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4. Parola da Vivere – 11 ottobre 2020

11 ottobre
28ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

COMMENTO

La parabola di questa domenica fa parte della polemica tra Gesù e i capi dei sacerdoti e Matteo se ne serve, con qualche aggiunta rispetto a Luca, anche per istruire la sua comunità.
Gesù, utilizzando le metafore della festa di nozze e del banchetto, che nel Primo e nel Nuovo Testamento simboleggiano l’alleanza e la salvezza, dice ai capi che è arrivato il momento della nuova alleanza, annunciata dai profeti, e che il banchetto della salvezza è già pronto. Si tratta di accogliere l’invito di Dio a parteciparvi. Gli invitati non solo rifiutano, ma si comportano come i loro padri, che hanno maltrattato e ucciso i profeti, anzi peggio, perché i capi del popolo eletto del tempo di Matteo hanno rifiutato e ucciso il Figlio di Dio e i suoi missionari.
La reazione violenta del re ci sconcerta (Dio è così?), ma molto probabilmente Matteo sta dando una lettura teologica della distruzione di Gerusalemme e del tempio: il rifiuto del Messia ha preparato il terreno alla dissoluzione del vecchio Israele: gli Ebrei si sono combattuti e uccisi tra di loro e i Romani hanno completato l’opera.
L’invito rivolto a tutti, cattivi e buoni, dal terzo gruppo di servi, è quello che viene proclamato dagli apostoli e dai predicatori del Vangelo. Matteo a questo punto, prolungando il racconto di Luca, si rivolge ai cristiani della sua comunità per metterli in guardia: non basta essere entrati nella sala del banchetto, bisogna avere l’abito nuziale (cioè, essere nella Chiesa non è garanzia di salvezza).
E qui possiamo rimanere perplessi: non è normale che qualcuno, preso dalla strada, possa non possedere un abito nuziale? In realtà la veste nuziale era offerta agli invitati, perciò i contemporanei di Gesù e Matteo  capivano benissimo che se uno non aveva questo abito, era perché l’aveva rifiutato. Però per comprendere il valore che Matteo dà a questo particolare, dobbiamo tener conto di un altro elemento: il tempo di attesa dell’ingresso del re. È il tempo della vita cristiana e quando entra il re siamo già al momento del giudizio. E allora, in cosa consiste l’abito nuziale? Inizialmente è la gratitudine per l’invito e la scoperta di essere anche noi figli di Dio (il Battesimo); alla fine è l’abito della fede e dell’amore fraterno vissuti concretamente, realizzando così la volontà di Dio. L’essere gettato fuori nelle tenebre è l’inevitabile conseguenza del rifiuto del dono della salvezza che Dio fa realmente a tutti.

SPUNTI PER L’ATTUALIZZAZIONE E LA PREGHIERA

1. Dio è Padre e suo unico desiderio è fare festa per sempre con tutti i suoi figli. Non si stanca mai di invitarli e non chiude la porta a nessuno che voglia entrare. Questo invito ci apre la porta alla realtà più grande e più bella della vita. Solo chi si lascia accecare dagli «affari» di questo mondo mette da parte Dio, diventa legge a se stesso e si autogiustifica per ogni egoismo e violenza.

2. Il Padre non ha né desiderio né bisogno di punire chi non accetta il suo Noi, invece, abbiamo studiato e inventato molti modi per punirci a vicenda e per estrometterci da soli dalla vita piena, in questo mondo, e dalla vita eterna, nell’altro.

3. Nel regno e nella Chiesa entrano cattivi e buoni, e ci rimangono tutti, perché il Padre dà a tutti il tempo di conoscerlo, comprenderlo, accettarlo e convertirsi. Il giudizio finale spetta a lui e a nessun altro.

4. Nel tempo della Chiesa i cristiani sono sarti di se stessi: si confezionano l’abito nuziale, dai colori e dalle fogge più diverse, ma tutti devono somigliare all’abito del Figlio, che è fatto di tre stoffe, che si intrecciano a meraviglia: l’obbedienza a Dio, la fede in Gesù e l’amore per i fratelli.

PROPOSTA DI IMPEGNO DELLA SETTIMANA

Portare a qualcuno l’invito del Signore.


Tratto da: Messale delle domeniche e delle feste – Elledici – 2017