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2. Esegesi – Ascensione C, 2 giu ’19

SI STACCÒ DA LORO

Atti 1,1-11 – Mi sarete testimoni fino agli estremi confini della terra
Ebrei 9,24-28; 10,19-23 – Cristo è entrato nel cielo
Luca 24,46-53 – Stavano sempre nel tempio lodando Dio

Una nube che non oscura
La festa dell’Ascensione ci dà la misura della grandezza umana, che è la grandezza di un Uomo piccolo fino alla morte, e grande perché innalzato dal suo stesso amore all’intimità piena con Dio. Sia il testo degli Atti che il brano evangelico ci dicono chiaramente che le dinamiche più profonde e feconde della nostra vita scaturiscono dalla nostra capacità di «stare» e «aspettare». Lo «stare» indica una fedeltà e una stabilità nella vicenda e nella situazione in cui ognuno, e ogni comunità, si trova. Alla luce della parola di Dio la festa dell’Ascensione diviene la celebrazione dell’insediamento di Cristo nella regalità. Tale riconoscimento viene a Cristo direttamente da Dio. Tutto viene anche descritto con un’altra immagine classica del linguaggio biblico: «Una nube lo sottrasse al loro sguardo» (At 1,9). L’immagine della nube è sempre sotto il segno della manifestazione di Dio, e quindi sta ad indicare non tanto la partenza di Gesù, quanto piuttosto la vicinanza di Dio. L’immagine rimanda alla nube teofanica del Sinai, fino alla nube della trasfigurazione.

Tempi di preparazione
Risurrezione e ascensione coincidono, i quaranta giorni stanno a indicare il periodo dell’iniziazione della Chiesa alla vita dello spirito. JHWH aveva fatto i suoi quarant’anni con il popolo nel deserto, Cristo passa i suoi quaranta giorni prima di iniziare la vita pubblica, e ora anche lo Spirito deve fare i suoi quaranta giorni d’iniziazione prima di incamminarsi nella storia. Cristo dà alcune consegne, trasmette una missione concreta, invita a superare la tentazione di chiudere entro i confini del tempo e dello spazio ciò che invece è nato per oltrepassare e annullare questi confini. L’uomo entra in modo nuovo e inaudito nell’intimità di Dio. La prospettiva positiva del futuro dell’umanità sembra meno affidata alla realtà di un «regno», quanto alla forza di una azione personale e collettiva delle persone. La missione comincia e si compie in Gerusalemme, considerata ormai non più come un luogo geografico, ma come una realtà presente dovunque si attua il progetto di salvezza. È la città della stirpe di Davide, la città del figlio di Davide, e di tutti i figli di Davide, cioè del popolo che nasce, cresce, cammina dentro di essa. Tutta la vita di Gesù è descritta come un andare verso Gerusalemme, ora la Chiesa sull’invito di Gesù comincia anch’essa da Gerusalemme. La visione profetica dell’Apocalisse presenta questa città come dono di Dio. Essa infatti non sale verso Dio, ma scende da Dio verso l’uomo. Altre caratteristiche della comunità missionaria sono la lode e la gioia (Lc, v. 53).

Per vivere la responsabilità
Di fronte all’insostenibile peso della libertà c’è la consegna della responsabilità, per superare la tentazione di cedere alla seducente leggerezza della delega. Ci piace dire come gli apostoli: quando «ristabilirai» il Regno? Ma la sapienza cristiana non cede e risponde: ricevete lo Spirito e sarete testimoni (At, v. 8). Per noi cristiani la fede è assunzione di responsabilità; è combattere, con l’aiuto di Dio la buona battaglia. Non c’è niente di fatalistico: Dio stringe con l’umanità un patto nuziale; Lui e la Chiesa, quella che vive in ogni cuore, si assumono insieme, in affettuoso patto, la fatica della vicenda dei popoli. Malgrado tutto, non saranno le nazioni e gli stati a portare la pace, ma l’umanità stessa, sia attraverso i singoli, sia attraverso gruppi di forte pensiero e azione. Altro elemento di rilievo è la prospettiva universalistica di questo disegno, cioè la capacità, nella pazienza della storia, di affermare condizioni, prospettive, relazioni e attenzioni nelle quali le persone e i popoli potranno convergere anche provenendo da punti di partenza lontanissimi tra loro. Per noi anche la persona più piccola, o anche la più «sbagliata», merita attenzione e considerazione, perché ogni persona è portatrice di un valore immenso che in ogni modo bisogna rispettare e onorare.

Verso la glorificazione
Conseguentemente a tutto questo, la nostra fede implica quello che i nostri padri hanno fatto: non sono stati a «guardare in alto», ma sono tornati a Gerusalemme nel vecchio Tempio, ad aspettare il nuovo Spirito, convinti che proprio il suo ascendere al cielo riempisse di cielo la loro umile vicenda sulla terra. L’ascensione è la festa in cui viene glorificata la realtà corporea. Tutto l’uomo entra nella gloria di Dio, tutto l’uomo è salvato. Colui che è disceso dal cielo fino ad assumere la condizione di servo, Colui che si è fatto obbediente fino alla morte e alla morte di croce, Colui che ha assunto su di sé ogni dolore, viene glorificato con tutta l’umanità povera, fragile, bisognosa.

PER IL CONFRONTO NEL GRUPPO
– Come vivi la responsabilità della missione?
– Hai tempi di preparazione per affrontare eventi importanti?

IN FAMIGLIA
Cristo Gesù lascia i suoi e li riempie di responsabilità.
In famiglia ci sono distacchi che vanno attuati e non sempre si trovano le modalità giuste per viverli e realizzarli.
Che cosa è importante fare per rendere determinate decisioni meno traumatiche?
Su cosa occorre puntare per liberarsi dalla paura di affrontare un distacco?
C’è un distacco all’orizzonte che ci toglie la serenità, e perché?


(tratto da: R. Paganelli – Vivere la domenica aprendoci alla Parola, anno C – Elledici 2015)