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3. Annunciare la Parola – 13 dicembre 2020


13 dicembre

3ª DOMENICA DI AVVENTO «Gaudete»

Giovanni, testimone della luce

PER RIFLETTERE E MEDITARE

La parola di Dio di questa domenica ci invita ripetutamente alla gioia. Nessuno, lo sappiamo, ha diritto più di noi cristiani di vivere questo tempo di attesa del Natale nella gioia. Ma la televisione e la pubblicità parlano della gioia di questi giorni in termini ben diversi: pioggia di panettoni (e qualcuno urla: «Adesso è Natale!»); «A Natale chiedi di più!», insinua un altro spot. Il Natale è spesso tutto qui e la festa rischia di essere per lo meno dimezzata. Dobbiamo imparare a difenderci. Non è proibito fare regali, dal momento che Gesù si è fatto dono per noi. Ma dobbiamo prendere le distanze dal Natale consumistico.

Nella gioia e nella semplicità

Il Natale è semplicità, povertà. Gesù sin dalla nascita rifiuta ricchezze, onori, potere (il diavolo lo tenterà così proprio all’inizio della vita pubblica). La gente farà addirittura fatica a riconoscerlo come messia. Ma i poveri, gli ammalati, gli esclusi, i miserabili, i peccatori lo hanno capito e non hanno avuto paura di lui. È tutta gente che viene tenuta lontana dai cortei imperiali, che non può avvicinarsi ai sovrani. Gesù sin da Betlemme fa in modo che tutti possano avvicinarlo e possano riconoscersi nella sua umanità di bambino indifeso, di adulto “normale”.
Paolo invita alla gioia, scrivendo ai Tessalonicesi. Ciò che più colpisce di questo suo invito sono gli avverbi che usa: sempre (siate lieti), incessantemente (pregate), tutto (tutta la vostra persona, anima e corpo). Si tratta di un radicalismo cristiano a cui Paolo è assuefatto, ma che a noi risulta più difficile e per il quale il tempo dell’Avvento può venirci in soccorso, spingendoci a un allenamento più deciso. È l’atteggiamento di chi si dà a Dio non a tempo parziale o a scadenza, ma definitivamente e seriamente.

L’ultimo dei grandi profeti

Anche in questa domenica protagonista è Giovanni Battista. Egli non predica se stesso, ma si pone in funzione di Gesù. I Vangeli di Matteo, Marco e Luca lo presentano come il suo precursore, e la tradizione lo riconosce come l’ultimo dei grandi profeti (il profetismo è scomparso da vari secoli). L’evangelista Giovanni lo vede come un testimone credibile, significativo, convincente.
È un uomo «mandato da Dio», aggiunge, ma non è il messia. E non lo nasconde agli ambasciatori che vanno a chiederglielo, a nome del sinedrio. Qualcuno poteva pensarlo, per la vita austera che conduce, e per il gruppo di giovani che ha raccolto e che lo seguono. Sarà proprio da questo gruppo che verranno i primi discepoli di Gesù.
«Chi sei?», gli domandano gli inviati dei farisei. Egli non nasconde la propria identità, non si monta la testa. «Non sono io il messia», dice: «Sono voce di uno che grida nel deserto»: preparate la strada al Signore che viene. E prepara quelli che vanno da lui a farsi battezzare ad attenderlo.

Nel deserto preparate la strada

«In mezzo a voi c’è uno che non conoscete», dice il Battista a chi lo avvicina. Ed è un’espressione applicabile a milioni di persone che ancora oggi non conoscono Cristo, addirittura per molti cristiani che non vivono la sua presenza in loro e in mezzo a loro.
La testimonianza di Giovanni Battista viene dal deserto. «Voce di uno che grida… Nel deserto preparate la strada al Signore». La sua è voce per noi, gente di ogni tempo, e invita a farsi testimoni, banditori, battistrada del Signore che viene. Perché prepariamo la strada al Signore che viene.
Ma è così difficile oggi ritagliarsi momenti di deserto, di solitudine, di riflessione, di preghiera. Oggi c’è soprattutto il deserto dell’anima, dei sentimenti. La mancanza di persone di riferimento, di qualcuno di cui fidarsi, a cui poter telefonare…
Riempiamo la nostra solitudine con la tv, il computer, la radio, mentre sarebbe bello abbattere le barriere delle nostre case per parlare con qualcuno, approfittare del nostro deserto per incontrare Dio che ci viene incontro nei nostri fratelli. Anche questo è Natale, anzi è il motivo principale per cui il Figlio di Dio ha scavalcato i cieli ed è giunto fino a noi.

UN FATTO – UNA TESTIMONIANZA

«Nulla può essere realizzato senza la solitudine. Io ho cercato di realizzare per me la più completa solitudine. Ma non ci sono riuscito. Da quando esiste l’orologio è finita la possibilità di realizzare la solitudine. Ve l’immaginate un eremita con l’orologio? E allora bisogna accontentarsi di una “solitudine simulata”. Ma in questi limiti sprofondarsi. Con se stessi. Solitudine non vuol dire rifiuto del mondo. Anzi vuol dire collocarsi in un osservatorio dove tutte le cose del mondo possono penetrare, ma decantate e rese limpide» (Pablo Picasso).