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3. Annunciare la Parola – 7 giugno 2020


7 Giugno

SANTISSIMA TRINITÀ

Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo

 


PER RIFLETTERE E MEDITARE

Alla Trinità sono dedicate tutte le domeniche, ma ben venga questa domenica speciale che intende affrontare una delle verità teologiche e spirituali più importanti per ogni cristiano. Certo, si tratta di una verità teologica difficile, si direbbe per addetti ai lavori, e che sembrerebbe avere poco riferimento alla nostra vita quotidiana. Ma non è così, perché poche realtà come il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo entrano in gioco nella nostra vita di fede: il Padre che ci ha creati, il Figlio Gesù che ci ha redenti, lo Spirito Santo che ci accompagna nel nostro cammino e in quello della Chiesa.

L’esistenza di Dio

Una delle più forti aspirazioni dell’umanità è conoscere Dio. In ogni tempo l’umanità ha cercato di esprimere in qualche modo la propria idea di Dio. Magari in un elemento naturale importante, come il sole o la luna, oppure in un animale speciale, o ancora attraverso donne e uomini immaginari e simbolici a cui si riferiva soprattutto il mondo religioso dei greci e dei romani, figure che erano praticamente caricature di divinità.

Il cristiano sa bene che una prima rivelazione dell’esistenza e della grandezza di Dio è la creazione, perché tutto ci parla di lui. Osservando l’esistente con la nostra intelligenza, il mondo nella sua immensa vastità e l’infinita piccolezza del microcosmo, dovrebbe sorgere un immediato riferimento a Dio. Tutto ciò che esiste non si spiega da solo: qualcuno ha programmato il computer della nostra vita, deve esistere un Creatore che sostiene ogni cosa. Se c’è un giardino pieno di fiori coloratissimi e ben coltivati, c’è sicuramente un giardiniere che lo cura. «È logico servirsi di un orologio, negando nello stesso tempo l’esistenza dell’orologiaio?», diceva Voltaire, che se la prende addirittura con gli atei e indica loro il cielo pieno di stelle. Ma lo diceva anche Newton: «Questo meraviglioso ordine che scorgiamo nel cielo non può che essere opera di un Essere onnipotente e onnisciente».

È piuttosto l’ateo a credere in molte cose inspiegabili: crede nella casa, ma non nell’architetto; crede nel quadro, ma non nel pittore; crede nel figlio, ma non in chi lo ha messo al mondo.

Gesù si manifesta a Nicodemo

Il Vangelo di questa domenica riporta una parte del dialogo notturno intercorso tra Gesù e Nicodemo, un fariseo autorevole, membro del sinedrio, che ha chiesto di incontrarsi con Gesù di notte. E Gesù non si è negato.

Con il tempo, chissà per quali altre vicende, Nicodemo si schiererà dalla par­te di Gesù fino a difenderlo pubblicamente tra i suoi colleghi (Gv 7,50-51), e al momento della deposizione dalla croce di Gesù, sarà lui insieme a Giuseppe d’Arimatea a occuparsi della sua sepoltura, uscendo allo scoperto, se non addirittura manifestandosi come suo seguace, mettendo a disposizione ben trenta chili di una mistura di mirra e aloe (Gv 19,39).

Nicodemo fa fatica a capire ciò che gli dice Gesù, che gli prospetta subito un profondo cambiamento di vita, una vera rinascita «dall’alto». Ma è solo così che potrà comprendere e vivere fino in fondo ciò che Gesù gli rivela e propone. E poi gli parla di sé come del messia atteso e annunciato, inviato dal Padre: «Dio ha tanto amato il mondo», dice, e il suo amore si è fatto persona umana, si è reso visibile nel Figlio di Dio. È così che il Padre rivela il suo amore e i suoi progetti sull’umanità.

Gesù in qualche misura addirittura anticipa a Nicodemo la rivelazione dello Spirito Santo. Gli dice infatti: «Se uno non nasce da acqua e da Spirito non può entrare nel regno di Dio» (Gv 3,5).

Gesù rivela la Trinità

Papa Benedetto ha detto, confermando le parole di Gesù a Nicodemo: «Per noi Dio non è un’ipotesi distante, non è uno sconosciuto che si è ritirato dopo il “big bang”. Dio si è mostrato in Gesù Cristo. Nel volto di Gesù Cristo vediamo il volto di Dio. Nelle sue parole sentiamo Dio stesso parlare con noi».

La creazione infatti, che pure è una prima rivelazione di Dio, lo è in modo imperfetto. La vera rivelazione di Dio è il Figlio Gesù, che manifesta nei confronti di tutti quelli che incontra un’apertura e un amore senza misura. Egli accoglie e perdona, guarisce e piange con chi soffre, è solidale con ogni persona in difficoltà.

Gesù nel suo amore vissuto, nella comunione cercata e costruita testimonia l’amore di comunione strettissimo tra le tre persone della Trinità. Un amore che non è chiuso in se stesso, ma che si è donato. Così l’amore di Gesù per gli apostoli e per noi non deve rimanere chiuso in noi come un tesoro personalissimo. Lo dice semplificando san Paolo, che come abbiamo letto nella seconda lettura invita all’amore i nuovi cristiani dicendo: «Salutatevi a vicenda con il bacio santo». Il mistero d’amore della Trinità sta a fondamento della comunione nella Chiesa e tra gli uomini. È l’amore di Dio che spinge i cristiani a non dividersi, ma a vivere «un cuor solo e un’anima sola», diventando anch’essi testimoni, rivelazione delle tre persone divine, della Trinità.

QUEL SEGNO DI CROCE

Giocatori e atleti che prima di scendere in campo si segnano senza pudore davanti a migliaia e milioni di spettatori allo stadio e alla televisione. Che cosa fanno? Sono diventati improvvisamente uomini religiosi? O la loro è solo scaramanzia? O addirittura superstizione? Oppure è un atto di fede implicito in quella che è la più chiara e semplice manifestazione della Trinità? Perché il segno di croce è riferimento a Gesù nel momento del suo supremo atto di amore, ma ci si segna precisamente nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. C’è qualcosa di più esplicito? Forse il loro, c’è da sperarlo, è davvero espressione di un barlume di fede in Qualcuno o in qualcosa di superiore…