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3. Annunciare la Parola – 16 agosto 2020


16 agosto
20ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
La salvezza è per tutti i popoli


PER RIFLETTERE E MEDITARE

La prima comunità cristiana si è costituita anzitutto attorno a quegli ebrei che hanno riconosciuto la persona di Gesù come messia, ma molto presto ha accolto e battezzato anche i pagani, prima attraverso Pietro, e poi ancor di più per la predicazione di Paolo. Forse per spiegare come mai la Chiesa stava avendo un’enorme diffusione tra i pagani, Matteo racconta questo episodio, in cui Gesù sottolinea la fede grande di una donna pagana e compie per lei un miracolo, pur avendo detto di essere stato mandato solo «alle pecore per­dute della casa di Israele» (Mt 15,24).

La fede di una cananea

Gesù si trova nel territorio di Tiro e Sidone, in territorio pagano, e gli si fa avanti una donna cananea. Il dialogo di Gesù con questa donna ri­flette probabilmente le discussioni vivaci che i primi cristiani avevano tra di loro proprio sul tema dell’apertura della Chiesa ai pagani, discussioni che erano state molto tese tra gli stessi apostoli. Matteo dice, sottolineando la fede grande di questa donna non ebrea, che ciò che davvero diven­ta discriminante per diventare cristiani non è più l’appartenenza a un popolo, ma la fede in Gesù. E la fede questa donna l’aveva giusta. Rivolgendosi a Gesù lo chiama «figlio di Davide», dimostrando di riconoscerlo come messia, cosa che sfuggirà a molta parte degli ebrei.

Invece le parole di Gesù verso questa donna sono di una durezza che non trova facilmente riscontro altrove nel Vangelo. Forse il dialogo è stato schematizzato da Matteo, o forse Gesù ha voluto davvero mettere in ri­salto la fede e l’umiltà di questa straniera. Un’umiltà che è dettata certamente dall’amore verso la figlia. La donna si fa avanti superando ogni imbarazzo, andando tra l’altro contro le usanze del tempo che ritenevano scon­veniente a una donna fermarsi a parlare liberamente con degli uomini. Ma è un’umiltà che nasce dalla certezza che Gesù ha il potere di fare il miracolo. C’è un’intesa profonda tra Gesù e lei. Essa legge in Gesù una rettitudine e una bontà che va al di là delle parole e che le permettono di avere piena fidu­cia e confidenza in lui. E la durezza crescente di Gesù la interpreta come un invito a chiedere con più coraggio, come una provocazione che prelude al pieno esaudimento. Alla fine Gesù non può che fare un grande elogio della fede di questa donna: «Donna, grande è la tua fede!» e per lei compie il miracolo.

 Una fede messa alla prova

Come dicevamo, sorprendono l’indifferenza di Gesù e le sue dure parole nei confronti di questa donna. Gesù appare quasi impietoso verso le lacrime di questa madre che chiede la guarigione della figlia. Uomo del suo tempo, Gesù può davvero aver usato questo linguaggio tipico del modo di esprimersi degli ebrei nei confronti dei pagani. Ma intende confermare la dimensione non immediatamente universalistica della sua missione pubblica, che è rivolta esclusivamente alla gente della sua terra. Pur sottolineando – ogni volta che gli capita – la fede straordinaria e la generosità di alcuni pagani, dal centurione romano al samaritano riconoscente perché guarito dalla lebbra, fino ad affermare, prima di salire al cielo, la destinazione universale del suo Vangelo: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli» (Mt 28, 19). Saranno infatti gli apostoli a estendere la salvezza anche ai pagani.

Probabilmente Gesù vuole prima di tutto purificare la fede di questa donna e non vuole essere scambiato semplicemente per un guaritore. Lei lo ha chiamato «figlio di Davide», ma in realtà è lì soprattutto per la guarigione della figlia.

La salvezza è destinata a tutti

La storia è piena di episodi di persone distanti dalla fede e a volte anche lontane dalla legalità e dalla moralità, che nell’occasione, per istinto o per amore, per un richiamo della coscienza, diventano capaci di grandi atti di bontà e di eroismo.

È necessario allora che ogni cristiano diventi «cattolico» e riconosca che siamo tutti fratelli o perché già credenti o perché siamo chiamati a diventarlo. Perché tutti siamo figli di Dio. Ricordiamo quando papa Giovanni XXIII si rivolse ai carcerati di Regina Coeli dicendo: «Miei cari figlioli, miei cari fratelli…».

L’episodio della cananea può apparire addirittura emblematico della preferenza di Gesù per i lontani. Come dicevamo, Matteo potrebbe averlo riportato per togliere i dubbi alla Chiesa primitiva, indecisa di fronte all’apertura ai pagani. La tenacia di questa donna può essere portata di esempio anche ai credenti, proprio per dire: «Guardate la sua fede incrollabile che non si ferma neanche di fronte alle dure parole di Gesù».

Del resto, ogni volta che gli è possibile, come già abbiamo ricordato, Gesù sottolinea la sua simpatia per i semplici, per i lontani, per i peccatori, per gli stranieri. A differenza di quelli che si sentono i destinatati primi della salvezza, che invece gli girano attorno solo per coglierlo in difficoltà. Come gli scribi e i farisei di cui parla proprio in questo capitolo 15, venuti da Gerusalemme per polemizzare con lui.

La preghiera insistente di questa cananea e l’atteggiamento di Gesù ci fa anche pensare ai silenzi di Dio. Quante volte la nostra preghiera appare inascoltata e accusiamo Dio di essere insensibile alle nostra difficoltà, alle nostre preghiere. In realtà Dio in questo modo intende proprio purificare la nostra preghiera, mettere alla prova la nostra fede.

UN FATTO – UNA TESTIMONIANZA

San Tommaso dice che la preghiera insistente fatta agli uomini ci rende a loro fastidiosi, mentre la preghiera insistente fatta a Dio ci rende a lui familiari e amici. Come a dire che questo modo di pregare più che a Dio serve a noi: per purificare le nostre intenzioni, per corresponsabilizzarci, per approfondire il nostro rapporto con lui. Diceva Padre Pio: «La preghiera deve essere insistente. L’insistenza denota fede».