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3. Commento alle Letture – 22    GIUGNO – SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO

22 GIUGNO 2025

SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO

L’EUCARISTIA: DONO E RESPONSABILITÀ

COMMENTO

Troppe  volte nel passato, parlando del mistero eucaristico, ne abbiamo falsato il vero motivo per cui Gesù si è fatto corpo e sangue, sotto le specie del pane e del vino, alimenti essenziali per la vita delle persone di quei tempi.
Ne abbiamo enfatizzato la sacralità ed il mistero.  L’abbiamo rinchiusa in tabernacoli dorati davanti cui ci siamo inginocchiati e prostrati in meditazioni e adorazioni.
Gesù si è fatto  tutto a tutti senza emarginare nessuno, mentre noi il pane eucaristico l’abbiamo riservato ai “santi”, ai puri” ed agli onesti escludendo le folle dei miseri e dei “peccatori’. Ci siamo dimenticati che l’Eucarestia ha la stessa funzione delle medicine quando noi soffriamo a causa delle malattie. Quando siamo impauriti, delusi, arrabbiati, peccatori abbiamo l’estremo bisogno di alimentarci di Gesù.
Il brano di Luca, scelto per farci riflettere sulla Solennità che celebriamo è chiaro su questo punto. Gli apostoli sono affaticati ed esausti perché sono di ritorno dalla loro prima missione di annunciare il Regno di Dio a tutti, come Gesù aveva loro chiesto: «….e lì mandò ad annunziare il Regno di Dio e a guarire gli infermi» (Lc 9, 2). Sono stati in gamba nel farlo. Le numerose persone che li hanno ascoltati  li accompagnano nel loro ritornare da Gesù’. Comincia ad imbrunire e la stanchezza si fa sentire. Vorrebbero solo riposare, mangiare e andarsene a nanna in santa pace. Il Signore non è d’accordo. Loro vorrebbero congedare la folla, invece vengono investiti  da una richiesta che li spiazza: «Dategli voi stessi da mangiare» (Lc 9,13).
Come possono con soli cinque pani e due pesci sfamare tutti i presenti che sono numerosi? Il numero cinque mila, infatti, nei Vangeli sta ad indicare tutti i presenti, nessuno escluso.
È interessante notare che mentre gli apostoli vorrebbero chiudere la giornata,  la folla non ha nessuna intenzione di separarsi dal Maestro. I “missionari” appagati dal successo della loro predicazione vorrebbero stare in pace. La povera gente no. E qui Gesù ci insegna che cosa vuol dire essere pane e vino. Invita tutti non solo a mangiare ma a sedersi. Questo è un gesto molto importante. Solo i signori mangiavano da seduti, mentre gli inservienti dovevano per forza stare in piedi. È la folla fatta di poveracci che al pranzo eucaristico occupa il posto d’onore. I predicatori del Regno di Dio no. Questo perché chi appartiene al Regno ne segue le regole. Non comanda, ma serve: non accumula avidamente, ma condivide; non ruba, ma dà : non specula sui sentimenti, ma è corretto e leale nell’amare; non odia, ma perdona. Per vivere queste condizioni ci vuole coraggio, volontà ed intelligenza che richiedono  una forza spirituale che sgorga solo dall’Eucarestia.
Accostarsi alla comunione vuol dire impegnarsi a metabolizzare il pane ed il vino facendoli nostri, non per essere posseduti, ma vissuti concretamente non in modo intimistico  ma nella carità operativa, trasparente ed aperta a tutti.
Siamo in grado di tentare di trasformare le nostre comunioni in testimonianza di vita cristiana?

MEDITAZIONE

Il pane è un elemento immediatamente collegato alla fame, al mangiare, all’essenziale per la sopravvivenza. Un simbolo di tale importanza antropologica è nella Bibbia in molte occasioni ripreso e rielaborato.

L’umanismo di Gesù
Il brano di vangelo della moltiplicazione dei pani viene dopo il ritorno dalla missione dei dodici discepoli. Gesù intende concedere loro un tempo e uno spazio di riposo. Tuttavia la folla li trova e, di fronte a tanta appassionata ricerca, Gesù non si sottrae: accoglie la folla. L’accoglienza si mostra nelle due azioni successive (cf Lc 9,11) che si richiamano reciprocamente. L’annuncio del Regno è confermato dalla guarigione; la guarigione è segno del dono del Regno. Gesù accoglie la folla consapevole delle sue necessità. Risponde a queste con duplice misericordia: l’annuncio del Regno e le guarigioni.
In questo contesto si può cogliere il senso del miracolo della moltiplicazione dei pani. Vi è una sollecitudine di Gesù per l’umano nella sua interezza. La fame è il bisogno cui risponde Gesù. Fame di salvezza, di cibo, di Parola. In risposta a queste tre forme della fame il simbolo del pane.

Il dono dell’Eucaristia
Alla preoccupata e realistica richiesta dei discepoli Gesù risponde con un’esortazione provocatoria e sfidante: «voi stessi date loro da mangiare» (Lc 9,13). La risposta dei discepoli, generosa per la disponibilità ad andare a fare la spesa, non fa altro che mettere in risalto l’inadeguatezza di quanto vi è a disposizione.
Gesù, però, prende quel poco umano e lo rende abbondante per le persone presenti, nonostante il loro numero. Luca descrive con cinque verbi le azioni di Gesù: «prese; alzò; recitò; spezzò; dava» (cf Lc 9,16). Sono quattro passati remoti e un imperfetto. Il passaggio dall’uno all’altro tempo verbale segnala che l’azione del dare continua nel tempo.
In parallelo si può leggere la formula di consacrazione che scrive Paolo: «questo è il mio corpo, che è per voi» (1 Cor 11,24). Il dono del suo corpo, offerto nel pane eucaristico che rinnova il sacrificio della croce, è dato «per voi», indicando con ciò, da parte di Gesù, la ricerca di una relazione intima e personale, che non si limita ai dodici, ma si estende a tutta la Chiesa che celebra il memoriale del sacrificio di Cristo.
Anche la conclusione del vangelo, che insiste sull’abbondanza del dono, tanto che ne avanza, e sulla sazietà dei commensali, indica che quanto elargito da Gesù è superiore allo stesso desiderio e in ciò si può vedere la grazia del pane eucaristico spezzato nelle comunità che apporta copioso il dono della grazia.

La responsabilità della comunità cristiana
Gesù stesso dona il cibo alla folla. È lui la fonte del dono. Tuttavia egli chiede e suscita la collaborazione dei discepoli. Essi devono mettere a disposizione quello che hanno. In seguito essi prendono dalle mani di Gesù quanto distribuiscono. L’Eucaristia è dono per la Chiesa. Tuttavia, l’Eucaristia è anche responsabilità: la Chiesa celebra degnamente l’Eucaristia se essa non è solo un rito, ma una celebrazione che significa e impronta la sua vita.
Il contesto della lettera ai Corinzi in cui Paolo scrive le parole della consacrazione eucaristica è fortemente polemico. L’apostolo prende posizione, con la sua autorità, nei confronti di una serie di divisioni che rompevano l’armonia nella comunità di Corinto. Fra queste, quella che era segno della disparità sociale ed economica nella comunità cristiana, per la quale alcuni giungevano alla cena eucaristica sazi e altri affamati. Questo, secondo Paolo, contraddice il valore della celebrazione stessa.
Qui forse bisognerebbe fare delle applicazioni all’oggi, alle comunità che oggi celebrano l’Eucaristia. Bisognerebbe interrogarsi sulla coerenza fra il segno che si pone e la vita che si conduce. Bisognerebbe interrogarsi in ambito personale, sociale, politico, economico ed ecclesiale, perché ciascuno «esamini se stesso e poi mangi del pane e beva del calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna» (1 Cor 11,28-29). Queste applicazioni ognuno le deve fare per sé, come dice Paolo. È un confronto necessario per creare continuità fra la fede celebrata e la fede vissuta, perché l’Eucaristia è dono e responsabilità.