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Il cortile dietro le sbarre: il mio oratorio al Ferrante Aporti

Un libro per sostenere lo studio e l’accompagnamento al lavoro
dei giovani detenuti del carcere minorile Ferrante Aporti
Il cortile dietro le sbarre: il mio oratorio al Ferrante Aporti
In dialogo con Don Domenico Ricca, salesiano,
da 35 anni cappellano al carcere minorile di Torino
di Marina Lomunno
(Editrice Elledici – pagine 340 – € 14,90)
La Editrice Elledici ha appena pubblicato il nuovo libro-intervista Il cortile dietro le sbarre: il mio oratorio al Ferrante Aporti.
Questo ampio libro-intervista raccoglie le memorie personali di Don Domenico Ricca, sacerdote salesiano, da 35 anni cappellano dell’istituzione carceraria minorile torinese.
A raccoglierle è Marina Lomunno, giornalista professionista, redattrice del settimanale diocesano di Torino La voce del popolo, collaboratrice del quotidiano Avvenire e di diverse altre testate cattoliche.
Ne emerge un quadro vivo, toccante pur nella più totale discrezione dovuta, perché sono storie di ragazzi e di adolescenti che hanno bisogno di crescere senza esposizioni mediatiche inutili e dannose.
Un libro che vuole anche rendere omaggio a San Giovanni Bosco nel bicentenario della nascita: per Don Bosco le visite alle carceri furono importantissime, nella scelta di privilegiare in ogni modo i poveri e gli emarginati.
I diritti d’autore della vendita del libro-intervista saranno devoluti a chi opera per la riqualificazione umana e civile dei ragazzi del Ferrante Aporti.
Il cappellano del carcere e i suoi ragazzi sono stati ospiti a pranzo con Papa Francesco, il 21 giugno 2015, presso l’Arcivescovado di Torino, in occasione della sua visita a Torino.
Dalla introduzione:
«Non posso dimenticare Mauro, proveniva dal Novarese. Uno dei primi inserimenti lavorativi che abbiamo sperimentato in un’officina. Ancora anni dopo, ogni volta che veniva a Torino, non mancava di farmi visita al Ferrante, mi ha fatto conoscere la sua sposa e il suo bimbo. E poi Franco, di Vercelli. In carcere aveva messo su una band: musica metal, rock duro e poi fuori ha fatto dei concerti. O Emilia e la lettera accorata di suo padre che mi ha inviato quando è morta. E un altro padre, quello di Erika, con cui abbiamo condiviso in carcere un pezzo del cammino della figlia».
Quanti sono, i ragazzi di don Mecu, da 35 anni cappellano al Ferrante Aporti, il carcere minorile di Torino? Questo è il libro delle loro storie e del sogno di un prete salesiano che cerca di vivere il carcere come un oratorio. È l’idea di san Giovanni Bosco, che nella Torino di metà ‘800, veniva tra queste stesse mura a incontrare i ragazzi detenuti. È dal dolore e dalla speranza del carcere che nasce il «sistema preventivo», pilastro dell’educazione salesiana che farà di don Bosco il «santo dei giovani».
Una lunga intervista che si legge quasi come un romanzo. Comincia dietro le sbarre del carcere e finisce con altre «sbarre di libertà», quelle delle suore di clausura del monastero del Cottolengo di Torino.
Questo libro parla di libertà. Perché il carcere minorile non è un mondo a parte: può diventare una scuola, un oratorio, perfino una famiglia. Se c’è gente che ci spende la vita, e ci mette la faccia. Come don Mecu.

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