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3. Annunciare la Parola – XXXII C, 10 nov ’19

• 2 Mac 7,1-2.9-14 – Il re del mondo ci risusciterà a vita nuova ed eterna.
• Dal Salmo 16 – Rit.: Ci sazieremo, Signore, contemplando il tuo volto.
• 2 Ts 2,16–3,5 – Il Signore vi confermi in ogni opera e parola di bene.
• Canto al Vangelo – Alleluia, alleluia. Io sono la risurrezione e la vita, dice il Signore; chi crede in me non morirà in eterno. Oppure: Gesù Cristo è il primogenito dei morti: a lui gloria e potenza nei secoli. Alleluia.
• Lc 20,27-38 – Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi.

PER COMPRENDERE LA PAROLA

La 1ª lettura e il Vangelo affermano la risurrezione dei morti (non si dia importanza al numero sette dei mariti e dei figli; è una coincidenza casuale).

PRIMA LETTURA
Per farci conoscere l’eroica resistenza contro la persecuzione pagana, l’autore ci presenta alcuni casi edificanti: il vecchio Eleazaro e la madre coi sette figli.
Il brano di questa domenica ci permette di conoscere le parole dei primi quattro figli, i quali affermano con forza la loro fede in Dio e l’indifferenza per le torture.
Nell’epoca della redazione del libro dei Maccabei, secolo II a.C., nella coscienza giudaica diventa chiara la fede nella risurrezione, e nel brano presente è affermata decisamente la risurrezione individuale, almeno quella dei credenti.
In precedenza, Dio era riconosciuto come il padrone della vita del suo popolo (Gs 2; Ez 37), ma non si aveva idea della risurrezione personale.

SALMO
La preghiera dei martiri d’Israele. La preghiera di Cristo e della sua Chiesa in attesa della risurrezione (specialmente v. 15).

SECONDA LETTURA
Paolo ha respinto con forza l’eventualità d’una venuta imminente del Signore (cf 2ª lettura della 31ª domenica); ha condannato severamente coloro che ne prendevano pretesto per non far più niente.
Tuttavia l’attesa del ritorno di Cristo deve rimanere nella prospettiva essenziale del cristiano; sta qui la speranza del credente: egli cammina nella preghiera, nella vigilanza, sicuro che il Signore, fedele alle promesse, veglia su di lui e sull’intera comunità cristiana.

VANGELO
Il problema fondamentale è la vita dei risorti e soltanto indirettamente il matrimonio. I sadducei raccontano l’aneddoto dei sette mariti successivi per trarne un argomento – del resto piuttosto grossolano – contro la risurrezione: “Negano che vi sia la risurrezione”.
Nella sua risposta, anche Gesù parla anzitutto della risurrezione, e solo secondariamente del rapporto tra lo stato del risorto e il matrimonio. Il Signore afferma con forza che i morti “risorgono”. Sull’argomento questa è una delle affermazioni più esplicite del Vangelo.
Luca presenta i sadducei come uno dei gruppi che provocheranno il conflitto che porterà a morte Gesù. Gesù darà la sua vita come testimone della risurrezione.


PER ANNUNCIARE LA PAROLA (piste di omelia)

Fede in Dio e fede nella vita eterna
Affermazione di Gesù: esiste “una vita nell’altro mondo”. Sembra una cosa evidente, una logica conseguenza della fede. Il culto dei defunti si pone nella linea di questa fede.
La nostra speranza tuttavia è sempre minacciata: dell’aldilà non sappiamo niente, se non che esiste. Il nostro sguardo, troppo presto bloccato sul mondo da realizzare quaggiù, rimane facilmente chiuso alla prospettiva d’un mondo futuro.
I dubbi dei nostri contemporanei coinvolgono anche noi: una speranza talmente incerta che si preferisce non tenerne conto, anche se può lasciare un senso di vuoto profondo.
La storia religiosa dell’umanità è un lento avanzare verso la speranza. Bisogna aspettare il II secolo prima di Cristo perché gli Israeliti mettano in rapporto la loro fede in Dio e la speranza dell’eternità.
Ma la convinzione dei sette fratelli è senz’altro forte se sono “pronti a morire piuttosto che trasgredire le patrie leggi… sicuri che il re del mondo li risusciterà a vita nuova ed eterna… nella speranza di riavere le loro membra… nell’attesa che Dio adempia le speranze di essere da lui di nuovo risuscitati”.
Gesù Cristo dà alla speranza dei credenti tutta l’importanza che merita. Come i profeti Elia ed Eliseo, egli ha dimostrato che Dio è padrone della vita: le risurrezioni da lui operate sono semplicemente dei ritorni alla vita terrena. Gesù Cristo interpreta la Bibbia per mettere in risalto i segni della fede nella risurrezione: il roveto ardente (Es 3,6): “Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi” (Vangelo).
Qui Gesù presenta la risurrezione come riservata “ai figli di Dio, essendo figli della risurrezione”. In Giovanni (5,28-29) apre prospettive più vaste: “Tutti coloro che sono nei sepolcri…” e “quanti fecero il bene…” e “quanti fecero il male”.
La nostra speranza nella risurrezione si radica con forza nelle parole di Gesù Cristo (cf Lc 16,30).

Che cosa sappiamo della vita futura?
La risposta di Gesù ai Sadducei ci dà un importante insegnamento sulla vita dell’aldilà.
“Essi non si sposano”
Per il risorto non c’è più ragione di procreare, di assicurare la continuità della discendenza. Per i patriarchi era l’unica possibilità per sopravvivere: donde la sventura di morire senza figli (Gn 12,2). Questa prospettiva rimane ancora quella di molti nostri contem¬poranei.
La Bibbia dall’inizio alla fine ci rivela il senso del destino dell’uomo: per essa la storia non è un succedersi senza fine, un eterno ricominciare, ma la realizzazione del mondo creato in Gesù risorto.
Dopo la morte l’amore continuerà a vivere definitivamente purificato. Gesù non afferma che coloro che si sono amati non si conosceranno più, lascia semplicemente intravedere che l’amore raggiungerà la sua perfezione di là dalla sessualità nel suo aspetto carnale, possessivo, esclusivo.
“Essi sono uguali agli angeli”
Paragonandoci agli angeli, Gesù usa un linguaggio simbolico per affermare che non è possibile desumere rappresentazioni del mondo futuro dalle realtà del mondo presente. Tuttavia, due certezze:
– gli angeli non sono né uomini né donne: si trovano fin d’ora nello stato di perfezione che sarà il nostro;
– essi vedono continuamente il volto di Dio: noi vedremo Dio. “Io per la giustizia contemplerò il tuo volto” (Salmo).
Gesù parla della risurrezione
Gesù non parla di “immortalità”, bensì di “vita futura”. Ciò che ci illumina sulla nostra vita dopo la morte è soltanto ciò che sappiamo del Cristo risorto. Noi risorgeremo con lui (Ef 2,5-6; Col 3,1-4).
La carne e il sangue, cioè la natura che riceviamo da Adamo, non ereditano la vita eterna (1 Cor 15,50). La Scrittura ci insegna che, più che per immortalità di natura, noi entriamo nella vita partecipando alla risurrezione di Cristo. È appunto di questa vita che parla Gesù, come pure i martiri d’Israele (1ª lettura). Il Signore ritornerà per portare a pieno compimento la vita che amiamo in questo mondo. A ognuno “l’esserne giudicati degni” (Vangelo): tutti siano invitati alla perseveranza per aspettare Cristo (2ª lettura).

Fede in Dio e coraggio nella prova
I martiri di Israele (1ª lettura) sono intrepidi, non indifferenti come non avessero niente da perdere; sono animati dalla forza interiore di coloro che sono sicuri di non perdere niente. Essi hanno “una consolazione e una buona speranza” (2ª lettura). Dio ci infonde nel cuore la speranza perché abbiamo il coraggio di vivere, ed essa è un dono prezioso quanto la vita.
I martiri ci sono di monito: soltanto coloro che danno la vita possono sperare nella risurrezione. Anche se non siamo destinati al martirio, nessuno di noi può sfuggire a questa legge della vita: trovarla donandola. “Chi perderà la propria vita per me, la salverà” (Lc 9,18-24).


(tratto da: M. Gobbin, Omelie per un anno – vol. 2, anno C, tempo ordinario – Elledici 2003)