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3. Commento alle Letture – 1ª DOMENICA DI AVVENTO

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1ª DOMENICA DI AVVENTO
IL TEMPO DELLA VIGILANZA

Un nuovo anno inizia, liturgicamente, non per segnare una discontinuità con il passato, bensì per continuare il cammino iniziato. L’Avvento è percepito principalmente come i giorni che precedono e preparano il Natale. Spiritualmente, però, l’Avvento è questo perché è altro. È preparazione a un incontro: quello fra Dio e uomo nella persona storica di Gesù, di cui facciamo memoria il 25 dicembre; quello fra Dio e l’umanità per mezzo della persona di Gesù Cristo; quello definitivo, alla fine dei tempi, con il Cristo Glorioso al suo ritorno. Il nuovo anno non è in discontinuità con quello precedente perché tutta la storia è in tensione verso il Regno. Tutta la storia nel suo complesso, tutta la vita cristiana è Avvento: tempo di preparazione e attesa.

I modelli dell’Avvento: Isaia
Le domeniche del tempo di Avvento propongono dei modelli in questo cammino. In questa prima domenica ci si può soffermare sulla figura del profeta Isaia. Egli, almeno il cosiddetto primo Isaia, opera in un tempo di grave crisi politica e religiosa del regno di Giuda. In questo contesto il suo ministero ha il suo centro nel tentativo di risvegliare la fede nell’unico Signore in cui confidare per la salvezza.
Isaia annuncia il convergere di tutti i popoli verso il monte di Sion (cf Is 2,2-3), un pellegrinaggio di tutta l’umanità al luogo da cui viene la salvezza. Dio è il Dio salvatore. Tutti gli uomini sono chiamati ad andare a lui perché nessuno è escluso dalla possibilità della relazione con lui.
Con forti immagini poetiche il tempo della salvezza è descritto come un tempo di pace (cf Is 2,4). I prodotti dell’ingegno dell’uomo non sono più posti al servizio della violenza e della guerra, della sopraffazione e della distruzione. Essi vengono convertiti da un uso per il male a un uso per il bene.

Il compito della profezia
Tutta la storia è cammino verso il Regno. In questo lungo Avvento i cristiani hanno un compito: hanno il dovere della profezia. Si può essere capaci di parola profetica solo quando ci si nutre abbondantemente della Parola della Scrittura. Così ci si può mettere al servizio di una parola altra rispetto a quella umana, continuando a proclamare, anche tra i travagli della storia, un annuncio di speranza. La parola profetica è giudizio del presente, crisi del presente. Essa perciò è capace di guidare il cammino verso il Regno.
L’Avvento, tempo liturgico che invita a riflettere su come la storia intera tenda all’incontro con un Atteso, esorta i cristiani a riscoprire il compito della profezia, animato da un profondo ottimismo ma capace di lucido giudizio. Perciò è necessaria la vigilanza, una delle virtù che qualificano il cammino dell’Avvento.

L’atteggiamento della vigilanza
Paolo esorta i cristiani di Roma dicendo: «Questo voi farete, consapevoli del momento» (Rm 13,11). Il «momento» è il tempo opportuno e qualificato della salvezza. È il tempo imperdibile della salvezza, il tempo da discernere per non lasciarselo sfuggire. È la vigilanza che abilita al discernimento.
danna i contemporanei di Noè perché facevano cose malvagie. Tuttavia, immersi e assorbiti in quelle azioni ordinarie, essi vivevano inconsapevolmente. È la vigilanza che consente di mantenersi desti, spiritualmente consapevoli, anche nelle azioni ordinarie della vita.
È la vigilanza che consente di persistere nel tempo, anche quand’esso sia tribolato. San Paolo afferma che «la notte è avanzata, il giorno è vicino». (Rm 13,12). È un’immagine di speranza. Si diradano le tenebre per l’avvicinarsi del momento del ritorno del Signore.
È ancora la vigilanza che consente, nel tempo, di non intiepidirsi nella fede e nella carità, poiché sapendo discernere il tempo ci si mantiene interiormente desti e tesi all’incontro (cf Mt 24,42).
La vigilanza è il presupposto per vivere una vita di sobrietà, di dominio di sé, di lotta contro i vizi, per riassumere quanto dice san Paolo. Sono modi per esemplificare il perfezionamento ascetico, aspetto necessario perché sorga nel cristiano l’uomo nuovo, in noi espresso dalla simbologia battesimale di Paolo (cf Rm 13,14).