DOMENICA DELLE PALME NELLA PASSIONE DEL SIGNORE
SULLA CROCE RISPLENDE L’AMORE DI GESÙ E DEL PADRE
COMMEMORAZIONE DELL’INGRESSO DI GESÙ IN GERUSALEMME
COMMENTO
Il Messia che cavalca un asino, non realizza solo la profezia di Zaccaria, ma annuncia un Regno diverso da quello di Davide. Il cavallo, simbolo della guerra, è sostituito da un puledro d’asina, simbolo di pace. Gesù si comporta da re, requisendo la cavalcatura di cui aveva bisogno (ma la restituisce!) e la gente lo tratta da re, acclamandolo e tappezzando la strada con i mantelli, come si usava nelle visite del re. Non c’è contraddizione in Gesù tra cavalcare l’asino e presentarsi da re di pace e salire sulla croce. Sarà una contraddizione nei capi e in parte del popolo.
Matteo dice che «tutto il popolo» ha gridato: «Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli».
Sicuramente la gran parte del «popolo» non ha chiesto la morte di Gesù. La folla urlante era costituita in gran parte dai partigiani di Barabba, in combutta con i capi. Matteo però con questa espressione sottolinea il rifiuto di Gesù da parte di Israele, rappresentato dai capi. Ma l’evangelista interpreta teologicamente questo rifiuto e lo indica come causa della distruzione del tempio e della dispersione del popolo d’Israele che continua ancora oggi.
Gli insulti che Gesù riceve costituiscono il ritorno di Satana per l’ultima tentazione: dimostrare di essere il Figlio di Dio con un atto di forza. Ma Gesù non risponde nulla, è impegnato a dimostrare che il Figlio di Dio è tale proprio perché dà la sua vita per la salvezza dei peccatori.
Ma è impegnato anche in un’altra lotta che avviene nel suo intimo. «Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”».
È il grido del Figlio innocente che ha preso dentro di sé il peccato di tutta l’umanità e, dal momento che questa assunzione è terribilmente reale, sta sperimentando le conseguenze, non, come noi, di qualche peccato personale, per quanto grave possa essere, ma dei peccati di tutta la storia, da Adamo all’ultimo uomo. La conseguenza «infernale» è la lontananza da Dio. Gesù sulla croce è lacerato nell’anima, molto di più che nel corpo, perché sperimenta contemporaneamente la massima lontananza da Dio, in quanto rappresentante di tutti i peccatori, e la massima vicinanza a lui in quanto Figlio innocente e obbediente. Noi arriviamo a commuoverci per le sofferenze fisiche e la morte di Gesù, anzi a volte ne chiediamo conto a Dio Padre. Ma la sofferenza enormemente maggiore è stata quella dello spirito. A tanto è arrivato Gesù per salvare tutti e ciascuno di noi. È un abisso di amore e di sofferenza che possiamo intuire soltanto un po’.
MEDITAZIONE
Padre di Gesù e nostro, ho sentito molte volte la domanda: ma perché Dio Padre ha preteso che il Figlio morisse in quel modo? Oppure: non poteva salvarci in un altro modo meno terribile?
Non so immaginare il tuo dispiacere di fronte a queste domande che ti dipingono come un giudice non solo inflessibile, ma anche crudele. E così la nostra cattiveria e crudeltà viene riversata su di te, quasi ne fossi tu il responsabile.
Abbi pazienza, devi continuare a perdonarci, perché tu perdoni sempre.
Oggi voglio guardare un po’ nel tuo cuore di Padre, me lo permetti, vero? Credo di poterlo fare, con tutti i miei limiti, perché tu hai mandato Gesù proprio perché noi potessimo conoscere il tuo amore, più grande dell’intero universo.
Nella passione del tuo Figlio amatissimo, tu eri lì, con lui, anzi dentro di lui, come Gesù ha detto spesso. Hai fatto anche tu la via della croce, aspettando il momento di poter finalmente liberare tutti gli altri figli dal cancro del peccato. Perché il peccato, che voleva cancellarti dalla vita dell’uomo, creato da te, perché ti somigliasse, aveva sfigurato l’umanità e la conduceva alla morte. Il danno era fatto e bisognava ripararlo. Nessun uomo poteva farlo, solo un Dio, e tu hai mandato il tuo Figlio eterno che è diventato Gesù, che è stato contento di esporre la sua vita per salvare la nostra. Un danno mortale chiedeva una riparazione da Dio con una sofferenza amorosa più grande dell’offesa arrecata a te, perché giustizia e amore non si possono separare. E penso anche che per l’umanità non sarebbe stata sentita propria e vera una liberazione, senza nessuna riparazione. Gesù, uomo come noi, ha accettato di riparare a nome di tutti, e soprattutto per questo noi possiamo davvero averlo e sentirlo come uno di noi.
Ma tu non sei stato a guardare, dovevi realizzare la giustizia, ma l’hai coperta con il tuo amore di Padre. Ed eri lì, sulla croce con Gesù per raccogliere il suo ultimo respiro e in quel momento hai abbracciato con amore eterno il tuo Figlio fatto carne martoriata e lo hai reso salvatore dell’umanità e re dell’universo. Però hai dovuto aspettare tre giorni per presentarlo risorto e glorioso all’universo intero.
SPUNTI PER L’ATTUALIZZAZIONE E LA PREGHIERA
- Gesù ha tolto la spada dalle mani di Pietro, perché la violenza dei suoi amici gli avrebbe impedito di mostrare fino in fondo il suo amore e quello del Padre. Questo dice qualcosa ai cristiani di oggi nei rapporti con le altre religioni e in particolare con l’Islam?
- I passanti e soprattutto i capi dei sacerdoti sfidano Gesù a scendere dalla croce per dimostrare di essere davvero il figlio di Dio. Quando mettiamo alla prova il Signore, chiedendogli i miracoli come condizione della nostra fede, ci comportiamo come loro.
PROPOSTA DI IMPEGNO PER LA SETTIMANA SANTA
Per quanto possiamo, partecipiamo alle celebrazioni del triduo santo, accostandoci al sacramento della riconciliazione e meditando gli avvenimenti che celebriamo.
Tratto da: Messale delle domeniche e delle feste – Elledici – 2017