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3. Annunciare la Parola – 5 aprile 2020


5 aprile 2020

DOMENICA DELLE PALME

e della passione del Signore

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Domenica di passione

PER RIFLETTERE E MEDITARE

Al termine della Quaresima, un momento di bilancio: magari deludente. Non c’è più lo spirito di un tempo, quando tutto aiutava a fare penitenza e a darsi alla preghiera. Il rischio è di ritrovarsi oggi a mani vuote. La Settimana santa potrà però dare più intensità al nostro prepararci alla Pasqua.

Questa domenica ci apre al mistero della passione e morte di Gesù, della morte di Dio. Mistero della sua impotenza, del silenzio di Dio, della sconfitta di Dio. Lo stesso Gesù sulla croce sembrerebbe non capire, ma si abbandona al Padre: «Nelle tue mani affido il mio spirito…».

 Inizia la Settimana Santa

Con questa domenica iniziamo la Settimana Santa, giorni tra i più intensi e sentiti nella vita di ogni cristiano. Abbiamo vissuto con Gesù il suo trionfo, quando ha deciso di togliere ogni indugio e di fare il suo ingresso solenne a Gerusalemme. La gente lo accoglie e lo acclama, stende davanti a lui mantelli e rami di palma e di olivo, lo riconosce re e messia. Forse la stessa gente che tra poco chiederà a gran voce la sua crocifissione.

Anche il profeta Zaccaria fa riferimento al messia e lo presenta con le caratteristiche che riconosciamo oggi in Gesù: «Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino… Farà sparire i carri da Efraim e i cavalli da Gerusalemme, l’arco di guerra sarà spezzato, annunzierà pace alle genti» (9,9-10). Gesù di fatto non raggiunge la città a cavallo, come di chi fa la guerra, ma avanza su un puledro d’asino, la cavalcatura di un re in tempo di pace.

L’entrata solenne in Gerusalemme è però l’episodio che condurrà Gesù al dramma della croce, una morte che sarà un abisso di iniquità, in linea con tutte le atrocità e ingiustizie compiute nella storia.

Il racconto della passione secondo Matteo

La passione secondo Matteo presenta un Gesù che non è travolto dagli eventi, ma che è pienamente consapevole della propria identità. Dice apertamente che potrebbe avere a disposizione dodici legioni di angeli (26,53), ma ci rinuncia e non oppone violenza a violenza. Anche le molte citazioni bibliche confermano che Gesù ha scelto lucidamente la via dell’umiltà e dell’obbedienza alle Scritture e al Padre.

Gesù è condannato a morte dal potere politico. Eppure Ponzio Pilato lo dichiara innocente: «Non vedo in lui nessuna colpa». Viene condannato anche dal potere religioso, preoccupato dalla popolarità di Gesù e dal suo modo libero di collocarsi di fronte alla Legge. Dice Caifa, sommo sacerdote: «È conveniente che un solo uomo muoia per il popolo» (Gv 18,14). Per accusarlo viene calunniato: «È un bestemmiatore, un indemoniato, un agitatore del popolo, un bugiardo…».

Viene abbandonato da quel popolo che finora lo ha seguito e lo ha ascoltato con entusiasmo, ma che adesso è condizionato da chi lo sta guidando contro di lui.

Viene abbandonato dagli apostoli, tradito dagli amici, venduto da Giuda. Dove sono finite le parole piene di coraggio di Pietro: «Signore, con te sono pronto ad andare anche in prigione e alla morte»? (Lc 22,33). Ben presto affermerà per tre volte di non conoscerlo. C’è poi contro di lui l’accanirsi di una violenza inaudita da parte della soldataglia. La Sindone presenta un corpo tumefatto e coperto di piaghe.

Una settimana atroce

Ciò che più colpisce in questa settimana di passione è l’abbandono assoluto e la solitudine in cui Gesù viene a trovarsi. È una settimana in cui Gesù vive insieme tutti i drammi più faticosi della condizione umana. Dopo il trionfo di Gerusalemme e il momento della condivisione più amichevole del Cenacolo, ecco il tradimento di Giuda, la tristezza e lo strazio del Getsemani, l’abbandono nelle mani dei torturatori e dei carnefici, la perdita di ogni diritto e di ogni dignità davanti ai potenti.

Gli apostoli si fanno timorosi e vigliacchi, Pietro spergiura: «Io quell’uomo neanche lo conosco!». E il voltafaccia del popolo, il cammino della croce, la crocifissione, il sentirsi solo anche di fronte al Padre: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?».

Una settimana drammatica, in cui si impara fino in fondo che cosa sono l’amicizia, la paura, il tradimento, la sofferenza, il martirio, il potere. Per questo la settimana di passione è davvero rivelazione. S’impara realmente di che cosa è capace l’uomo. «Ecce homo», questo è l’uomo.

Eppure proprio nella sera in cui fu tradito, in quella drammatica vigilia di passione, Gesù decide di rimanere tra noi per sempre: «Ecco il mio corpo dato per voi; ecco il mio sangue sparso per voi».

Fabrizio De André canta che non è del tutto normale un amore così grande, di un uomo che «rantola senza rancore, perdonando con l’ultima voce chi lo uccide fra le braccia di una croce».

UN FATTO – UNA TESTIMONIANZA

Una delle scene più crudeli del film «Alla luce del sole» è quella conclusiva, quando don Pino Puglisi nel giorno del suo compleanno viene colpito a morte e si trova riverso a terra in una pozza di sangue, mentre le finestre si chiudono per non vedere e la gente si allontana frettolosa girando il capo dall’altra parte. Eppure la stessa mafia aveva capito le intenzioni nobilissime del prete quando parlava di dignità, dell’importanza di dare la scuola e un futuro ai ragazzi del Brancaccio.

La solitudine dei grandi può diventare addirittura drammatica. Ma è terribilmente ricorrente nella nostra storia. Diceva Ernesto Balducci: «Un giorno chiederemo a Dio perché gli uomini migliori se ne vanno, mentre ci governano gli uomini peggiori».