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3. Commento alle Letture – 2ª DOMENICA DI AVVENTO

4 D I C E M B R E
2ª DOMENICA DI AVVENTO
IL TEMPO DELLA CONVERSIONE

La predicazione del profeta Isaia muove dalla contestazione della situazione in cui si trova la monarchia in Giuda. Per Isaia la monarchia è ormai un tronco sterile. Tuttavia, egli annuncia che da quel ceppo sorgerà un «virgulto» (Is 11,1) di cui Dio è autore. Da questa novità viene un rinnovamento sia della figura del re sia del cosmo intero.

Le promesse del profeta
Sul virgulto di Iesse si poserà lo spirito del Signore con i suoi doni (cf Is 11,2) che plasmano le qualità del re messia. In relazione a questa novità del re anche il regno viene governato diversamente (cf Is 11,3-4). Il rinnovamento apportato dall’azione di Dio si estenderà al cosmo intero. Lì dove abitualmente regnano conflitto, contesa e pericolo, vi sarà armonia e pace (cf Is 11,6-8).
Due quadri poetici, quelli forniti da Isaia, che esprimono i desideri profondi del cuore di ogni uomo: giustizia e pace.
Il vangelo di Matteo di questa domenica presenta la figura del Battista dicendo che «egli è colui del quale aveva parlato il profeta Isaìa» (Mt 3,3). La tesi di Matteo è chiara: se Giovanni è colui di cui Isaia ha detto, ed è il precursore, colui che verrà dopo Giovanni è il realizzatore. Quel regno di giustizia e pace cui anela il cuore di ogni uomo il cristiano lo vede sorgere nella persona di Gesù. È lui l’Atteso.

I modelli dell’Avvento: Giovanni Battista
L’Avvento è attesa, ma ciò non significa che sia inerte. La seconda figura dell’attesa presentata dalla liturgia di Avvento è Giovanni il Battista. Giovanni è modello dell’attesa non solo per il ministero che esercita, ma più radicalmente per ciò che egli è.

Matteo presenta la figura del Battista descrivendo il suo abbigliamento, la sua dieta, il luogo in cui abitava, la sua predicazione e la sua auto-coscienza.
Quello di Giovanni è un abbigliamento austero (cf Mt 3,4), tipico dei profeti (cf Zc 13,4), segnatamente di Elia (cf 2Re 1,8). Ed Elia avrebbe preceduto l’Avvento del Messia.
Anche la dieta di Giovanni è di grande austerità. Soprattutto, però, rimanda a quel passaggio del vangelo di Matteo in cui i discepoli di Giovanni vanno da Gesù chiedendogli perché loro digiunano e i suoi discepoli no. La risposta è lapidaria (cf Mt 9,15). Gesù è lo sposo, Giovanni no. Prima di Gesù non c’è la festa, solo con Gesù ci sarà.
Giovanni predica nel deserto. È un luogo significativo per la fede di Israele. È il luogo del primo amore, come nel libro dell’Esodo. Oppure quello nel quale il profeta Osea porta la sua sposa infedele per purificarla e rinnovare l’amore del fidanzamento.
Giovanni predica dicendo: «Convertiteti, perché il regno dei cieli è vicino» (Mt 3,1). Gesù esordirà nella sua predicazione dicendo le stesse parole (cf Mt 4,17).
Matteo, infine, presenta Giovanni dotato di chiara auto-consapevolezza. Egli sa chi è e perché è (cf Mt 3,11). Per Giovanni è chiaro il suo ruolo di precursore, la sua relatività all’Atteso.

Il compito della fedeltà alla Parola
Giovanni è esemplare in quanto la sua figura interpella chi legge questa pagina di vangelo. La sua predicazione così aspra, eppure così vera, costringe a fare autoanalisi (cf Mt 3,7). Egli invita a una fede autentica, che non poggi illusoriamente la propria fiducia su chissà quale privilegio e invece imponga una sincera e reale adesione alla volontà di Dio. Vivere l’Avvento come tempo di attesa e di preparazione dell’incontro significa avere Cristo come meta della propria tensione interiore, e perciò – per amore, non per timore – conformare la propria esistenza a lui, nella quotidiana fedeltà alla sua Parola, animati dalla speranza che Egli realizza i desideri profondi del cuore dell’uomo e che l’incontro con Lui sarà un incontro di gioia. Alla fine dei tempi, o nella storia che viviamo.

L’atteggiamento della conversione
Tale è il cammino di conversione cui ci dispone l’Avvento. La predicazione di Giovanni richiama a una conversione all’autenticità della vita cristiana che non può che partire dalla precisa conoscenza di sé. Anche quando essa comporti il doloroso giudizio della Parola sulla propria vita.
La consapevolezza di sé aiuta all’identificazione dei luoghi concreti in cui sia necessario mobilitare risorse spirituali per prepararsi all’incontro. Ciascuno ha i suoi, tutti ne hanno qualcuno.