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3. Annunciare la Parola – 25 dicembre 2020


25 dicembre

NATALE DEL SIGNORE

È nato per noi un Salvatore, Cristo Signore

PER RIFLETTERE E MEDITARE

Siamo tutti coinvolti in una festa grande, festa di tutti. Perché nasce per tutti questo Bambino: è festa dell’umanità. Certo, noi sappiamo ciò che celebriamo, altri non lo sanno, ma la benedizione di questo Bambino avvolge anche loro, i tanti che sono in festa in ogni parte del mondo, che non sanno in realtà che cosa festeggiano. Gesù nasce per noi, ma anche e soprattutto per loro, i cosiddetti lontani.

Natale, umanità di Gesù

Il Natale non è un’apparizione di Dio tra gli uomini, ma la nascita concreta, sensibile, umana di un bambino in carne e ossa. Dobbiamo accogliere il Natale così, nel suo senso più reale e storico. «Troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoria», si sentono dire i pastori nella pagina di Vangelo che si legge oggi.
È vero: compaiono anche gli angeli con i loro canti, e la cometa, ma questa è semplicemente la cornice teologica di ciò che avviene. Perché questo bambino nasce in un contesto di vera povertà. Lo accoglie un capanno per gli animali, perché non trova accoglienza, nasce da due genitori poveri, sarà costretto a fuggire, perché Erode vorrà ucciderlo.
Eppure le parole che si dicono su di lui sono straordinarie: questo Bambino è il Messia, è il Figlio di Dio fatto uomo, il Salvatore del mondo. Il Natale non è solo povertà e poesia, ma va vissuto e accolto nella verità, in tutta la sua verità.
Guardiamolo allora più da vicino questo Natale, nel modo in cui viene descritto nei Vangeli.

Il Natale nel Vangelo di Luca

Gesù non nasce nel tempio di Gerusalemme, né in una famiglia sacerdotale, ma in una famiglia del popolo, a Betlemme, la città di Davide, per sottolineare la sua discendenza regale davidica.
E i primi invitati, i primi destinatari sono i pastori. Poco affidabili, perché vivono a contatto con gli animali. Pastori invitati a mettersi in viaggio, a fidarsi, a lasciare le loro posizioni. Ma sentono parole di speranza e di novità e i loro cuori si riempiono di gioia.
Siamo chiamati anche a noi ad avvicinarci a quel capanno, ad abbandonare i recinti delle nostre sicurezze, della nostra vita ordinaria e sicura, per trovare anche noi nuove certezze.
Ma ciò che i pastori trovano è infine qualcosa che nasconde la grandezza di ciò che avviene: un bambino avvolto in fasce: trovano semplicemente un bambino, un uomo nella condizione di vera povertà. Quasi a dirci che sarà sempre così: troveremo Dio nella nostra umanità, nel volto di chi è fasciato dalla povertà… Un bambino che giace in una mangiatoia perché non ha trovato accoglienza: «È venuto nella sua casa, ma i suoi non l’hanno accolto».
utto questo è la gioia del Natale, un Natale che nasconde la sua straordinarietà nella semplicità del presepe.

Il Natale di Maria e Giuseppe

Dicevamo che la parola di Dio fatta carne si è messa nelle mani dell’uomo. Ed è ciò che si ripete a ogni Natale. Dio si mette nella mani di Maria e di Giuseppe.
Giuseppe è l’uomo a disposizione, fedelissimo sempre a ciò che Dio gli chiede. I suoi progetti di un matrimonio normale e tranquillo sono saltati, e lui accoglie semplicemente ciò che gli viene affidato. E la sua responsabilità è grande. La parola di Dio fatta carne è nelle sue mani. E lui la difende come può, pur nella sua ristrettezza di mezzi, ma con tutto se stesso. Ed è lui che impedisce ad Erode di ucciderlo.
Sarà sempre così. Dio consegna a noi se stesso, la predicazione e la costruzione del suo regno. Ci chiede di continuare ciò che Gesù ha detto e fatto, di renderlo presente attraverso la nostra vita.
Quanto a Maria, abbiamo già sottolineato il suo coinvolgimento speciale e la sua disponibilità festeggiandola nella solennità dell’Immacolata. Maria nel Natale è coinvolta più di ogni altro: accoglie Gesù, il suo primogenito, lo accompagnerà nella sua crescita, diventando giorno dopo giorno una cosa sola con lui, fino ai piedi della croce.

Il nostro Natale

Dio si è scomodato: ha attraversato i cieli ed è venuto tra noi. Noi facilmente pensiamo invece che non ci sia realmente bisogno di noi per realizzare il regno di Dio, che non è caso di prendere le cose troppo sul serio. Siamo ben convinti che Dio realizzerà comunque i suoi progetti, che lo farà in ogni modo, in qualche modo, anche senza di noi. È certo, sarà così: se non lo facciamo noi, Dio cercherà altre strade, altre generosità. Ma lo farà senza di te, senza di me, senza di noi. E questo non dovrebbe lasciarci tranquilli, ma spingerci ad avere uno sguardo più lungo, ad avere più coraggio.
È Natale. Dovremmo sentire tutta la novità e straordinarietà di ciò che Dio ha inventato per noi in questa notte. Dovremmo davvero lasciarci coinvolgere da questo spirito d’amore. Anche soltanto nel modo di salutarci, di scambiarci gli auguri: Gesù si è fatto uno di noi e noi siamo tutti fratelli.

UN FATTO – UNA TESTIMONIANZA

Il Natale di frère Roger Schutz di Taizé. «La notte di Natale andavamo in chiesa. Quando avevo cinque o sei anni abitavamo in un paesino in montagna e bisognava camminare nella neve. Poiché ero il più giovane, mio papà mi teneva per mano. La mamma, il mio fratello maggiore e le mie sette sorelle ci seguivano. Mio padre mi indicava nel cielo aperto la stella dei pastori che gli stessi Magi avevano visto. Quelle immagini mi ritornano in mente quando si legge il testo dell’apostolo Pietro dove scrive: “Guardate a Cristo come luce che brilla nella notte, finché non splenda il giorno e non si levi nei vostri cuori la stella del mattino” (2 Pietro 1,19)».