Raccolta di aforismi o testi utili per la riflessione o l’approfondimento
FILEMONE, FRATELLO CARISSIMO
La Seconda Lettura di questa domenica, con la seconda parte del breve «biglietto» di Paolo a Filemone, potrebbe suggerire un’omelia diversa. Tema: il cristianesimo come liberazione dell’uomo. Ecco qualche nota a margine.
La vicenda. A Colosse (città dell’Asia Minore, vicino a Efeso) risiedeva un certo Filemone, convertito insieme alla sua famiglia da Paolo, e in qualche modo associato alla sua attività missionaria (Paolo lo chiama «carissimo nostro collaboratore». Filemone è ricco di beni, e non meno ricco di fede e di amore verso Cristo e la Chiesa. Un suo schiavo, Onesimo, è fuggito, e secondo la legge romana potrebbe essere punito con la morte. O, stando a interpretazioni più recenti, forse è stato cacciato dal padrone per qualche grave mancanza che ha compiuto.
L’intervento di Paolo. L’apostolo si trova in prigione, forse a Efeso, verso la metà degli anni cinquanta. O forse a Roma, nei primi anni sessanta. Non si sa come, aveva incontrato Onesimo e lo aveva convertito alla fede. Ora con un biglietto (la Lettera accolta nel Nuovo Testamento) lo rimanda al suo padrone, sollecitandolo ad accoglierlo non più come schiavo ma come «fratello carissimo» in Cristo. È una lettera di raccomandazione, un invito abbastanza esplicito a concedergli l’emancipazione (l’atto giuridico di liberazione dello schiavo dal padrone). Pare con esito del tutto positivo. Filemone acconsentì alla richiesta, e Onesimo, liberato (libertus), in seguito prestò servizio nella missione di Paolo (vedi Col 4,9). Forse divenne anche esponente di spicco nella Chiesa di Colosse.
Significato teologico. Finora Paolo aveva affrontato il tema della schiavitù solo in modo timido e obliquo, celebrando l’uguaglianza di tutti gli uomini davanti a Dio, perché tutti peccatori e tutti bisognosi di salvezza. Ma già in quei passi si intuiva la valenza rivoluzionaria del cristianesimo nei confronti della dignità umana. In Cristo, sosteneva Paolo apertamente, «non c’è più né schiavo né libero» (Gal 3,28). Nella Lettera a Filemone il processo è compiuto: la fraternità in Cristo spezza la relazione padrone-schiavo. Paolo non chiede soltanto che Filemone rinunci a punirlo: Onesimo andrà accolto come membro della Chiesa, componente della famiglia di Filemone, e pienamente fratello. Perché ogni uomo è figlio di Dio, sua immagine, fratello del Cristo, salvato e destinato alla comunione piena con Dio.
Portata sociale. Paolo non propone una soluzione paternalistica ma radicale. D’ora in poi lo schiavo andrà considerato un fratello. Il cristiano si schiererà in prima linea nella difesa della libertà, dei diritti, della dignità di ogni uomo. La Lettera a Filemone è forse la più personale di Paolo, scritta interamente di suo pugno. Con sentimento, con forte senso dell’amicizia. Senza che Paolo faccia pesare la sua autorità di Apostolo. E dice la sua umanità profonda, il suo affetto, la sua delicatezza.
(tratto da: E. Bianco, All’altare di Dio – Anno C – Elledici 2009)