con il progetto di Dio, preghiamo.

5. Per la nostra comunità (parrocchiale). Anche sul nostro territorio accadono vicende importanti, non sempre liete, sovente tristi e dolorose, riguardo a coloro che ci vivono accanto.
Perché impariamo a valutare le situazioni con lo sguardo vigile e premuroso del Signore, e a impegnarci affinché ciò che accade sia messo a frutto secondo il cuore di Dio, preghiamo.

Celebrante. O Padre, rendici capaci di leggere negli avvenimenti del nostro tempo la storia del tuo Regno, e di dare il nostro contributo a realizzarlo, sentendoci tutti fratelli perché tutti tuoi figli. Per Cristo nostro Signore.


(tratto da: E. Bianco, Preghiera dei fedeli, proposte per le domeniche e feste degli anni A-B-C – Elledici 2002)

Pubblicato il

7. Aforismi – 3 Quar. C, 24 mar ’19

Raccolta di aforismi o di testi utili per la riflessione o l’approfondimento

VARIAZIONI SUL TEMA
Sui punti di vista.
– La nostra meta non è mai un luogo, ma un nuovo modo di vedere le cose. Henry Miller
– Noi vediamo le cose non come sono, ma come siamo noi. H. M.Tomlinson
– In ogni questione ci sono due punti di vista: il mio, e quello sbagliato. Anonimo
– Se noi ci fissiamo su un punto, perdiamo di vista tutti gli altri. Alphonse Gratry
– Il nano vede più lontano del gigante, quando sale sulle spalle di un gigante. Samuel Taylor Coleridge
– Se ho visto più lontano, ho potuto farlo stando in piedi sulle spalle di giganti. Isaac Newton

Sulle notizie di cronaca.
– Al mattino guardo fuori dalla finestra. Vedo l’uccello che cerca il verme, il gatto che cerca l’uccello, il cane che cerca il gatto. Tutto questo mi fa capire meglio le notizie del giornale. Rainer Maria Rilke
– I fatti sono chiodi a cui agganciare le idee. Edouard Le Roy
– Molti pensano che un fatto sia davvero avvenuto perchè è stampato il caratteri grandi sul giornale: confondono la verità col “corpo 12”. Jorge Borges

Su giornalismo e giornalisti.
– Siamo nati per soffrire. Quando ce ne dimentichiamo, ce lo ricordano i giornali. Bruno Bozzetto
– La preghiera del mattino dell’uomo moderno è la lettura del giornale. Hegel
– Se san Paolo tornasse al mondo, farebbe il giornalista. Wilhelm E. Ketteler
– I giornali sono i portatori sani delle bugie. Anonimo

Sull’attualità.
– La vera attualità è l’eterno. Henri Montherlant
– Attualità: Apocalypsis beati Joannis Apostoli. Giovanni Papini
– Quando voglio conoscere le ultime notizie, leggo l’Apocalisse. Léon Bloy

Sull’avvenire.
– Non si guarda all’avvenire come le mucche guardano passare un treno: l’avvenire si fa. Georges Bernanos
– I cristiani non devono temere il futuro, perché Dio ci aspetta nel futuro. Alexandre Dumas
– Il futuro non si prevede, si inventa. D. Gabor
– Il passato è un uovo rotto, il futuro è un uovo da covare. Paul Eluard
– È vero che non possiamo leggere il futuro, ma lo possiamo scrivere. Anonimo
– Futuro significa volontà di cambiare. Johann Galtung
– La vita può essere capita solo guardandosi indietro, ma dev’essere vissuta guardando avanti. Soeren Kierkegaard
– La verità è l’unica cosa che genera l’avvenire. Emmanuel Mounier
– L’avvenire è di Cristo. Luigi Orione
– «Qual è il futuro dell’uomo?». «Io uomerò, tu uomerai, egli uomerà». da uno sketch di F.Franchi e C.Ingrassia


(tratto da: E. Bianco, All’altare di Dio – Anno C – Elledici 2009)

Pubblicato il

8. Canto Liturgico – 3 Quar. C, 24 mar ’19

Ecco a voi questa settimana un canto di MEDITAZIONE/RINGRAZIAMENTO
o per la COMUNIONE

IO VERRÒ A SALVARVI – D. Machetta
 (Nella Casa del Padre, n. 496 – Elledici)

1. Io verrò a salvarvi tra le genti,
vi condurrò nella vostra dimora.
Spargerò su voi torrenti d'acque:
da ogni colpa sarete salvati.

Rit. Dio ci darà un cuore nuovo,
porrà in noi uno spirito nuovo.

2. Voglio liberarvi dai peccati,
abbatterò ogni falso dio.
Tolgo il vostro cuore di pietra
per regalarvi un cuore di carne.

3. Voi osserverete la mia legge
e abiterete la terra dei padri.
Voi sarete il popolo fedele
e io sarò il vostro Dio per sempre.