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3. Commento alle Letture – Maria Santissima Madre di Dio

1 G E N N A I O MARIA SS. MADRE DI DIO
(Giornata mondiale della pace)
POVERI, UMILI E TESTIMONI DELLA GRAZIA

Quale uomo può ritenersi degno di Dio? Non si tratta solo della dignità morale, perché la domanda si può e si deve formulare in modo più proprio e originario dicendo: quale creatura finita può stimarsi degna di stare di fronte a Dio? La sproporzione fra infinito e finito, eterno e temporale, assoluto e relativo, è radicale. Sotto questa prospettiva appare ancora più sublime il mistero dell’accondiscendenza di Dio che, per misericordia, contrae la propria potenza nella debolezza di una carne umana.
Nel racconto evangelico il paradosso dell’incarnazione  si pro- lunga, diventa sistema. Non si ferma al «segno» (cf Lc 2,12) deposto nella mangiatoia, ma si estende anche ai suoi testimoni.
La consapevolezza della nostra indegnità non deve paralizzarci. Primo, perché Dio stesso ha colmato la distanza in Gesù. Secondo, perché primi destinatari dell’annuncio evangelico sono i pastori. In loro possiamo riconoscerci. Da loro possiamo attingere speranza.

I pastori primi testimoni e annunciatori

Attori non marginali di questo passo del vangelo di Luca sono proprio i pastori.
Per professione e posizione sociale identificabili con gli ultimi, i poveri, i sospetti, religiosamente parlando, essi sono la personificazione di quell’indegnità che sembrerebbe escludere da qualsiasi rapporto con Dio. Invece, proprio loro ricevono l’annuncio dell’angelo e per primi si muovono (cf Lc 2,16) verso la mangiatoia.
La narrazione dei primi diciannove versetti del capitolo secondo del vangelo di Luca ruota tutta intorno alla nascita di Gesù. Il fatto storico prima è narrato (cf Lc 2,6-7); quindi è annunciato nella sua portata salvifica (cf Lc 2,11); di questo annuncio viene indicato un «segno» (cf Lc 2, 2) che poi viene verificato (cf Lc 2,16). In questo dinamismo è descritto l’itinerario di fede del credente, di cui i pastori sono rappresentanti.
La fede in Cristo nasce sempre dall’aver ricevuto un annuncio che deve essere effettuato da qualcuno e ascoltato con disponibilità (cf Rm 10,17). Ma l’ascolto, seppur disponibile, non è mai rinuncia alla ricerca e alla riflessione. Per tale via il credente si appropria personalmente del messaggio ascoltato e da tale appropriazione sorge la visione: i pastori vanno a vedere Gesù. Dalla visione, confrontata con le parole ricevute nell’annuncio, sorge la gioia della consapevolezza della salvezza ricevuta, ed è questa che spinge a farsi testimoni, trasformando l’annuncio ricevuto in un annuncio missionario.
Nel loro itinerario i pastori sono l’immagine della Chiesa: povera, indegna del suo Signore, ma esattamente per questo «graziata» e testimone della benevolenza ricevuta.

La disponibilità di Maria

La solennità che oggi è celebrata ha come oggetto chi di questa vicenda di benevolenza fu collaboratrice: Maria, venerata con il ti- tolo di «Madre di Dio». L’orazione di colletta ne celebra il ruolo: «nella verginità feconda di Maria  hai donato agli uomini i beni della salvezza eterna…  per mezzo di lei abbiamo ricevuto l’autore della vita».
Nella lettera ai Galati l’apostolo dice questo ruolo affermando la storicità dell’incarnazione (cf Gal 4,4-5).
Il dono che Maria ha fatto all’umanità rendendosi  «mezzo» è che con la sua maternità si colma, in Gesù, la distanza fra Dio e uomo. Con la sua maternità entra nella storia il Figlio di Dio perché noi siamo assunti a dignità di figli di Dio, in virtù dello Spirito Santo che ci ha donato.
È questa dignità l’oggetto della seconda parte della lettera di Paolo. Per essa noi possiamo rivolgerci in termini confidenziali a Dio (cf Gal 4,6). Per essa riconosciamo che di fronte a Dio non siamo schiavi ma figli ed eredi (cf Gal 4,7).

La benedizione chi ci raggiunge
Attraverso questa chiave di lettura si può rileggere la benedizione di Aronne.
Dove il testo dei Numeri dice «ti benedica il Signore e ti protegga» (Nm 6,24) si potrebbe molto liberamente dire «il Signore ti benedica ed estenda la sua cura su di te». È lui il Signore della sto- ria e delle nostre storie, e, come padre provvidente, si prende cura di noi.
La benedizione  è data al popolo, e cioè alle persone. Alla luce delle affermazioni paoline, la benedizione di Aronne è un invito a tutti all’affidamento e all’abbandono  in Dio nella fede: Dio ha cura di noi, come padre provvidente dei propri figli.