20 settembre
25ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
«… TU SEI INVIDIOSO PERCHÉ IO SONO BUONO?»
COMMENTO
Questa parabola si muove in un campo molto caldo oggi, quello del lavoro. Il tema però non è l’equità del salario, piuttosto ci invita a capire come funziona il regno di Dio.
La comunità di Matteo era composta in gran parte di cristiani provenienti dall’ebraismo. In essa si era creata qualche tensione dottrinale e pratica con quelli provenienti dal paganesimo. Per questo Matteo sente il bisogno di sottolineare l’uguaglianza realizzata dalla misericordia di Dio tra tutti i credenti.
Il padrone che esce a chiamare operai a tutte le ore è Dio stesso che in ogni tempo chiama popoli e singole persone a lavorare nel mondo per portare frutti di salvezza. Assicura un salario a tutti. La fine della giornata rappresenta la fine dei tempi, quando tutti quelli che hanno lavorato, poco o molto, saranno ricompensati. I lavoratori della prima ora sono gli Ebrei, appartenenti al popolo eletto del Primo Testamento, ma convertiti a Gesù, che ritengono di aver diritto a una considerazione e a una ricompensa maggiore nella comunità e nel regno e si lamentano che gli ex pagani siano considerati e valorizzati sullo stesso piano loro, arrivando a considerare Dio ingiusto.
La reazione del padrone è durissima: «prendi il tuo e vattene!». Siccome siamo nel regno e il denaro rappresenta il dono della vita eterna (per questo è uguale per tutti, non se ne può dare solo un pezzo), la parabola assicura il giusto compenso a chi ha lavorato, ma dice con forza che chi ritiene di essere davanti agli altri nel regno si ritroverà ultimo. Il «vattene» è uno schiaffo del vangelo a chi si ritiene superiore o migliore e quindi più «meritevole», affinché rientri in se stesso e si converta con più verità e umiltà, imparando a condividere la gioia del Padre che vuole tutti salvi ed è giusto con tutti e misericordioso con i più deboli e con chi lo ha conosciuto più tardi degli altri. Nel regno e nella comunità non hanno posto invidia e pretese orgogliose, ma comunione e condivisione fraterna dei doni dell’amore del Signore. Chi è entrato prima, deve essere contento per aver goduto dell’amore del Signore, fin dalla giovinezza, e, avendo imparato a somigliare al Padre, sarà felice, se l’amore gratuito del Padre raggiunge e salva anche i più lontani e distratti.
SPUNTI PER L’ATTUALIZZAZIONE E LA PREGHIERA
1. Questa parabola contesta la religione del merito, tipica dei farisei, e promuove quella dell’amore gratuito di È una bella notizia per tutti, non solo per i peccatori. Chi di noi può presentare a Dio il conto dei propri meriti?
2. Il Padre non si arrende, scende sulla piazza del mondo a qualunque ora per invitarci a lavorare nella sua vigna, che è la Chiesa. Il lavoro consiste nel vivere da fratelli e portare la bella notizia della salvezza a Beato chi accetta da subito.
3. Dio Padre corre il rischio di essere contestato, ma privilegia i più deboli, i più poveri, gli emarginati, i peccatori. Come mai quelli che hanno scelto di servirlo non condividono questo suo modo di pensare e di agire? Anzi sono invidiosi? Si sentono defraudati, perché non si sono «divertiti» abbastanza in questa vita?
4. Il salario consiste nel condividere la stessa vita di Dio in Paradiso. Il Signore non dà di più e neanche di meno. Non c’è ingiustizia, c’è solo amore, incomprensibile per chi non ama.
Chiedere perdono a un fratello che abbiamo offeso, oppure offrire a Dio il perdono dato a chi ci ha fatto un torto..
Tratto da: Messale delle domeniche e delle feste – Elledici – 2017