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3. Annunciare la Parola – 9 agosto 2020


9 agosto
19ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Gesù ci prende per mano


PER RIFLETTERE E MEDITARE

Matteo racconta che a sera, dopo aver moltiplicato i pani e i pesci, Gesù congeda la folla e dice agli apostoli di salire sulla barca e di attenderlo al di là del lago, mentre lui si ritira in preghiera. Ma sul finire della notte, il lago si agita e così anche l’animo degli apostoli. È a questo punto che compare Gesù, che si avvicina a loro camminando sulle acque. Alla sua vista gli apostoli hanno la reazione più impensabile: lo prendono per un fantasma e si mettono a gridare per la paura. Quando Gesù li rassicura e incoraggia, Pietro chiede di poterlo raggiungere sulle acque. Ma sentendosi andare a fondo perde la fiducia e si merita il rimprovero di Gesù: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?».

La fede di Pietro messa alla prova

L’episodio evangelico è fortemente simbolico e, contrariamente al solito, afferma in forma esplicita la volontà dell’evangelista di dichiarare la sovranità di Gesù, pari a quella di Jahvè, Signore delle acque.
Pietro, incoraggiato dalla parola del Maestro, chiede di seguirlo, ma non ce la fa. La sua fede si aggrappa più alla ragione che alla cieca fiducia in chi lo precede sull’acqua.
Come dicevamo, l’episodio è simbolico. Pietro è al centro delle attenzioni della comunità cristiana. Le note biografiche su di lui nei Vangeli sono molto più abbondanti che per qualsiasi altro. Più volte si rivela intraprendente, è sempre il primo a prendere posizione su Gesù. Nello stesso tempo fa fatica a schierarsi fino in fondo, e durante la passione di Gesù affermerà per tre volte di non conoscerlo, di non essere un suo discepolo.
Agli inizi della Chiesa, Paolo lo rimprovera proprio per la sua ambiguità: Pietro si è aperto per primo ai pagani, ma teme di rendere pubblica e ufficiale la sua iniziativa (Gal 2,6-14). Così è nell’episodio che abbiamo appena ascoltato. Da una parte la sua audacia e intraprendenza, al limite della temerarietà. Dall’altra l’indecisione e la mancanza di fede.
Pietro è al centro dell’episodio, sia per la posizione che ha sempre avuto durante la vita pubblica di Gesù, sia per quella che avrà nella Chiesa primitiva e nella storia. Una fede piccola però quella di Pietro, una fede ancora bisognosa di fermezza, e che cresce nel dubbio e nella fatica.

La Chiesa di Gesù

L’episodio è figura della Chiesa, piccola barca tra le tempeste del mondo. E Pietro, che pure la guida, non ci vede chiaro, chiede un segno, sta per affondare, ed è grazie a Gesù, che gli tende una mano e lo solleva, che si salva.
L’episodio si riferisce alla Chiesa nella sua storia, condotta da guide che si trovano così spesso nella condizione degli apostoli, come su una nave sballottata dalle onde. E a portare la calma è la parola di Gesù risorto.
Ricordiamo che an­che dopo la sua risurrezione Gesù viene scambiato per un fantasma, e anche di fronte a lui, che si presenta vivo, hanno dubitato: «Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: “Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho”» (Lc 24,37-39).
Sarà così nella Chiesa di tutti i secoli. Per il successore di Pietro e per i singoli cristiani. Di fronte alla possibilità di gesti coraggiosi, che ci rendono più simili al Maestro, dopo un momento di slancio prevale la prudenza, il realismo piatto di chi ha paura di rischiare troppo, la scelta di comportamenti più ragionevoli, mentre la parola di Gesù ci inviterebbe a non fermarci, a proseguire con audacia, ad avere una fede più ferma.
Questa è la Chiesa. Gesù è sul monte che prega per noi, che siamo come una barchetta affidata alle onde in tempesta e pieni di paura.

Dio calma le acque della nostra vita

Nella prima lettura viene presentato il racconto dell’audacia del profeta Elia, che dopo aver sfidato i 400 sacerdoti di Baal, viene braccato dalla collera della regina Gezabele ed è costretto a mettersi in salvo. Giunto a fatica sull’Oreb, Dio gli si rivela, ma non nel vento, nel terremoto o nel fuoco, ma nel sussurro di una brezza leggera.
Nell’esperienza di Pietro e degli apostoli, come in quella di Elia, si ha la sensazione di sentirsi lasciati a se stessi, abbandonati anche da Dio. Un Dio che si rivela e non si rivela, che può assumere l’apparenza di un fantasma o presentarsi in un soffio leggero e non travolgente e che sembra lasciarti nella tua debolezza. Ancora una volta comprendiamo che l’esperienza cristiana è destinata a persone coraggiose, ma che sanno mettersi incondizionatamente nelle mani di Dio e accettare, pur indifesi, le sfide della vita. Ci sono infatti dei momenti in cui sembra che tutto ci crolli addosso: la perdita del posto di lavoro, una grave malattia, la scomparsa di una persona cara… Quello che era il mare calmo si fa tempesta. Allora ci rivolgiamo a Dio, ci aggrappiamo a lui come all’ultima speranza. Ci facciamo delle domande, vorremmo anche noi chiedere: «Se sei veramente tu, perché non mi prendi per mano e mi sollevi?». Ma Gesù il più delle volte non compie il miracolo. Ci chiede invece di avere una fede più grande. E c darà sicuramente la mano che ci sorreggerà mentre camminiamo sulle acque in tempesta.

 UN FATTO – UNA TESTIMONIANZA

Dice il pastore battista inglese John Bunyan (1628-1688), facendo parlare Gesù: «Seguire me non è come seguire altri maestri. Il vento mi sbatte sempre contro il viso, e per questo la rabbia spumeggiante del mare di questo mondo, e le sue onde orgogliose e altere percuotono continuamente i fianchi della barca o della nave nella quale ci troviamo io, la mia causa e i miei seguaci; chi pertanto non vuole correre pericoli o ha paura di rischiare di annegare, non metta piede in questo vascello».