14 SETTEMBRE
ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE
COMMENTO
La croce, fra tutte le torture inventate dalla ferocia umana, è tra le più terribili. Era riservata a punire con la morte i peggiori delinquenti. Morire appesi ad una croce significava essersi macchiati delle peggiori nefandezze. Sorge spontaneo l’interrogativo: che significato ha istituire liturgicamente la festa della celebrazione dell’esaltazione di un così esecrabile strumento di morte?
Porre questo simbolo come caratteristica distintiva della fede cristiana ha senso? È fede o gusto per il macabro?
La risposta la troviamo in un brano tratto dalla lettera di San Paolo ai Galati: «Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signor nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo è stato per me crocifisso, come io per il mondo. Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l’essere nuova creatura. E su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia, come su tutto l’Israele di Dio» (Gal 6,14-16).
Anche Gesù, nel Vangelo della scorsa domenica, è categorico: «Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo» (Lc 14,27.
Questi due brani della Sacra Scrittura ci offrono la chiave di lettura per coglierne il vero significato.
Essere cristiani significa diventare creature nuove. La fede in Gesù richiede un rinascere a vita nuova. Comporta capacità di perdonare, umiltà di confessare le proprie colpe, desiderio di convertirsi, apertura alla misericordia, accettazione del bene e rinuncia al male, impegno per la pace e la giustizia, apertura ed accoglienza verso tutti privilegiando i piccoli ed i poveri.
Tutto questo è meraviglioso e seducente a livello di buone intenzioni. Ma diventa una croce pesante e costante a livello di condotta quotidiana.
Limitare i propri desideri, frenare lingua ed impulsi, mantenere mente aperta e cuore buono, resistere al desiderio di possedere avidamente, fidarsi realmente della Provvidenza, tacitare rancore e desiderio di vendetta, condividere i propri beni, fare della solidarietà’ la caratteristica del vivere comune sono il frutto di un perenne crocifiggere il nostro connaturale radicamento nell’umano carnale per lasciare spazio alla nascita dentro di noi di una nuova esistenza modulata e radicata su quanto Gesù ci ha insegnato e testimoniato.
In quest’ottica le “nostre croci” diventano non strumenti di orribili torture, ma segni e testimonianza di un nuovo modo di essere persone frutto non di una semplice catena biologica, ma di un progetto d’amore che ci fa riconoscere tutti, senza alcuna distinzione, fratelli e sorelle, figli e figlie dello stesso Padre in un mondo pacifico e solidale. Un mondo siffatto non è altro che la conferma che l’ “uomo nuovo” cristiano di cui parla Paolo nella lettera ai Galati non è un fantasma utopico ma una persona radicata nella pace e nella misericordia.
Le guerre e gli odi che innervano la nostra esistenza attuale forse sono il segno di un cristianesimo più predicato che testimoniato e purificato dalle croci affrontate come strumento di purificazione e libertà?
MEDITAZIONE
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