LASCIALO ANCORA QUEST’ANNO
Esodo 3,1-8a.13-15 Mosè arriva al monte di Dio
1 Corinzi 10,1-6.10-12 Non mormorate
Luca 13,1-9 Se non vi convertirete perirete tutti
Un fuoco che parla
L’incontro di Mosè con Dio avviene attraverso un roveto che arde e non si consuma. È un incontro dentro l’esperienza di un fuoco, dentro l’intreccio di generazioni: «Io sono il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe» (Es 3,6). È un Dio coinvolto nella storia, che conosce la miseria del popolo, che ascolta il grido dei figli, che ha a cuore le loro sofferenze e libera: «Sono sceso per liberare dal potere dell’Egitto» (v. 8). Allora quel roveto che arde e non si consuma è il roveto della libertà che nessuna potenza o prepotenza umane potranno consumare. Dio dice a Mosè «non avvicinarti», e dal dialogo nasce la chiamata da parte di Dio a liberare il suo popolo. Dio vuole liberarci tutti dalla schiavitù in cui stiamo vivendo, e il Dio liberatore dice il suo nome: «Io sono colui che sono» (Es 3,14). Dio è colui che tu hai visto mettere in prigione senza far niente per liberarlo; è colui che ha sbagliato senza che tu muovessi un dito per farlo uscire dal suo peccato.
Una responsabilità condivisa
Il nostro Dio vive nella storia, nelle cronache dei nostri giorni, e non vuole essere allontanato, o relegato in templi, in luoghi sacri, in riti e in persone sacre. Ogni volta che questo succede, non è un segno di rispetto, ma un modo elegante per liberarci di Dio, per non avere un Dio che interferisce nella nostra vita di ogni giorno. Il Dio che ha un nome, viene a noi per dare luce alla nostra storia e, nella sua luce, rivelarci la schiavitù da cui uscire, i peccati da cui convertirci. Il Vangelo stesso ci coinvolge negli avvenimenti che succedono. A volte non ci sentiamo responsabili di quanto avviene dall’altra parte del mondo, o nel paese vicino. Il Vangelo invece ci trascina e ci rende compagni di sventura di ogni sventurato. Nell’annuncio di Gesù e nell’esperienza della sua vita, lo sbaglio di uno deve essere portato sulle spalle di tutti. Nessuno che vive sulla terra può essere dispensato dal cammino dell’intera umanità.
Una brutta fine scampata
La morte, che nel primo episodio del Vangelo era la conseguenza di un’azione malvagia e nel secondo un incidente, in realtà è la situazione in cui si trova l’uomo. Da questa solo il Signore può farlo uscire: «Dio potrà riscattarmi, mi strapperà dalla mano della morte» (Sal 48,16). L’uomo, però, deve convertirsi e questo è possibile se si lascia attrarre da Dio con mitezza. Gesù è venuto ad annunciare a tutti, senza eccezione, l’urgenza della conversione. È bello che Gesù accosti l’urgenza della conversione alla parabola del fico sterile dove viene messa in risalto la pazienza di Dio. C’è un’espressione forte, e un pensiero inquietante: «Taglialo» (Lc 13,8). Dio viene a cercare il frutto là dove non si può trovare, perché l’uomo da solo non può fare nulla di buono. Ma subito c’è l’intervento del vignaiolo: «Padrone, lascialo ancora quest’anno». Gesù è l’attuazione della pazienza di Dio, una pazienza non passiva, ma operosa: «finché io gli zappi attorno e vi metta il concime» (v. 8). Cristo Gesù opera in ogni uomo e proprio per questo ogni uomo può dare frutto e può confidare di essere salvato.
Una possibilità ridonata
Cristo Gesù attraverso la breve parabola del fico, dice che la sapienza del tempo va tenuta lontana da fatalismi o ebbrezze di gusto apocalittico. Deve essere invece orientata verso le grandi opportunità positive, messe da Dio nella storia personale e collettiva per l’unica battaglia che deve essere combattuta: la liberazione di ciascuno e di tutti dal male e dalla morte. Questa è l’unica utopia che Dio ha strappato dall’illusione e ha posto nel cuore della storia inaugurata dal mistero di Cristo Gesù. Il cammino della fede è visitato incessantemente dai doni di Dio, ci ammonisce l’Apostolo. Attraverso questi doni colti e accolti da ciascuno e da tutti nella bellezza di un cammino profondamente personale e insieme avvolto dalla comunione dei cuori e degli intendimenti, la vita tende al suo compimento nella pienezza della luce e della pace.
PER IL CONFRONTO NEL GRUPPO
– Quando interveniamo sulle decisioni da prendere insieme, che soluzioni prospettiamo?
– Che cosa c’è di valido nella prospettiva dell’attesa?
IN FAMIGLIA
Tanti eventi segnano il cammino della vita familiare, alcuni si risolvono velocemente, altri si incancreniscono e durano nel tempo.
Se ne avete la possibilità, mettetevi davanti a un fuoco acceso e lasciate che parli con il suo calore, la sua luce, le faville, i ceppi incandescenti, la cenere grigia.
Da ognuno di questi elementi ricavate un’idea utile per scoprire che anche le cose più complicate non trovano subito una soluzione, ma hanno bisogno di momenti diversi, come la luce, il calore o il grigiore per essere risolti.
(tratto da: R. Paganelli – Vivere la domenica aprendoci alla Parola, anno C – Elledici 2015)