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3. Annunciare la Parola – 26 aprile 2020


26 aprile

3ª DOMENICA DI PASQUA

I discepoli di Emmaus

PER RIFLETTERE E MEDITARE

Due discepoli delusi e frastornati lasciamo Gerusalemme e si dirigono verso il villaggio di Emmaus. Abbandonano gli altri, pur avendo sentito dire che Gesù si è ripresentato vivo. Ma come si fa a credere ancora a queste cose, dopo averlo visto morire in quel modo? Luca si serve di tutta la sua abilità di scrittore raffinato per presentare ogni particolare di questo straordinario dialogo tra i due discepoli in crisi e il viaggiatore sconosciuto. Si tratta di un magnifico racconto di Pasqua, la sintesi di ogni scelta di fede, che è sempre frutto di una faticosa ricerca, di un cammino che può essere difficile.

 

La delusione dei due discepoli

È la domenica di Pasqua, due discepoli nel pomeriggio decidono che l’esperienza vissuta con Gesù è finita in quel drammatico venerdì, con la crocifissione del loro Maestro. Abbandonano tutto, si mettono in viaggio verso Emmaus, tornano a casa. Un tempo questa pagina di Vangelo si leggeva il lunedì di Pasqua e la fuga dei due discepoli era vista come una scampagnata fuori porta, che si concludeva con l’incontro con il Risorto. In realtà niente di più serio della loro partenza.

Si aspettavano un Gesù diverso. «Noi speravamo che fosse lui a liberare il popolo di Israele!». Ma Gesù non è un liberatore politico e non rifiuta la passione. La sua è la vittoria della croce ed è difficile da capire e da accettare. Anche dopo duemila anni. Di fronte alle nostre prove personali, alla fatica e alle delusioni è difficile pensare che lì il Signore vince ed è presente risorto. Che la strada che ti fa soffrire è quella che ti salva.

La prova e la delusione spengono la generosità e l’amore. Ci si riprende ciò che si è donato, si bada ai fatti propri, alla propria felicità individuale, ai propri interessi. Hanno dato fiducia a Gesù, che è morto in croce. Hanno sentito che forse è avvenuto qualcosa di nuovo e di sorprendente, ma non vogliono essere nuovamente delusi. Paolo dice: «Se Cristo non fosse risorto noi saremmo i più miserabili degli uomini». Ed è esattamente quel che capita a questi due discepoli tentati dalla rassegnazione. Vogliono dimenticare e voltare pagina. Accontentarsi di una vita assolutamente feriale. È incredibile come si possa mettere tra parentesi tutto ciò che si visto e si è vissuto.

 

Gesù si affianca a loro

Ma ecco che un viandante, un uomo qualunque, si affianca a loro. Non è il Maestro autorevole della vita pubblica questa volta, ma un semplice “catechista” che aiuta i due discepoli a leggere le scritture e a capire il collegamento tra la Parola e gli avvenimenti capitati a Gerusalemme in quei giorni.

Lo riconoscono nello spezzare il pane… in un gesto probabilmente abituale di Gesù con i discepoli. Un gesto semplice e umano che li aiuta a credere. Gesù è presente anche quando scompare ai loro occhi. E anche oggi, come allora, in ogni chiesa, nello spezzare il pane della domenica. Fino alla fine del mondo.

Ed ecco che, stanchi com’erano – era ormai sera – si mettono a correre e ritornano sui loro passi. E la loro testimonianza si aggiunge a quella degli apostoli e di Pietro, a cui il Signore si è presentato vivo.

 

Sulle strade di Emmaus

La tristezza che ha preso i discepoli di Emmaus è così simile a ciò che proviamo noi quando qualcosa ci delude. E i loro dubbi e la loro diffidenza fanno così bene alla nostra fede! Non tanto perché ci ritroviamo in loro, quanto perché ci caricano di certezze sulla risurrezione di Gesù. Come avrebbero potuto inventarsi la risurrezione questi uomini che non vogliono credere e dubitato anche dopo che si è presentato risorto? Come loro, così Tommaso, ma anche Pietro e gli altri, che non si fidano delle donne e si spaventano, più che rallegrarsi.

Anche il nostro è a volte un cammino per una strada in terra battuta e assolata che da Gerusalemme conduce a Emmaus. Anche noi siamo in fuga, in ricerca, dubbiosi. Non crediamo più che le situazioni possano cambiare in meglio, che l’umanità possa una buona volta risorgere. Non ci fidiamo di ciò che dicono su Gesù gli altri, i cristiani, la Chiesa, i preti… Ma il Risorto si mette al nostro fianco: ci parla, ci dona il suo corpo e il suo sangue, è con noi, infonde la speranza nell’uomo, nella storia, nel presente e nel futuro.

 

UNA FATTO – UNA TESTIMONIANZA

«Oggi sono tre o quattro le località che si contendono il nome di Emmaus», dice Gianfranco Ravasi, ma aggiunge che è bene così: «La strada e il villaggio di Emmaus sono anche in ogni luogo dove i cristiani vivono la loro fede: l’incontro col Cristo risorto avviene infatti, per quei discepoli e per noi, quando la Scrittura è proclamata e ascoltata e quando il pane eucaristico è spezzato».