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3. Commento alle Letture – 23ª DOMENICA T.O.

4       S E T T E M B R E

23ª DOMENICA T.O.

CRISTIANI SOVVERSIVI

Porre il Regno al centro del sistema dei propri criteri esistenziali, come il vangelo di queste ultime settimane invita a fare, non è senza conseguenze concrete, e anche impegnative e faticose. Significa testimoniare una diversità, un’alterità rispetto ai principi e ai modi di condurre la propria esistenza secondo criteri non evangelici. Richiede capacità riflessiva e attenzione, perché vuole dedizione e ripensamento delle abitudini consuete. Su questo le comunità cristiane sono chiamate a confrontarsi con se stesse: il cristianesimo ha ancora capacità di testimoniare un’alterità possibile? Dove si fonda l’alterità del cristianesimo?

La rivoluzione di Paolo
La lettera a Filemone  è un breve scritto di Paolo, occasionale e pratico, dove parla il pastore più che lo speculativo. Tuttavia, proprio per questo è interessante. Lo speculativo passa la parola al pratico e il pratico trae le conseguenze concrete di quanto sostiene lo speculativo.
Paolo rimanda a casa lo schiavo Onesimo, dopo che egli, fuggito dal padrone Filemone, ha trovato rifugio presso di lui. L’apostolo rivendica di essergli padre nella fede (cf Fm 9). Secondo la legge vigente, in quanto schiavo fuggitivo, rischia pene severe, fino alla morte. Paolo non intenta a sua difesa una battaglia legale. E forse è troppo distante da Paolo pensare a un sistema sociale e produttivo senza schiavi. Tuttavia lo rimanda a Filemone non più come schiavo, bensì come fratello nel Signore. In una società come quella romana è il sovvertimento dell’ordine costituito, operato dal cristianesimo: il riconoscimento della dignità dell’uomo e l’uguaglianza fra servo e padrone.
Se qui, come detto, siamo al piano operativo è interessante cercare le motivazioni a livello teologico. Perché Onesimo è fratello di Filemone? Perché è battezzato. In quanto battezzato è libero in Cristo (cf Gal 5,13); è rivestito di una nuova identità (cf Gal 3,26); di una nuova dignità (cf Gal 3,28; ma anche: Col 3,9-11).
Risaliamo così alla fonte: Cristo, la cui croce ci ha redenti, la cui salvezza ci ha resi liberi, la cui grazia ci è donata nel battesimo, inaugura una nuova realtà del credente e nel credente. Nuova realtà che significa, anche, nuove relazioni. Per esempio, Onesimo non è più schiavo ma fratello. Paolo non ha ghigliottinato nessuno, ma in quanto a liberté, égalité e fraternité qualcosa da dire l’aveva anche lui. E ce l’aveva perché il punto d’avvio di tutta la sua riflessione è Gesù Cristo, colui nel quale e per il quale si danno libertà dell’uomo, uguaglianza e fraternità fra gli uomini.
Qui sta la potenzialità sovversiva, la proposta di alterità del cristianesimo: in Cristo salvatore. La sua persona è un elemento di totale innovazione e d’integrale rilettura della realtà che, se portata fino alle conseguenze operative, diventa capace di rovesciare l’ordine costituito.

La centralità di Cristo
Nel vangelo Gesù rivendica un’esigente centralità (cf Lc 14,25-27). Né l’ordine degli affetti, né quello economico possono avere il sopravvento su di lui. Non è disprezzo delle realtà mondane e dei beni materiali, né ideologico rifiuto. Non è, ovviamente, distruzione dei legami familiari. È, però, rimettere ordine, per cui tutto sta in relazione a Cristo, e in questa relazione acquista il suo significato.
Avverte, infatti, il libro della Sapienza che nessuna sapienza umana è capace di cogliere il vero senso delle cose, tanto meno di comprendere Dio. Perciò è necessaria la sapienza divina mandata dall’alto. Sapienza, però, che bisogna cercare e desiderare, e che ha un’esplicita funzione concreta (cf Sap 9,18). E qui siamo, dunque, di nuovo alla carica sovversiva del cristianesimo, alla sua origine, causa e modello: Gesù Cristo, sapienza incarnata.
Come modello, però, Gesù è scomodo: è un modello crocifisso (cf Lc 14,27). Il cristianesimo ha in sé, e deve avere, una carica sovversiva. Ce l’ha in Cristo e nel Vangelo letto, meditato, vissuto. Ma questo significa per i discepoli l’assunzione della croce. Il problema è che quella di Cristo può ancora essere digerita, ma la propria personale è sempre indigesta. Anche solo a parlarne.  Forse è questo il motivo per cui il cristianesimo ha perso potenza eversiva, non riesce più a dire un’alterità affascinante, si è omologato al mondo.
Un cristianesimo, però, che non si spogli della tentazione del compromesso col mondo non è più evangelico e non attira più nessuno.