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3. Commento alle Letture – 13ª DOMENICA T.O.

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13ª DOMENICA T.O.
(Giornata mondiale per la carità del Papa)
LIBERATI PER LA LIBERTÀ

Uno dei desideri più profondi del cuore dell’uomo è quello della libertà. L’intera Bibbia è una storia di liberazione. Come il libro dell’Esodo insegna, però, la libertà è una condizione difficile da sopportare.

La libertà pregiudicata dei Galati
Paolo, che è uno dei grandi cantori della libertà, insiste sulla liberazione che Cristo ha conquistato per gli uomini (cf Gal 5,1). I cristiani di Galazia però, dopo aver ascoltato l’annuncio del Vangelo e averlo accolto, erano tentati dal ritorno a due forme di schiavitù.
La prima forma era la schiavitù della legge, secondo un’interpretazione giudaizzante del Vangelo. Questa tentazione ritorna anche oggi nelle concezioni moralistiche della vita cristiana. È la schiavitù del riporre esclusiva fiducia nelle opere, sempre destinata al fallimento e alla disperazione. Non si tratta di svalutare l’istanza di perfezionamento ascetico e morale del cristianesimo, ma di riconoscere come tale perfezionamento sia impossibile se non ha come sostegno la grazia che fa uscire dal rapporto ansiogeno con Dio basato sulle nostre prestazioni etico-religiose.
La seconda forma di schiavitù da cui erano tentati i Galati era il ritorno alla vita secondo il peccato, ma giustificato dalla libertà in Cristo (cf Gal 5,13). È quando la libertà diventa giustificazione per la prevaricazione, per l’indifferenza o per la licenziosità.
Secondo l’apostolo la libertà cristiana è dono di Dio, è vocazione, si compie nell’amore reciproco, e consiste nella vita cristiana come cammino secondo lo Spirito (cf Gal 5,16-18).

La libertà della sequela
Il verbo camminare quale immagine della vita cristiana riporta al vangelo. Luca afferma che «mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme» (Lc 9,51). Anche qui si tratta di libertà: quella di Gesù di far proprio il disegno di salvezza del Padre per l’umanità, e di assumerlo fino alle estreme conseguenze.
Prima di mettersi in viaggio per Gerusalemme Gesù manda avanti a sé alcuni discepoli. Essi hanno il compito di «preparargli l’ingresso» (Lc 9,52) presso i Samaritani, ma questi li respingono. Mistero della libertà che può anche rifiutare il dono del Signore.
Il cammino e il rifiuto offrono l’occasione per l’insegnamento sulle condizioni della sequela. La sequela è cammino dietro Gesù, con Gesù, secondo la medesima radicalità. È di nuovo una questione di libertà. Ci si mette alla sequela di Gesù perché si sceglie di farlo, tanto più oggi che essere cristiani non comporta particolari vantaggi, non è più di moda, e non è più un obbligo né culturale né sociale.

Gli insegnamenti sulla sequela
In quest’ottica di libertà vanno letti i tre insegnamenti successivi. Essi sono certamente ammonimenti sulle esigenze del discepolato. Ma soprattutto sono insegnamenti sulla libertà che richiede e insieme dona la sequela.
«Un tale» (Lc 9,57) accosta Gesù. Non ha nome né particolari identificativi. Nella sua universalità è l’icona di chiunque voglia mettersi alla sequela (cf Lc 9,57). A lui Gesù risponde mettendolo sull’avviso riguardo la precarietà che comporta la sequela. Tuttavia è una precarietà secondo il mondo. Chi si mette alla sequela di Gesù sperimenta la sicurezza, nella logica della fede, che in nulla il Padre abbandona i suoi figli, e che rinunciare a ciò che schiavizza il mondo è ricambiato dalla più grande libertà interiore (cf 2 Cor 6,10).
Il secondo è chiamato da Gesù stesso (cf Lc 9,59). È l’iniziativa divina che chiama al discepolato. A essa il chiamato frappone l’obbedienza al quarto comandamento. La risposta di Gesù è sconcertante (cf Lc 9,60). A prima vista sembra un’aporia: Dio contro Dio. Gesù afferma l’assolutezza del Regno di fronte al quale non valgono dilazioni e che tutto rinnova. Non si tratta di venire meno ai doveri filiali. Significa riorientare il senso di tutto, anche degli obblighi parentali, alla luce dell’assoluto che è il Regno. Il Regno dona anche libertà nel vivere gli affetti umani. E la psicanalisi insegna come questi affetti fondamentali possano anche essere occasione di schiavitù radicale.
Il terzo episodio pone al centro l’esigenza dell’unificazione interiore nella sequela (cf Lc 9,62). La sequela dona la libertà interiore di puntare dritto sull’obiettivo, senza lasciarsi rallentare da nostalgie e ripensamenti.