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3. Commento alle Letture – Pentecoste

5   GIUGNO
PENTECOSTE

PROGETTI UMANI E DISEGNO DI DIO

Domenica scorsa si è detto che lo Spirito Santo è il protagonista di quello che era stato definito il «tempo di mezzo», il tempo della storia incluso fra l’ascensione al cielo del Risorto e il ritorno del Figlio dell’uomo nella gloria. La domenica di Pentecoste è il giorno in cui riflettere su come lo Spirito Santo adempia questo ruolo.

L’inabitazione dello Spirito
La piccola comunità degli apostoli che si riunisce nello stesso luogo (cf At 2,1), altro non è che la prima piccola Chiesa, seme di quella futura sparsa in tutte le regioni del mondo. Ciò che accade a essa è inizio di un continuo ripetersi nei secoli.
Secondo la promessa di Gesù nel vangelo, lo Spirito inviato dal Padre coinvolge il credente in una relazione d’amore. Questa è così intima che non si tratta solo di amore vicendevole, ma più strettamente dell’inabitazione di Dio nella vita del credente (cf Gv 14,23).
San Paolo amplifica la riflessione su quest’esperienza e ne percorre gli effetti. Dopo aver opposto la vita secondo la carne e la vita secondo lo Spirito, Paolo ne trae le conseguenze. Vivere sotto il dominio della carne è vivere dominati dalla fragilità umana. Non si tratta di una condanna della corporeità umana. Tutto il nostro agire, tutto il nostro vivere, in bene e in male, passa necessariamente attraverso il nostro corpo.
I cristiani, per il battesimo, sono inseriti nel regime dello Spirito e non in quello della carne. E ciò consente loro di vivere in una nuova condizione, non per la morte ma per la giustizia da cui viene la vita (cf Rm 8,11).

Vivere la condizione di risorti
Secondo Rm 8,11 lo Spirito è lo Spirito di Dio; lo Spirito che ha risuscitato Gesù; ed è lo stesso Spirito che abita i cuori umani eapre gli uomini alla speranza della risurrezione. Di tale condizione di risorti si godrà certamente dopo la morte. Tuttavia essa ha già effetti nell’oggi. In primo luogo strappando e liberando dal dominio del peccato. In secondo luogo rendendo i credenti figli di Dio, cioè immettendoli in una nuova relazione con il Padre. Una condizione di figliolanza, e non di schiavitù, grazie allo Spirito «per mezzo del quale gridiamo: “Abbà! Padre!”» (Rm 8,15). Questa sintesi antropologica è illustrata richiamando tutte le persone della Trinità. La promessa del Vangelo (cf Gv 14,23) trova così la sua esplicitazione.

Pentecoste e missione
Oltre la dimensione personale la Pentecoste ne ha una ecclesiale. Luca descrive la Pentecoste con il linguaggio tipico delle teofanie. Scendendo lo Spirito sulla prima piccola comunità ecclesiale, i discepoli cominciano ad annunciare il Vangelo.
La missione della Chiesa inizia mossa e sorretta dallo Spirito, esattamente come accadde per Gesù (cf Lc 3 e 4). Con evidente parallelismo, lo stesso protagonismo dello Spirito agli esordi del ministero pubblico di Gesù si ripete agli albori della missione della Chiesa. E continua ancora oggi, tanto che, se la missione della Chiesa non è animata dallo Spirito, in nulla si distingue dalla propaganda.
La prima evidenza dell’azione dello Spirito si mostra nel fatto che una molteplicità di popoli sente parlare la propria lingua. È un dirsi dell’unico messaggio in modo comprensibile a tutti, di ogni cultura, niente a che fare con presunti fenomeni estatici (o semplici stati alterati di coscienza?) che oggi si pretendono effetto dello Spirito.
L’annuncio del Vangelo, traducendosi in diverse lingue ma rimanendo sempre uguale a se stesso, diventa annuncio di salvezza per tutti gli uomini, indicando dunque la via dell’universalità alla piccola comunità ancora ristretta nei confini, geografici e mentali, di Gerusalemme. La molteplicità delle lingue non è dunque solo un fenomeno stupefacente; è, per la comunità dei credenti, un compito: l’invio in missione.
L’annuncio dello stesso messaggio in lingue diverse ricompone la tragedia della scissione di Babele. La divisione delle lingue, origine di altre e spesso sanguinose divisioni, viene così superata. La separatezza ricomposta dallo Spirito crea di molti popoli un popolo solo. Il popolo dei redenti e dei salvati, sacramento di unità per l’umanità intera, fratelli fra loro perché figli, nel Figlio, dello stesso Padre.

PREGHIERA UNIVERSALE
Nell’azione del Paraclito, Dio ci chiama ad assumerci la piena responsabilità della nostra condizione di uomini liberi e di suoi figli.