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3. Annunciare la Parola – 21 giugno 2020


21 giugno

12ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Non abbiate paura!


PER RIFLETTERE E MEDITARE

Il profeta Geremia, accusato di scoraggiare la gente e i soldati, viene gettato in una cisterna, subisce anche lui la deportazione insieme al popolo e muore in esilio. L’esperienza difficile e contrastata del coraggioso Geremia si collega bene al capitolo 10 di Matteo, dove Gesù, scelti i dodici apostoli, li manda in missione, ma nel mandarli li avverte su come devono comportarsi e li incoraggia a non perdersi d’animo di fronte alle difficoltà e ai contrasti a cui andranno incontro.

Sin dall’inizio della Chiesa

Gli Atti degli apostoli raccontano che la persecuzione ha accompagnato la Chiesa sin dall’inizio. L’apostolo Giacomo, il diacono Stefano, Pietro e Giovanni hanno pagato con la vita e il carcere il coraggio della loro testimonianza. Infatti ci sarà sempre chi si difenderà con ogni mezzo dalla novità del Vangelo, chi non vorrà abbandonare le proprie concezioni di vita e le proprie tradizioni.

La storia della Chiesa rivela, sin dagli inizi, due movimenti in parallelo. Da una parte la straordinaria audacia e infaticabilità dei primi cristiani e dall’altra l’espansione meravigliosa dovuta proprio ai contrasti e alla persecuzione che li costringevano a passare da una città all’altra, a incontrare altra gente e ad annunciare ad altri il Vangelo. È così che la parola di Dio si è diffusa infine anche tra i pagani.

Ci sorprende questa intolleranza verso i cristiani che parlavano solo di amore, di fraternità e di giustizia, fino a diventare autentico martirio. Ma è stato così in ogni epoca, soprattutto quando il vento dello Spirito ha soffiato più forte e gli uomini di potere si sono sentiti minacciati. Anche oggi in molte nazioni i cristiani subiscono persecuzione, carcere, emarginazione. Sono almeno un centinaio all’anno i missionari che vengono assassinati.

Anche nei paesi della democrazia avanzata e del benessere, il cristianesimo conosce l’emarginazione e chi si dichiara cristiano è talvolta deriso o trattato con indifferenza. Per questo molti si vergognano di dirsi cristiani, non si fanno riconoscere, temono di apparire poco moderni, poco aperti, troppo ossequienti ai preti e alla Chiesa. A volte si mimetizzano per evitare disagi, opposizioni, contrapposizioni.

Un messaggio liberante, ma scomodo

Gesù in poche battute ripete per tre volte l’invito a «non avere paura». «Non abbiate paura degli uomini», dice. Parole che sanno di incoraggiamento, di consolazione, di sicurezza. Parole amiche, di chi prevede per i suoi seguaci tempi duri e vuole infondere coraggio. Parole che sanno di realismo, perché è inevitabile che chi segue lui vada incontro alla croce. Gesù sembra dire a loro che la persecuzione è per così dire parte integrante dell’annuncio del Vangelo, quasi conseguenza naturale e inevitabile, come è stato per lui.

Parole accompagnate da alcuni passaggi forti, per far capire chi è che dà la forza di superare la paura e spinge gli apostoli a buttarsi senza riserve nella missione: «Abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geenna e l’anima e il corpo…» (Mt 10,28). Nel parallelo passo di Luca si legge: «Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il regno» (Lc 12,32).

Gesù assicura quel piccolo manipolo di persone che potranno sempre contare su un Padre che si curerà di loro, soprattutto nel momento della difficoltà: «Nessun passero cade a terra senza il volere del Padre vostro».

Annunciare oggi la parola di Gesù

«Quello che io vi dico nelle tenebre, voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze» (Mt 10, 27): parole che chiedono agli apostoli di avere forti convinzioni, di avere il coraggio di gridare a tutti la gioia e le convinzioni che si portano dentro.

Oggi le parole di Gesù non solo andrebbero proclamate in modo aperto e pubblico, senza complessi di inferiorità o «rispetto umano», ma facendo uso di tutti quegli strumenti nuovi (tecnologici) che possono rendere più trasparente il messaggio.

Purtroppo i cristiani nella nostra società non appaiono protagonisti e non sono per lo più persone di rottura. Molte battaglie condotte dai vertici della Chiesa lasciano i cristiani indifferenti, mentre il profumo delle verità evangeliche non riesce a farsi strada, non raggiunge chi è vittima di un pensare comune piatto e scontato.

Ricordiamo ciò che Giovanni Paolo II ha detto ai giovani a Tor Vergata: «Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo». A volte siamo troppo paurosi quando qualcuno ci canzona o magari ci bestemmia in faccia per provocarci. Dovremmo invece accettare il confronto e raccogliere la sfida, diventare capaci di rendere ragione delle nostre convinzioni e della nostra felicità.

UN FATTO – UNA TESTIMONIANZA

«Voglio esprimere il mio disagio», dice Cesare, un ragazzo di 16 anni di Vicenza: «Nel mio ambiente, tra gli amici e i compagni di scuola, sono tra i pochi della mia età ad avere il coraggio di definirmi cristiano. E per questo sono spesso offeso e deriso…». Ha scritto a una rivista giovanile e altri giovani come lui gli hanno risposto che essere cristiani era difficile 2000 anni fa e lo è ancora oggi. Che dirsi cristiani non è cosa da poco, perché non si tratta solo di pronunciare una frase o partecipare a una messa: essere cristiani può significare avere il coraggio di restare in pochi. Ed è esattamente questo che dice Gesù quando chiede ai suoi discepoli di non avere paura, di rendergli aperta testimonianza, di non nascondersi, anzi di sbandierare la propria identità senza complessi.